Il diritto più importante del cliente di un avvocato, l’unico davvero
fondamentale, é quello di essere avvertito immediatamente appena dice
una cazzata, appena prende una strada disfunzionale, appena partorisce
un’idea sterile o imbocca una strada che non porta, quando va bene, da
nessuna parte.
Esattamente così come i figli di famiglia, i clienti degli avvocati
hanno bisogno di sentirsi dire, e dare, molti più «no» che «sì», non
hanno bisogno di essere assecondati in relazioni che danno luogo a
rapporti professionali patetici dove cliente e professionista
diventano amici e si tengono la mano a vicenda mentre nessuno fa più
niente di costruttivo per le vertenze che ci sarebbero da gestire.
Al posto di questo fondamentale diritto ad una genuina e buona
leadership, ai clienti degli avvocati il sistema legislativo attuale
ammannisce diritti fasulli e inutili, come quelli di ottenere copia
degli atti processuali, godere dell’illustrazione delle varie
strategie difensive man mano adottate, oppure (ed è questo il
capolavoro più «alto» della modernità) alla stramaledetta «privacy».
La realtà è che i clienti non se ne fanno di niente di copia degli
atti, della condivisione delle strategie e della discussione congiunta
delle varie problematiche perché la realtà è che non capiscono, non
sono in grado di capire, nessuna di queste cose, per le quali occorre
una preparazione giuridica sistematica acquisibile solo con anni di
studio sui libri, seguita da almeno un decennio di pratica
giudiziaria.
La privacy poi é una vera presa in giro perché noi avvocati abbiamo da
secoli il segreto professionale, che é un istituto molto più che
sufficiente a tutelare integralmente chi si affida ad un legale.
I clienti vogliono solo un avvocato onesto e di cui si possano fidare,
che li guidi come un leader autorevole e rispettabile, aiutandoli ad
uscire dalla giungla di cazzate in cui si sono ficcati per lo più da
soli e che tantissima parte ha nella generazione dei problemi legali
che devono risolvere.
Il primo diritto di un cliente che si presenta a studio con la massima
di cassazione trovata tramite google é quello di sentirsi dire
immediatamente una cosa come «Siediti, vuoi qualcosa da bere? Questa
stampata non ti serve a niente, non ha nulla a che fare col tuo caso,
se l’avessi stampata su carta morbida avresti potuto riciclarla
diversamente, ora non ti resta che buttarla, pregando per l’albero la
cui vita è stata sprecata per il nulla».
É solo da questa fondamentale presa di consapevolezza, quella di non
capire un cazzo delle cose legali, che può nascere un rapporto in cui
l’avvocato e il suo cliente lavorano fruttuosamente sulle
problematiche del secondo.
Questo é quello che intendo quando parlo di «sana dominanza» nelle
sessioni della mia Law Academy, come di quel concetto e metodo che
deve improntare sin dal primo minuto la relazione avvocato e cliente.
Purtroppo per le avvocatesse donne, che sono più portate
all’accoglienza e all’empatia, questa pratica è più difficile da
raggiungere.
Difficile, ma niente affatto impossibile.
Basta prendere questa consapevolezza e sviluppare il maschile,
attingere all’energia del maschile. Così come io ho sviluppato il
femminile per poter fare il counselor ed ascoltare in modo empatico,
un’avvocatessa può sviluppare il maschile per implementare la sana
dominanza nei rapporti con tutti i suoi clienti.
Tutto questo è molto politicamente scorretto, ma io ho una bottega e
una scuola da mandare avanti e una cosa bella del lavoro é che lo puoi
fondare solo sulla realtà. Il lavoro é una bella applicazione del
principio di necessità di cui parlava Freud, non a caso è un regno
tradizionalmente maschile.
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4 risposte su “Sana dominanza nel rapporto avvocato – cliente.”
Piuttosto che niente meglio piuttosto. Semplifichiamo : mettiamo in rete cause vinte e cause perse di ogni avvocato.
Lo stesso per i giudici, cioè fatti e sentenze, cosi di entrambi vediamo come sanno fare il loro mestiere.
Il tutto in maniera ben strutturata, ricercabili, sintetica e comprensibile da tutti.
Guarda, piuttosto di questa cosa, a mio giudizio assolutamente inutile, molto meglio niente. Solo i miei due cent, ovviamente.
Il rapporto fra Cliente e Avvocato va costruito fin da subito con una scelta informata sulle reali competenze e sui risultati ottenuti da quest’ ultimo…. la fiducia facciamola venire dopo.
Forse la futura riforma della “giustizia” ( con i soldi del Recovery Found )potrà aiutare in tal senso….ma ho poca fiducia.
Ma vediamo come :
penso che la riforma della “giustizia” civile non debba fermarsi all’ espletamento dell’ arretrato, questo è il passato, ma debba fornire un servizio certo al cittadino : la certezza del diritto, proprio come avviene per il diritto alla salute.
Si potrebbe iniziare da una profonda digitalizzazione del settore creando un importante data base (DB) dove il cittadino possa accedere alla “giustizia” ( e alla scelta del proprio avvocato ) con cognizione di causa (gioco di parole…);un nuovo DB, aperto al pubblico, che raccolga sinteticamente tutti i dati che servono: argomenti delle cause, descrizione sintetica dei contenziosi, nomi degli avvocati coinvolti, nomi dei giudici coinvolti e motivazione della sentenza, e quant’altro possa essere utile; il tutto in un formato consultabile dal cittadino.
In questo modo si dovrebbe iniziare ad accedere alla “giustizia” ( …e al proprio avvocato ), in modo informato.
Ora mi allargo un pò :
inoltre, la digitalizzazione potrebbe aiutare a fare da filtro fin da subito prima di dare inizio alla causa vera e propria, esattamente come la mediazione ( odioso sistema che lede i diritti di chi ha ragione e ne crea di fittizzi per chi ha torto ), ad esempio non arrivando ad un accordo “mediato tra le parti” ma pervenendo ad una “pre-sentenza digitalizzata” che fornisce agli attori una percentuale di esito positivo (motivata) qualora si andasse in causa e che fosse vincolante per i giudici successivi.
Inoltre una digitalizzazione spinta della giustizia eliminerebbe ” l’alea dell’ incertezza del giudizio” consentendo finalmente che una sentenza possa fare da PRECEDENTE ( modello americano..evoluto ) per quella successiva e non come ora dove un fatto può essere interpretato da giudici ( …e avvocati) non in modo univoco; oggi la “giustizia” è il risultato della interpretazione di un giudice e non l’ esito della evidenza oggettiva di fatti, come dovrebbe essere.
Troppi si nascondono dietro all’ “alea del giudizio” che, in taluni casi, può anche diventare terreno di corruzione. La “giustizia” non deve essere “cibo” per giudici e avvocati ma servizio efficace ( ed efficiente ) per il cittadino.
La “giustizia” come la sanità ha bisogno di certezze e non di interpretazioni che sono solo una fase intermedia per arrivare alla certezza del risultato; ora cominciamo ad avere gli strumenti tecnologici per eliminare queste interpretazioni e ridurre sensibilmente il terribile difetto dell’ alea del giudizio.
La discrezionalità aiuta solo giudici e avvocati ma non il cittadino che si rivolge alla giustizia.
Ad oggi vi sono strumenti tecnologici che possono essere messi nelle condizioni di stabilire con elevata probabilità l’ esito di una controversia spiegandone le motivazioni, in tal modo chi volesse far valere i propri diritti potrebbe possedere la quasi certezza del giudizio PRIMA di andare in causa; su tale base si potrebbe quindi passare ad una fase successiva di mediazione economica e, se non si dovesse approdare a nulla, si va in causa, ma solo per formalizzare una sentenza in pratica già scritta.
Meglio conoscere prima una sentenza CERTA da un computer che andare in causa di fronte alla INCERTEZZA dovuta all’ alea di giudizio di un qualsiasi giudice; un giudizio lo otteniamo comunque.
Riprendendo l’ analogia con la Sanità pubblica, quest’ ultima salva molte più vite, perchè affianca le nuove tecnologie alla abilità dei medici ( che non è altro che l’ analogo della onestà e abilità di giudici e avvocati ).
Utopia ?
Quindi iniziamo a riformare la “giustizia” pensando al futuro e non solo al passato, perchè in tal modo non si cambia nulla…una volta finiti i soldi del Recovery si ricomincerebbe tutto da capo.
Mi scuso per aver allargato un pò l’ argomento del rapporto Cliente/avvocato, ma dato che la nostra “giustizia” è quello che è ( o non è.. ) tra un pò dovremo sceglierci anche il giudice per mezzo di un DB sulle sentenze per sentirci minimamente tutelati.
Grazie per il tuo commento Mauro, che ho letto con interesse, anche se devo dire che, da umanista, non lo condivido, non credo proprio che le soluzioni possano mai essere queste, onestamente. La “scelta informata sulle reali competenze e sui risultati” non ha, ad esempio, alcun senso: il cliente non è affatto in grado di valutare le competenze del legale e, soprattutto, i risultati non dipendono certo mai solamente dalla competenza del legale, ma dalla natura del caso seguito principalmente. Per me è un police giù, anche se ti ho letto con sincero interesse.