Oggi ti voglio parlare delle tre grandi rivoluzioni dell’uomo.
Anche questo, come quello sulla scelta vegetariana e vegana, è un post in cui introduco alcuni concetti fondamentali che poi saranno utili in molti altri post successivi.
Queste tre grandi rivoluzioni, ti voglio subito anticipare, non sono state un fatto positivo per la nostra specie, ma ognuna ha rappresentato una grande catastrofe che ci ha allontanato dal nostro modo di vivere naturale.
Ognuna di queste rivoluzioni, poi, ha peggiorato ancora quella che era venuta prima, con una serie di effetti disastrosi per la nostra salute, il nostro benessere e la nostra qualità della vita di cui in parte soffri sicuramente anche tu che mi stai leggendo.
Le tre grandi rivoluzioni sono quella agricola, quella industriale e quella digitale, che stiamo vivendo proprio in questi anni. Ognuna è stata un potente fattore di alienazione dell’uomo.
I cacciatori raccoglitori.
Qual è lo stato naturale dell’uomo?
Quello della caccia e della raccolta, praticato e vissuto ancora da alcuni gruppi di uomini che ancora vivono in questo stadio. Questi uomini non lavorano, non hanno alcun sistema previdenziale, non hanno sistemi di governo di tipo statuale, ma riescono a mangiare, bere, risolvere i conflitti, gestire gli anziani e gli invalidi, godere di forme di intrattenimento – tramite i cantastorie – molto meglio di quanto avvenga nella nostra società.
Questi uomini, che noi giudicheremmo «selvaggi», vivono davvero secondo natura, effettuando una caccia sostenibile quando ne hanno bisogno, con una profonda divisione dei ruoli tra maschi e femmine.
Generalmente, si ritiene che la vita di questi uomini sia molto dura, in realtà è una vita molto più leggera e priva di stress della nostra. Ti voglio citare a proposito le parole di un testo fondamentale, anche se generalmente meno conosciuto, del movimento paleo, purtroppo non tradotto in italiano, ma che, se sei in grado di leggere in Inglese, ti consiglio di leggere assolutamente: si tratta di Neanderthin di Ray Audette.
Secondo questo autore, «the search for food among huntergatherers has often been thought of as a long and laborious process by those of us who are used to the convenience of supermarkets. Studies of contemporary hunter-gatherers, dispel this myth conclusively. Among huntergatherers living in the harshest desert and Arctic conditions, it has been found that they work less than 3 hours per day. These hours not only include the time necessary to obtain and prepare food but also the time to provide housing and clothing. || La ricerca del cibo tra i cacciatori raccoglitori è sempre stata considerata come un processo lungo e laborioso da quelli di noi che sono abituati alla comodità e convenienza dei supermarket. Studi effettuati sui cacciatori raccoglitori che vivono al giorno d’oggi distruggono completamente questo mito. Tra i cacciatori raccoglitori che vivono nei deserti più aspri e nelle terre artiche, è stato visto che le ore di lavoro sono meno di tre al giorno. Queste ore non solo comprendono il tempo necessario per ottenere e cucinare il cibo, ma anche quello per dotarsi di un riparo e di vestiti».
È un po’ diverso dalla nostra vita, dove dobbiamo lavorare otto ore tutti i giorni, dopo esserci svegliati con un atto di violenza della nostra sveglia, usciti dal lavoro dobbiamo perdere un’ora per andare a fare la spesa e poi, dopo cena, se non ci vogliamo imbolsire, dobbiamo persino andare in palestra…
Questo, comunque, era lo stato originario degli uomini e lo è stato per tutti gli uomini, su tutta la terra, per almeno due milioni di anni.
La rivoluzione agricola.
Poi, è intervenuta la prima rivoluzione, quella agricola.
«Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita?» (Mt 6, 24)
Gli uomini hanno smesso di cibarsi delle forme di vita animali e vegetali spontaneamente disponibili in natura e hanno voluto allestire un sistema organico di coltivazione, incentrato sia sull’allevamento che sull’agricoltura. Hanno smesso di fare come avevano sempre fatto, e come fanno gli animali che vivono in libertà, compresi gli uccelli del cielo, e hanno cominciato a seminare, mietere, raccogliere nei granai.
Non si sa bene cosa abbia innescato questa prima grande rivoluzione, circa 10000 anni fa, in diverse parti del mondo non collegate tra loro, ci sono addirittura alcune persone che sostengono che vi sia stata un’intervento da parte di forme di vita aliena per far progredire i terrestri… Di queste ipotesi fantascientifiche c’è da salvare il fatto che ad oggi non ci sono spiegazioni soddisfacenti circa l’innesco di un cambiamento così profondo e su vasta scala.
Con la rivoluzione agricola, nascono le grandi civiltà, ma l’uomo paga un prezzo salatissimo:
alimentazione a base di cereali e legumi che devastano il sistema digerente e in generale la salute, tant’è vero che gli scheletri degli uomini dall’epoca agricola in poi – il caso classico sono le mummie egiziane – denotano un netto peggioramento nello stato di salute: statura molto più bassa, denti marci e devastati, ossa più piccole, ecc.
nascita delle classi sociali: ci sono, per la prima volta, persone che non si occupano del cibo (Giovanni Cianti li chiama «specialisti no food») ma diventano governanti, artigiani, avvocati…
sovrapopolazione
lavoro in agricoltura dall’alba al tramonto per quasi tutti gli uomini e quindi, sostanzialmente, nascita della schiavitù, tanto per i formalmente schiavi che per i formalmente liberi
Tutto ciò ha determinato una potete alienazione per l’uomo da sè stesso: da libero, è diventato schiavo. Da sano, è diventato malato. Da persona con uno scopo, diventa una persona che perde sempre più il senso della sua esistenza.
Con l’agricoltura, non sono cazzi solo per gli uomini, ma anche ad esempio per i lupi, che, da fedeli compagni di caccia degli uomini per due milioni di anni, diventano adesso dei pericolosi nemici, che, tentando di continuare a fare a mezzo con gli uomini come avevano sempre fatto, prendono una pecora, un agnello o un capretto agli allevatori che, così, si mettono a dar loro la caccia.
Ho parlato di questo vergognoso tradimento degli uomini ai lupi nel mio racconto «Io non avrò mai paura di te», che ti invito a leggere se vuoi approfondire l’argomento.
Questa è l’epoca non più del lupo, ma del gatto, che non a caso presso gli Egizi, la prima grande civiltà nata con l’agricoltura intorno al fiume Nilo, vengono divinizzati e protetti. La spiegazione risiede molto semplicemente nel fatto che l’uomo agricoltore semina, miete ma soprattutto ammassa nei granai, dove, se il grano viene mangiato dai topi, le sue scorte di cibo vengono fatte fuori… I gatti, animali esclusivamente carnivori, danno volentieri la caccia ai topi, tenendo pulito e conservando le preziose scorte dell’uomo agricolo che crede di aver fatto un progresso cibandosi di cibo per uccelli – il grano è un cibo per uccelli granivori, inadatto alla specie umana – quando invece in quel modo si è rovinato nel modo che abbiamo visto sopra.
Perchè l’uomo, nel momento in cui è passato da uno stato naturale di raccolta, di vita simile a quella di tutti gli altri animali che mangiano il cibo che trovano o cacciano, non è diventato più allevatore, determinando disponibilità di un cibo, la carne, molto più adatto a sè, ma è diventato più che altro coltivatore? Perchè, in altri termini, invece che concentrarsi sulle forme di vita animali lo ha fatto su quelle vegetali, devastando la propria salute e quella di tutte le generazioni successive?
«E avvenne, di lì a qualche tempo, che Caino fece un’offerta di frutti della terra all’Eterno; e Abele offerse anch’egli dei primogeniti del suo gregge e del loro grasso. E l’Eterno guardò con favore Abele e la sua offerta, ma non guardò con favore Caino e l’offerta sua. E Caino ne fu molto irritato, e il suo viso ne fu abbattuto. E l’Eterno disse a Caino: ‘Perché sei tu irritato? e perché hai il volto abbattuto? Se fai bene non rialzerai tu il volto? ma, se fai male, il peccato sta spiandoti alla porta, e i suoi desideri son vòlti a te; ma tu lo devi dominare!’» (Genesi 4:3-7)
A quanto pare anche Dio gradiva di più gli allevatori, rispetto ai coltivatori, ma poi sappiamo tutti come è andata e quale dei due è sopravvissuto…
La rivoluzione industriale.
Facciamo adesso un grande salto in avanti, ricordandoci che grande, in termini di storia, parlare di «salto grande» è molto relativo, e andiamo alla seconda grande rivoluzione dell’uomo, che è quella industriale.
La storia la sappiamo tutti, nel 1700 in Inghilterra si iniziano ad applicare mezzi di produzioni in serie e con criteri di sistematicità ad attività che, in precedenza, erano svolte a livello solo artigianale. Prendiamo ad esempio la realizzazione di un paio di scarpe, di sedie o mobili per le abitazioni e così via.
Anche qui è sempre la tecnologia la novità che innesca tutto, resta da capire, come accennato prima, che cosa è che, in fondo, determina il progresso tecnologico.
Con la rivoluzione industriale sono cazzi ancora più amari per l’uomo: da schiavo nei campi, diventa schiavo chiuso nelle fabbriche, ancora più sfruttato, ancora più alienato e devastato. I bambini, ad esempio, iniziano a lavorare prestissimo, anche a quattro anni, stanno in fabbrica anche 12, 14 ore. Non fabbricano più vitamina D non ricevendo i raggi del sole e diventano rachitici e cioè sostanzialmente invalidi, come si può vedere nella foto.
La cosa bella che accade in questo periodo è che la rivoluzione industriale non solo devasta l’uomo cento volte di più di quello che aveva fatto la rivoluzione agricola, ma peggiora profondamente la rivoluzione agricola stessa, facendo nascere, al posto di coltivazioni varie e di dimensioni spesso artigianali, gli allevamenti e le coltivazioni intensive, spesso a monocoltura, determinando devastazioni per gli uomini che vi lavorano e per l’ambiente e prodotti destinati a fungere da cibi per gli uomini di qualità sempre più scadente, in considerazione che l’imperativo era produrre la maggior quantità possibile di latte, grano, frutta, senza alcuna considerazione per le proprietà salutari dei prodotti.
Un filosofo, Karl Marx, ha parlato di alienazione dell’uomo che passa dalla dimensione artigianale e controlla l’intero processo produttivo del bene che realizza, a quella industriale dove, in catena di montaggio, segue un solo aspetto, utilizzando mezzi di produzione che non gli appartengono più, ma è stato sbertucciato per ogni dove – quando invece su questo aveva ragione da vendere, anche se il comunismo non era certo la soluzione.
Naturalmente, di fenomeni giganteschi come le rivoluzioni agricola ed industriale potremmo parlare per giorni, ma io mi fermo qui, essendomi limitato ad evidenziare gli aspetti che ci interessano di questi eventi che hanno determinato profondi cambiamenti nella condizione umana. Se vuoi, ovviamente, puoi approfondire con apposite ricerche o leggendo uno dei molti libri disponibili sull’argomento.
La rivoluzione digitale.
La terza rivoluzione è quella che stiamo vivendo adesso e cioè quella digitale, quella dell’informatizzazione, un altro «progresso» portato della tecnologia, un’altra grande svolta verso la più completa e totale alienazione dell’uomo.
Con la rivoluzione digitale l’uomo si mentalizza, il suo corpo diventa sempre meno importante e presente, il suo carico mentale diventa pesantissimo, la figura di riferimento nel mondo del lavoro è il knowledge worker, colui che lavora con la conoscenza, come ad esempio un giornalista, un blogger, un esperto di marketing, un formatore, un web master, un informatico, un avvocato… Con il chè, quel processo che aveva allontanato l’uomo dal cibo rispetto alla situazione del suo stato naturale, in cui tutti gli uomini e le donne partecipavano alla raccolta del cibo, generando specialisti non a contatto con la lavorazione del cibo, sostentati dal lavoro di altri, si spinge ancora più in là.
Qui la distanza dallo stato naturale dell’uomo diventa elevatissima. Si diffondono di conseguenza stress e depressione, specialmente nei paesi occidentali dove il benessere, e i benefici della civiltà (il più povero in Italia dispone di cure mediche e trattamenti sanitari di cui non disponevano i re appena un secolo o due addietro), sono al massimo livello – eppure le persone non sono felici.
Ancor più alienazione e perdita di autenticità.
Una delle conseguenze ulteriori è che le relazioni personali sono meno presenti, perché l’uomo passa la maggior parte del suo tempo non faccia a faccia con un suo simile, ma davanti a uno schermo (un grande fattore di depressione secondo Steve Ilardi, con il suo The depression cure), ma soprattutto sono molto meno autentiche, perché siamo meno spontanei, siamo più mentalizzati e pieni di fisime.
Siamo diventati così lontani dal nostro vero cibo e dal procacciamento dello stesso che non capiamo più il ciclo della natura a riguardo, diventiamo vegetariani – cosa piuttosto maldestra che determina strage di microfauna e la tortura delle vacche da latte – o addirittura vegani, finendo per rimpinzarci di autentici veleni come la soia, il tofu, altri legumi, i cereali e il seitan e per sostenere, ulteriormente, che tutti dovremmo diventarlo per il benessere degli animali e dell’ambiente, una cosa che può essere concepita solo da chi non ha il minimo senso dell’uomo e della sua storia e posizione nel mondo.
Ovviamente, anche la rivoluzione digitale ha peggiorato le due sorelle precedenti, determinando un’agricoltura sempre più innaturale e lontana dalle vere esigenze della gente e un’industria sempre più spietata, dove il lavoro degli uomini, che finalmente avevano ottenuto un po’ di tutele, è destinato ad essere sostituito da quello di appositi robot.
Se questa è la realtà, dunque, che cosa bisogna fare?
Per il nostro benessere, da intendersi a tutto tondo, non solo fisico, ma anche mentale e spirituale, è necessario cercare di vivere il più possibile nel modo per cui siamo stati «progettati» e per il quale ci siamo evoluti, per due milioni di anni di storia, prima che queste sataniche rivoluzioni intervenissero, adottando non solo una dieta, ma uno stile di vita di tipo evolutivo.
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