Premessa.
Questo è un post più che altro per i colleghi avvocati e contiene le tre regole di base che, se rispettate, possono consentire di redigere un atto processuale con qualche speranza di essere letto e, poi, avere qualche influenza sulle decisioni del giudice.
A qualcuno sembreranno banali, ma vi posso assicurare che l’aria degli atti processuali depositati nei tribunali è molto lontana da questi standard qualitativi minimi.
1) L’atto deve essere sintetico.
Questo è fondamentale. Il codice del processo amministrativo lo prevede espressamente, i codici degli altri rami del diritto ancora n,o ma è una regola non scritta assolutamente necessaria e imprescindibile.
I giudici non leggono, hanno tantissimo lavoro da fare. Se un avvocato gli espone la materia senza costringerli a leggere 20 pagine (o a far finta di averle lette) gli sono grati.
Un atto di 2 pagine ha inoltre molte più possibilità di essere letto di uno di 20.
2) L’atto deve riguardare per lo più i fatti.
Sul diritto i giudici hanno, di solito, già le loro idee ed è poco realistico pensare di potergliele cambiare.
Bisogna esporre i fatti di causa in modo chiaro, lasciando perdere tutte le cose meno importanti, sia per la esigenza di sintesi di cui abbiamo già detto, sia perché le cose stupide, quelle che alcuni avvocati inseriscono tanto per far contenti i loro clienti, col loro rumore impediscono alle cose importanti di emergere. Occorre invece esporre con semplicità i principali fatti di causa, dai quali si ritiene che debbano derivare conseguenze giuridiche. Al diritto, si può riservare uno spazio molto più limitato, un accenno con le richieste che si fanno in relazione ai fatti esposti.
Fanno eccezione solo le cause in cui si discute di una questione giuridica, in quei casi il quadro cambia completamente, anche se le indicazioni sulla chiarezza e la sintesi intorno ai temi fondamentali valgono anche per quelle.
3) La indicazione dei fatti deve essere comprovata pressoché esclusivamente con documenti.
I documenti sono a tutt’oggi, e credo lo rimarranno ancora per molto tempo, assolutamente centrali e fondamentali per la dimostrazione delle proprie ragioni.
Scordiamoci per lo più di poter usare dei testimoni, che, quando va bene, spesso sono sentiti dopo anni dai fatti o dall’inizio della causa e a quel punto non si sa bene che cosa possano dire o che cosa possa, di quel che dicono, ritenere affidabile il giudice.
La legge dice che il processo civile è orale, ma è una balla colossale, una delle più gigantesche menzogne della storia dell’umanità.
Dovete avere dei documenti, anche un principio di prova, cioè anche un documento che non prova il fatto in modo diretto ma lo rende verosimile.
Uno può pensare che sia difficile reperire documenti, in realtà non è mai stato facile come oggigiorno, specialmente nelle cause familiari: email, sms, messaggi facebook… Di moltissime cose oggigiorno c’è almeno una traccia scritta.
Molti, infatti, commettono proprio l’errore di produrre troppi documenti. Ad esempio, se si hanno degli sms o delle email come «prova», non bisogna assolutamente produrre 10 pagine contenenti tutti i messaggi che i protagonisti della vicenda si sono scambiati, perché il giudice non li leggerà mai, ma occorre selezionare quei 4 o 5 più significativi. La maggior parte degli avvocati (ma anche clienti, per la verità) a volte, per pigrizia, buttano tutto nel mucchio: secondo voi il lavoro di selezione che avrebbero dovuto fare l’avvocato e il suo cliente lo farà il giudice per loro? Se vi piace la fantascienza, accomodatevi pure.
Sui documenti è necessario fare un lavoro preciso, minuzioso, accurato e per fare questo è indispensabile la collaborazione tra cliente e avvocato: gli avvocati devono essere precisi e dedicare abbastanza tempo al tema, i clienti devono essere rapidi nel reperire quello che gli viene chiesto e nel trasmetterlo all’avvocato nel modo indicato (io ad esempio ho un metodo particolare di gestire la documentazione che mi fa risparmiare molto tempo prezioso e chiedo ai miei clienti di conformarcisi, se possono).
I documenti, poi, bisogna «farli parlare» [1] non è assolutamente sufficiente affastellarli nel fascicolo, ma bisogna richiamarli nel corpo dell’atto, riportandone le parole più significative e, se del caso, commentandoli.
Conclusioni.
Queste sono le tre regole di base per la redazione di un atto processuale che abbia la possibilità di essere letto (che già non è poco) e di influire sulla decisione del giudice.
Attualmente, circa il 70-80%, la stragrande maggioranza quindi, degli atti depositati nei tribunali non è conforme a queste indicazioni, per vari motivi, tra cui anche la cifra stilistica degli avvocati, un genere di professionisti abbastanza poco propensi ad innovare.
In realtà, dove ci sono spazi per un legale deve essere considerato un dovere essere creativo e innovare.