Questa cosa che la Cassazione, in alcuni casi in cui fissa per la trattazione in camera di consiglio (procedimento ormai divenuto di default, come spiego meglio in questo precedente post), allega anche la proposta favorevole del relatore credo che presupponga una maturità che le parti del giudizio e, più in generale, la società di fatto non hanno.
Inviare ad un cliente un documento, in cui un giudice di cassazione scrive che il ricorso a suo giudizio andrebbe accolto, genera nello stesso cliente uno scontato e per niente sorprendente effettivo psicologico: «abbiamo già vinto».
Peccato che la corte sia composta da cinque membri che ben potrebbero essere di parere diverso dal relatore. E che il giudizio di cassazione spesso si limiti a «cancellare» una sentenza, cosa dopo la quale in non rari casi bisogna fare un’ulteriore fase di giudizio (quello di rinvio) per stabilire chi in effetti alla fine «ha ragione».
Mi ricorda un po’ quegli organi giudicanti, soprattutto stranieri, in cui c’è l’istituto della dissenting opinion, come la Corte Suprema degli Stati Uniti, dove vengono pubblicati i nomi dei giudici che dissentono dalla sentenza conclusiva del procedimento…
È naturalmente una cosa di alta civiltà giuridica, ma il celebre cittadino comune rischia di rimanere molto smarrito e perplesso di fronte a evenienze di questo genere.
Non credo nemmeno che possa mai raggiungere quello scarto evolutivo che lo porterebbe a comprendere che anche la scienza giuridica è estremamente venata di soggettivismo e punti di vista, tanto che, legittimamente, in molte situazioni ed occasioni, due giudici possono vederla e decidere in modo diverso, come in celebre caso ha fatto proprio la stessa cassazione.
Forse questo è anche un segreto che alcuni avvocati – di certo non tutti – custodiscono gelosamente, pensando che sarebbero guai se la generalità del pubblico comprendesse quanta parte di alea – dovuta alla legittima discrezionalità dei giudici e a mille altri fattori – ci sia nelle cause giudiziarie.
Fatto sta che la percezione del «diritto» da parte del comune cittadino è spesso ancora quella di un sistema coerente che fornisce risposte univoche, una specie di «catalogo di soluzioni» che sarebbe sufficiente sfogliare sino ad arrivare, finalmente, alla pagina che contiene il proprio caso.
Peccato che non esista un caso uguale ad un altro, che le maglie della legge – per quanto numerose siano, specialmente nel nostro Paese – non riescano mai a catturare tutte le ipotesi, anzi, e che spesso si debba ragionare per interpretazione, analogia e così via.
Per non dire di quello che può, banalmente, succedere in istruttoria al momento in cui si tenta di ricostruire un fatto…
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4 risposte su “Cassazione: proposta favorevole del relatore.”
Sono d’ accordo,la digitalizzazione non è sicuramente il mezzo per arrivare alla certezza del diritto, ma solo un utile ( e a mio avviso indispensabile ) strumento di miglioramento…se opportunamente progettato e condiviso.
Già i vari processi telematici pur dopo le tante difficoltà iniziali sono un miglioramento. Ma il lavoro é soprattutto a livello culturale a mio modo di vedere. La crisi della giustizia è anche crisi di una categoria soprattutto, quella degli avvocati, cui si aggiunge come ci ricordano le cronache quella dei magistrati, anche se, devo essere onesto, a mio modo di vedere in minor misura.
Maturità delle parti e della società, forse la futura riforma della “giustizia” sarà un valido indicatore in tal senso.
Penso che la riforma della “giustizia” civile non debba fermarsi all’ espletamento dell’ arretrato, questo è il passato, ma debba fornire un servizio certo al cittadino : la certezza del diritto, proprio come avviene per il diritto alla salute. Una profonda digitalizzazione del settore dovrebbe iniziare da un importante data base (DB) dove il cittadino possa accedere alla “giustizia” con cognizione di causa (gioco di parole…), perchè il nuovo DB, aperto al pubblico, raccoglierebbe tutti i dati che servono : argomenti delle cause, descrizione sintetica dei contenziosi, nomi degli avvocati coinvolti, nomi dei giudici coinvolti e motivazione della sentenza, e quant’altro possa essere utile; il tutto in un formato consultabile dal cittadino.
In questo modo si dovrebbe iniziare ad accedere alla “giustizia”, in modo informato.
Inoltre, la digitalizzazione potrebbe aiutare a fare da filtro fin da subito prima di dare inizio alla causa vera e propria, esattamente come la mediazione ( odioso sistema che lede i diritti di chi ha ragione e ne crea di fittizzi per chi ha torto ), ad esempio non arrivando ad un accordo “mediato tra le parti” ma pervenendo ad una “pre-sentenza digitalizzata” che fornisce agli attori una percentuale di esito positivo (motivata) qualora si andasse in causa e che sia vincolante per i giudici successivi.
Inoltre una digitalizzazione spinta della giustizia eliminerebbe ” l’alea dell’ incertezza del giudizio” consentendo finalmente che una sentenza faccia da PRECEDENTE ( modello americano..evoluto ) per una successiva e non come ora dove un fatto può essere interpretato da giudici ( …e avvocati) non in modo univoco; ora la “giustizia” è il risultato della interpretazione di un “osservatore” e non l’ esito della evidenza oggettiva di fatti, come dovrebbe essere.
Troppi si nascondono dietro all’ “alea del giudizio” che, in taluni casi, può anche diventare terreno di corruzione. La “giustizia” non deve essere “cibo” per giudici e avvocati ma servizio efficace ( ed efficiente ) per il cittadino.
La “giustizia” come la sanità ha bisogno di certezze e non di interpretazioni che sono solo una fase intermedia per arrivare alla certezza del risultato e ora cominciamo ad avere gli strumenti tecnologici per eliminare queste interpretazioni e ridurre sensibilmente il terribile difetto dell’ alea del giudizio.
La discrezionalità aiuta solo giudici e avvocati ma non il cittadino che si rivolge alla giustizia.
La certezza del giudizio si deve ottenere PRIMA di andare in causa, poi eventualmente si media economicamente e infine si va in causa , ma solo per formalizzare una sentenza; ormai vi sono gli strumenti tecnologici per arrivare a questi risultati, ma…..
Riprendendo l’ analogia con la Sanità pubblica, quest’ ultima salva molte più vite, perchè affianca le nuove tecnologie alla abilità dei medici ( che non è altro che l’ analogo della onestà e abilità di giudici e avvocati ).
Quindi iniziamo a riformare la “giustizia” pensando al futuro e non solo al passato, perchè in tal modo non si cambia nulla…una volta finiti i soldi del Recovery si ricomincerebbe tutto da capo.
Il tuo è un bel commento e te ne ringrazio però no, purtroppo la digitalizzazione non risolvererebbe affatto tutti i problemi della giustizia e la certezza del diritto è un valore non raggiungibile, resta un’utopia, anche nei sistemi a precedente vincolante, dove c’è comunque il distinguishing. I sistemi giudiziari esistono per dare certezza ma solo nei singoli casi, per emettere una sentenza che pone la parola fine a singole situazioni, ma la certezza del diritto non è raggiungibile perché il diritto è solo un ripiego nevrotico delle forme di organizzazione politica statuale per avere la stessa equità delle organizzazioni più leggere, che però non è raggiungibile. C’è un’opera di un mio celebre concittadino che è valida ancora oggi a riguardo, Dei difetti della giurisprudenza, di Ludovico Antonio Muratori, potrebbe essere molto illuminante per te leggerla. Buona giornata e grazie ancora per il tuo commento.