che cos’è un programma di espansione di testo?

È un software che consente di inserire larghe porzioni di testo in un documento che si sta scrivendo digitando una abbreviazione. Praticamente, l’utente digita una abbreviazione, che tipicamente non deve corrispondere per evitare problemi ad una parola del linguaggio comune, ad esempio «ssto» e, non appena battuta l’ultima lettera, il programma di espansione di testo sostituisce l’abbreviazione con l’espressione più completa impostata dall’utente, sempre ad es. in questo caso «scusami, sto arrivando».

Il sistema operativo iOS, usato su iPhone e iPad, implementa nativamente un sistema di espansione di testo, con sincronizzazione tra le varie periferiche dell’utente, che quindi può definire una coppia abbreviazione/brano di testo su iPhone ritrovandosela su iPad o viceversa.

Su Mac, Windows e Linux per avere le funzionalità di espansione del testo occorre montare appositi programmi di terze parti. Per Mac, sono famosi aText, quello che uso io, e TextExpander. aText utilizza la sincronizzazione mediante iCloud o altri sistemi di storage nella cloud in modo da avere sempre le stesse coppie abbrevazioni/brani di testi su tutte le macchine dello stesso utente.

Personalmente, trovo i programmi di espansione di testo utilissimi e molto utili per incrementare la produttività. Uno non deve pensare che si possano usare solo per brevi espressioni come quelle di cui all’esempio sopra illustrato, ma anche per testi molto più complessi. Sempre ad esempio, si può inserire anche un modello completo di fattura commerciale, che poi l’utente andrebbe a variare a seconda del caso, oppure un timbro, una firma (signature), il codice IBAN, un link, qualsiasi cosa.

In Italia, i programmi di espansione di testo non sono molto diffusi, se volete gugolare sul tema, magari per cercarne uno per il vostro sistema Windows o Linux, vi conviene usare l’espressione inglese text expansion

quand’è che posso chiamarti per non disturbare?

È una domanda sbagliata, perchè il disturbo non dipende affatto dal momento in cui mi chiami, ma dal motivo per cui lo fai. Nella mia vita, il mio tempo è impiegato o lavorando oppure riposandomi e giocando. Se mi chiami mentre lavoro, interrompi quello che sto facendo. Se mi chiami mentre mi riposo, o gioco coi miei figli, interrompi anche quello, cosa che, dal mio punto di vista, è ancora peggio.

Il fatto è che tu mi interrompi sempre, in ogni caso, perchè richiedi per te la mia attenzione e il mio tempo. Quindi il problema è vedere il motivo per cui lo fai, se il motivo è tale da richiedere la mia attenzione non disturbi assolutamente, anzi tutto al contrario mi metti in grado di fare il mio lavoro, o comunque di aiutarti, e viceversa nel caso contrario.

In conclusione, io non ti posso dare nessun orario. Se hai bisogno per un motivo serio, puoi chiamare in qualsiasi momento, mentre se hai in mente una cazzata, fammi il favore e non chiamarmi nemmeno; questo ovviamente con tutta la gamma intermedia.

Se non ti posso indicare orari, ti posso però indicare una modalità: se vuoi darmi una possibilità in più di organizzarmi, a vantaggio tuo e di tutti gli altri clienti dello studio, non telefonarmi, ma mandami una mail sintetica e «sul punto» indicando il tuo problema, vedrò poi io come fare seguito. In questo modo, potrò leggere la tua richiesta senza interrompere il lavoro che sto facendo.

che documenti occorrono per la pratica di estinzione del reato?

Occorre una copia autentica della sentenza (di condanna, patteggiamento, ecc.) indicante la data di irrevocabilità della stessa, cioè la data in cui la sentenza è passata in giudicato. Questa sentenza va chiesta presso l’ufficio del giudice che l’ha emessa, specificando che serve appunto per la richiesta di estinzione del reato.

Alcuni uffici giudiziari, poi, richiedono anche una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, fatta dall’istante, circa l’assenza di condanne successive, ai sensi 47 del DPR 445/2000. Questa va fatta, secondo il modello standard reperibile facilmente su internet, presso l’ufficio anagrafe del comune di residenza.

Naturalmente, poi, occorre una nomina di difensore.

perchè dici sempre che non vuoi salamelecchi?

«I suoi elogi mi restarono sulla giacca come macchie d’unto»

Leo Longanesi

 

Perchè io non scrivo in questo blog, non rispondo alle persone, per sentirmi dire che sono «gentile», «disponibile», per sentirmi dare del «lei» o altre cose del genere. Capisco che chi lo scrive voglia solo essere cortese, e che sia in fondo un modo per ringraziare, e da questo punto di vista apprezzo il gesto, appunto perchè lo considero non letteralmente ma per l’intenzione che ci sta sotto.

Vorrei però che fosse sempre chiaro che non ho fondato e mantengo questo blog per pura filantropia, o per essere gentile o rendermi disponibile nei confronti di persone che, sino ad un’eventuale occasione di contatto o conoscenza concreta, sono e rimarranno sempre per me dei perfetti sconosciuti, completamente estranei alla mia vita, alla mia famiglia e ai miei problemi. Gestisco questo blog, invece, per due motivi principali molto concreti che sono:

  • a) la passione per il diritto e il confronto sul campo con i problemi concreti e le persone che ne sono portatrici, che mi fanno sempre imparare qualcosa;
  • b) la possibilità di avere occasioni di lavoro (tramite il blog infatti la gente vede cosa mi occupo, con quale mentalità affronto i problemi e qualcuno, ogni tanto, decide di incaricarmi come suo avvocato).

Tutto il resto è un po’ un’ipocrisia: voi siete sul blog perchè avete un problema legale, altrimenti sareste sul sito di un’agenzia di viaggi; io sono qui perchè mi è toccato in sorte di lavorare nel settore giuridico: nessuno di noi due è qui per scambiarsi squisitezze o per celebrare la famosa «cortesia degli sconosciuti» 😉

Per cui, scriviamoci come se ci guardassimo negli occhi. Datemi del tu, e chiedete quel che vi pare. Se potrò rispondervi, nei limiti di tempo che mi lascia il lavoro dello studio e considerando lo spirito e i motivi di cui sopra, lo farò. Se lo farò, sarà comunque sempre volentieri e un piacere prima per me che per voi. Potrete ringraziarmi, se volete, ma non incensatemi: non è il caso, non sarebbe nemmeno giusto.

se ho un problema legale devo per forza prendere un avvocato?

Se si tratta di una causa, cioè un processo (civile, penale, ecc.) in tribunale, sei obbligato a prendere, salvo qualche limitata eccezione, un avvocato, perché è obbligatorio per legge, quindi la domanda riguarda per lo più tutte quelle attività dove l’avvocato è solo facoltativo e quindi il lavoro chiamato stragiudiziale. È in questi casi che una persona può davvero scegliere se difendersi da solo o interessare un professionista.

Ovviamente, assumere un avvocato, salvo che non si disponga di una copertura di tutela giudiziaria, costa di più perché bisogna pagarlo, ma può ugualmente nel complesso convenire se il suo intervento è utile o risolutivo. Chiaramente, dipende sempre anche dal problema che uno deve affrontare: un conto ad es. è un «banale» sinistro stradale con danni inferiori al migliaio di euro, un altro una successione o una separazione complessa, dove ci sono beni non trascurabili da gestire.

In generale, ci sono diversi motivi per cui un avvocato può essere utile anche in fase stragiudiziale. Esaminando questi, puoi valutare se può valer la pena assumere un avvocato anche nel tuo caso o meno. Li metto di seguito in ordine sparso, senza pretesa di completezza, come spunto di riflessione, che magari può essere poi approfondito.

  • In primo luogo, un legale, se è bravo, possiede la capacità di condurre una trattativa in modo da ottenere dei risultati. Le negoziazioni su questioni legali non sono come trovarsi a tavola per decidere cosa fare al sabato sera, sono coinvolti aspetti sia tecnici che umani, relativamente ai quali gli avvocati hanno sia la preparazione che l’esperienza per gestirli. Molta gente non capisce come mai le proprie controparti non siano ragionevoli, e questo è comprensibile. Ma se le persone fossero tutte ragionevoli, esisterebbero le leggi, i tribunali e gli avvocati? Se queste realtà esistono è proprio perché in molti casi le persone non sono sempre ragionevoli. Il lavoro del legale è proprio condurle con abilità, pazienza e una azzeccata strategia di fondo alla ragionevolezza.
  • Spesso, poi, per condurre una trattativa, specialmente oggigiorno che molte comunicazioni avvengono tramite posta elettronica, è necessario scrivere delle lettere. In questi casi, spesso l’utente che si muove senza legale rischia di scrivere cose che, se la cosa non si risolve e poi finisce in causa, possono essere usate contro di lui. Per esperienza, posso affermare senza timore di smentita che quasi sempre la persona che si muove da sola scrive cose che sarebbe meglio non scrivere.
  • Un altro motivo per cui prendere un avvocato era, poi, già stato identificato dagli antichi, codificando una giusta massima: nemo iudex in re sua (nessuno può giudicare davvero serenamente e in modo neutrale una cosa che lo riguarda). Significa che per seguire adeguatamente una certa questione, occorre, paradossalmente un certo distacco dalla stessa, che conferisce maggiore lucidità e capacità strategica a medio e lungo termine. Gli utenti spesso non capiscono questo: vedono gli avvocati come dei cinici menefreghisti, senza capire che questo è un punto di forza e non di debolezza, perché gli affari legali raramente si risolvono con dei colpi di testa, anzi di solito con questi si inaspriscono, ma con la pazienza e la capacità di portare avanti i propri obiettivi in modo dolce nei modi ma costante nell’impegno (secondo una nota formula, che a me piace moltissimo: fortiter in re, suaviter in modo).
  • Scegliere di far intervenire un legale, oltre che utile di per sè, ha un ulteriore effetto a cascata che è in sè positivo: cioè che, anche la controparte, ricevendo la lettera di un legale deciderà di incaricarne uno a sua volta, anziché rispondere personalmente. Il fatto che la cosa passi in mano, da entrambi i lati, a dei professionisti del diritto conferisce ancora maggiori possibilità di buon esito delle trattative, salvo solo il caso in cui uno dei due avvocati, come purtroppo a volte capita, sia un idiota o uno sbruffone. Quest’ultimo caso, però, rappresenta una eventualità sulla quale non si ha potere di intervento, purtroppo, e se capita bisognerà cercare di aggirare l’ostacolo, senza pretendere di schiacciarlo.
  • Condurre delle trattative, poi, significa sapere sempre quali sono le alternative nel caso in cui non si intendesse accettare, ad esempio, quanto proposto da controparte e questo lo può dire in modo completo solo un avvocato, che sa come funzionano le cause. Una persona, da sola, potrà anche, se le va bene, raggiungere un accordo, ma le rimarrà sempre il dubbio di aver accettato un capestro o qualcosa di meno di quello che avrebbe potuto «spuntare» dopo aver acquisito chiarezza sui suoi effettivi «diritti».

per le cose legali, mi posso fidare di quel che trovo su internet?

È un problema molto attuale: ultimamente infatti, sempre più spesso capitano a studio molte persone che hanno evidentemente fatto ricerche su internet sul loro problema di tipo legale.

Il problema purtroppo, però, è che raccogliere informazioni senza avere una preparazione giuridica generale e sistematica di base, con la quale collocare e “leggere” adeguatamente ognuna di esse è quasi sempre poco utile e, in qualche caso, addirittura dannoso, perché confonde ancora di più le idee.

Inquadrare correttamente in diritto un caso concreto è una cosa che richiede almeno un decennio (e, per molti problemi, anche ben di più) di studi e di esperienza pratica e processuale, una capacità che – mi dispiace dirlo, ma più che la categoria amo dire quella che mi pare la verità – nemmeno tutti gli avvocati dimostrano sempre di padroneggiare.

Per non dire del fatto che ogni caso e ogni situazione è diversa dall’altra, mentre su internet quasi sempre si trovano solo articoli generali sui vari istituti giuridici (e non potrebbe essere diversamente), mentre in diritto anche un piccolo dettaglio o particolarità può fare una importantissima differenza o dare una opportunità.

Sulla rete si può dare un’occhiata per avere un primo orientamento, la classica infarinatura, ma quando si ha bisogno davvero bisogna interpellare un avvocato, raccontargli il problema e lasciare che sia lui a dare le indicazioni del caso. Anzi, piuttosto internet può servire magari proprio per trovare quell’avvocato che possa sembrare competente per il problema in questione.

È vero che così ci si deve necessariamente fidare, ma questo vale per ogni settore della vita: anche quando vai dal meccanico, o da qualsiasi altro artigiano o fornitore, ti devi fidare, perché nessuno può essere esperto di tutto e qualsiasi fornitore in mala fede potrebbe, per converso, approfittarsi di te e danneggiarti. La vera cosa importante è appunto il saper scegliere volta per volta le persone con cui collaborare e in cui si pensa di poter riporre con tranquillità la propria fiducia.

Una cosa che al riguardo si può fare è usare internet dopo aver avuto una consulenza da un avvocato, per informarsi sulle osservazioni ricevute dal legale, per vedere se paiono fondare, oppure, per casi particolarmente importanti, sentire il parere di un secondo avvocato. In questi casi, la consulenza on line, che è quasi sempre redatta per iscritto, può essere più comoda, perché il parere reso da un legale può essere sottoposto ad altri professionisti, per sentire che ne pensano.

che cos’è la pec?

pec è l’acronimo di posta elettronica certificata, un tipo di posta elettronica che in Italia ha, per legge, lo stesso valore delle raccomandate a ricevuta di ritorno. Tutti i professionisti, tutti gli enti pubblici, e molte imprese sono obbligati ad avere un indirizzo pec, cosa questa che per gli utenti è molto utile perchè consente di tutelarsi senza dover … spender soldi e fare la fila all’ufficio postale, inviando le proprie domande o richieste direttamente dal computer.

Per i privati cittadini, c’è un programma governativo che consente a chiunque di ottenere una propria casella pec gratuitamente; attenzione però che poi quella casella pec diventerà il recapito ufficiale della persona che la richiede e potrà essere utilizzata anche dal governo e dagli altri organi dello Stato per inviare comunicazioni legalmente vincolanti, quindi potrebbe essere sempre un’arma a doppio taglio.

Per conoscere l’indirizzo pec di un’impresa, si può consultare ad esempio il sito infoimprese.it. Per conoscere quello di un’amministrazione c’è il database ufficiale all’indirizzo indicepa.gov.it. Per conoscere l’indirizzo pec di un avvocato, o di un altro professionista, si può al momento consultare il sito dell’ordine di appartenenza.

Presto dovrebbe essere costituito, poi, un nuovo indice chiamato INI-PEC con gli indirizzi delle imprese individuali e dei professionisti. Infatti, il 9 aprile 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico contenente le disposizioni attuative per la creazione del nuovo “Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti” (INI-PEC), previsto dal decreto legge numero 179 del 18.10.2012, come convertito dalla Legge numero 221 del 17.12.2012.

Noi allo studio associato Solignani Massa abbiamo da anni i nostri indirizzi pec (il mio è solignani@pec.solignani.it), li usiamo pressoché quotidianamente al posto delle «vecchie» raccomandate a ricevuta di ritorno e incoraggiamo tutti coloro che hanno a che fare con noi a fare altrettanto, ovviamente nelle comunicazioni aventi carattere di ufficialità (altrimenti va bene la posta «ordinaria»).

 

qual’è il modo migliore per inviarvi una mail

Crei un nuovo messaggio, vai direttamente al punto, invii il messaggio. Taglia tutto quello che non è strettamente necessario, schiarisciti le idee prima di scrivere, chiedi a te stesso: cos’è che mi serve sapere da loro? E poi scrivi quello e solo quello.

che cos’è la «sindrome dell’elefante» e perchè è fondamentale per avvocati e clienti?

Se io ti dico «Adesso pensa a qualsiasi cosa, assolutamente qualsiasi cosa, basta che non pensi ad un elefante!» tu che cosa fai? Non riesci a pensare a niente altro che ad un elefante… È una specie di riflesso condizionato del pensiero. A livello forense, questo si verifica quando un avvocato, anziché proseguire nella propria linea di difesa, si concentra nel replicare alle contestazioni avversarie. Non c’è niente di più sbagliato. La maggior parte delle deduzioni avversarie è sbagliata ed è sollevata solo per riempire atti processuali che, in mancanza, rimarrebbero inesorabilmente vuoti, considerata la scarsità di veri argomenti a favore. Di fronte ad eccezioni infondate e, in qualche caso, anche demenziali, un avvocato non deve acconsentire a che la propria preziosa attenzione sia distolta dal «succo» della difesa per replicare puntigliosamente a cose che non meritano più di tanta considerazione, ma deve avere la capacità e l’autonomia di proseguire dritto per la sua strada. Portare avanti una difesa significa per lo più approfondire l’impostazione difensiva iniziale e portare elementi a sostegno e a riprova della stessa, non perdere tempo dietro a qualsiasi argomento un avversario, spesso poco preparato, ti agita davanti.

Quello che dico sempre ai miei colleghi più giovani è questo «Negli atti processuali, devi andare per la tua strada». Se ti metti a replicare a certe idiozie, fai il gioco dell’avversario.

Questo lo devono capire non solo gli avvocati, ma anche gli utenti, con i quali spesso collaboriamo – a mio giudizio, giustamente – nella redazione degli atti: aiutateci a sostenere la difesa, mentre a replicare alle boiate ci pensiamo noi, per il tempo e nelle modalità strettamente necessarie.

posso avere un promemoria dinamico per la mia pratica?

Certo. Lo dobbiamo creare noi. Una volta creato, ti manderemo per mail semplicemente un link, che potrai aprire con il tuo browser (Chrome, Safari, ecc.) e, una volta aperto, con molta semplicità, potrai iniziare a scriverci dentro. Come sempre, ci raccomandiamo la massima sintesi: non usare una parola di più di quelle necessarie! 😉