La Polizia di Stato, tramite il suo sito internet (www.poliziadistato.it), ha recentemente diffuso una “circolare” in cui ha messo in guardia contro le truffe telematiche. Il navigatore internet è infatti insidiato dai malintenzionati in vario modo. Ne sono esempi le finte vendite all’asta sul WEB, con merci offerte e mai inviate ai clienti o con prezzi gonfiati, l’offerta di servizi gratis su internet che poi si rivelano a pagamento, gli schemi di investimento a piramide e multilevel business, le offerte di lavoro a casa con acquisto anticipato di materiale necessario all’esecuzione di tale lavoro ei numeri a pagamento (tipo 899) da chiamare per scoprire un ammiratore segreto o una fantomatica vincita di vacanze o di oggetti.
In alcuni casi, è più facile scoprire l’inganno, perchè si tratta di strategemmi noti da tempo, come il “lavoro a domicilio”, o assai poco verosimili, come l'”ammiratore segreto”. In diverse altre ipotesi, come nel caso di una compravendita di un oggetto, almeno apparentemente normale, è invece molto più difficile. Si sono verificati, infatti, anche casi di oggetti promessi in vendita a diverse persone, pagati da molte di esse e mai consegnati ad alcuna. Vale la pena, dunque, esaminare le tutele di chi acquista via internet e, soprattutto, esaminare gli accorgimenti pratici per evitare di cadere in una trappola telematica per vedere infine quello che rimane da fare nelle ipotesi in cui purtroppo, nonostante tutto, l’inganno ha funzionato.
I consumatori sono notoriamente tutelati da una serie di leggi dettate appositamente per i contratti a distanza, tra cui principalmente il Decreto Legislativo 22 maggio 1999, n. 185, entrato in vigore il 19 ottobre 1999, e il più risalente Decreto Legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, che continua ad applicarsi quando è più favorevole al consumatore. Tali leggi riconoscono all’acquirente il diritto di recesso entro un certo termine e prevedono la inefficacia di molte clausole a loro sfavore. Ma bisogna dire che queste disposizioni non servono a molto in questi casi, perchè sono destinate ad operare prevalentemente con venditori sostanzialmente onesti e non invece nei confronti di veri e propri delinquenti che sfruttano la rete per compiere delle truffe. Se non altro, queste leggi prevedono una serie di informazioni che il venditore deve fornire al compratore, in tema di caratteristiche della compravendita ed esercizio del diritto di recesso, la mancanza delle quali deve mettere in guardia il navigatore. Questi, tuttavia, deve stare molto attento perché anche i truffatori sono abili nell’imitarle, un po’ come fanno gli spammers quando inseriscono nelle loro mail le diciture più improbabili.
Occorre dunque che il navigatore cerchi di essere il più possibile accorto. Sotto questo punto di vista, un errore molto comune è quello di considerare la posta elettronica, cioè i messaggi ricevuti dal venditore, come una prova scritta idonea a garantire la sicurezza della “transazione”. Questo non è vero, se non in minima parte. Se le mails inviate dal presunto venditore non erano firmate digitalmente, cosa che ovviamente non si ha mai quando si compiono delle truffe, non c’è modo di dimostrarne la provenienza e la paternità. Tali mail non sono nemmeno dei documenti, perchè non portano la firma del loro autore. L’unico modo per risalire al computer dal quale sono state spedite è ricostruire l’intero percorso tramite l’indirizzo ip da cui sono state generate e i log dei provider, quantomeno di quello di apparente origine, salvo poi scoprire che vi è di mezzo un anonymous remailer o che è impossibile comunque risalire all’effettivo titolare dell’account di partenza.
Un altro errore che a quanto pare si verifica nella pratica ma che è sicuramente da evitare è quello di pagare il prezzo degli oggetti in contanti. In caso di problemi, non sarà mai possibile dimostrare che è stato eseguito un pagamento. La cosa migliore è pagare ovviamente in contrassegno, anche se questo non garantisce dall’invio di pacchi contenenti merce non corrispondente o addirittura sassi, o almeno tramite vaglia postale o bonifico.
Se si rimane vittima di quella che, tutto considerato, sembra proprio una truffa, la cosa più indicata è presentare una denuncia querela, lasciando perdere, almeno in un primo tempo, le cause civili. La denuncia può essere presentata entro tre mesi dal giorno in cui il reato è stato compiuto o , quindi meglio farla prima possibile. In tale documento, che può essere presentato presso la locale stazione dei Carabinieri, devono essere esposte con precisione le circostanze del fatto, allegati i documenti relativi allo stesso, anche le copie delle e-mail nonostante il poco valore, indicati gli eventuali testimoni che hanno seguito i fatti e richiesta la punizione del responsabile, per la individuazione del quale bisogna cercare di indicare tutto quello che si sa. Nonostante la obbligatorietà dell’azione penale, è improbabile che denuncie come queste, se rimangono isolate, ottengano grande attenzione: è più facile che vengano seguite maggiormente nel caso in cui le vittime siano state più di una, in modo che ogni procedimento sia poi riunito.
Una risposta su “Alcune indicazioni per evitare di rimanere vittima di truffe sul web”
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