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La sofferenza va anzitutto accolta e ascoltata.

Oggigiorno, chi affronta una situazione di dolore e sofferenza e si rivolge a qualcun altro essere umano per ricavarne conforto e lenimento, incoccia quasi sempre, e non solo quando interpella un amico, ma anche quello che dovrebbe essere un professionista della cura, in un fanatico del pensiero positivo.

Sì é verissimo, il pensare positivo fa bene e risolve un sacco di problemi, ma ci sono momenti nella vita di tutti noi in cui questo non è semplicemente possibile. Può essere un traguardo, un obiettivo di lungo termine della relazione di cura, ma nell’immediato non si può proporre come soluzione.

Se uno va al pronto soccorso con una gamba fratturata, non gli si può proporre come cura quella di andarsi a fare una bella passeggiata, anche se notoriamente camminare fa benissimo…

Proporre il pensiero positivo a chi in quel momento ne é evidentemente incapace significa non solo omettere di aiutarlo e curarlo, quando magari se ne avrebbe il dovere, ma addirittura aggravarlo, facendolo sentire ancora più inadeguato, inadatto, sfortunato e, persino, giudicato.

Il primo intervento é sempre e solo l’ascolto e l’atteggiamento della compassione, nel suo significato etimologico cum patior, stare insieme senza fare niente condividendo, per quanto possibile, la situazione di sofferenza e dolore.

La modalità dell’essere, in contrapposizione a quella oggi tanto di moda quanto disfunzionale del «fare» qualcosa a tutti i costi – pena sentirsi un inetto e un incapace che «non cura i propri problemi», é l’unica che funziona e che mette in moto i meccanismi di autoguarigione e lenimento dell’animo umano.

La sofferenza va accettata, accolta e persino esplorata, senza la minima pretesa di fare alcunché, tutte le ferite vanno rimesse a Dio e all’universo e, soprattutto, nessuna goccia di dolore va mai sprecata, ma bevuta fino in fondo per poter andare presto oltre e più in alto.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

2 risposte su “La sofferenza va anzitutto accolta e ascoltata.”

Vivere la sofferenza … tutti credo in un tempo della propria vita l’abbiano o la debbano vivere… non solo come amici, compagni, familiari ma anche e soprattutto personalmente … mi piace ricordare che quando ho veramente sofferto per un periodo piuttosto lungo , quella sofferenza fisica e mentale che mi ha coinvolto ha avuto compassione come ben l’hai descritta tu, da parte di chi mi è stato vicino … ma soprattutto mi piace ricordare che il più efficace ” antidoto” in effetti è stato quel balsamo vitale che viene concesso a tutti coloro che pregano la mamma di tutte le mamme …

Una delle quattro verità del buddismo é proprio questa, la vita é dura e contiene la sofferenza. Questo è il significato di tutte le grandi tradizioni sapienziali dell’umanità, tra cui appunto il buddismo ma soprattutto il nostro cristianesimo. Sono felice che le tue difficoltà abbiano ricevuto lenimento, un abbraccio.

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