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Infortunio a scuola: chi è responsabile?

Essere genitori si sa, comporta molte preoccupazioni nei confronti dei figli, soprattutto quando in tenera età, questi iniziano a frequentare la scuola dell’infanzia.

La scuola dell’infanzia rappresenta la prima fase del percorso educativo, caratterizzata da gioco e convivenza con i compagni in preparazione alla scuola primaria, ma cosa succede se nostro figlio subisce un infortunio nei locali dell’asilo? Di chi è la responsabilità? A chi spetta il risarcimento dei danni?

In questi casi non è assolutamente semplice comprendere di chi sia la responsabilità e come muoversi di conseguenza per ottenere tutela ed essere risarciti per il danno subito e spesso ci si ritrova davanti a numerosi dubbi.

A fare chiarezza sul tema, è intervenuto il Tribunale di Ravenna, che con la recente sentenza n. 213/2018, ha fornito delle risposte precise circa l’ambito di responsabilità dell’asilo nei casi di caduta di uno dei bimbi all’interno della struttura. In particolare, nel caso in esame, i genitori del minore avevano agito in giudizio per chiedere il risarcimento del danno patrimoniale e morale, in seguito all’infortunio del loro bambino nei locali dell’asilo comunale di Ravenna.

Le conseguenze del danno, accertate da apposita Consulenza tecnica d’ufficio, erano “lesioni permanenti consistenti in esiti di cicatrice asolariforme in regione periorbitaria sinistra di lunghezza, pari a 1,3 cm; un danno biologico permanente pari al 3%; invalidità temporanea parziale di 30 giorni”.

È bene precisare, prima di entrare nel merito della vicenda, che con l’accoglimento della domanda di iscrizione presso un istituto scolastico e la conseguente ammissione dell’allievo a scuola, sorge un vincolo negoziale tra le due parti, dal quale discende, accanto all’obbligo principale di istruire ed educare, quello accessorio di proteggere e vigilare sull’incolumità e sulla sicurezza dell’alunno, per tutto il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica. Pertanto la scuola è tenuta ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi e ad adottare tutti gli accorgimenti necessari al fine di evitare che gli alunni subiscano degli infortuni all’interno della struttura scolastica.

In considerazione di tutto ciò, la consolidata giurisprudenza riconosce due tipi di responsabilità ravvisabili in capo al Ministero dell’Istruzione o all’ente gestore di una scuola privata quando gli alunni subiscono danni nel periodo in cui dovrebbero essere vigilati dal personale scolastico:

  • contrattuale: se la domanda è fondata sull’inadempimento dell’obbligo di vigilare o di tenere o non tenere una determinata condotta;
  • extracontrattuale: se la domanda è fondata sulla generale violazione di non recare danno ad altri, ex articolo 2043 c.c.

La Cassazione, ritenendo che “lo stesso comportamento può costituire fonte per il suo autore sia di una responsabilità da inadempimento, sia di una responsabilità da fatto illecito, quando l’autore della condotta anziché astenersene la tenga, ovvero manchi di tenere la condotta dovuta e le conseguenze sono risentite in un bene protetto, non solo dal dovere generale di non fare danno ad altri, ma dal diritto di credito, che corrisponde ad una obbligazione specificamente assunta dalla controparte verso di lui”, riconosce la facoltà in capo al danneggiato di scegliere se chiamare al risarcimento dei danni la scuola in ragione di una sola delle due responsabilità o di entrambe contemporaneamente.

L’attore sarà tenuto solamente a dimostrare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sull’altra parte graverà l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da una causa non imputabile né all’istituto né al suo personale, nonché di aver predisposto ogni accorgimento idoneo ad impedire la realizzazione dell’evento.

Ciò premesso, nella fattispecie, i genitori del minore leso, avevano agito in giudizio nei confronti della scuola, optando per la responsabilità di tipo contrattuale e il Tribunale dopo aver accolto la domanda, si era pronunciato dichiarando la responsabilità dell’istituto scolastico.

Il giudice aveva ritenuto che non fosse possibile configurare un’ipotesi di caso fortuito – unico fattore che avrebbe potuto escludere il nesso di causalità (e pertanto la responsabilità dell’istituto scolastico) tra l‘insufficiente vigilanza dei bambini, in tenera età, da parte delle maestre ed il verificarsi dell’infortunio – in quanto è del tutto prevedibile che i bambini piccoli, durante l’attività ludica, possano porre in essere un gesto improvviso o possano compiere gesti vivaci, pertanto è onere degli insegnanti quello di non perderli di vista e di evitare qualsiasi tipologia di danno.

Esiste infatti una sorta di “contratto di protezione”, secondo il quale, tra gli interessi da realizzarsi da parte della scuola, rientra quello dell’integrità fisica dell’allievo.

Nel caso in cui si verifichino infortuni all’interno dell’istituto scolastico, è bene avere conoscenza fin da subito delle modalità più adeguate per procedere e ottenere nell’eventualità un risarcimento del danno subito.

Pertanto la strada migliore è quella di farsi seguire da un buon legale che possa consigliarti e assisterti.

Se lo ritieni o pensi ti possa interessare anche solo approfondire il tema, è possibile richiedere una consulenza al nostro studio compilando il modulo apposito.

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Trasferimento minore all’estero: quando è sottrazione?

L’ex coniuge ha violato le disposizioni sul regime di affidamento condiviso? Ha intenzione di trasferire il figlio minore all’estero e allontanarlo dal luogo di residenza abituale senza alcun consenso? Portare il figlio all’estero senza il consenso dell’altro genitore è sottrazione internazionale di minore.

Nel caso in cui i provvedimenti relativi alla custodia del figlio minore, predispongano l’affidamento congiunto ad entrambi i genitori con collocazione prevalente presso uno di essi e la precisa regolamentazione dei tempi di frequentazione del minore con l’altro, il figlio non potrà essere trasferito in un Paese diverso da quello nel quale è abitualmente residente e in cui mantiene i legami con il genitore non collocatario, senza il consenso di quest’ultimo.

Questo orientamento, è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24173 del 13 ottobre 2017, che ha respinto il ricorso presentato da una donna residente abituale negli Stati Uniti, avverso il decreto del Tribunale per i minorenni di Milano, al quale si era rivolto il marito (residente anch’egli negli Usa), dopo che la ex moglie, in Italia per le vacanze insieme al figlio, aveva deciso di non fare più ritorno, allontanando così il minore contro il volere del padre e precludendo inoltre a quest’ultimo ogni possibilità di vedere il figlio.

Il padre si era rivolto al Tribunale di Milano, seguendo il procedimento previsto all’interno della Convenzione dell’Aja del 1980 che si occupa proprio degli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori e che racchiude al suo interno precise finalità:

  • proteggere il minore, a livello internazionale, contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento o mancato rientro illecito, assicurando un immediato rientro del minore nel proprio Stato di residenza abituale,
  • garantire che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti.

Il Tribunale di Milano dopo aver dichiarato trattarsi di un caso di sottrazione internazionale, aveva ordinato il rientro immediato del minore e dichiarato illecito il trasferimento, in quanto:

  • era fuori discussione che la residenza abituale del minore fosse negli Usa, dove lui era nato e aveva sempre abitato regolarmente, radicando relazioni sociali, culturali e di amicizia;
  • il diritto di custodia del padre era stato violato ed era inoltre presente un chiaro e inequivocabile dissenso espresso da quest’ultimo ad un trasferimento da parte del figlio (nel caso in esame, la collocazione prevalente del minore era presso la madre, ma era prevista comunque una regolamentazione dei tempi di frequentazione con il padre);
  • era stata esclusa la presenza di circostanze pericolose per il minore (elencate all’interno della citata Convenzione dell’Aja) come ad esempio il fondato rischio di trovarsi esposto, una volta rientrato nel suo paese di residenza, a pericoli fisici e psichici o comunque di trovarsi in una condizione intollerabile e anzi era stato accertato che il minore appariva emotivamente spossato proprio a causa di questo brusco cambiamento e allontanamento dalla sua vita e dalle sue abitudini.

È proprio sulla base di tutti questi elementi, che la Corte Costituzionale ha deciso di rigettare il ricorso presentato dalla madre in quanto questa non aveva il diritto di trasferire il minore al di fuori del territorio statunitense. È vero che in quanto collocataria, aveva la “custodia fisica” del figlio, ma tale custodia non conferisce il diritto di trasferire la residenza del minore con decisione unilaterale, si tratta pur sempre di un affido congiunto ad entrambi i genitori che necessita di un consenso da parte del genitore coaffidatario.

Il tema della sottrazione, del trasferimento o trattenimento all’estero di figli minori di coppie in crisi, è purtroppo assai ricorrente al giorno d’oggi e posto sempre di più al centro dell’attenzione. Per questo, se si ha interesse ad approfondire l’argomento, si può richiedere una consulenza specifica sul tema, rivolgendosi ad un legale che possa assistervi.

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Diagnosi tardiva: il medico è responsabile per danni?

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Ritieni che un tuo parente o amico sia rimasto vittima di negligenza o incompetenza da parte di un medico? Pensi di aver ricevuto una diagnosi errata o tardiva di una patologia?

Il ritardo nella diagnosi non è accettabile, neanche se la malattia è incurabile e il medico si troverà, a quanto sembra, a dover rispondere per il reato di omicidio colposo.

Questo è ciò che stabilisce una recente decisione della Corte di Cassazione dell’8 novembre 2017, la quale sancisce che il medico è ritenuto responsabile, per l’omissione o la tardiva diagnosi di una patologia, in quanto tale comportamento cagiona al paziente un danno, al di là dell’esito inevitabile della malattia.

Quindi anche se il male che affligge il paziente è incurabile e l’esito della patologia sarebbe comunque infausto, non è dato sapere se una diagnosi tempestiva possa ritardare o meno l’esito, pertanto non possiamo fare a meno di prendere in considerazione il fatto che una corretta e tempestiva diagnosi da parte del medico possa allungare la vita del paziente di settimane o addirittura anni e la vita è un bene rilevante dal punto di vista giuridico che deve essere tutelato.

È proprio sulla base di questo orientamento, che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 50975, ha annullato, una sentenza della Corte di Appello di Bari che aveva assolto dal reato di omicidio colposo un medico che non aveva diagnosticato per tempo una gravissima forma tumorale, giungendo alla corretta diagnosi quando ormai ogni intervento sul paziente era inutile. È vero che un paziente con una patologia così aggressiva come il carcinoma al pancreas, sarebbe forse deceduto ugualmente, ma se quest’ultimo fosse stato almeno consapevole della malattia, avrebbe potuto ricorrere a terapie o interventi chirurgici in grado, se non di farlo guarire, almeno di incrementare le sue speranze, di dargli una chance o comunque di allungare significativamente la sua aspettativa di vita.

La Corte ha chiarito che, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi.

Vediamo così affermarsi un principio: l’errore diagnostico del medico che consiste nella mancanza di una tempestiva diagnosi è causa dell’evento dannoso in quanto “la stessa scienza medica (…) sostiene la necessità di una sollecita diagnosi delle patologie tumorali e rileva come la prognosi della malattia varia a seconda della tempestività dell’accertamento” e sussiste responsabilità penale anche quando l’omissione del sanitario contribuisca alla progressione del male.

Per tutelare se stessi, i propri familiari o amici in situazioni come questa è fondamentale affidarsi ad un legale che possa seguirti e consigliarti. Se ti è capitato di incombere in errori medici, essere rimasto vittima di malasanità o pensi che la tua situazione possa essere analoga e vorresti un approfondimento in merito, se vuoi puoi contattarci senza impegno compilando il modulo apposito.