È quella più breve parte di una sentenza, sia civile che penale, che ne rappresenta, in sintesi, il contenuto, cioè la decisione che ha preso il giudice riguardo alla materia che gli è stata sottoposta.
Leggendo il dispositivo, è possibile capire che cosa ha deciso il giudice, ma non è ancore possibile capirne il perchè.
Per conoscere le ragioni della decisione, bisogna leggere un’altra parte della sentenza, che è la motivazione.
Nel civile, quando esce una sentenza, questa non viene trasmessa per intero dalla cancelleria: viene comunicato solo il dispositivo.
In questo modo, l’avvocato e il cliente sanno cosa ha deciso il giudice, ma non sanno per quali motivi, e questo, specialmente quando la decisione è negativa per il cliente, determina una situazione di disagio e imbarazzo, almeno sino a che non si riesce a leggere anche la motivazione.
Per conoscere, appunto, la motivazione, occorre chiedere la copia per esteso della sentenza alla cancelleria, un incombente per il quale – tra richiesta e ritiro della copia – possono trascorrere tranquillamente anche due settimane, se non di più, visto lo stato di cronica inefficienza in cui versano non pochi uffici.
È assurdo che la cancelleria non comunichi il testo intero della sentenza, specialmente oggigiorno che le comunicazioni sono telematiche e non c’è nessuna carta da risparmiare, con conseguente lavoro ulteriore di avvocati e funzionari giudiziari per il rilascio delle copie, ma finché non ci sarà una modifica legislativa la situazione rimarrà questa.
Nel penale, la motivazione viene quasi sempre scritta dopo la pronuncia del dispositivo, ed è stabilito un termine di legge per il deposito delle motivazioni. Per cui il cliente conosce subito la decisione del giudice, poi deve attendere che vengano depositate le motivazioni per conoscerne le ragioni.
Ovviamente i termini per impugnare decorrono dal deposito delle motivazioni.