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Mattarella: siamo fuori dalla democrazia.

È giusto quello che ha fatto il presidente Mattarella?

Nei giorni scorsi la casella postale del blog é stata letteralmente invasa da messaggi di gente incazzata, impaurita, indignata, dubbiosa per quello che aveva fatto Mattarella, gente che vorrebbe almeno sapere da me se il presidente ha agito in modo corretto o meno.

A volte, in casi come questi, mi sento davvero un po’ l’avvocato degli Italiani, come avrebbe voluto e forse potuto essere il collega Conte, famoso per 5 minuti come previsto da Andy Wahrol e ormai ritornato nel suo più piccolo mondo, anche perché dopo venti anni che comunico, scrivo e parlo con la gente tutti i giorni per cose giuridiche su questo blog molti in effetti fanno riferimento a me.

In realtà il diritto costituzionale é, soprattutto per quanto riguarda il funzionamento degli organi dello Stato, una materia molto al confine tra il diritto e la politica, per forza di cose.

Inoltre non so a cosa possa servire sapere cosa, secondo me, prevede il diritto e cosa ne penso io, ma visto che avete chiesto in così tanti voglio provare a spiegarvi, cercando di utilizzare il linguaggio più semplice possibile, come al solito, come stanno le cose secondo la «legge» e da giurista, oltre che fare qualche valutazione più politica.

Ma vediamo prima di tutto qual è davvero la questione, perché a mio giudizio la pressochè totalità di coloro che se ne sono occupati non l’hanno inquadrata bene nemmeno nei suoi termini di partenza, si sono concentrati sul dito senza vedere la luna.

La questione giuridica sottesa a quello che è accaduto non è se il presidente della Repubblica possa rifiutare la nomina di un ministro proposta dalla maggioranza parlamentare, ma, ancora di più, se possa, per questo o per altri motivi, di fronte ad una maggioranza parlamentare oggettivamente esistente, rifiutarsi di accoglierla e darvi corso per la formazione di un nuovo governo, nominando come presidente del consiglio una persona che non fa parte del Parlamento, non si è presentata agli elettori e che con alta probabilità non otterrà la fiducia del Parlamento, pur governando dopo il giuramento ad interim e per gli affari correnti.

Il punto è, come vedremo meglio in seguito, che se andrà avanti il governo Cottarelli e, come è molto probabile, non otterrà la fiducia, l’Italia sarà governata da un dicastero completamente scollegato dalla volontà popolare e tutto ciò per aver rifiutato la nomina di un ministro non per ragioni, ad esempio, di precedenti condanne penali, ma semplicemente per motivi di opinione, perché questo ministro aveva idee non considerate idonee.

Attenzione, sono certo che nessuno di voi crede alla favolina del «governo neutro»: un governo, una qualsiasi entità, non è mai neutra, per il solo fatto di esistere. Questo governo prenderà decisione, adotterà provvedimenti, farà decreti che non saranno affatto neutri ma basati su decisioni precise a favore di alcune cose e a sfavore di altre.

Come si vede, è una questione sia giuridica che politica e civica, che, a mio giudizio, non può che avere una risposta chiarissima ed univoca, nonostante tutto.

Ma procediamo con ordine.

La costituzione più bella del mondo?

Parliamo innanzitutto della costituzione e del diritto in generale.

Intanto, la costituzione italiana non è affatto la «costituzione più bella del mondo» come qualcuno ha un po’ troppo giulivamente voluto affermare.

É un testo, tutto al contrario, decisamente molto sopravvalutato, che contiene norme abbastanza ambigue, anche nella parte sui principi fondamentali, perché frutto di un compromesso tra forze politiche dalle visioni opposte.

Pensiamo solo alla definizione di «repubblica democratica fondata sul lavoro» che sembra più il manifesto fondante di una delle vecchie repubbliche socialiste dell’est europeo sotto influenza sovietica che una definizione adatta all’Italia reale, che non è mai stata socialista ed oggi si presenta, tutto al contrario, in avanzato stato di globalizzazione e, dunque, di capitalismo e consumismo piuttosto selvaggi, che hanno preso il posto della nostra tradizionale civiltà agricola e cattolica.

Un’altra cosa divertente della costituzione è che tutti si sbracciano a dire che l’Italia é uno stato laico, ma l’Italia non lo è affatto – su questo sfido chiunque a dimostrare il contrario – perché lo stato laico è quello che tratta tutte le confessioni religiose allo stesso modo, mentre la legge fondamentale italiana, la costituzione di cui stiamo parlando, tratta diversamente la confessione cattolica, da un lato, e tutte le altre, dall’altro.

Un’altra enorme lacuna della costituzione più bella del mondo riguarda i partiti, che erano la realtà politica più importante all’epoca in cui la carta venne compilata ma a cui è dedicato solo un breve cenno, per confermarne pleonasticamente la legittimità, ad eccezione di quello fascista – anche questa è una incongruenza dal momento che un partito per l’instaurazione della sharia (a proposito, leggete Soumission di Houellebecq), per lo stato feudale, per la ruralizzazione dell’Italia e chi più ne ha più ne metta sarebbero perfettamente legittimi, anche se magari politicamente deteriori rispetto a quello fascista (che peraltro, in qualche forma, esiste o è esistito in passato).

Questi sono solo alcuni esempi, tanto per far capire.

La prima cosa da fare per comprendere la costituzione é prenderla per quella che è, un testo di compromesso con gravi lacune.

É vero, grazie alla costituzione sono stati fatti tanti passi in avanti, specialmente tramite la mannaia della corte costituzionale, però onestamente bisogna smettere di idolatrarla come se fosse il «Libro» che contiene la soluzione a tutti i possibili problemi.

Come dico spesso, la mia unica costituzione é il Vangelo di Luca, un testo ben più alto e, dei due, oggigiorno sottovalutato, ma che parla, con termini eterni, del vero cuore dell’uomo, raccontando la vita di un grande Maestro, di cui riesce a trasmetterci valori e insegnamenti, come un testo compilato da una commissione di politici e burocrati non potrebbe mai fare.

Ma c’è di più.

La costituzione resta comunque un testo giuridico, un testo dunque di diritto, un ammasso di regole e norme con cui si vorrebbero risolvere problemi, ma che, come strumento, mi riferisco al «diritto» presenta dei gravi limiti, di cui ho parlato in un altro post, al quale rimando.

Uno di questi limiti del diritto é che chi lo scrive non può prevedere tutte le ipotesi che si verificheranno nella pratica, inoltre soggiace comunque ai limiti propri del linguaggio, di talché non esiste diritto che possa essere applicato senza un passaggio interpretativo o ricostruttivo.

L’ideale illuministico dei giudici bouche de la loi é appunto una utopia: il diritto non è una macchina o un sistema meccanico, le leggi scritte devono sempre essere interpretate correttamente e calate nel caso concreto cui devono essere applicate.

Chi può interpretare la legge?

Una cosa molto importante da capire, parlando seriamente, è che, se non hai compiuto importanti e lunghi studi di diritto, é molto difficile che tu possa leggere e interpretare adeguatamente un testo giuridico.

Molte parti del codice civile e della costituzione sono oscure per gli stessi avvocati.

Per poter “leggere” in modo corretto un articolo di un qualsiasi testo normativo occorre una preparazione di fondo vasta e sistematica che consenta di contestualizzare e riempire del significato corretto quello che si sta leggendo ed apprezzando.

Se tu, senza questa preparazione alle spalle, tenti di dare comunque una tua lettura, sei ad alto rischio di errore, come se io andassi su PubMed per cercare di capire adeguatamente uno studio medico senza quella preparazione sistematica di base che ha chi ha compiuto studi poliennali di medicina o biologia.

Per questo motivo, é in buona parte necessario fidarsi dei giuristi, che però non sempre sono in buona fede, quindi anche qui bisogna cercare di capire chi fornisce interpretazioni oneste e sensate da chi invece ne fornisce di comodo o interessate.

Cosa dicono, a riguardo, i costituzionalisti?

In realtà, l’ipotesi è nuova, per quello che ho cennato prima, perché qui, sulla scorta della mancata accettazione di un ministro, è stato abortito un governo dotato di maggioranza politica a favore di uno che ne era sfornito.

Sull’art. 92 – lo hai visto in questi giorni – ogni costituzionalista ha opinioni diverse, ma questo è normale perché si tratta sempre di una norma giuridica. Secondo alcuni, il presidente della Repubblica non ha poteri di intervento sui nomi indicati dal presidente del consiglio incaricato, secondo altri il presidente avrebbe più margine. Però nessuno di questi costituzionalisti ha mai visto una situazione come quella dei giorni scorsi.

Sul fatto specifico di Mattarella, si è pronunciato, in un video, un giurista, esperto di diritto pubblico ma anche di altre discipline, che personalmente stimo molto e di cui inserisco di seguito il contributo. Si tratta di Mauro Scardovelli.

https://www.youtube.com/watch?v=bx41RlNQ3

 

Ma cosa dice in realtà l’art. 92.

Su queste premesse, proviamo a leggere le disposizioni applicabili e la vicenda che ci interessa.

Secondo l’art. 92 della Costituzione, sulla formazione del ministero, «il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri».

Come si vede, è un testo piuttosto laconico, che va integrato mediante interpretazione.

Il presidente della Repubblica può, dunque, rifiutarsi di nominare un ministro indicato dal Presidente del Consiglio incaricato e ciò sino a far fallire il tentativo di formare un governo sorretto da una maggioranza parlamentare esistente, per poi conferire incarico ad un soggetto privo di qualsiasi legittimazione politica e cioè di una maggioranza parlamentare e quindi di collegamento con la volontà popolare?

Per me, assolutamente no.

L’eventuale Governo nominato dal Presidente della Repubblica, dovrà comunque infatti avere la fiducia delle due camere (art. 94 Costituzione), dal momento che è solo il Parlamento che è rappresentativo del popolo, in quanto ne contiene – almeno in teoria – i rappresentanti.

Il Governo deve avere la fiducia non del Presidente della Repubblica ma del Parlamento.

Parlamento che, seppur con una legge elettorale penosa è espressione della sovranità del popolo (art. 1 costituzione) espressa nel voto (art. 48 costituzione) attraverso i partiti (art. 49 costituzione).

Il presidente della Repubblica, in Italia, è eletto dal Parlamento in seduta comune, non dal popolo.

Coerentemente con questo, si dice giustamente che l’Italia non è una repubblica presidenziale, come è ad esempio la Francia, dove il presidente è eletto direttamente dal popolo, ma una repubblica parlamentare.

Il presidente della Repubblica in realtà ha davvero poco collegamento con il popolo, è più un fiduciario o mediatore dei partiti che lo hanno eletto.

Durando in carica sette anni, spesso è il fiduciario di partiti diversi da quelli con cui si trova ad operare, esattamente come è avvenuto in questo caso.

I «costituzionalisti di facebook» ricordano che anche altri presidenti, in passato, hanno rifiutato nomi di alcuni ministri, ma il caso di gestito da Mattarella é completamente diverso.

Nei casi citati, le osservazioni del capo dello Stato erano state, in tutte le ipotesi, accettate: la maggioranza politica aveva deciso cioè di cambiare il nome del ministro accogliendo le indicazioni del presidente.

Se, invece, la maggioranza politica, anche di fronte ai dubbi e alle osservazioni del presidente, insiste, il capo dello Stato a mio giudizio può solo prenderne atto e procedere alla nomina, non può certo far fallire un governo sorretto dalla maggioranza del Parlamento, tanto più per dare luogo ad un governo che non ha la maggioranza ed è di conseguenza completamente delegittimato ad assumere qualsiasi provvedimento perché scollegato dalla volontà popolare.

Funziona un po’ come con il potere di rinvio di una legge alle Camere. Il Presidente può rinviarla, ma se la maggioranza la riapprova così com’è, identica, dopo é comunque obbligato a promulgarla.

Il presidente della Repubblica non è eletto dal popolo, ma solo dal Parlamento in seduta comune, cioè dai rappresentanti del popolo. Il collegamento del presidente con la volontà popolare è molto più sfilacciato di quello, già labile, che c’è coi parlamentari. Molto spesso il presidente é più un garante o mediatore dei partiti piuttosto che dei cittadini.

Presidente di chi?

Per capire di chi ha fatto gli interessi, di fatto, Mattarella, basta pensare a chi lo ha eletto a suo tempo, cioè la maggioranza composta da PD e Forza Italia, e leggere i tweet infarciti di orgoglio e soddisfazione di noti esponenti del partito democratico.

In realtà c’è poco da essere soddisfatti.

Il contratto di governo giuridicamente era di certo una boiata, ma era altrettanto certamente valido come programma: era un programma di governo, concordato dalla maggioranza parlamentare.

Se questo programma fosse valido o meno, nella sostanza, non spettava valutarlo ad altri che agli elettori alla prossima tornata elettorale, era comunque il programma formato dai partiti più votati dal popolo.

Fuori dalla democrazia

L’impeachment non esiste nella costituzione italiana. Esiste la messa in stato di accusa prevista dall’art. 90 della costituzione, un istituto che in Italia non è mai stato applicato fino in fondo: in un caso è stato respinto in fase preliminare (lo avevano chiesto i 5 Stelle contro Napolitano), in altri due bloccato dalle precedenti dimissioni dei presidenti Leone e Cossiga.

Al momento, la gravità di quello che ha fatto Mattarella non si può ancora valutare compiutamente, perché bisogna vedere se il governo che sta formando otterrà o meno la fiducia delle Camere.

Se, come probabile, non la otterrà, ebbene io credo che quello che ha fatto il presidente sia piuttosto grave, perché ha messo a governare l’Italia un dicastero completamente delegittimato al posto di un governo che invece godeva di una maggioranza parlamentare, cosa che a mio modo di vedere non avrebbe in alcun modo potuto fare.

Il punto finale e fondamentale di tutto il discorso, anche se se ne sta parlando poco, è che il governo Cottarelli, anche senza fiducia, prenderà, sino a che non ci saranno nuove elezioni ed un eventuale nuovo governo, dei provvedimenti aventi valore vincolante per gli Italiani.

Farà norme giuridiche e atti amministrativi che saranno obbligatori per gli Italiani, ma questo senza alcun collegamento con la volontà popolare e il voto di marzo.

Qui siamo senza dubbio completamente fuori dalla democrazia, anche da quel minimo sindacale che abbiamo sempre avuto in Italia.

Anche gente come Monti, Letta, lo stesso Renzi sono stati tirati fuori dal cappello a cilindro della politica, e in realtà rappresentavano poco più che loro stessi, ma comunque era gente che godeva di una maggioranza parlamentare, nel senso che i loro governi sono stati sempre votati dalle camere, le camere avevano dato loro la fiducia.

Se, invece, avremo questo aborto di Governo, un governo letteralmente nato morto, uno zombie che tuttavia governerà, senza fiducia delle Camere, per me la messa in stato di accusa di Mattarella giuridicamente ci sta tutta, perché è stato compiuto un atto che il presidente non avrebbe potuto adottare.

Semplificando.

Si possono non stimare Salvini o Di Maio, ma sono persone che ci hanno messo la faccia, hanno presentato dei programmi, hanno fatto campagna elettorale e hanno preso milioni di voti.

Cottarelli, per contro, onestamente chi è? Lui insieme alla lista di ministri che stanno compilando insieme a Mattarella.

Sono burocrati, magari brave persone, magari faranno pure bene quello che faranno, ma rappresentano davvero solo loro stessi.

Per quale motivo dovremmo essere governati da questa gente?

Soprattutto, per quale motivo andare a votare, spendendo milioni di euro, se poi il governo voluto dagli elettori deve essere rigettato e sostituito da un circolo di burocrati che non gode della fiducia del Parlamento e non ha nessun collegamento con il popolo?

Magari è gente che può fare un buon lavoro, forse anche migliore di quello che avrebbero fatto i ministri del governo giallo verde, allora a questo punto riformiamo la costituzione, torniamo alla dittatura e almeno non spendiamo soldi per fare inutili elezioni.

Con i soldi risparmiati potremo magari corrompere gli amministratori delle società di rating 😉

Resta con noi.

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Il diritto dei nonni di frequentare i nipoti.

Nonno e nipote
Nonni e nipoti: un rapporto fondamentale.

 

Leggiamo insieme il nuovo art. 317 bis del codice civile, introdotto dal Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, intitolato *Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 5 del 8–1–2014, ed entrato in vigore il 7 febbraio 2014:

Art. 317-bis. Rapporti con gli ascendenti Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale e’ impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinchè siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. Si applica l’articolo 336, secondo comma.

Si tratta di un cambiamento importante per tutti i nonni che si trovano ad avere difficoltà nel mantenere i rapporti con i nipoti, specialmente in caso di separazioni conflittuali, che magari hanno visto il trasferimento altrove di parti della famiglia disgregata.

Prima di questa disposizione, i nonni non avevano un vero e proprio diritto a frequentare i nipoti, ma potevano riuscire a ottenere provvedimenti in materia solo «di riflesso», agendo sulla regola prevista per i genitori di consentire ai minori di mantenere rapporti con gli ascendenti di ciascun ramo, con qualche difficoltà interpretativa ed applicativa.

Con questa nuova norma, invece, il nonno cui viene negato di vedere il nipote nella misura giusta, diventa titolare di un vero e proprio diritto, tanto che in caso di problemi può ricorrere al tribunale affinché il giudice ordini a chi di dovere, con i contenuti più adatti al caso concreto e alle sue particolarità, di consentire questo rapporto in modo corretto.

È una novità positiva che riguarda un tema che mi è capitato di affrontare svariate volte sia nella vita professionale sia sulle pagine di questo blog.

Per la presentazione di questo tipo di ricorso, sempre al fine di agevolare gli utenti dando quella chiarezza che voglio rimanga la nostra cifra distintiva, abbiamo definito una tariffa di tipo flat nel nostro listino, valido per tutto il territorio nazionale, che consente alle persone che ne hanno bisogno di sapere con buona approssimazione il costo di una assistenza di questo genere.

La competenza per questo tipo di ricorso spetta al tribunale dei minorenni, in base all’ultima parte del comma 1° dell’art. 38 disp. att. cod. civ., così come riformulato dal provvedimento legislativo in esame.

Se il diritto dei «nonni» di vedere e frequentare i nipoti non viene consentito dallo Stato, questi può esserne dichiarato responsabile e condannato al risarcimento del danno. Infatti, la Corte europea per i diritti dell’uomo, con la sentenza del 20 gennaio 2015 (Manuello e Nevi), ha condannato l’Italia per violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea per il mancato rispetto del diritto alla vita privata e familiare di due cittadini Italiani, nonni di una minore, privati del rapporto con la propria nipote per oltre 12 anni.

 

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15 falsi miti su avvocati e diritto.

Oggi parliamo di 15 falsi miti, luoghi comuni spesso totalmente infondati e quindi anche pericolosi per chi si trova a dover trattare un problema giuridico.

Alcuni li leggeranno sicuramente con perplessità, per questo mi sembra il caso di dire chiaramente che io credo in ogni singola lettera di quello che ho scritto: voi ne farete l’uso che credete.

  1. Per ogni problema, esiste una soluzione giusta prevista direttamente dalla legge o ricavabile per interpretazione tanto che si può risolvere ogni conflitto facendo riferimento al diritto. Semplicemente non è vero, anzi a volte, per la verità molto spesso, la legge prevede solo criteri generici che vanno poi adattati al caso concreto e che nella realtà servono a poco per chi deve capire come si deve fare, senza l’intervento di un bravo professionista e senza la ragionevolezza dei soggetti coinvolti.
  2. Gli avvocati conoscono tutte le leggi, sentenze e tutto quello che di giuridico c’è da sapere. In realtà, invece, sono molte più le cose che un avvocato non sa di quelle che sa e questo vale per qualsiasi avvocato, anche se professore universitario, autore di libri, promotore di convegni e così via. In un avvocato è peraltro importante la preparazione sistemica di base e la capacità di fare ricerca, essere creativo e avere buone intuizioni su come si può risolvere un problema. È inoltre assolutamente fondamentale l’empatia cioè la capacità di comprendere davvero la persona che si trova davanti e il problema di cui è portatrice.
  3. Le leggi prevedono quello che è giusto, sono giuste. Semplicemente, non è vero. Le leggi prevedono quello che conviene in un determinato momento storico. Ad esempio, la regola possesso vale titolo è stata introdotta solo per tutelare l’economia, a discapito dei legittimi diritti di proprietà privata delle persone.
  4. Un avvocato mi può tutelare se rimango vittima di un’ingiustizia. Forse, ma dipende da tante altre variabili. Innanzitutto, tu puoi vivere la tua situazione come una ingiustizia, ma la legge può essere di diverso parere. Se, poi, la legge è comunque dalla tua parte, non è sufficiente «avere un avvocato» ma occorre avere anche delle prove a sostegno delle tue ragioni.
  5. Un avvocato costa un occhio della testa e conviene starci lontano. Qui di vero c’è che in passato sicuramente alcuni avvocati hanno presentato conti molto salati agli utenti e si sono diffusi racconti terrificanti al riguardo. Nella realtà, non è sempre vero, a volte basta una consulenza da 100 euro per evitare problemi peggiori. Non evitate gli avvocati perché pensate che potrebbero costarvi troppo, semplicemente chiedete un preventivo, oggi è possibile, poi valutate. Il preventivo fatevelo fare sempre per iscritto e se c’è qualcosa che non è chiaro chiedete.
  6. Non c’è modo di evitare le spese legali se si viene coinvolti in una causa. Non è vero, ci sono le assicurazioni di tutela giudiziaria.
  7. Se ho un problema giuridico grave, posso sempre prendere il miglior avvocato sulla piazza. Non puoi, semplicemente perché questo avvocato … non esiste. Quello che viene dipinto in questo modo, di solito è solo il più costoso, ma non è affatto detto che ti aiuterà a risolverà il problema che hai in modo più efficace rispetto ad un altro. Non esiste il miglior avvocato, esattamente come non esiste il miglior giocatore di calcio, politico, idraulico, medico e così via. Esistono solo persone più o meno in gamba che, se sono in giornata, e ti va bene, cercano di fare del loro meglio per te, ma i risultati non sono mai garantiti o garantibili.
  8. Un avvocato cattivo può difendere meglio i miei diritti. È un luogo comune abbastanza diffuso, per cui diciamo la verità con molta franchezza e cioè che questi avvocati di solito sono solo dei poveri stronzi, conosciuti come tali dai colleghi e, soprattutto, dai giudici. Gli unici con cui finiscono per poter essere davvero cattivi sono i loro clienti. Il mio consiglio è quello di starne lontano il più possibile.
  9. I giudici sono tutti corrotti e gli avvocati si mettono d’accordo tra loro. La cronaca ci dice che anche tra i giudici a volte si verificano episodi di corruzione, ma generalmente non è vero e le sentenze sono rese in diritto in modo corretto. La realtà è che dicerie del genere molto spesso sono messe in giro da persone che hanno perso cause avendo torto marcio e non rendendosene nemmeno conto (e qui la colpa è anche dell’avvocato che li ha seguiti). Quanto agli avvocati, anche in questa categoria ci sono dei corrotti, ma anche in questo caso il fenomeno non è generalizzabile. Circa poi il mettersi d’accordo, è evidente che un accordo serio e sano è un’eccellente modo per definire una vertenza, ovviamente deve essere tale e non frutto di corruzione.
  10. Un avvocato guadagna tanto e fa un bel mestiere. Magari fosse vero. Circa la qualità di vita, se fosse così bella, la professione, come mai saremmo stati messi al secondo posto come categoria a rischio di sviluppare problemi psichici? Del resto, non deve stupire, un avvocato trascorre la sua vita tra persone da assistere con pretese a volte giuste a volte assurde (e in questo caso bisogna naturalmente spiegarglielo) e un apparato burocratico assurdo dall’altro, quello giudiziario, che non fornisce risposte se non raramente e comunque molto lentamente… non proprio una sciccheria ;-). Quanto ai guadagni, la maggior parte degli avvocati tolte spese, tasse e così via guadagna meno di quanto guadagnava un impiegato assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Non ci credete? Fate come volete, ma è così.
  11. Il mio avvocato non ha fatto niente. Questo non è proprio un falso mito, perché a volte è vero che un avvocato non fa niente. Il punto è che a volte fare niente per un determinato periodo di tempo è il modo migliore di risolvere un problema giuridico. Anche i medici si fanno aiutare dal famoso «Dottor Tempo», che in effetti è spesso il fattore più importante per raggiungere una guarigione, ed esattamente allo stesso modo lo possono anzi debbono usare gli avvocati nella trattazione dei problemi giuridici, che non sono problemi di tipo burocratico ma riguardano sempre le persone, esattamente come quelli di salute. A volte, l’abilità e la competenza di un avvocato, quelle che fanno la differenza, stanno proprio nel decidere di mettere una vertenza a riposo, a decantare, per riprenderla poi al momento giusto. È difficile illustrare in generale un aspetto come questo, perché dipende sempre dalle circostanze del singolo caso, ma è una cosa che per esperienza posso assicurare essere vera. Ovviamente, tutto un altro discorso è quello del legale che, incaricato di trattare un problema, semplicemente lo trascura o, ancora peggio, fa cadere il diritto in prescrizione.
  12. I conflitti tra le persone si risolvono facendo riferimento alla legge e non alle persone che ne sono protagoniste. Non è vero, la legge è una delle ultime cose, bisogna quasi sempre lavorare per lo più su altri piani. Questo specialmente in un contesto come quello italiano, dove il sistema giudiziario è colassato e non si sa se e quando mai si riprenderà e quindi acquistano fondamentale importanze le strategie alternative di composizione delle liti tramite negoziazione, mediazione e così via.
  13. Peccato che gli avvocati non possano essere pagati a percentuale altrimenti tutto sarebbe più efficiente. In realtà, la legge prevede per gli avvocati, da qualche anno, la possibilità di essere pagati a percentuale o a quota lite e io lo faccio da quando è stato reso possibile. Peraltro, il sistema del compenso a percentuale non serve per quello cui pensa la gente comunemente, cioè rendere più efficienti gli avvocati o il sistema giudiziario, ma solo a consentire a chi non dispone di denaro per pagare un avvocato di coltivare una vertenza, tenendo presente che il risarcimento che si consegue alla fine è molto più intaccato dal compenso dell’avvocato di quello che sarebbe con un altro regime tariffario. Questo regime tariffario non velocizza nulla, perché gli avvocati non hanno semplicemente il potere di velocizzare il sistema giudiziario. Inoltre, un avvocato per accettare un accordo di questo tipo deve analizzare la tua posizione e crederci, esattamente come una qualsiasi persona cui chiedi di essere «socio» in qualsiasi iniziativa: è chiaro che se ti presenti per recuperare un credito di 8 anni fa in India non trovi avvocati che si mettono in fila…
  14. Non ho un contratto scritto, ma ho registrato la telefonata. Le registrazioni, specialmente nel processo civile, servono a molto poco. Il punto è che non c’è nessuna prova di chi siano davvero le persone che parlano. A parte questo, è molto difficile che un giudice si metta ad ascoltare una registrazione o ne ordini la trascrizione. Bisogna munirsi sempre di un contratto scritto o almeno di una prova scritta come ad esempio uno scambio di lettere. Lo spiego meglio in questo post.
  15. Io e il mio compagno ci siamo accordati tra noi e abbiamo fatto una carta per regolare l’affido di mia figlia così in caso di problemi siamo a posto. Purtroppo, non vale niente perché la materia è indisponibile. Può costituire un promemoria, ma se uno dei due non la rispetta nessuna autorità presterà la sua assistenza per farla rispettare.
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hai pensato a cosa può fare la legge per la tua alimentazione e per i tuoi figli?

Inizio in questo periodo, con un primo post in programma già per domattina, ad occuparmi di un tema che mi sta particolarmente a cuore e cioè la normativa e, più in generale, il diritto in materia alimentare.

Come alcuni di voi, che mi seguono anche sui social network, sanno, negli ultimi tempi ho personalmente adottato abitudini più attente a tavola e ho approfondito il tema dell’importanza del cibo per la nostra salute e la pienezza delle nostre vite, soprattutto sulla scorta dei libri del dr. Filippo Ongaro e delle sue osservazioni sulla nutrigenomica nonché delle esperienze di utilizzo dei succhi vivi di frutta e verdura.

In questo «percorso», mi sono reso conto che la nostra tradizione alimentare è per lo più sbagliata e addirittura nociva e che la colpa di ciò non è tanto della nostra golosità, come a molti fa comodo far credere, ma delle grandi corporazioni in campo farmaceutico e alimentare, che contribuiscono a mantenere vivo il desiderio di cibi eccessivamente raffinati, salati, zuccherati e/o ulteriormente addizionati, che generano una vera e propria dipendenza negli utenti, soprattutto nei bambini, che a lungo andare è – a quanto pare – responsabile delle più diffuse patologie del mondo occidentale.

Il cibo, come dice il dr. Ongaro, è il carburante del nostro corpo. Mettereste della benzina contenente sabbia nella vostra auto? In realtà, è quello che state facendo tutti i giorni con il vostro corpo se mangiate secondo la tradizione occidentale contemporanea.

Oggigiorno, mangiamo per lo più cibi raffinati, privati delle componenti che la natura aveva previsto vi rimanessero incorporate e che aveva dotato di una particolare funzione in seno al loro metabolismo nel corpo umano. Questo ci porta ad avere gusti distorti e falsati: crediamo di essere attratti, e in realtà lo siamo davvero, da porcherie immonde e dannosissime per le nostre cellule come merendine avvolte nella plastica, biscotti confezionati, marmellate addizionate di tutto e di più, mentre in realtà basterebbe alimentarsi in modo sano e naturale per due settimane o un mese per aggiustare le nostre bocche e provare il giusto ribrezzo per il cibo spazzatura.

I consumatori, e soprattutto i bambini, di fronte a tutto ciò sono indifesi. Non esiste per loro nessuna «par condicio»: quando un modello di una nota marca di prodotti alimentari si presenta in televisione, infilato in mezzo ad un cartone animato, con tanto di camice bianco per dire che le merendine prodotte dal suo datore di lavoro sono studiate per garantire il futuro a tutti i bambini, non c’è nessun pediatra che compare in video per dire che quelle merendine, secondo lui, intossicano il corpo e predispongono al diabete e a tante altre patologie, mentre sarebbe assai preferibile mangiare cacao puro, una fetta di pane integrale col miele o un frutto.

Quando vengono pubblicizzati latte e latticini, pestando ogni volta sul luogo comune per cui il latte sarebbe il principale fornitore di calcio per il corpo umano, quando invece secondo molti studiosi non esiste una abitudine più dannosa per l’uomo che bere il latte di vacca, tant’è vero che l’osteoporosi è più diffusa nei paesi in cui si consumano più latte e derivati, nessuno si alza per dire niente. Così i messaggi continuano a passare a tutti, genitori e figli. 1 o 2 persone su 1000 vanno a leggere un libro di alimentazione o un articolo serio su internet, tutti gli altri si lasciano guidare dalla pubblicità.

Forse è ora di metterci un freno.

Quando stavo in Francia, già più di dieci anni fa oramai, tutti i formaggi, per legge, dovevano avere una grossa etichetta riportante la percentuale di materia grassa contenuta nel prodotto. Ricordo che l’etichetta si vedeva bene da lontano, anche solo girando con il carrello tra le corsie del supermercato. Spesso era scritta con caratteri più grossi di quelli utilizzati per il nome del prodotto. Siccome non ce n’era uno che avesse meno del 50% di grasso (ma spesso molto di più), in quel periodo, smisi semplicemente di mangiare formaggi, perchè mi era assolutamente evidente che stavo ingurgitando grasso animale a quattro palmenti. Tornato in Italia, con le nostre etichette «nascoste», poi ripresi regolarmente, rovinandomi – come ho realizzato solo in seguito – la salute.

Questo per dire che la legge può fare molto a questo riguardo, perchè i desideri senza limiti e senza rispetto di profitto delle multinazionali possono essere frenati e limitati solo da un provvedimento dell’ordinamento generale, adottato a tutela di tutti i cittadini. Da questo punto di vista, siamo ancora molto indietro, perchè da noi il consumatore è sempre trattato come l’ultima ruota del carro, il parlamento italiano è prono alle lobbies di tutti i tipi e l’Unione europea qualche volta ci aiuta e qualche volta invece ci danneggia (come nella nota vicenda del cacao puro). Ma penso che, come Italiani, nonostante le nostre istituzioni sgangheratissime, possiamo, se vogliamo, sfoderare qualcosa di interessante da dire in campo alimentare, che può tradursi in provvedimenti e comportamenti concreti a vantaggio di tutti.

Insomma, vale la pena di seguire il diritto alimentare, quantomeno quanto il diritto ambientale, dal momento che si tratta evidentemente di due cose strettamente collegate: quello che mettiamo nel nostro stomaco è importante almeno quanto l’aria che respiriamo.

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i clienti tossici

Oggi parliamo dei clienti “tossici”. Si tratta di quelle persone che non disturbano e danneggiano tanto il legale che si sono prescelti, quanto tutti gli altri utenti dello studio, che hanno bisogno di assistenza tanto quanto loro ed ai quali il tossico ruba il loro tempo, quello che hanno acquistato e pagato dallo stesso professionista.

Come si individua innanzitutto un cliente tossico?
Di solito, questo tipo di assistito crede che il suo problema sia il più grave di tutti quelli che possano colpire un essere umano. Non di rado viene per un problema di famiglia.
Un cliente di questo tipo è completamente concentrato su se stesso e sul suo problema, che vede al centro dell’universo.
Spesso, ritiene che il suo problema rappresenti un’esperienza umana affascinante che ogni avvocato è fortunato a poter conoscere. Ha una sorta di strano narcisismo ed esibizionismo all’incontrario. Dice che non vede l’ora di sistemare le sue cose, ma si vede che il suo problema fa parte del suo carattere, della sua esistenza o quantomeno ne è la sua proiezione diretta.
Un cliente del genere **starebbe tutto il giorno a parlare del suo problema**, a costo della più totale maleducazione, disinteresse e mancanza di rispetto per gli altri, professionista che lo segue e altri clienti inclusi.
Il cliente tossico ti chiama di solito almeno una volta al giorno, non lascia mai messaggi al personale amministrativo (“tanto non servono a niente per un problema importante come il mio, non ho tempo da perdere con le segretarie”), pretende di parlare sempre direttamente con l’avvocato che lo segue, se è impegnato non gli interessa, vuole parlare “solo un minuto”, se non passano la chiamata chiede stizzito di essere richiamato “immediatamente” perché “è urgente” (le sue chiamate lo sono sempre). Se gli chiedi di mandarti una mail, te ne manda una con la richiesta di essere richiamato o, ancora peggio, di un appuntamento, anche se il giorno prima siete stati a discutere tre ore insieme.
Al cliente tossico non interessa mai se stai dedicando attenzione al problema di un’altra persona, se vuoi andare a casa dai tuoi figli o semplicemente a pranzo perché sono le 13. Lui non guarda in faccia niente e nessuno, il suo problema è tanto importante, e bello da occuparsene, da trascendere la quotidianità, tanto che quasi si stupisce ogni volta che tutto il mondo non si fermi per prendersene cura.
Di solito, il cliente tossico o non capisce mai quello che gli dici o in ogni caso ritiene sempre necessario approfondire, anche quando non c’è niente più da capire e tantomeno da approfondire, ma paradossalmente dovrebbe essere lui a iniziare a fare finalmente qualcosa.
Il chè ci conduce al **paradosso del cliente tossico**: è quello che avrebbe più bisogno di aiuto e quello che l’avvocato è più impossibilitato ad aiutare al tempo stesso.
Il tossico infatti **non si fida di nessuno**, e quello di cui si fida meno di tutti è proprio il suo avvocato “tanto si sa come fanno gli avvocati, più un problema è delicato e più sono cinici…” Inoltre il cliente tossico è convinto di essere titolare e portatore di un’esperienza di vita unica e di un problema che nessun altro può capire – quando invece gli avvocati di problemi come il suo ne hanno visti a dozzine e spesso la soluzione del problema non dipende da altri che da lui.
Il tossico **viene sempre a tutte le udienze**, anche quelle più idiote o di mero rinvio, ovviamente ti parla e fa domande mentre stai parlando con la controparte o addirittura con il giudice. Terminata l’udienza, compromessa spesso dal suo atteggiamento rivelatore di una personalità disturbata che non sfugge mai ai giudici, inizia il tormento dall’analisi della stessa e prognosi in relazione alla medesima, con richieste di spiegazioni e illustrazioni che abbracciano varie parti del codice civile, di rito e dello scibile umano. Alla domanda finale che, giustamente, fanno tutti i clienti “Come andrà a finire” ed alla quale bisognerebbe rispondere “Si vedrà, avresti avuto più chances se non fossi venuto a farti riconoscere per quel disturbato che sei” ed alla quale ogni avvocato risponde solo con la prima parte (“Si vedrà”), il tossico non si rassegna e continua a voler indagare e ti tempesta di telefonate domande e richieste di appuntamenti che hanno lo stessa utilità di coloro che iniziassero a discutere del probabile risultato del prossimo derby Milan – Inter sei mesi prima della disputa dell’incontro – piacevole per chi si interessa al calcio, ma completamente inutile dal punto di vista oggettivo.

Ora che abbiamo tratteggiato i risultati di questa figura, vediamo cosa deve fare l’avvocato cui ne capita uno in sorte.

Ebbene, nonostante il paradosso di cui dicevo prima, e anzi proprio in considerazione dello stesso, ritengo che sia preciso dovere del legale innanzitutto indirizzare il cliente tossico da un professionista che lo può veramente aiutare (parlo di uno psichiatra, psicologo, mediatore, ecc.) anche a costo di vedersi revocato il mandato, cosa che di solito accade.
In realtà, se il cliente tossico non inizia un percorso di recupero, non cambia davvero e continua a pregiudicare l’attività che l’avvocato conduce non solo nel suo interesse ma anche in quello di tutti gli altri clienti dello studio, deve essere l’avvocato a **rinunciare al mandato**, senza alcuna esitazione, proprio per l’impossibilità di portarlo avanti in modo utile e per gli obblighi, sia di correttezza che civilistici, nei confronti delle altre persone che hanno bisogno della sua assistenza.
Che cosa pensereste se foste in fila al supermercato da un’ora senza avanzare perché la cassiera è impegnata con un **pazzo**, che insiste appunto da un’ora per raccontarle la storia della sua vita senza lasciarle fare il suo lavoro? Mandereste a quel paese il pazzo, ma anche la cassiera, il supermercato e il direttore che non interviene. E da quel giorno cambiereste anche negozio. E avreste anche ragione.
Ecco perché un cliente può essere tossico per uno studio legale, perché ne danneggia tutta l’attività e necessariamente anche tutte le altre persone che di questa attività hanno bisogno.
Le persone disturbate ci sono, purtroppo. Quando capitano in certi contesti, possono fare molti danni. È precisa responsabilità del capo dell’organizzazione gestire questi momenti. Nel caso degli studi legali, è più difficile individuare il cliente tossico, perché spesso chi di rivolge ad un legale è toccato nell’animo dai problemi che ha vissuto. Difficile, ma non impossibile, e, alla lunga, praticabile, con tutto quel che ne consegue.

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perchè non si può ancora leggere il decreto legge approvato ieri dal Governo?

Adesso che Monti ha fatto la manovra mettendoci la sua faccia, toccherà a noi metterci, come al solito, il culo.

 Qualcuno, però, ha capito qualcosa circa i contenuti delle ennesime «liberalizzazioni»?

 Perchè nel nostro Paese si approvano provvedimenti, ci si fa sopra una conferenza stampa di diverse ore, con tanto di commozione ministeriale, e questi provvedimenti nel loro testo integrale non vengono resi disponibili sul sito del Governo e/o dei principali media?

 Il testo non può più essere modificato, essendo il decreto legge un atto collegiale del Governo, per cui per ogni modifica sarebbe necessaria una nuova riunione del Consiglio dei ministri.

 Inoltre i contenuti sono comunque divulgati dagli esponenti del Governo stesso.

 Perchè allora non ci fanno leggere direttamente le disposizioni? Ci considerano forse tutti bisognosi di un interprete?

 E pensare che la Merkel e Sarkozy, cui il decreto non si applicherà in quanto cittadini di uno Stato estero, hanno letto il decreto prima di noi…

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Cosa vuol dire «avvocati dal volto umano»?

Sì ma che cosa vuol dire avvocati dal volto umano, mi sembra solo uno slogan suggestivo ma poi privo di contenuto…

Mi piace molto questa domanda, perchè secondo noi questo breve “motto” vuol dire molte cose.

Naturalmente, se queste «cose» fanno poi effettivamente parte del nostro modo di lavorare e rapportarci con la gente non spetta a noi dirlo,  bensì agli altri, però diciamo che sono un po’ i nostri valori, quello in cui crediamo e il modo in cui cerchiamo di operare.

A) In primo luogo, dal volto umano significa, per un avvocato, essere prima di tutto una persona con la quale si può parlare. Non molto tempo fa, e in alcuni casi ancora oggi, con l’avvocato non si parlava,  ma a lui ci si rivolgeva quasi come se fosse un oracolo, con timore reverenziale di non dire un parola di troppo, con il risultato che spesso si finiva con il non dire quello che era necessario che il legale sapesse. Gli si passavano documenti con lo stesso spirito con cui si infila la mano nella bocca della verità, sicuri che lui avrebbe capito e gestito tutto al meglio, ma, come succede in tutti i casi in cui non c’è vera comunicazione, in realtà questo non sempre accadeva, anzi.

B) Un avvocato “dal volto umano” poi è un avvocato che cerca di capirti veramente, e ci riesce, anche quando non sai parlare bene nemmeno la lingua Italiana. Alcuni nostri clienti a volte si scusano perchè non conoscono i giusti termini giuridici, ma non sanno che molte persone che vediamo ogni giorno non sono in grado di parlare nemmeno in un Italiano elementare – un po’ per carenze culturli, ma spesso anche per l’emozione del momento – e il nostro preciso compito anche in questi casi è capire ugualmente quello di cui queste persone hanno bisogno. Per fare questo, l’avvocato, prima che un tecnico, deve essere una persona vera, esattamente come tutte le altre che girano per il mondo. Inoltre deve rendersi conto che la infinita varietà delle teste umane, come diceva Muratori, non avrà mai fine e non dare nulla per scontato: può darsi che un obiettivo che parrebbe scontato non interessi nulla ad un cliente, che magari è interessato a tutt’altro; è una indagine da condurre volta per volta, con la giusta curiosità verso il genere umano che deve sorreggere questo tipo di momenti.

C) Avere un volto umano, poi, significa semplicemente comunque mettersi dalla parte dell’utente, cercare di calarsi nei suoi panni. Chi viene da noi ha un problema, che può preoccuparlo in gradi diversi – dalla quasi indifferenza alla più totale devastazione come in alcune separazioni ad esempio – e si aspetta di ricevere un buon servizio legale dal punto di vista tecnico, con chiarezza per quanto riguarda i costi, perchè la mancanza di chiarezza sul punto non farebbe altro che aggiungere preoccupazione su preoccupazione e, oltre agli aspetti tecnici, desidera la consapevolezza di aver messo la propria questione in mano alla persona che meglio di altri può risolverla o gestirla, che è l’unica cosa che può dargli sollievo. Con il chè si torna al problema centrale della comunicazione, dell’avere un “viso aperto” quando si parla, perchè giustamente il cliente vuole e deve avere fiducia nel proprio legale, ma perchè questo avvenga è indispensabile che il cliente possa parlare o comunque esprimersi, che il legale lo capisca e che, infine, il cliente si accorga di essere stato adeguatamente compreso.

Questo, più o meno, quello che significa, secondo noi, essere avvocati “dal volto umano”, cioè essere avvocati con cui si può parlare e che capiscono le tue esigenze, anche non tecniche.

Cosa invece non significa…

Ci sono poi alcune cose che a volte vengono confuse con il volto umano, ma che in realtà non c’entrano niente, almeno per il modo in cui lo intendiamo noi.

1) Ad esempio, alcune persone evidentemente pensano che avere un volto umano significhi dare spazio a tutti quelli che girano per internet alla ricerca di qualche legale cui scroccare consulenze. In realtà, invece, noi, proprio perchè abbiamo un volto umano, ed è assolutamente umano voler guadagnare dal proprio mestiere, non facciamo e non faremo mai consulenze gratuite. Le consulenze, chi le vuole, le deve pagare, altrimenti c’è il blog a disposizione dove si parla degli istituti in generale, con osservazioni che, se gli possono essere utili, sono e rimarranno sempre a sua disposizione. Tramite il blog pensiamo di dare veramete una mano, tutti i giorni, a tante persone, ma solo attraverso le considerazioni generali contenute al suo interno – e comunque il nostro spirito filantropico non può giungere fino al lavorare gratis, cosa che non sarebbe assolutamente umana :-).

2) Altri, poi, confondono il volto umano con la sbracatura. In realtà, noi diamo volentieri del tu e ci facciamo dare del tu a e da tutti, ma sempre con grande rispetto. Non bisogna confondere la colloquialità con la sbracatura, che sono due cose molto diverse. Noi siamo per uno stile informale e contro i salamelecchi, perchè questi ultimi non ci piacciono in sè (Leo Longanesi dissi una volta una cosa meravigliosa: «I suoi elogi mi rimasero sulla giacca come macchie d’unto») e poi perchè sostanzialmente fanno solo perdere tempo e ostacolano una vera comunicazione, però questo non significa che ci faccia necessariamente piacere, ad esempio, ricevere telefonate a casa, fuori orario d’ufficio, quando siamo in famiglia.

3) Infine, dal volto umano non significa che siamo qui solo per tenere la mano ai nostri clienti e consolarli, ma per lavorare seriamente per cercare di risolvere i loro problemi. Come dice House, un favoloso personaggio di  fantasia: «Tu cosa preferisci? Un medico che ti tenga la mano mentre muori o uno che ti ignori mentre migliori?» Per noi i problemi dei clienti non si risolvono consolandoli con lunghi colloqui e disquisizioni, ma cercando di lavorarci sopra, cosa poco compatibile con le lunghe telefonate e gli appuntmenti infiniti. Noi stessi diffidiamo dei professionisti che si intrattengono molto con gli assistiti, perchè significa che poi difficilmente hanno tempo da dedicare al loro lavoro. La consolazione e il sollievo che può derivare ai nostri clienti viene dalla consapevolezza di aver preso un persona che lavorerà sui loro problemi, in silenzio e dietro le quinte magari, con le giuste riflessioni e i giusti tempi, ma non da continui e inconcludenti colloqui, che semmai dovrebbero dare la sensazione di stare solo perdendo tempo.