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Slpct: come usarlo sincronizzato su diverse macchine.

Come sai, per il processo civile telematico e i depositi digitali utilizzo slpct, un software gratuito che offre diversi vantaggi, tra cui la possibilità di inserire più allegati contemporaneamente, cosa che, specialmente per i fascicoli con molte produzioni, è molto comoda.

Altri vantaggi sono la possibilità di effettuare depositi firmando con firma remota, cosa di cui ti ho parlato nei post precedenti.

Oggi voglio raccontarti di una ulteriore possibilità, cioè quella di utilizzare slpct su più macchine diverse, in modo da avere questi vantaggi:

  • la possibilità di poter lavorare su un deposito appunto su più macchine
  • un backup e uno storico di tutti i depositi digitali

Non so come la pensi, ma quando scelgo un software guardo sempre che ci sia o sia implementabile una funzione di sincronizzazione, perché ormai capita spessissimo di dover lavorare ad una cosa, o di aver bisogno dei propri dati, su macchine diverse, cioè sia su propri computer, di cui ad esempio uno a casa e uno al lavoro, ma anche su computer pubblici, tramite un accesso di rete, quando ad esempio si è «fuori», lontano dalle proprie macchine, ma capita di dover lavorare o verificare un dato.

Pexels karolina grabowska 4498366

Slpct non implementa nativamente una funzionalità di sincronizzazione, ma, in considerazione di come struttura i suoi dati, è facilmente realizzabile tramite l’utilizzo di un servizio di cloud computing. Personalmente utilizzo Dropbox e sconsiglio Google drive che, almeno fino a poco tempo fa, aveva la dabbenaggine, in alcuni casi, di intervenire addirittura sui nomi dei files – come noto, ad esempio, Calibre, un software di gestione degli ebook, non è utilizzabile con Google drive proprio per questo motivo.

Per avere slpct sincronizzato su tutte le tue macchine, basta dire al programma, nelle impostazioni, di utilizzare una cartella che si trova all’interno del «dominio» di Dropbox e che quindi verrà sincronizzata sia con il server web che con tutte le tue altre macchine. 

Considera che ho redatto questo tutorial tenendo presente la versione per mac di slpct, nel tuo caso, se utilizzi windows e linux, alcune cose potrebbero cambiare leggermente. Se riesci comunque a capire la logica del discorso, non sarà difficile per te riuscire a realizzarlo lo stesso anche sulla tua macchina.

Per impostare la cartella di slpct, bisogna andare in File, Impostazioni.

Nel mac, il menu si trova in alto a sinistra, nel menu di sistema.

Cliccando, si aprirà questo pannello.

Pannello delle impostazioni di slpct

Come vedi, io stesso ho definito per la mia copia di slpct due cartelle che si trovano all’interno del mio dropbox.

Facendo in questo modo, i dati di slpct e quelli dei depositi vengono conservati in una cartella sincronizzata da dropbox su tutte le tue macchine.

Sarà necessario, ovviamente, ripetere questa impostazione in tutte le macchine su cui si intende utilizzare slpct.

Un ulteriore vantaggio della sincronizzazione configurata in questo modo è la possibilità di lavorare ai depositi da parte di più persone. 

Nel mio caso, ad esempio, i depositi vengono fatti quasi sempre dalla mia assistente, mentre io ho la possibilità di vedere tutto quello che ha fatto, da un’altra macchina, che può trovarsi anche altrove, semplicemente aprendo la mia copia di slpct.

Quindi la sincronizzazione può essere configurata sia tra tutte le tue macchine, sia tra le tue macchine e le macchine dei tuoi colleghi o collaboratori. Anzi, questa è proprio la soluzione più consigliabile, a mio giudizio. Slpct, infatti, consente l’utilizzo della stessa istanza del programma a più professionisti: nelle impostazioni del programma si possono definire i vari professionisti che lo utilizzano e all’inizio di ogni deposito è possibile sceglierne l’autore. Slpct, poi, colloca i depositi di ciascun professionista all’interno di una sottocartella denominata con il codice fiscale relativo.

Questa è la schermata per l’inserimento dei professionisti, dove si possono inserire tutti gli avvocati, o altri professionisti, che si desidera.

Schermata impostazione professionisti

 

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Indagini difensive: richiesta informazioni alla pa.

Le indagini difensive.

Come sa bene chi mi segue e gli avvocati iscritti alla mia Solignani Law Academy, non credo molto nella specializzazione: credo, certamente, nella competenza, ma penso che le specializzazioni non siano lo strumento giusto per raggiungerla, anzi spesso servono per allontanarsene.

Uno strumento che utilizzo molto nella mia pratica forense sono le indagini difensive, che farebbero parte del mondo del diritto penale, ma che invece possono essere molto utili in tante situazioni che ne esulano per la raccolta e la formazione delle prove, che, come ognuno può immaginare, sono fondamentali in ogni tipo di procedimento.

raccolta documenti

Uno dei tipi di indagini difensive praticabili è quello della richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, che mi capita sempre più spesso di utilizzare, anche perché è di solito più efficace della richiesta di accesso agli atti – naturalmente deve essere configurabile un reato, non può utilizzarsi indiscriminatamente in ogni situazione.

Per questo motivo, ho deciso di rendere disponibile il modello che utilizzo, a beneficio dei colleghi che seguono il blog.

Il modello.

Per scaricare il modello, clicca qui di seguito

richiesta info alla pa.docx

ricordati che alla domanda deve sempre essere allegata la nomina di difensore, eventualmente con copia della carta d’identità del cliente che l’ha conferita.

Riferimenti

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Raccolta avvocati

Introduzione

Questa è la raccolta degli articoli più interessanti del blog per gli avvocati.

Prenditi un po’ di tempo per leggere tutto con attenzione e iscriviti per ricevere le notifiche, questo post verrà modificato spesso inserendo volta per volta le cose più interessanti per la categoria.

Per capire meglio che cos’è una raccolta, consulta questo precedente post

La scuola

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Come lavorare meglio

Aspetti strategici

Counseling per avvocati

Cultura giuridica

Gli avvocati in letteratura e nel cinema

Gestione informatica dello studio legale.

Comunità on line per avvocati

 

 

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Cassazione: proposta favorevole del relatore.

Questa cosa che la Cassazione, in alcuni casi in cui fissa per la trattazione in camera di consiglio (procedimento ormai divenuto di default, come spiego meglio in questo precedente post), allega anche la proposta favorevole del relatore credo che presupponga una maturità che le parti del giudizio e, più in generale, la società di fatto non hanno.

ufficio giudiziario

Inviare ad un cliente un documento, in cui un giudice di cassazione scrive che il ricorso a suo giudizio andrebbe accolto, genera nello stesso cliente uno scontato e per niente sorprendente effettivo psicologico: «abbiamo già vinto».

Peccato che la corte sia composta da cinque membri che ben potrebbero essere di parere diverso dal relatore. E che il giudizio di cassazione spesso si limiti a «cancellare» una sentenza, cosa dopo la quale in non rari casi bisogna fare un’ulteriore fase di giudizio (quello di rinvio) per stabilire chi in effetti alla fine «ha ragione».

Mi ricorda un po’ quegli organi giudicanti, soprattutto stranieri, in cui c’è l’istituto della dissenting opinion, come la Corte Suprema degli Stati Uniti, dove vengono pubblicati i nomi dei giudici che dissentono dalla sentenza conclusiva del procedimento…

È naturalmente una cosa di alta civiltà giuridica, ma il celebre cittadino comune rischia di rimanere molto smarrito e perplesso di fronte a evenienze di questo genere.

Non credo nemmeno che possa mai raggiungere quello scarto evolutivo che lo porterebbe a comprendere che anche la scienza giuridica è estremamente venata di soggettivismo e punti di vista, tanto che, legittimamente, in molte situazioni ed occasioni, due giudici possono vederla e decidere in modo diverso, come in celebre caso ha fatto proprio la stessa cassazione.

Forse questo è anche un segreto che alcuni avvocati – di certo non tutti – custodiscono gelosamente, pensando che sarebbero guai se la generalità del pubblico comprendesse quanta parte di alea – dovuta alla legittima discrezionalità dei giudici e a mille altri fattori – ci sia nelle cause giudiziarie.

Fatto sta che la percezione del «diritto» da parte del comune cittadino è spesso ancora quella di un sistema coerente che fornisce risposte univoche, una specie di «catalogo di soluzioni» che sarebbe sufficiente sfogliare sino ad arrivare, finalmente, alla pagina che contiene il proprio caso.

Peccato che non esista un caso uguale ad un altro, che le maglie della legge – per quanto numerose siano, specialmente nel nostro Paese – non riescano mai a catturare tutte le ipotesi, anzi, e che spesso si debba ragionare per interpretazione, analogia e così via.

Per non dire di quello che può, banalmente, succedere in istruttoria al momento in cui si tenta di ricostruire un fatto…

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Firma remota con slpct: come funziona?

Oggi ti parlo di come firmare un deposito telematico con firma digitale remota Namirial e slpct.

Questa modalità è molto comoda quando si è ad esempio fuori da studio e si deve effettuare un deposito telematico. Inoltre funziona come backup in caso di malfunzionamento della chiavetta, per problemi hardware o software o perché magari i certificati sono scaduti e non ci se ne era accorti.

Questo breve tutorial si concentra sulla procedura di firma e, pertanto, presuppone che si conosca già un minimo il funzionamento di slpct e si abbia confidenza con il programma. Se per te non è ancora così, prima di leggere questo tutorial vai a leggere gli altri post che ho pubblicato su slpct e prova a prendere confidenza con il programma prima di tornare qui.

La procedura di firma parte dal bottone «firma e crea busta» che appare una volta impostato l’atto principale del deposito e gli eventuali allegati. 

bottone firma e crea busta

Cliccando questo bottone, si apre il pannello per la firma.

Prima di cliccare «firma tutto» a sinistra, devi selezionare a destra con l’apposita tendina la modalità di firma.

Di default, è impostata la firma in locale con la chiavetta.

Questa collocazione a destra, dopo il bottone «firma tutto», è un po’ controintuitiva, ma pazienza. 

 

selezione modalità firma

Seleziona dunque dapprima «firma remota» e poi clicca su «firma tutto» 

Dopo aver cliccato su «firma tutto», se avrai correttamente selezionato firma remota, si aprirà il pannello relativo all’inserimento delle credenziali per la firma remota:

pannello di firma remota

Nel campo «dispositivo assegnato» occorre inserire appunto il numero di dispositivo assegnato da Namirial al momento della sottoscrizione del servizio. Suggerisco di cliccare su «salva dispositivo» per evitare di doverlo inserire di nuovo in futuro.

Nel campo del PIN si inserisce invece il proprio PIN, il codice identificativo che funge da conferma della propria identità, proprio come avviene con le chiavette hardware, con la sola differenza che, in questo caso, il PIN non è la conferma finale dell’identità, ma bisognerà anche inserire un codice OTP.

Naturalmente, tutte queste informazioni, tutte queste credenziali, le devi tenere in un gestore di credenziali, come ti spiego meglio in questo precedente post, che ti invito a leggere con attenzione. 

Dopo aver inserito i dati e dato la conferma appare il seguente ulteriore pannello per specificare il dispositivo OTP da utilizzare, quello da cui viene generato il codice OTP che conferma ancora la propria identità.

Devi cliccare sulla tendina e selezionare il dispositivo che avevi precedentemente generale nel pannello del sito web di Namirial. Nel mio caso, ho scelto di utilizzare l’app per cellulari di Namirial, Namirial OTP, che genera un nuovo codice OPT ogni 30 secondi. 

Panello specifica dispositivo OTP

Dopo aver selezionato il dispositivo con la tendina, appare questo ulteriore pannello dove devi inserire il codice OTP a conferma della tua identità per concludere la firma.

pannello OTP

Personalemnte, appunto, ho attivato l’app di Namirial sul cellulare, per cui non devo far altro che aprire l’app e inserire uno dei codici che vengono continuamente prodotti, curando che non stia scadendo temporalmente, perché in quel caso potrei non fare in tempo ad inserirlo.

Una volta inserito il codice OTP e cliccato su conferma, vedrai apparire nell’elenco dei file di slpct le versioni firmate e si alzerà la finestra di dialogo di conferma (nel mio caso è stato necessario fare clic sull’elenco dei file per visualizzarla).

conferma firma

In basso c’è un pulsante con cui si possono visualizzare i files firmati.

vedi PDF firmato

Se vuoi puoi selezionare il singolo file che ti interessa e vedere come compare dopo l’apposizione della firma.

A questo punto, si può procedere come al solito con la creazione della busta e l’invio all’organo giudiziario.

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Istanza di visibilità con slpct: come farla.

Un breve tutorial su come fare correttamente l’istanza di visibilità temporanea del fascicolo con slpct, con anche un modello relativo.

Presuppone che slpct sia già stato installato e che ci sia già una conoscenza o almeno una confidenza minima con il programma.

Come tipo di atto, selezionare «atto generico / Istanza generica».

Il nome della busta deve, come sempre, essere compilato automaticamente. Noi a studio, a riguardo, seguiamo questa convenzione: mettiamo i nomi delle parti e, di seguito, separato da un doppio trattino, l’oggetto della busta.

Ad esempio

Pinco – Pallino — istanza di visibilità

A volte può capitare di effettuare uno stesso deposito più volte per fallimento di quello precedente, in questo caso aggiungiamo un numero alla fine

Pinco – Pallino — istanza di visibilità 2

In modo da non confonderci tra le varie buste che rimangono memorizzate in split

Come atto principale, devi mettere la tua istanza di visibilità ovviamente.

Ti metto di seguito un modello in formato word, naturalmente poi una volta compilato devi convertirlo in PDF «leggibile», cioè direttamente dal computer (non stampando e scandendo, insomma).

istanza di visibilita? temporanea fascicolo.docx

Una volta impostato l’atto principale, deve essere allegata la procura.

Allegare la procura

L’allegato deve essere marcato appunto come «procura alle liti» utilizzando l’apposita tendina; non va fatta alcuna dichiarazione di conformità anche perché la procura diventerà subito dopo un originale con l’apposizione della firma digitale. Naturalmente, la procura deve essere firmata sia dal cliente che dall’avvocato; da quest’ultimo viene firmata sia sull’originale cartaceo che, digitalmente, nell’esemplare informatico.

Una volta inseriti i due documenti – istanza di visibilità (atto principale) e procura alle liti – si può procedere alla firma e alla creazione della busta, facendo clic sull’apposito bottone.

bottone firma e crea busta

 

Prima di cliccare questo bottone, se hai, come me, la versione di slpct che consente la firma remota, devi selezionare la modalità di firma che intendi utilizzare: se quella locale, con chiavetta, o quella remota con Namirial. Guarda l’immagine qua sotto, prima di cliccare «firma tutto» a sinistra devi selezionare a destra con l’apposita tendina la modalità di firma. Di default, è impostata la firma in locale con la chiavetta. Questa collocazione a destra, dopo il bottone «firma tutto», è un po’ controintuitiva, ma pazienza. 

selezione modalità firma

 

Clic su «firma tutto», seleziona «solo in necessario» (è indifferente, slpct firmerà comunque entrambi i files, ovviamente), quindi si aprirà la finestra di dialogo obbligatoria per la visualizzazione del confronto

visualizza confronto

Basta fare clic su «visualizza confronto», si aprirà la nostra istanza. A quel punto si deve chiuderla e fare clic su «chiudi», dopo aver messo il segno di spunta a sinistra di «conformità verificata e dati strutturati». È solo una formalità, insomma. 

A questo punto si può procedere con la firma. Non mi dilungo sulla procedura di firma, anche perché esula dallo scopo di questo breve tutorial, ti anticipo solo che a breve pubblicherò un altro post con le procedure specifiche di firma remota, una opportunità interessante fornita da slpct, che può servire sia per comodità che come backup in caso di malfunzionamento di una singola chiavetta.

Una volta firmato, si deve procedere alla creazione e all’invio della busta, cliccando sull’apposito pulsante in basso a destra:

pulsante crea busta

Apparirà una finestra di dialogo di conferma dell’avvenuta creazione corretta della busta. A questo punto, si deve fare clic sul pulsante in basso a destra «invia deposito» 

pulsante invia deposito

Fai attenzione a questo punto a selezionare come account mittente della mail con cui invii il deposito quello di posta certificata – un errore comune è quello di inviare i depositi da un account diverso, cosa che genera inevitabilmente un errore.

Spero che il post ti sia utile.

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Cassazione in camera di consiglio: come funziona?

La camera di consiglio nuovo rito di default.

Oggi ti parlo di come funziona il procedimento civile in camera di consiglio presso la Cassazione, rimandando per il resto alla mia scheda di base sul ricorso per cassazione che puoi trovare qui.

scrivere in tribunale

È un rito molto importante ormai perché, da fine 2016, la Corte di Cassazione, quando opera a sezioni semplici, decide di default in camera di consiglio, cioè in una udienza privata senza la partecipazione diretta delle parti, e non più in pubblica udienza, appunto con la partecipazione delle parti.

Sostanzialmente, si è passati ad una forma scritta di trattazione del procedimento, sempre alla faccia del principio di oralità del processo, che in realtà è scomparso da decenni anche presso i giudici di merito e forse non è mai stato davvero praticato se non in forma molto limitata.

Per parti, ovviamente, si intendono il ricorrente, la controparte, che può aver presentato controricorso o ricorso incidentale, e il pubblico ministero.

La riforma è stata introdotta dal D.L. 31.8.2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla L. 25.10.2016, n. 197, che ha introdotto il nuovo art. 380 bis del codice di procedura civile.

La possibilità per le parti di svolgere le proprie difese avviene, nel meccanismo previsto dalla nuova legge, consentendo alle stesse di depositare delle proprie memorie scritte entro un certo termine anteriore alla data fissata per l’udienza in camera di consiglio.

L’esempio più noto di memorie scritte è quello delle memorie ex art. 183 che vengono utilizzate nel procedimento di primo grado e su cui puoi trovare maggiori informazioni in questo post.

Come funziona.

L’art. 380 bis 1 cod. proc. civ. prevede quanto segue.

Della fissazione del ricorso in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice ai sensi dell’articolo 375, secondo comma, è data comunicazione agli avvocati delle parti e al pubblico ministero almeno quaranta giorni prima. Il pubblico ministero può depositare in cancelleria le sue conclusioni scritte non oltre venti giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio. Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio. In camera di consiglio la Corte giudica senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti.

Ad ogni modo, le regole di base, a riguardo, sono le seguenti:

  • innanzitutto, quando la Corte fissa l’udienza in camera di consiglio deve darne avviso alle parti almeno 40 giorni prima; questo avviso, nei procedimenti che ho seguito negli ultimi anni, è sempre arrivato tramite pec sulla mia casella;
  • a quel punto, il pubblico ministero ha 20 giorni per scrivere una propria memoria, che potrà depositare entro 20 giorni prima quello della data dell’udienza in camera di consiglio; nei processi che ho seguito, il pm non ha mai formulato le proprie conclusioni, la cancelleria della corte comunica anche in questi casi un avviso in cui specifica che il pm non ha depositato proprie conclusioni;
  • i difensori delle parti (ricorrente, controricorrente, ricorrente in via incidentale, ecc.) hanno 30 giorni per depositare una loro memoria, che quindi dovrà essere depositata 10 giorni prima quello fissato per l’udienza in camera di consiglio.

I termini cambiano nelle ipotesi in cui il giudizio viene di ritenuto di facile soluzione in un senso o nell’altro. L’art. 380 bis cod. proc. civ. dispone infatti quanto segue:

Nei casi previsti dall’articolo 375, primo comma, numeri 1) e 5), su proposta del relatore della sezione indicata nell’articolo 376, primo comma, il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte indicando se è stata ravvisata un’ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza del ricorso. || Almeno venti giorni prima della data stabilita per l’adunanza, il decreto è notificato agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre cinque giorni prima.

Il termine per i difensori, dunque, può essere di dieci giorni o di cinque, nei casi in cui il giudizio è ritenuto di più semplice soluzione. 

Fare la memoria conviene?

Conviene fare la memoria prevista per i difensori?

In generale, sono più per una risposta negativa, ma c’è da dire che dipende dalla situazione o, in altri termini, bisogna vedere che cosa hanno fatto o scritto le altre parti.

Ad esempio, se ti trovi nella posizione di aver fatto ricorso, le controparti non si sono costituite con controricorso, il pm non ha depositato le proprie conclusioni (ipotesi questa che è probabilmente la più comune), a che cosa servirebbe depositare una ulteriore memoria, che potrebbe solo infastidire i giudici che non amano le ripetizioni fini a loro stesse?

Diverso potrebbe essere invece il caso opposto, in cui le controparti si sono costituite e il pm magari ha depositato conclusioni scritte «contrarie» all’accoglimento del ricorso; in questo caso, il ricorrente potrebbe sfruttare il termine per alcune brevi e sintetiche repliche a quanto sostenuto dalle altre parti.

Ovviamente, nei casi in cui il ricorso sia stato ritenuto di facile soluzione, in senso favorevole al cliente, ci sono meno vantaggi nel depositare la memoria; viceversa nel caso opposto, in cui il giudizio è stato ritenuto di facile soluzione a favore del rigetto: in questo caso la memoria può essere un’opportunità.

La memoria, nei casi in cui viene formata, deve essere la più breve possibile, la sintesi non verrà mai raccomandata abbastanza per gli atti giudiziari e in cassazione vale ancora di più.

Conclusioni.

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Firma digitale remota con Namirial

Firma digitale senza hardware.

A seguito di un problema, dappoco e comunque transitorio, con una delle mie due chiavette di firma digitale (1), ho deciso di acquistare una firma digitale «remota» da Namirial, in modo da poter sempre firmare senza dover ogni volta utilizzare apparati hardware che possono presentare problemi.

felice con mac

Ho scelto Namirial come fornitore perché il procedimento di firma con questo gestore è supportato dal software che utilizzo per il processo civile telematico, cioè slpct, in una apposita versione, che si può scaricare qui, , che si chiama slpctfr, dove appunto le due lettere finali sono l’acronimo di «firma remota».

La firma digitale, ovviamente, serve, anzi è fondamentale per il pct (processo civile telematico), il ppt (processo penale telematico) e il pat (processo amministrativo telematico). La firma digitale remota si può utilizzare per i primi due, mentre per il terzo, cioè il PAT, basato sull’utilizzo di moduli PDF, il mio amico Stefano Baldoni mi fa notare che non si può utilizzare.

Il costo, nel mio caso, è stato di 47,58€ IVA inclusa, 39€ + 8,58 IVA; la firma remota dura tre anni, quindi in realtà si acquista l’abbonamento triennale ad un servizio, come ormai sempre più spesso accade.

La firma remota in realtà funziona tramite un dispositivo di firma che si trova presso il gestore, quindi è senza hardware solo per l’utente finale del servizio; in realtà, un dispositivo hardware c’è, viene solo utilizzato da remoto, tramite procedure che consentono di verificare che chi vi accede è davvero il titolare del diritto di usarlo.

Questo, a livello pratico, si traduce nell’assenza di problemi hardware in capo all’utente e rappresenta una notevole semplificazione, dati i numerosi problemi incontrati, anche solo per la necessità di procedere a configurazioni dei software da utilizzare, in passato. Inoltre, consente di firmare documenti anche da dispositivi cui non è possibile collegare, ad esempio, chiavette USB come i cellulari, i tablet e così via.

Acquisto e attivazione

Per il processo di acquisto tieni a disposizione i tuoi dati e il tuo «codice destinatario» per la fatturazione elettronica; personalmente ho pagato tramite PayPal, utilizzando il mio saldo attivo.

Ovviamente, per attivare la firma da remoto devi identificarti correttamente, cioè dimostrare al fornitore la tua identità. Questo può essere fatto in vari modi, come rappresentato nell’immagine successiva. Io ho scelto di usare lo SPID, che mi sono creato di recente (se non sei un avvocato, questo non deve stupirti: per noi avvocati, lo SPID non era così necessario in quanto avevamo già la Carta Nazionale dei Servizi da diversi anni).

modalità di identificazione

Successivamente, dovrai inserire il tuo cellulare e il tuo indirizzo di posta elettronica; entrambi dovranno essere verificati inserendo un codice ricevuto sugli stessi.

In seguito, occorre confermare alcuni dati e fornire ad ogni modo gli estremi di un documento di identificazione. Nel mio caso, ho inserito la carta d’identità cartacea.

Al termine, si procederà alla «firma on line» del contratto, premendo un apposito bottone, premendo il quale si apre un pannello eSign Anywhere.

Bottone per iniziare la firma

Una volta completato il processo di registrazione online, riceverai le credenziali all’indirizzo di posta elettronica indicato.

In realtà, riceverai diverse mail. Una con le credenziali della shop on line Namirial. Una con le credenziali per l’accesso al Namirial ID e una con i dati per l’utilizzo della firma remota. Ovviamente, è sempre consigliabile utilizzare un gestore di password per annotare queste e tutte le altre credenziali, come spiego meglio in questo precedente post.

La mail più importante contiene una «busta». La busta con il PIN che ti serve per usare la firma remota è infatti contenuta in un file PDF protetto da password in allegato alla mail. La password viene inviata via SMS al cellulare indicato in sede di registrazione (bisogna fare la richiesta cliccando un link contenuto nella mail stessa).

Prenditi il tempo di attivarti e annotare con cura tutte le prime credenziali (ce ne saranno altre).

Per completare l’attivazione, dovrai anche scaricare l’applicazione sul tuo cellulare per la generazione dei codici OTP di Namirial, che ti serve per il primo accesso al Namirial ID; ovviamente l’applicazione è disponibile sia per Android che per iOS.

Anche in questo caso, verrà richiesto di definire un nuovo PIN per l’accesso all’app sul cellulare, anche se chi vorrà potrà attivare il riconoscimento tramite impronta digitale.

Una volta installata l’applicazione, accedi al tuo Namirial ID utilizzando il codice OTP generato dall’app stessa. Ti verrà richiesto di cambiare la password.

Annota con cura anche queste nuove credenziali: nuova password, pin per l’accesso all’applicazione in mancanza di autenticazione biometrica, ecc..

Utilizzo della firma da remoto.

Prima di utilizzare la firma, bisogna attivare un OTP dentro al tuo account Namirial ID.

Procedi seguendo le istruzioni, cliccando sul bottone verde.

richiesta prima attivazione OTP

Fatto questo, il passo successivo è installare sul mac (o sulla tua diversa macchina) il software «firma certa» da questo sito.

pannello firma certa

Questo è il pannello per la firma dentro l’applicazione «firma certa» per il mac.

Nel campo username va inserito appunto il nome utente scelto durante il processo di acquisto e registrazione, che qui non espongo per motivi di sicurezza.

Una volta inserito il nome utente, bisogna fare clic su reclaim. L’applicazione si collegherà al fornitore del servizio e fornirà l’indicazione della «periferica virtuale» e degli OTP disponibili.

Fatto questo, bisogna inserire l’OTP preso dall’applicazione sul cellulare, facendo attenzione che non stia scadendo temporalmente.

A quel punto, bisogna inserire il PIN – quello ricevuto nella busta cieca allegata in PDF alla mail, per aprire la quale ti eri fatto mandare il codice via SMS.

Questo PIN è del tutto simile a quello previste per le chiavette: serve a mo’ di conferma finale della tua identità.

In realtà, visto che il codice OTP scade, conviene a mio giudizio inserire prima il PIN, visto che è sempre uguale, e solo dopo il codice OTP.

Fatto questo, si può cliccare su OK: il documento verrà firmato.

Di seguito, tanto per completezza, il pannello di slpct per windows che è diverso da quello per il mac: richiede il numero dispositivo e il pin, non lo username (grazie sempre a Stefano per la precisazione).

pannello firma remota windows

Conclusioni.

Sono finiti i tempi in cui si poteva fare a meno della tecnologia per gli avvocati.

Oggi non solo bisogna usarla, ma bisogna farlo bene, pena, in difetto, di passare brutti quarti d’ora e magari incorrere in spiacevolissime decadenze, foriere anche di responsabilità.

Con questa firma remota, ho un triplice sistema di sicurezza: due chiavette fisiche, una «chiavetta» da remoto. In questo modo, sono altamente sicuro di non perdere mai un deposito o l’invio di un documento importante.

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Note

(1) Se non hai letto questo mio precedente post in cui consiglio di avere, per ragioni di sicurezza, almeno due chiavette ti invito a farlo.

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Coaching per avvocati

Questo post è stato spostato nel nuovo blog «fare l’avvocato è bellissimo» qui

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Note udienza trattazione scritta: il modello

Premessa.

Oggi sul blog propongo un modello, a beneficio dei colleghi avvocati, per la pratica giudiziaria.

Personalmente, non ho mai capito fino in fondo la mania di molti colleghi di cercare, a tutti i costi, un modello per quello che c’è volta in volta da fare, anche per le cose più semplici.

modello

Probabilmente è dovuta ad una certa insicurezza di base e comunque allo stress di cui soffre la pressoché totalità degli operatori del diritto, che hanno a che fare con un sistema burocratico, da una parte, e con assistiti, dall’altra, con cui è sempre più difficile comunicare.

Fatto sta che i post più cliccati sul blog da parte degli avvocati sono quelli, come ad esempio questo, in cui propongo dei modelli, per cui naturalmente quando posso cerco di condividere tutto quello che metto a punto per la mia stessa pratica.

Il modello di oggi riguarda le note per la trattazione scritta delle udienze, di cui ho parlato anche in questo precedente post e consente appunto, adeguatamente compilato, di formulare note per questo particolare tipo di «udienze», che poi udienze non sono, note che vanno poi naturalmente trasformate in PDF e depositate telematicamente.

Puoi scaricare il modello, in formato Word – successivamente zippato, cliccando qui. Per decomprimerlo, dovrebbe essere sufficiente cliccarlo, una o due volte, da un computer da scrivania, probabilmente funziona anche da cellulare, ma con minor facilità.

Deposito.

Per il deposito, come noto personalmente utilizzo slpct. Di solito, marco le note di trattazione scritta come istanza generica

memoria generica in slpct

Conclusioni

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Se credi che questo post possa essere utile a qualcun altro, inoltralo o condividilo.

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Un abbraccio.