Ultimamente, nella mia attività di mediatore, sia familiare che civile, mi sto sempre più convincendo che gli interventi più efficaci sono quelli «all’americana», quelli cioè dove, anziché fare un percorso di sedute, ad esempio incontri di un’oretta una volta alla settimana oppure ogni 15 giorni, ci si trova un giorno, in cui ci si è tenuti liberi appunto per tutto il giorno, alle otto o alle nove del mattino e si va avanti finché non si è trovata una soluzione. Se, alla fine della giornata, non si è arrivati ad una conclusione definitiva, si prenota presto un’altra giornata, ma non dopo una settimana o due, dopo due, massimo tre giorni.
Purtroppo, in molte situazioni, in molti problemi legali, fare incontri di un’ora a settimana è come ricomporre una frattura ad una persona senza però fargli il gesso: dopo poco la frattura si torna a scomporre. Che senso ha all’incontro successivo di nuovo ricomporgliela senza, di nuovo, fargli il gesso?
Le situazioni che arrivano nel mio studio – che assomiglia sempre di più ad una casa dove c’è dentro uno che ascolta – si trascinano da anni col metodo tradizionale di affrontare i problemi legali (a colpi, cioè, di iniziative giudiziarie), metodo che spesso conduce a bruciare ricchezza per il solo vantaggio della lite in sé, determinando danni considerevoli per tutti i protagonisti della vertenza e per i loro figli, cui quelle risorse sarebbero andate se non fossero state vanificate.
Oggigiorno, l’accesso delle persone alla mediazione è paradossalmente ostacolato proprio dalla maggiore disponibilità di mezzi di cui dispongono le persone (prima di rovinarsi, ovviamente). Perché andare in mediazione quando possiamo pagare bravi e costosi avvocati? Quanto è tragico rispondere in modo sbagliato a questa domanda. In 22 anni di esercizio della professione noto che le persone prive di mezzi riescono a risolvere velocemente le loro questioni, senza trascinarsi per anni in liti che impoveriscono e logorano sia a livello economico che mentale ed emotivo.
In molti casi, la ricchezza brucia se stessa. Fa impressione, è paradossale, ma io lo vedo quasi tutti i giorni.
Ci vuole un approccio nuovo, ci vuole la modestia delle persone di ammettere «Sono 10, 20 anni che sto facendo cazzate, forse ho sbagliato tutto, proviamo un approccio diverso».
Altrimenti i problemi non si risolveranno davvero mai, non si può – partiamo da questo! – risolvere tutto a colpi di sentenze. Sarà poco verosimile ma è così, un minimo di cooperazione e dialogo bisogna assolutamente mantenerlo e/o ricostruirlo, un giudice non può affatto darvi e non vi darà mai le risposte che non riuscite a trovare da soli, un giudice è solo un burocrate in fondo…
Tutto ciò è verissimo nelle questioni di famiglia classiche, come separazione, divorzio, affido, ma non è meno vero in tutte le altre, dove c’è sempre un fatto umano alla base del conflitto, spesso sempre annidato all’interno di una famiglia o comunque di una parentela.
Vi prego di credermi. Non parlo per sentito dire, parlo perché sono 22 anni che vedo questi scempi.
È solo dal vostro cuore che può partire la soluzione.
Per maggiori informazioni, lasciate un commento oppure scrivetemi dalla pagina dei contatti.
8 risposte su “Mediazione all’americana se volete davvero risolvere.”
E’ la verità ! Sono completamente d’accordo avvocato . Buon lavoro .
Grazie MG, un saluto e un abbraccio!
Negli Stati Uniti, al coniuge con il reddito piu’ alto puo’ essere imposto di pagare le spese legali anche dell altro coniuge (anche in pendenza di lite). Certo che poi trovare un accordo e’ piu’ semplice in casi del genere.
Cioè, come funziona più in dettaglio, spiegaci un po’ meglio se ti va. Al di là di questo osservo che negli USA le spese legali sono assolutamente improponibili per gli standard europei e italiani, parliamo di valori altissimi. Infatti hanno quasi tutti la tutela legale.
Potrebbe essere un modo per scegliere l’avvocato..verificare se e’ propenso a promuovere un dialogo tra le parti , prima di iniziare le azioni legali.
La mediazione e’ sicuramente la strada migliore ,quando le parti sono entrambe in buona fede, ma non sempre e’ cosi’…
e quando questo accade sono gli avvocati che diventano complici dei clienti, fornendo loro modi per aggirare la legge, diventando loro dei burocrati che approfittano dei cavilli dei codici per allungare i tempi e rendere i processi interminabili…in nome del diritto di difesa …sono loro che si spogliano della loro identita’ quasi che la toga li renda impermeabili alla verita’ ed alla giustizia e si occupano solo del diritto che prevale su entrambe..
Sarebbe opportuno cambiare l’intestazione dei tribunali..dovrebbero chiamarsi Palazzo di Diritto..in modo che sia da monito ai comuni mortali su cio’ che ci si puo’ aspettare entrandovi.
Il suo approccio ai problemi e’ lodevole, evidentemente sta utilizzato la sua esperienza non per essere piu’ furbo o piu’ azzeccagarbugli di alcuni colleghi ma per cambiare un andazzo vergognoso..mi auguro che il suo atteggiamento sia estremamente contagioso .
Buon lavoro.
Grazie. Sono abbastanza d’accordo con te sulla denominazione dei tribunali, in effetti sarebbe anche più azzeccata…
Sono proprio d’accordo
Grazie. Sono contento, era ora di mettere per iscritto sul blog queste riflessioni che facevo da tempo.