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Compenso degli avvocati e recupero giudiziale: come funziona?

Il pagamento dei compensi degli avvocati.

Il tema della procedura di recupero, da parte dell’avvocato, della propria parcella o compenso nei confronti del cliente non pagante non e’ materia pacifica ed e’ oggetto di interventi frequentissimi da parte della corte di legittimita’, oltre che dei giudici di merito, sempre piu’ spesso investiti della questione. anche perche’ la disciplina e’ stata oggetto di svariati interventi, statificatisi nel tempo, che hanno dato e danno luogo a numerose incertezze applicative.

Oltre ai dubbi sulle regole procedurali applicabili per il recupero di questi crediti, sono sorti e sorgono dubbi interpretativi sulla valenza probatoria della liquidazione effettuata dall’ordine di appartenenza.

Tralasciando la disciplina vigente fino all’entrata in vigore della nuova legge professionale la n. 247/2012, nonche’ le vecchie tariffe professionali, direi di partire dalla disciplina codicistica, cio’ si rende necessario per dare un ordine sistematico al tema.

I principi generali.

Ritengo sempre opportuno, anzi necessario, partire dai principi generali:

art. 2233 c.c.:
professioni intellettuali
compenso
“il compenso, se non e’ convenuto dalle parti e non puo’ essere determinato secondo le tariffe o gli usi, e’ determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene.
in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati e i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali.”

Dunque, ai sensi della disciplina codicistica, che pone i fondamentali principi generali a cui tutte le discipline speciali soggiacciono:
1) la pattuizione del compenso professionale e’ libera – con il limite dell’importanza dell’opera e del decoro della professione – ed e’ oggetto di convenzione negoziale tra le parti, per iscritto a pena di nullita’
2) solo in via residuale e’ determinata da tariffe e/o dal giudice

È evidente che la legge professionale non ha fatto altro che riprendere, confermare e disciplinare in maniera piu’ ampia ed esplicita la disciplina codicistica:

l. 247/2012
art. 13 conferimento dell’incarico e compenso

  1. l’avvocato puo’ esercitare l’incarico professionale anche a proprio favore. l’incarico puo’ essere svolto a titolo gratuito.
  2. il compenso spettante al professionista e’ pattuito di regola per iscritto all’atto di conferimento dell’incarico professionale.
  3. la pattuizione dei compensi e’ libera: e’ ammessa la pattuizione a tempo, a forfait, per convenzione avente ad oggetto uno o piu’ affari, in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l’intera attivita’, a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione.

Cosa dice in sostanza la nostra legge professionale?

Conferma e rende espressa la liberalizzazione dei compensi professionali.

La pattuizione del compenso e’ libera. e cio’ anche alla luce dei principi generali del 2233 c.c.: in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Limite e che deve sempre essere rispettato!

Dunque possiamo pattuire il compenso da richiedere ai nostri clienti sganciando la richiesta da qualsivoglia tariffa o parametro, purche’, a mente del comma 2 e 5, ma soprattutto dell’art. 2233 c.c., cio’ avvenga per iscritto.

La L. n. 124/2017 ha introdotto, pre gli avvocati, l’obbligo del preventivo scritto. Il preventivo, di massima, deve essere adeguato all’importanza dell’opera prestata e va pattuito indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, compresi oneri, contributi e spese.

I clienti vanno altresì resi edotti circa:
1) il grado di complessità dell’incarico
2) l’esistenza e gli estremi della polizza assicurativa r.c.
Gli avvocati che non ottemperano, per ora, commettono “solo” un illecito disciplinare.
Tuttavia, secondo uno studio del CNF, per gli avvocati non vige un vero e proprio obbligo di preventivo scritto, quanto piuttosto l’obbligo di comunicare per iscritto ai propri clienti il prevedibile costo della prestazione distinguendo tra oneri, spese e compenso professionale.

Dunque i parametri ex d.m. n. 50/2014?

In realta’ essi hanno valore residuale.

Vale a dire vi si ricorrera’ in mancanza di accordo scritto, in mancanza di adempimento spontaneo e di determinazione consensuale, nonche’ in caso di liquidazione giudiziale.

Cosa succede in caso di mancato adempimento spontaneo al pagamento da parte del cliente?

rimedi giudiziali

art. 633 e ss. c.p.c
art. 28 l. 794/42
art. 14 d.lgs. 150/2011

art. 633 e ss. c.p.c.

Problematiche poste:
necessita’ del parere di congruita’ del consiglio dell’ordine di appartenenza?

La giurisprudenza sul punto e’ divisa: vi sono numerosissime pronunce nelle quali si richiede il parere di congruita’ dell’ordine, non ritenendo i parametri vincolanti e comunque sufficientemente predeterminati da consentire una liquidazione “automatica” da parte del giudice.

Viceversa, va considerato che:
1) se c’e’ accordo scritto abbiamo prova scritta e convenzione negoziale che da fondamento all’obbligazione assunta dal cliente.
2) se non vi e’ pattuizione scritta si ricorre ai parametri d.m. 55/2014 che sono prederminati e rigidi nella quantificazione.

In caso di opposizione, e in mancanza di accordo negoziale scritto, allora sara’ ncessario il parere di congruita’ e procedimento a cognizione sommaria 702 bis c.p.c.

art. 28 l. 794/42
art. 14 d.lgs. 150/2011

Le problematiche applicative ed interpretative aumentano nel caso in cui si decida di esperire il rimedio giudiziale alternativo al ricorso per d.i. e dunque senza previo ottenimento del parere di congruita’ dell’ordine di appartenenza:

Art. 702 bis c.p.c. esperibile solo quando si discute del “quantum” ovvero anche se l’accertamento investe l’an debeatur?

Fino alla sentenza n. 4002/2016 della cassazione, il procedimento ex art. 702 bis era esperibile solo in caso di richiesta di mera liquidazione del quantum indicato dall’avvocato e in caso di mancata contestazione nell’an da parte del cliente.
in caso di contestazione sull’an, il giudizio veniva dichiarato inammissibile, poiche’ non convertibile nel rito ordinario di cognizione, paralizzando in questo modo l’azione del professionista che doveva intraprendere un nuovo giudizio; sostanzialmente come avveniva con la procedura ex art. 28 l. 794/42.

Si diceva fino alla sentenza n. 4002/2016 che ha introdotto un nuovo principio circa l’ambito di applicazione del procedimento ex art. 702 bis: esso e’ esperibile sia quando la controversia investa la mera liquidazione del quantum – sia quando investa l’an della pretesa, ossia i presupposti stessi del diritto al compenso (ad esempio i limiti o l’esistenza stessa del mandato, ovvero sia eccepita la prescrizione del credito) ovvero l’effettiva esecuzione delle prestazioni, la sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa.

Le ss.uu. sono interventute con sentenza n. 4485/2018 stabilendo che:
1) e’ esclusa l’esperibilita’ del rito ordinario di cognizione;
2) e’ esclusa l’esperibilita’ del procedimento sommario ordinario codicistico di cui all’art. 702 bis c.p.c.;
3) le controversie aventi ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, sia che vi sia stata una contestazione sull’an debeatur, sia che non vi sia stata sono assoggettate al rito speciale sommario ex art. 702 bis c.p.c.;
4) una volta introdotta resta dunque assoggettata al rito speciale sommario anche qualora il cliente sollevi contestazioni sull’an.
in altri termini le ss.uu. hanno sancito l’inutilizzabilita’ del rito di cognizione ordinaria introdotto con atto di citazione, sia del procedimento ex art. 702 bis c.pc. “ordinario”. viceversa, ritenendo ammissibile esclusivamente il rito ex art. 702 bis c.pc. “speciale”, distinto da inappellabilita’ dell’ordinanaza e immodificabilita’ del rito.