Oggi vi presento un libro eccezionale, finito da poco: Susanna Bo, La buona battaglia.
Lo dico subito: lo stile con cui è scritto questo libro è scolastico, piuttosto elementare, a volte anche un po’ banalotto forse. Difficile da apprezzare in sè e per sè. Ma questo lavoro resta un’opera bellissima, da leggere assolutamente. Io l’ho appena terminato, ne ho già riletto diversi passaggi e credo che continuerò ancora.
Come è possibile?
Il libro racconta una vicenda vera, vissuta dall’autrice, che ha sposato un uomo malato di tumore, poi deceduto nonostante dodici operazioni alla testa, pressoché una per ogni anno di durata del loro matrimonio, lasciandola con due figlie.
È un libro sull’amore, la fede, la malattia e tante altre cose fondamentali per la vita di ogni uomo.
Il taglio adottato dall’autrice è molto semplice e consiste nell’essersi messa completamente e sinceramente a nudo, senza lesinare nemmeno quando si trattava di parlare delle sue miserie e della sua inadeguatezza a fronteggiare le situazioni che le si paravano davanti.
Tutto al contrario della impostazione solitamente trombeggiante dei testi autobiografici, la Bo sembra quasi aver scritto questo lavoro anche per espiare i suoi errori, confessandoli al pubblico e a se stessa, con la conseguenza che alla fine emerge ancora di più in tutta la sua grandezza.
Le persone tendono a pensare che chi affronta certe vicende sia «bravo», superiore alla media, tanto che spontaneamente gli fanno i complimenti. La Bo ci dimostra che non è vero niente, sono le persone normali, con tutto il loro corredo di pregi e difetti, che si trovano a volte a dover avere a che fare con cose molto più grandi di loro, con momenti tragici e, a volte, sono completamaente inadeguate, salvo trovare conforto in valori generalmente messi da parte nella vita più spicciola, come ad esempio la fede, quella vera, l’amore.
Questo libro, e la sua tormentata vicenda, dimostrano ancora una volta un concetto che mi è caro e cioè che non esistono, in tema di fede e amore, valori assoluti: nessuno è mai credente al 100%, ed è questo che generalmente le persone non capiscono. La fede è un talento e va coltivata. Per quanto tu la possa coltivare, in certi momenti sarai al 60%, in altri al 90%, in altri ancora ti sembrerà di non averne affatto. La stessa, identica cosa vale per l’amore. Non sono doni che cadono dal cielo, ma talenti e ambedue vanno coltivati. Che la fede e l’amore siano doni che possano esserci o non esserci a prescindere da quello che fati tu è una delle più grosse boiate che si dicono, non è vero affatto.
Vediamo adesso alcuni passaggi particolarmente significativi, come faccio sempre quando vi presento un libro, a volte con qualche commento, a volte no.
«Che potevo offrire la mia sofferenza, donarla al Signore». Qui è il protagonista del libro, Luigi, che parla della sua malattia, quella che poi lo porterà alla morte, dicendo che la sofferenza di ognuno è un po’ come quella di Cristo, che ha senso solo se viene vista come un’offerta a Dio. Lo stesso Luigi poi ammette, in un passaggio bellissimo, che la sofferenza a volte può anche non avere senso, ma per chi la prova c’è il bisogno di credere che lo abbia. Molto umano, molto importante per tutti coloro che stanno vicino ad una persona che si trova in questo stato.
«Il demonio vi fotte facendovi fare cose stupide. O tu sei troppo intelligente per credere al demonio?». Quando parlo del demonio, la gente mi prende in giro. In realtà, credere che non esista è il primo passo per lasciargli la porta aperta. Ma non dovete credere necessariamente al diavolo, pensate che esiste il male e che ha una sua vitalità. È quella che vi assale quando siete sconfortati e vi fa disperare ancora di più, convincendovi di cose che non sono vere solo per precipitarvi ancora di più nel pessimismo, rendendovi ancora più incapaci di risolvere i vostri probemi. È quello che vi fa essere gelosi di un compagno che in realtà non ha fatto niente, solo perché a voi «sembra» così. I demoni, vi posso assicurare, esistono, almeno dentro alle nostre teste – e questo è quanto basta. Non siate mai quelli che sono troppo intelligenti da credere che non esistano, che siano cose medioevali. Nel medioevo i demoni davano molti meno problemi di oggi, gli uomini del medioevo erano molto più attrezzati di noi per affrontarli. Anche perché «il diavolo sa ben citare la Sacra Scrittura per i suoi scopi». E quindi, in conclusione: «il segreto col demonio non è mica saper rispondere. Il segreto è non rispondere.»
«Mi ricordo quando ho capito che c’era tutto un mondo, fuori da quell’ospedale, che mi aspettava e di cui non mi fregava un accidente.» Questa è una battuta di Susanna, pronunciata in occasione di una delle operazioni subite da Luigi. È meravigliosa, perché c’è dentro tutto intero il concetto di amore: quando una persona preferisce stare in un luogo infernale, mesto, triste, desolato, pauroso, piuttosto che in un qualsiasi altro luogo del mondo, perché in quel posto c’è la persona che ama. Questo è il vero amore, come ho scritto in questo altro mio post: amare significa voler stare nello stesso posto in cui si trova l’amato, ignorando tutti gli altri. A maggior ragione se questo posto è l’inferno.
Sempre in tema di amore, la Bo ci regala un’altra perla «Perché non puoi parlare quando incontri qualcuno di cui tu sei parte». Con questa frase, l’autrice spiega il fatto che le scritture, mentre riportano le parole pronunciate da Adamo quando vide Eva, non dicono nulla su quello che disse Eva quando si trovò avanti Adamo. Così, quando incontri una persona con cui ti senti intimamente legato, tanto da farne parte, senti che non c’è bisogno di dire nulla. È un concetto cui sono molto legato, da cui il mio aforisma per cui «Stiamo in silenzio per parlare con chi ci ama».
«È incredibile quanto puoi urlare mentre perdi la persona che ami. E per quanto puoi urlare, il tuo grido è solo un bisbiglio. Un suono così debole che assomiglia a un pensiero, a un sussurro.»
E ora alcune perle di saggezza incredibili sul matrimonio e la coppia, pronunciate da un amico dell’autrice divenuto uno dei protagonisti del libro: «Il matrimonio non è quella torta millefoglie a dieci piani con la panna e con le ciliegine sopra, possibilmente snocciolate, che ve mangerete al pranzo de nozze. Il matrimonio è pane duro. Che spezza i denti… A me me fanno ridere, Shoshanna, quelli che dicono che in una coppia l’importante è capirsi. Ma che stanno a dì? Ma chi l’ha mai capita, Mariangela? Io no di certo. Come lei non ha mai capito me. Eppure siamo sposati da trent’anni. E c’abbiamo un figlio. E lo sai perché? Perché l’importante non è mica capirsi, in un matrimonio… È qualche anno che va tanto di moda quel libro, come se chiama… quello che ha scritto quella tua omonima… Va’ dove ti porta il cuore. Sì… vacci, dove te porta il cuore. Lo sai dove me porta il mio, de cuore? A dare una coltellata a mia moglie. E lei a me. E allora capisci che l’importante in un matrimonio non è capirsi. L’importante è perdonarsi».
Non mancano nemmeno le battute salaci. Sempre da parte dell’amico di prima, una consolazione: «Susà, non te devi preoccupare. Ne ho conosciute tante, de coppie, dove uno dei due era molto malato… e la sai una cosa? È sempre morto prima quello sano» ????????????. E ancora «I dolori del parto sono così lancinanti che subito dopo averli provati hai rispetto per ogni madre che esista sulla faccia della terra, e per un mese non riesci più a pensare male neanche di tua suocera».
E ora due passaggi che mi piacciono molto e credo siano ricchissimi. Non per la battuta in sè, ma perché nella parte in cui è contenuta l’autrice racconta di aver pensato, in quel periodo, con sincera convinzione, che non amava più il marito. Salvo ricredersi poco più tardi, tornando a vedere la grandezza della persona che aveva accanto. «Mi ero legata a una persona che avevo già smesso di amare prima del matrimonio, questa era la verità. Non c’erano altre spiegazioni al mio malessere. Perché l’amore può finire. E il mio era finito… Diventammo ben presto due estranei che vivevano insieme; a stento ci parlavamo e l’intimità era diventata un vago ricordo, come le risate. Cominciai a pensare che non avrei mai dovuto sposarti e nemmeno conoscerti. Avrei voluto cancellarti dalla mia esistenza. Odiavo la tua barba lunga, il tuo abbigliamento trasandato, il tuo sguardo sempre perso nel vuoto». E inoltre, a proposito della fede, quando si avvicinava il momento della morte del marito: «Ecco, ci ero arrivata. Dopo tanti anni nella Chiesa, cinque di matrimonio e trenta di vita, anche per me era arrivato il momento in cui sarei stata sola e mi sarei chiesta se Dio esistesse veramente e, se la risposta era sì, cosa c’entrasse con la mia vita, se avesse cura di me, se mi amasse, se potessi fidarmi di lui.»
Questo è il concetto che dicevamo prima non si è mai credenti o innamorati al 100%, in certi momenti si può anche pensare di essere senza fede o senza amore, ma poi entrambi tornano, se riusciamo a vedere la dolcezza di Dio e la grandezza delle persone che ci sono accanto.
Molto belle le riflessioni nel periodo più difficile e dopo la morte di Luigi. «Anche le lacrime sono un dono». «Così, col passare del tempo, mi è diventata sempre più chiara una cosa e cioè che io avevo due strade davanti a me: la prima, vivere come se tu non ci fossi più; la seconda, vivere nella realtà, cioè come se tu ci fossi ancora. Perché tu c’eri ancora. Perché tu ci sei ancora.» «Lo diceva anche sant’Agostino: quelli che ci hanno lasciato non sono assenti, sono solo invisibili; e tengono i loro occhi pieni di gloria fissi nei nostri pieni di lacrime».
E la conclusione, come spesso avviene, è che «ci sono problemi che noi risolviamo; e ce ne sono altri che invece risolvono noi».
Vi consiglio dunque di leggere quest’opera bellissima e, in fondo, simpatica, piena di vita, anche se parla molto di morte, amore e fede. Come al solito, a mio giudizio è preferibile il formato ebook, prendete ovviamente la seconda edizione, curata dalle edizioni Paoline, e non la precedente.
2 risposte su “La buona battaglia, di Susanna Bo: una vicenda di amore, morte, fede.”
E’ passato qualche mese, ma voglio ringraziare lei per averci segnalato questo libro e Susanna Bo per avercelo regalato, una lettura che mi ha coinvolto come poche altre.
E’ vero, i temi del racconto sono morte, amore e fede (sembra quasi una cosa di cui scusarsi). In realtà i protagonisti non ci parlano di morte, amore e fede: semplicemente ci raccontano la loro vita e la loro vita è fatta di queste cose. Ciò che mi è rimasto dalla lettura è la riscoperta che queste cose sono davvero alla radice della nostra vita, anche se ce ne dimentichiamo e probabilmente non ne faremo mai oggetto di un racconto.
Non ho potuto evitare di collegare la lettura al tema lanciato qualche tempo fa e ripreso più volte (amare / voler bene) e voglio lanciarmi in una citazione “pesante”: “Inno all’amore” di San Paolo (1 lettera ai Corinzi, 13, 1-13). Per me è già da anni fra le letture più belle e più ricche (quelle che ogni tanto si riprendono), alle quali ho ora aggiunto “La buona battaglia”.
Grazie e, per chi vorrà, buona lettura
Grazie Fabio. Sì, davvero questo è un libro che ogni tanto andrebbe ripreso in mano, per ricordarci di cosa è davvero importante nella vita. Mi fa piacere che il piccolo seme che ho lanciato nel cyberspazio abbia portato così tanto frutto! Benvenuto, bentrovato nel blog.