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Quando lui vuole tornare da sua moglie.

Vivo una storia da tre anni con un uomo sposato, con alti e bassi. Lui in più occasioni ha detto di voler lasciare la moglie, con cui ha due figli, per costruire una famiglia con me, e ha anche compiuto dei passi concreti in questo senso, come affittare una casa, però ultimamente, in questi giorni, mi ha detto di aver deciso di provare a ricostruire con sua moglie. Io sono disperata, per lui avevo anche lasciato il mio ragazzo, ma soprattutto lo amo… Da quando mi ha detto così sto malissimo, passo momenti in cui vorrei metterli sotto con la macchina, lui e sua moglie, inoltre mi sono imposta di non scrivergli e non parlargli, vorrei farlo ma penso che sia meglio per il momento stargli lontana. Non so cosa fare, so solo che sto malissimo. Mi date un consiglio? Spero di fare cose buone…

Non è con la violenza che puoi uscire da una situazione di questo genere, violenza contro di «loro» (anche solo immaginata, di metterli sotto con la macchina) ma soprattutto contro di «te» (l’imposizione di non telefonare, non incontrarlo, non fare altre cose che vorresti fare ma pensi che non sarebbero opportune).

Tutto al contrario, è solo con l’amore che si può uscire da vicoli ciechi di questo genere, amore che però deve essere:

  • a) genuino e animico e non, invece, egoico;
  • b) rivolto verso tutti i protagonisti della situazione, compresa lui, la moglie del tuo lui e, soprattutto, te stessa.

Non è un discorso facile da capire e soprattutto da praticare, ma proviamo ugualmente ad affrontarlo perché credo che queste siano le uniche parole che potrebbero davvero servirti. Ti rimando, a riguardo, anche alla lettura di questa lezione sulla differenza tra amore animico ed amore egoico.

Cosa significa amare?

Significa forse desiderare una persona sino al punto da provare l’impulso di metterla sotto con la macchina nel momento in cui si pensa di stare per perderla?

Facciamo un passo indietro.

Nessuno di noi è completamente unitario e autentico, ma frammentario. Quello che facciamo, e anche quello che proviamo nelle nostre vite, è come se fosse la risultante di una serie continua di «votazioni» o elezioni che le svariate parti e personalità di cui siamo composti svolge, con una maggioranza che emerge volta per volta… Funzioniamo, anche se appariamo all’esterno come individui e «monadi», come tanti piccoli staterelli, con una popolazione interna che si divide in opinioni e punti di vista…

Tra le varia parti di cui siamo composti abbiamo una o più manifestazioni egoiche e una parte animica, una parte dell’anima.

Quindi, detto questo, amare cosa significa, nel suo significato letterale e rigoroso?

È semplicissimo, anche se tendiamo a dimenticarcelo o a non volerlo vedere.

Amare significa, molto semplicemente e incontrovertibilmente, mettere il bene di un’altra persona sopra al nostro.

Detto questo, se tu amassi quest’uomo di un amore vero, puro ed animico, avresti dovuto… fare dei salti di gioia nel momento in cui ti ha comunicato che voleva ricostruire con sua moglie, con cui ha anche dei figli, cosa che corrisponde probabilmente al suo bene, per come comunque lo ha valutato lui e per come generalmente avviene in situazioni del genere, in cui la separazione di una coppia con figli rappresenta sempre una ferita profonda per diversi aspetti.

Invece, tutto al contrario, sei caduta nella disperazione perché hai perso qualcosa che sentivi come tuo.

Quello che provi, dunque, al momento non è tanto amore, quanto un tuo desiderio di possesso, un volere una persona, al punto tale da immaginare di punirla gravemente per non voler essere più tua.

È, con tutta evidenza, più una manifestazione del tuo ego. Non c’è molto altruismo in questo, non c’è amore, c’è più che altro un capriccio egoico.

Almeno in questa fase. Non sto affatto dicendo che sei una donna egoista, materialista, che vuole comprarsi un uomo e tenerselo come oggetto. Siamo frammentari, l’abbiamo detto poco fa. In questo momento, la tua ferita è una ferita dell’ego.

Ma l’anima ce l’hai ancora. Anche perché è nella sofferenza che gli dei ci fanno visita e, quando lo fanno, ci ricordano della nostra dimensione animica.

Come sempre succede, è nelle tue ultime parole che, anche se sicuramente non te ne sei resa conto, fa capolino la tua anima, quando dici «spero di fare cose buone».

Qui abbandoni la tua dimensione individuale e intuisci che l’unica via d’uscita da questa situazione in cui ti sei cacciata da sola, come fanno tutti del resto (ognuno si costruisce da solo l’inferno in cui vive), è quella di elevarti al di sopra del tuo egoismo ed iniziare a capire davvero sia te, sia lui, sia l’altra donna e cioè sua moglie.

È solo cercando di fare la cosa giusta che uscirai da questa situazione, accettando che la cosa giusta possa anche essere finire per non avere quest’uomo.

Quello che devi iniziare a fare è provare sentimenti di compassione, benevolenza, amore per tutti e tre i protagonisti cioè per te, per lui, per sua moglie.

Devi capire che ognuno di voi tre sta soffrendo terribilmente per la situazione in essere, che ognuno di voi è una persona che desidera solo vivere, amare, essere amata e non provare dolore o sofferenza e che invece lo prova.

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Al momento, pensi che sia difficile provare sentimenti di questo genere per lui, che vorresti mettere sotto con la macchina, per sua moglie, che probabilmente vorresti ugualmente imballare con la macchina, ma solo dopo averla torturata adeguatamente per almeno una settimana, ma io ti dico che la persona, delle tre, che ti sarà più difficile da amare davvero sarai tu stessa.

Ti senti in colpa verso di loro, ti stai giudicando per esserti ficcata in questa situazione, pensi di essere stupida, avventata e chi più ne ha più ne metta, sei molto crudele con te stessa e più soffri e più ti dai addosso. ti imponi delle regole – non chiamare, non parlarci – pensando che ti possano aiutare mentre accrescono solo il tuo fastidio.

Inizia proprio da qui, smettila di giudicarti e accettati per quello che sei e per quella che è stata la tua vita sinora. Può darsi che sia stato tutto un errore, ma chi non commette errori? E, se anche fosse, l’importante poi è ravvedersi e rimediare, per quanto possibile.

Devi essere inflessibilmente tenera e dolce con te stessa, come una madre lo sarebbe con un proprio figlio che pur sbaglia o ha sbagliato.

Fatto questo, dovrai riuscire a guardare la sofferenza anche degli altri due ed averne compassione.

Se riuscirai a fare tutto questo, ti eleverai ad un livello più alto dell’essere, quello della tua dimensione animica, che c’è e vuole uscire fuori, lo testimoniano le tue ultime parole, e uscirai da questa situazione, anche se non è detto che sia con l’uomo che desideri al tuo fianco: ma ricordati che lo scopo non è mai avere un uomo, una donna, un animale, ma essere felici e grati in e per questa vita.

Dovrà nascere una nuova e migliore versione di te.

È sempre lo Spirito che ci porta nel deserto e lo fa per farci diventare più grandi, più capaci di amore, più felici. Sta a noi fare quello che è necessario per portare tutto a compimento.

Se vuoi un appuntamento per parlare di persona con me o con uno dei nostri counselor, puoi richiederlo chiamando lo 059 761926. Ricordati di iscriverti alla newsletter o al gruppo Telegram per non perderti altri articoli come questo.

Un grande abbraccio.

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Ripartire dal cuore: anche nella pratica legale.

Oggi parliamo di sofferenza, ascolto, compassione e fede.

Cosa c’entrano con la pratica legale? In realtà, sono temi fondamentali per chiunque svolga una delle professioni di cura, nel cui novero rientra certamente anche quella forense.

Nel mio lavoro di avvocato, e anche in quello, ulteriore, di mediatore familiare, la sofferenza mi scorre davvero davanti tutti i giorni, come un film, una pellicola che non finisce mai di essermi proiettata in faccia.

Anche pochi giorni fa, in un solo giorno di lavoro, ho fatto quattro appuntamenti, persone sempre più devastate negli affetti, nella vita, stremate, che non ne possono più da mesi, anni, ed io che le devo ascoltare fino in fondo, mettermi due orecchie da elefante, perché…

Perché oggi nessuno ha più amici, familiari, coniugi che lo ascoltano davvero, ma soprattutto perché è solo con l’ascolto prestato mantenendo il silenzio, senza dire nulla, senza interrompere, che posso iniziare a farle guarire, o comunque dare loro un principio di qualcosa, un inizio.

Non dico niente, mi limito ad ascoltare davvero finché loro non vedono una scheggia della loro stessa sofferenza brillare nei miei occhi, allora finalmente succede qualcosa e si può iniziare a pensare a quel che si può fare.

Generalmente, si crede che un avvocato debba essere un bravo oratore.

In realtà è vero in primo luogo tutto il contrario: un bravo avvocato deve essere, prima di qualsiasi altra cosa, un grande «ascoltatore».

L’avvocato, più che le famose palle, deve avere, insomma, due grandi orecchie.

È esattamente così che sono diventato a poco a poco, da generico credente qual ero, un cristiano sempre più convinto, anche se mai bigotto.

Se sento qualcuno smadonnare, mi metto magari ancora a ridere, perché in fondo aveva ragione Guareschi: in Emilia non si bestemmia affatto per ateismo, ma per far dispetto a Dio.

Ognuno ha i suoi difetti: chi ruba, rapina, violenta, scoccia, importuna, non vota, abbandona i cani; io sono molto credente, in un mondo che lo considera un errore sconveniente e per nulla simpatico, ma spero che mi vorrete accettare a corpo, con anche i pochi pregi che ho.

Si diventa ferventi, o comunque più ferventi di prima, nella fede toccando, tutti i santi giorni e più volte al giorno, lo sfacelo della nostra civiltà e il disagio profondo, lo smarrimento, l’assenza di lenitivi anche blandi al dolore in cui vivono quasi tutte le persone oggigiorno, e facendo entrare questi problemi in te.

Molte volte vorrei pregare per queste persone, e per lo sfacelo del mondo di cui sono segni, e ogni tanto lo faccio col pensiero, esattamente come si pone la mano sul capo di un morto per recitare un’Ave Maria, una cosa forse anche considerabile da molti oggigiorno come inutile ma che, per qualche misteriosa ragione, è l’unica che ti può dare conforto in quei momenti, in cui ti trovi di fronte all’ineluttabile, allo sfacelo profondo, l’unica che, tutto al contrario, senti che valga la pena di fare.

È così che, man mano, ho sentito sempre più di appartenere, sia pure nella mia miseria e infinita piccolezza, a Dio, in un mondo ormai pressoché completamente dominato dal maligno (1Gv 5,19), maligno di cui le persone sono povere vittime, spesso innocenti, colpevoli solo di aver creduto ad una delle sue solite ma riverniciate bugie, riportate dappertutto e ripetute ossessivamente – quella con cui mi trovo più spesso ad avere a che fare io è «Cambia coniuge! Sarà meglio non tanto per te, quanto e soprattutto per i tuoi figli. Enjoy!».

Quello che penso quotidianamente, al più tardi alla sera, dopo aver visto tutto il giorno i frutti marci della modernità, è che non sia, non possa proprio, essere questo il modo di vivere, perché questo modo di vivere non può che condurci all’infelicità, la nostra, ma soprattutto ancora quella dei nostri figli.

In un noto saggio di Risè si riporta una constatazione che può sembrare banale, ma che tale non è, secondo cui noi Italiani abbiamo scoperto, tra gli anni 50 e 60, che la ricchezza non era affatto meno problematica da gestire della povertà.

È verissimo.

Oggi, nelle nostre vite, lavoriamo, cioè dedichiamo il nostro tempo e la nostra attenzione – che sono acqua e fertilizzante – al mondo della materia, delle cose materiali, a quello dell’intelligenza della mente, che è servile, tramite gli studi, al benessere del corpo, tramite lo sport, ma chi è rimasto a lavorare sul proprio cuore?

Non so se la fede possa essere una risposta per tutti, magari è più probabile che ognuno debba trovare la propria strada, ma di sicuro non si può continuare a vivere così, come bestie, come poveri idioti che, partiti con la convinzione di seguire il loro cuore, in realtà lo stanno completamente tradendo, stanno tradendo il vero cuore dell’uomo, e poi non lo trovano, anzi lo perdono completamente, insieme a loro stessi.

Quindi la tua strada cercatela, lavora su te stesso, sul tuo cuore e la tua compassione per ogni essere vivente, a partire da te stesso, e, soprattutto, stai attento ai falsi idoli, che sono oggi numerosissimi e dappertutto.

Noi non siamo esseri tendenti naturalmente al bene, se seguiamo solo i nostri istinti otteniamo soddisfazioni momentanee, che però a lungo termine ci conducono alla rovina. Le scritture dicono chiaramente che non è il pane che nutre l’anima dell’uomo: si tratta di una verità universale, valida per tutti gli uomini, come una legge di natura. La nostra anima non vive di soddisfazioni materiali, beni, istinti.

Abbiamo, tutto al contrario, bisogno di significato, e quasi sempre il significato lo otteniamo solo (lo dico ancora una volta da cattolico, voi traducetelo in quel che preferite) con una croce da portare, perché è solo la sofferenza, oggi generalmente rifuggita come una cosa deprecabile e opportunamente evitabile con una pastiglia e un ciclo di sedute da uno psicologo – consigliate anche a chi avrebbe solo bisogno di un abbraccio – a prescinderne dallo scopo, che comprova quanto crediamo davvero, in che cosa e soprattutto in chi.

E la felicità, nel cuore dell’uomo, si ottiene solo facendo la cosa giusta, non quello che ci andrebbe al momento.

Chiediamoci sempre cosa stiamo facendo e se davvero è la cosa giusta.

C’è una coscienza dentro di noi, la devastazione derivante dal fatto che la maggior parte delle persone oggigiorno la spegne o semplicemente non l’ascolta credo sia sotto gli occhi di tutti.

Rimettiamo il cuore al centro di tutto.