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Vinicio Capossela: arriva «Canzoni della cupa».

Vinicio Capossela, Canzoni della cupa

 

Oggi, per qualcosa di completamente diverso, un guest post del mio amico di sempre, e blogger, Marco Tedeschi. Ognuno ha un talento, lui ha quello della musica, e scrive un blog bellissimo dove l’affabulazione è sui … dischi, che si chiama appunto Raccontare dischi, che vi invito a seguire. Siccome tra pochi giorni esce, dopo cinque anni, un nuovo disco del mio adorato Vinicio, gli ho chiesto di raccontare questo evento, o meglio la preparazione dello stesso, restando inteso che, quando sarà uscito il disco, ci racconterà poi anche il disco stesso. Grazie Marco. (ts, 27 febbraio 2016)


È in arrivo il 4 Marzo, data che ci porta direttamente alla memoria il mai compianto abbastanza Lucio Dalla, che proprio il 4 Marzo del 1943 ebbe i natali a Bologna.

Ma il 4 Marzo di quest’anno è importante anche per un altro meritevole motivo legato al mondo musicale e, in qualche modo alla terra emiliana.
Il 4 Marzo 2016 esce in tutti i negozi e negli store digitali il nuovo, attesissimo album di Vinicio Capossela, dal titolo “Canzoni della cupa”. L’album arriva a quasi 5 anni dal precedente Marinai, profeti e balene che rimane a tutt’ora il suo ultimo album di inediti.
Questo ultimo dato è vero in parte, stante il fatto che Vinicio Capossela ha pubblicato nel 2012 Rebetiko Gymnastas, raccolta di otto suoi brani rivisti in chiave rebetika (il rebetiko è un genere musicale di origine greca, fortemente intriso di accenti balcanici e medio-orientali) con l’aggiunta di 4 inediti, album registrato anni prima ad Atene presso gli Studi Sierra, dove la leggenda dice che risiederebbe oggi il mixer con cui i Pink Floyd registrarono The dark side of the moon nel 1973 presso gli Abbey Road Studios di Londra con la guida di Alan Parsons).
Vinicio Capossela è nato poco più di mezzo secolo fa a Calitri, in provincia di Avellino, è cresciuto da emigrante ad Hannover, in Germania, ma deve la sua formazione musicale alla provincia emiliana. Alla fine degli anni ’80 non era per nulla difficile trovarlo a suonare il pianoforte circondato da una nuvola di fumo nei locali del centro di Modena, a chi scrive è capitato più di una volta di imbattersi in sue improvvisazioni notturne. L’aria costantemente trasognata di un Paolo Conte di fine secolo, e la stessa facilità di accoppiare neologismi a calembour e giochi di sillabe messe a caso dello chansonnier di Asti.
Ma fu invece Francesco Guccini a intuire la dirompente potenzialità di Vinicio e lo propose immediatamente a Renzo Fantini che produsse nel 1990 il primo lavoro discografico dal titolo emblematico di All’una e trentacinque circa. C’è tanto jazz e tanto divertimento a frequentar locali notturni, un divertimento bohémien, ma con rispettoso distacco. Tanta fumosa osservazione e poco “arrosto”. Lo stesso Capossela parla di un suo “inventare storie”, anche se in realtà tutti i protagonisti delle sue canzoni hanno un nome e cognome. Il primo album gli fa vincere meritatamente il premio Tenco, con la benedizione del Maestrone di Pavana.
Modena è ben presente anche nel secondo album di Capossela Modì (che ci ricorda Baudelaire, ma anche Modigliani, e comunque di Parigi si tratta, anche se non c’è la Tour Eiffel, ma solo la Ghirlandina), un album che è la degna prosecuzione del discorso iniziato con il primo. Modì esce esattamente un anno dopo (1991). Questa nuova opera ha molto più successo della prima esperienza, grazie all’eco del premio vinto, a brani decisamente più commerciali e a una maggiore fiducia della discografica (Caterina Caselli, CGD, con cui comunque siamo in riva al Secchia).
Dovremo aspettare qualche anno per avere un nuovo album di studio di Vinicio, che arriva infatti nel 1994 e si intitola Camera a sud ed è proprio questo guardare verso il caldo dell’America Latina a fare da fil rouge per questa opera discografica trainata da un singolo che buca le radio (chi di voi non ha mai cantato almeno una volta “Che coss’è l’amor?” facendo con la voce un tono da fazendero argentino?) e che farà da colonna sonora al primo fortunatissimo film di Aldo, Giovanni e Giacomo (altri tre che con Modena hanno un rapporto decisamente privilegiato, avendovi sede).
Dopo soli due anni, nel 1996 arriva Il ballo di San Vito in cui Vinicio esplora territori nuovi, fatti di Mediterraneo, di tracce di rock, di dub, distanti comunque parecchio dall’amato jazz fumoso degli esordi.
Nel 2000, due anni dopo il primo live di Capossela, arriva Canzoni a manovella, uno dei migliori dischi italiani degli ultimi 50 anni in cui Vinicio già dal titolo descrive un mondo musicale da strada, ma non “on the road”, un mondo di gente che suona per sopravvivere.
Dovremo aspettare sei anni per avere una nuova prova in studio che arriva con Ovunque proteggi che è un episodio etereo e mistico per la prima volta nella produzione di un cantautore finora molto “terreno”. Per non ripetersi infatti Capossela impiega un lungo periodo a produrre questo album che ha uno spessore e una lirica completamente nuovi, dopo il grande successo del disco precedente.
Dopo soli due anni arriva Da solo e ancora una volta Vinicio sconvolge tutti i piani, creando un’atmosfera americana, infatti l’album viene registrato per metà oltre-oceano e risente tantissimo della presenza di tanti musicisti “nobili”.
E finalmente siamo al 2011. E quindi questo fiume di parole potrebbe tornare all’inizio venendo così a creare un loop vizioso.
Ancora qualche giorno e avremo quindi di che parlare. Proprio il 4 Marzo Canzoni della cupa, che da Gennaio è stato anticipato dal singolo “Il pumminale”, accompagnato da un mini-film (o da un maxi-video?) molto suggestivo, sarà letto quasi in tempo reale su www.raccontaredischi.com.

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