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Kafka: un civilista.. in fila

C’è un avvocato che frequenta poco il tribunale e quelle poche volte che partecipa ad un’udienza civile prova la stessa strana sensazione: quella di essere l’unico ad accorgersi che … qualcosa non va.

Si chiede come sia possibile passare una mattinata intera per fare 5 minuti di verbale… E “produrre”, magari, solo 2 o 3 verbali in una mezza giornata lavorativa..

Tutti gli avvocati a fare la fila parlando del più e del meno; qualcuno scrolla stancamente lo schermo del telefono vagabondando sui social network, quasi nessuno con un computer o un tablet, magari per controllare le email, leggere
documenti o sentenze, aggiornarsi…

Una intera massa di professionisti che avanza alla velocità di un bradipo verso un giudice sopraffatto dai fascicoli e dalla ressa.

Si chiede – sorpreso ed anche un po’ preoccupato il nostro – come si possano passare giornate del genere. “Ma che produttività si ha in questo modo? I  clienti per cosa pagano, davvero, gli avvocati..?

Questa situazione genera irrequietezza, conducendo infine ad una allarmata constatazione: tutti quelli che sono in fila sembrano quasi… “assuefatti” …!

Non può credere che si possa godere a stare in quella situazione ed a sentirsi realizzati; non riesce a vedere la loro autostima che cresce. E nemmeno il loro conto in banca: ormai gli avvocati si pagano a “fasi” e non a minuti (tranne che si sia pattuita una parcella con tariffa oraria..).

Eppure stanno tutti lì, come se ci fosse un qualcosa di ineluttabile, immodificabile; quasi un arrendersi ad una realtà che non si può cambiare.

Ad ascoltarne i discorsi, tutti si lamentano delle performance della giustizia civile, eppure tutti continuano a farne parte, volenti o nolenti: la metafora che va per la maggiore in questi casi è quella del tribunale che sarebbe una sorta di autobus con gli avvocati come passeggeri e non autisti o proprietari delle strade…

Dunque tutti si lamentano, ma tutti continuano a prendere lo stesso autobus. Se non ogni giorno, probabilmente ogni settimana.

D’altronde è il loro lavoro – continua a pensare – poi si ferma chiedendosi: “Ma è davvero così?
Non è che, invece, i veri passeggeri sono i clienti e che gli avvocati sono più o meno i bigliettai (nel senso che vendono e controllano il titolo di viaggio)?
E non è forse vero che, senza biglietto, sull’autobus in effetti non si sale (o non si dovrebbe salire…)?”
Non è che si potrebbe prendere, insieme ai clienti, un altro autobus?

La fregatura è che per fare i bigliettai per questo autobus, ci sono voluti anni di studi universitari, di pratica, impegno, soldi, “sottomissione” ai dominus, alle cancellerie ed alle fotocopiatrici..per non parlare dell’ufficio notifiche..

Dunque visto che si è sudato tanto, non si può riconoscere a se stessi che … non ne è valsa la pena e quindi, obtorto collo, tutti ordinatamente in fila sapendo che (purtroppo?) domani.. ricominceranno.

Non l’ha ordinato il medico di fare l’avvocato, sia chiaro, e per giunta “civilista”, ma ad un certo punto, qualcuno con una voce un po’ soffocata insinua: “O la smettiamo di lamentarci del sistema che critichiamo, oppure smettiamo di usarlo, …almeno quando è possibile…

Il fatto è che gli avvocati non pensano a verificare quali pratiche potrebbero essere risolte fuori dal tribunale: non solo quelle da chiudere in transazione col collega, perché quelle sono le più facili, ma quelle che invece si sarebbe voluto definire con un accordo che non si è raggiunto e che invece di finire sul tavolo
del giudice, dovrebbero andare altrove…

L’alternativa è costituita da uno dei diversi sistemi ADR che per comodità possiamo identificare in due procedure; la mediazione e l’arbitrato.

Quest’ultimo assicura tempi brevi e certi (specie se irrituale), una decisione vincolante e un decisore esperto della materia; per converso è più costoso (ma solo nell’immediato..) del processo in tribunale e potenzialmente “pericoloso” se i soggetti nominati come arbitri non sono completamenti autonomi e all’altezza del compito. Nel nostro Paese non ha sinora dimostrato di essere un’alternativa ad alto impatto. Evita di certo quasi tutti i problemi di burocratizzazione descritti sinora.

La mediazione che in altri paesi ha una grande efficacia, in Italia soffre un problema culturale e in parte ideologico: gli avvocati che non sono riusciti a trovare un accordo – ritenendosi esperti in materia di negoziazione – pensano che nessun altro sarà in grado di trovare una soluzione stragiudiziale. Non viene dunque riconosciuta alla mediazione alcun valore aggiunto anche perché, purtroppo, talvolta nemmeno mediatori sono all’altezza. L’obbligatorietà in questo senso ha creato l’effetto opposto a quello che si cercava di raggiungere: un cambiamento di paradigma, soprattutto mentale, non può essere generato a colpi di decreto.

La soluzione c’è, ma richiede una piccola rivoluzione:

  • riconoscere che il processo dovrebbe essere l’ultima spiaggia, non la prima;
  • l’atteggiamento avversariale tipico del processo è controproducente al tavolo negoziale
  • negoziare in tre è meglio che in due
  • i problemi delle persone non sono puri problemi giuridici
  • le decisioni umane (dei clienti e degli avvocati) hanno una base emotiva
  • senza etica il diritto è in grado di produrre risultati nefasti.

Rivoluzione che passa per la formazione continua: quel che è stato insegnato all’università può e deve essere superato. Certo se poi ai convegni e seminari si va solo per prendere crediti e tutti escono con le stesse identiche idee che avevano quando sono entrati, ogni cambiamento è impossibile…

La colpa non sta ovviamente tutta da una parte: dunque c’è la responsabilità degli organizzatori che continuano ad offrire solo convegni su contenuti giuridici e processuali e quella dei partecipanti che hanno quasi paura a cambiare da soli, magari leggendo qualcosa in materia di comunicazione, gestione del conflitto, negoziazione, problem solving, decision making.

Ricordando Blade Runner: “Io ne ho viste cose che voi avvocati non potreste immaginarvi.. oltre i bastioni di codici e giurisprudenza. E’ tempo… di cambiare.

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5 risposte su “Kafka: un civilista.. in fila”

Se un avvocato sottopone un preventivo a fasi (e non quindi a tariffa oraria), per esempio: mediazione € 1000, Causa per……. Euro 3000, e il cliente dopo la fase di mediazione (facciamo il caso con esito negativo) e che ha saldato, decide di non proseguire, può l’avvocato pretendere compensi sotto la voce per es. di consulenza e attività stragiudiziale non presenti nel preventivo come singole voci?
Grazie

C’è ci fossero le mediazioni ci sarebbe meno stress x i giudici e giudicherebberomeglio ci sarebbero più avvocati onesti e sarebbero più contenti i cosiddetti clienti

Non sto a raccontare tutta la storia, perché non basterebbero 2000 pagine per una vicenda di soli 2 anni, altro che biografia della vita di Steve Jobs.

La morale è che per vedersi riconosciuto un risultato minimo che è il massimo previsto di legge, ho dovuto prendere un avvocato di altro foro per rimpiazzare il dimissionario perché:”Sa, ci vediamo tutti i giorni in tribunale”. Questo hanno detto 15 avvocati consultati in 2 settimane. Alcuni di questi in passato avevano già preso soldi da me.
Sto parlando di una provincia del nord e di una causa di lavoro che nulla ha a che fare con la mafia.

L’avvocato trovato il giorno prima, ha presentato la procura durante l’udienza e il Giudice si è lamentato dei sistemi informatici incompleti.

Un avvocato una volta non ha voluto pagarmi una consulenza su cosa fosse, come funzionasse e come installare dropbox. Per lui era un consiglio da bar.

Mi chiedo cosa sarebbe accaduto se io, membro di un Ordine, avessi detto ai colleghi:”Non fate più consulenze a quell’avvocato”.

Mi chiedo cosa sarebbe accaduto al mio licenziamento, giudicato illecito per motivo pretestuoso ma non nullabile per mancata richiesta da parte dell’avvocato dei sindacati, se l’azienda avesse rischiato di non poter più assumere per tutto il tempo che avrei impiegato io a trovare successivo impiego. Così ho capito che un divieto non è un obbligo e che un obbligo può essere interpretato come divieto a seconda di chi sei e cosa fai.

E’ curioso perché le regole comunali edilizie del mio paese, preposte alle belle arti, per colpa dell’inclinazione e del materiale di costruzione della pensilina che copre la scala esterna d’ingresso, di una casa di periferia, mi vietano di mettere un tetto sulla testa ai miei figli e io mi sento anche obbligato a rispettarle.

Mi chiedo se la base su cui si sostiene l’interpretabilità delle leggi sia semplicemente quelli di aver letto solo la prima parte del testo e oops…ehh va beh dai capita, ormai non ci si può più far niente, mica possiamo inseguire l’errore dell’errore dell’errore dell’errore…

Quindi se non chiedo permessi non incorro nel divieto e quindi nell’obbligo? La metto giù così al vigile e al giudice?

Questa è solo la minima parte del’escalation di eventi che ha condizionato la mia vita, che comunque va meglio di altri attorno a me che, se non si sono suicidati, sono finiti in ospedale per stress da lavoro (c’è anche un’indagine dell’istat del 2009 a tal proposito).

Fino ad un anno fa pensavo che questo paese fosse una liberal-dittatura, oggi vedo che dall’avvocato all’impiegato comunale, una parte della popolazione è messa nelle condizioni di tiranneggiarne un’altra.

Ma le “condizioni” non capitano, “si creano”. Che senso ha allora l’art.3 della costituzione quando dice:” […] E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.

Ah, oops, è solo la seconda parte dell’articolo e poi è già il 3°.

Con questo non voglio scagliare pietre, perché se non fossi stato licenziato, avrei continuato a vivacchiare lamentandomi del funzionar male del paese ma continuando a parteciparvi. Però sembra chiaro che se la Fornero subisse il mio stesso fato…

Ora invece lo subisco purtroppo assieme a tutta la mia famiglia. Penso a quelli che han fatto 10 anni da precari e adesso sono assumibili e licenziabili. E la loro pensione? La loro pensione va ai figli dei deputati ovviamente, oppure lavora a nero e si paga una pensione integrativa no? Semplice…se sei un muratore o del sud..ma se hai studiato e fatto carriera contando solo su te stesso, usi i tuoi soldi per pagare la pensione all’avvocato di cui non avevi bisogno se la Fornero….e il cerchio si chiude.

Almeno, da informatico, ho capito che un computer ben informato (cioè programmato) sa essere più sensibile di 50 persone tra giudici, avvocati semplici e membri dell’Ordine, ispettori di finanza e di lavoro e impiegati pubblici.

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