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counseling

A bagno di cazzate: così vive l’uomo di oggi.

Non c’è niente di più inquinante e distruttivo sia per le capacità
logiche che per il benessere spirituale di una cazzata.

Purtroppo, l’uomo di oggi vive in una società in cui la maggioranza
sostiene con convinzione e sistematicamente pure cazzate.

Sempre l’uomo di oggi, sfortunatamente, non dispone se non in parte e
per alcuni casi degli apparati critici necessari per posizionarsi
adeguatamente di fronte al vero e proprio fiume di boiate da cui è
inondato tutti i momenti da parte degli «altri».

Tra gli altri, vanno annoverati tutti: parenti, amici, connessioni dei
social, media, cosiddetti esperti e chi più ne ha più ne metta.
Spesso, purtroppo, anche la scuola.

L’uomo di oggi è un uomo che vive letteralmente a bagno di cazzate.

Non ha mai avuto così pochi apparati critici come oggi, non ne ha mai
avuto così bisogno come oggi.

Comincia con un po’ più di diffidenza e con la considerazione per cui
la maggioranza é sempre e solo un criterio quantitativo, mai
qualitativo, come giustamente ricordava Bobbio.

Non fare la scimmietta, se un’opinione é condivisa dalla maggioranza
non è affatto detto che sia vera; anzi, spesso è più probabile
l’esatto contrario.

Fai sempre attenzione a quello che ti metti in testa.

Niente «non so se è vero, ma io intanto lo metto in testa» prima
verifichi con cura se é vero o meno e solo dopo te lo metti in testa,
che di cazzate nel cranio ne hai sicuramente già abbastanza.

Non vuoi il vaccino perché non sai cosa c’è dentro. Non mangi certi
cibi perché stai attento a tutto quello che ti metti in bocca.

Presta altrettanta attenzione a quello che ti metti in testa.

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altro, mandaglielo, condividilo, come ti pare.

Evviva noi.

Conclusioni

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benessere counseling

Protocollo del buonumore

Non è raggiungere i tuoi obiettivi che ti darà la felicità, ma è, all’esatto opposto, avere già la felicità che ti farà raggiungere i tuoi obiettivi.

Premesse

Quando inizio un nuovo percorso di counseling, oltre all’ascolto delle problematiche individuali e al lavoro sulle stesse, propongo un protocollo del buonumore, destinato a lavorare sul «terreno», sul «fondo» e quindi a livello di sistema, tramite interventi di tipo generale e che solitamente sono utili e funzionali per ciascuno, salvo le soggettività individuali.

A volte ci sono anche da correggere delle cose.

donna che prende una pillola

L’esempio più ricorrente è l’assunzione di acido folico di sintesi da parte di soggetti che hanno la mutazione MTHFR, una mutazione estremamente diffusa, che purtroppo è dannosa perché impedisce l’assimilazione delle vitamine del gruppo B in forma utile. Purtroppo l’acido folico è contenuto in molti prodotti multi vitamine e minerali, tra cui i più diffusi e disponibili in farmacia.

Solitamente, consiglio di iniziare questo tipo di integrazione, eventualmente coordinandola con quella già in atto per aspetti specifici o che comunque la persona riconosce avere già dato buoni risultati, eliminando i prodotti che non offrono sufficienti garanzie di qualità e sostituendoli con prodotti analoghi ma meglio formulati.

In seguito, chi vuole può fare anche il test per la mutazione MTHFR, come io consiglio, ma il protocollo del buonumore si può iniziare tranquillamente subito. 

Perché iniziare a lavorare sul tono dell’umore a livello di sistema?

Intanto perché, come recita l’epigrafe, non è raggiungere la felicità che ti farà avere i tuoi obiettivi, ma funziona all’esatto opposto: è essere già felice che ti farà raggiungere quello che ulteriormente desideri. 

Questo è già un motivo ampiamente sufficiente per iniziare e seguire il protocollo.

A parte ciò, peraltro, vale anche la considerazione per cui questo protocollo non serve solo ad alzare il tono dell’umore, un effetto sicuramente desiderabile per tutti, ma produce anche diversi ulteriori effetti benefici, tra i quali il più importante è quello di ridurre l’infiammazione sistemica, aiutare il riposo notturno, diminuire lo stress e apportare uno stato di calma maggiore.

Questo protocollo è particolarmente importante per chi segue diete vegetariane o, a maggior ragione, vegane o per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare (dca) come anoressia, bulimia, vomiting e altri, dove per ovvie ragioni le carenze nutrizionali, ma anche quelle spirituali, sono importanti e non trascurabili. Sulle diete vegetariane, che a mio giudizio in un percorso di salute non sono funzionali, puoi leggere anche questo precedente post.

Verifica col tuo medico o specialista.

Non il solito disclaimer, leggi attentamente questo paragrafo perché contiene informazioni e considerazioni utili. 

Naturalmente io non sono un medico e devi verificare con un professionista la compatibilità di questi integratori per il benessere generale con eventuali tue patologie particolari.

Se già assumi dei farmaci, ugualmente devi verificare col tuo medico di base, o specialista, la compatibilità e la possibilità di interazioni con gli integratori consigliati. Inizia comunque anche leggendo il foglietto illustrativo dei farmaci stessi.

Ad esempio, gli omega 3 determinano un effetto di fluidificazione del sangue che potrebbe essere interessante o rilevante per chi assume farmaci con effetto analogo come il celebre Coumadin.

Se non hai patologie particolari e non assumi sistematicamente farmaci, questo protocollo che ti offre solamente sostanze nutritive in più non dovrebbe darti alcun problema; ugualmente è più prudente sentire lo stesso cosa ne pensa il tuo medico. 

Aggiornamento del protocollo.

I prodotti indicati in questo protocollo sono gli stessi che uso io personalmente, dopo averli provati e dopo averne provati altri dello stesso tipo, scegliendo quello che per formulazione e forma (compresse, polvere, gocce, ecc) mi soddisfaceva maggiormente.

La forma dell’integratore dipende anche dai gusti individuali, c’è chi ad esempio preferisce le gocce, chi le capsule per maggior praticità; se non trovi il prodotto che preferisci, lasciami un commento o scrivimi in privato e vedrò se possibile trovare un prodotto analogo a quello indicato nel protocollo che però abbia la forma che preferisci.

Fai sempre gli ordini da questa pagina perché quando trovo un prodotto migliore lo sostituisco a quello precedentemente indicato, tenendo aggiornato il protocollo.

I singoli integratori.

Magnesio – Potassio – Creatina

Per l’integrazione di Magnesio, a mio giudizio il prodotto migliore è il Massigen Magnesio e Potassio zero zuccheri. 

Contiene anche sali di potassio, che spesso è trascurato mentre specialmente d’estate è piuttosto importante, e anche un po’ di creatina che non fa assolutamente male, anzi.

Inoltre è dolcificato con eritritolo, che a mio giudizio è il miglior dolcificante alternativo allo zucchero.

La confezione raccomanda una bustina al giorno, di default ne prendo un paio, d’estate arrivo fino a sei. Oltre a prenderlo al mattino appunto tutti i giorni, ne prendo un paio di buste quando vado ad esempio a giocare a calcio specialmente quando fa molto caldo e noto la differenza.

Con l’acqua frizzante e il ghiaccio a volte mi faccio una specie di aranciata che a me piace tantissimo.

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Omega 3

Gli omega 3 sono fondamentali per il benessere cerebrale e dell’integro organismo, per me sono da prendere sia senza lesinare sulla quantità sia senza risparmiare sulla qualità. Prendere un olio di pesce di qualità scarsa, infatti, significa non solo buttare dei soldi ma danneggiare la propria salute: lascia stare.

Se li vuoi prendere, devi prendere un prodotto certificato IFOS, che offre un minimo di garanzia di qualità.

Prendi indicativamente da uno a quattro softgel al giorno.

SAMe S-adenosil-L-Metionina

Questo è un integratore meraviglioso, che aiuta tantissime funzioni dell’organismo è che è particolarmente importante per chi ha la mutazione MTHFR.

Ha due svantaggi:

  • è piuttosto costosetto;
  • è preferibile prenderlo lontano dai pasti, cosa per me solitamente scomoda.
  • Ugualmente può essere molto efficace per tanti aspetti, quindi ti consiglio di non ometterlo e di iniziare a prenderlo, se possibile in ragione di due assunzioni, una a metà mattina e una a metà pomeriggio; se proprio non riesci, o se devi far quadrare i conti, prendilo una volta al giorno.

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    Vitamina D e K

    La cosa più bella che puoi fare è stare al sole, più tempo e per più estensione di pelle che puoi.

    So che la saggezza dominante è quella di non esporsi o farlo solo dopo essersi cosparsi di ignobili creme chimiche assertivamente protettive, ma io la penso all’opposto.

    Innanzitutto, non devi MAI spalmarti sulla pelle qualcosa che non saresti disposto ad ingerire, perché attraverso l’epidermide viene assorbito dal nostro organismo.

    Quindi comunque evita qualsiasi prodotto chimico o di sintesi, anche   perché se hai la mutazione MTHFR fai particolarmente fatica a detossinare.

    Per il resto è una tua responsabilità. Personalmente mi espongo liberamente al sole da febbraio a novembre senza usare da anni alcuna crema protettiva, ma semplicemente seguendo la gradualità delle stagioni e delle possibilità di esposizione.

    Detto questo, la vitamina D, in combinazione con la K, integrala, specialmente d’inverno è particolarmente importante.

    Io amo un prodotto in gocce che ha al suo interno sia la D che la K e che è diluito in olio di cocco, che a me piace molto di più dell’olio di oliva del dibase. 

    Le gocce offrono anche l’ulteriore vantaggio di poter essere dosate, una goccia corrisponde a 1000 UI (unità internazionali) così puoi prendere le gocce che vuoi, magari di più d’inverno e di meno d’estate o comunque a seconda del tempo trascorso al sole.

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    Vitamina C

    Il discorso sulla C è lunghissimo e non è il caso di affrontarlo in questa sede. 

    Un medico americano, Thomas Levy, ha scritto un libro sulla C significativamente intitolato «Primal panacea»: già dal titolo (mi riferisco al termine «panacea», che anche nella nostra lingua indica il rimedio per tutti i mali) si può capire come la C sia una sostanza fondamentale per il buon funzionamento dell’organismo umano, specialmente in caso di infezioni o per la prevenzione delle stesse e quindi, in definitiva, per la regolazione del sistema immunitario.

    Tutti i mammiferi producono la C nel proprio fegato, tranne gli umani e i porcellini d’india (che, proprio per questo motivo, vengono usati come cavie nell’industria farmaceutica); nel fegato esiste l’intero apparato per la trasformazione del glucosio nella C, ma per un difetto genetico questo apparato, che un tempo funzionava anche negli umani come negli altri animali, ora non funziona più.

    Per questo bisogna integrare, per sopperire alla mancata produzione da parte del fegato, che era prevista «per design» e che si è persa a causa di una mutazione poi trasmessa all’intera specie; così come si deve assumere acido folico metilato se si ha la mutazione MTHFR.

    Prendi almeno 3 grammi di C al giorno: 1 al mattino, uno a pranzo, uno alla sera.

    A proposito: limoni, arance, kiwi e cose del genere non servono assolutamente a NIENTE. Per assumere le dosi necessarie di C dovresti mangiare un camion intero di arance; mangia pure la frutta, ma la C devi integrarla per avere le dosi che produrrebbe il tuo fegato se non fosse difettoso.

    Se per caso ti ammali, o patisci allergie stagionali, puoi anche aumentare la dose. Personalmente ne ho preso anche sino ad oltre i 50 grammi al giorno, in caso di infezioni.

    Per integrare la C, ho trovato un prodotto in compresse che non contiene alcun eccipiente e che praticamente è acido ascorbico pressato, che adoro.

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    Complesso gruppo B

    Le vitamine del gruppo B sono fondamentali per il tono dell’umore e per una serie di funzionalità fondamentali dell’organismo.

    Qui il prodotto migliore è sicuramente il B-Dyn di Metagenics, che contiene anche folati già metilati, oltre a sostanze di complemento.

    Prendi una compressa al giorno.

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    Conclusioni.

    Alcune considerazioni finali prima che tu proceda all’ordine dei prodotti e inizi ad assumerli.

    Puoi prendere anche un multivitaminico e multiminerale insieme a questi, ma verifica che non ci siano sostanze poco funzionali, come purtroppo nella maggior parte dei prodotti di questo genere.

    Per molti motivi, ti consiglio di acquistare su Amazon: prezzi di solito più bassi, consegna velocissima, restituzione senza fare questioni in caso di problemi sulla merce, serietà generale. 

    Per qualsiasi domanda, puoi contattarmi in privato o lasciare un commento qui sotto; meglio se lasci un commento qui sotto, quando possibile, così la risposta potrà essere utile a tutti.

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    counseling

    Non capire niente é un diritto civile?

    I problemi cognitivi dell’uomo contemporaneo sono gli stessi dei suoi predecessori.

    Quella che è cambiata é la consapevolezza e il modo di relazionarsi con essi: l’uomo di oggi non capisce quasi nulla, e in fondo lo sa, ma pretende di vivere e far vivere gli altri come se capisse, come se la comprensione della realtà fosse un diritto che gli spetta per nascita e non un evento fattuale, un’eventualità che, normalmente, può verificarsi o meno.

    be goofy

    É come il ciccione che imbocca la perversa e demenziale strada della body positivity: é sfondato, ma si sente in dovere di considerarsi in forma e titolare del diritto a che tutti parimenti lo considerino tale. Il fatto che abbia 20 o 30 kg di troppo che ne mettono in pericolo la salute fa parte della realtà, ma egli in fondo considera che non c’è realtà che l’uomo di oggi, con un po’ di impegno, non possa finire per ignorare completamente.

    Quello che capisce poco, o niente, si porta oggi in modo del tutto analogo.

    Non capisce, e lo fa con grande competenza; talmente grande da pretendere in ogni caso di fare le cose alla sua maniera. Ammettere di non capire, per lui, significherebbe accettare un’ingiusta
    discriminazione che, questa sì, lo sminuirebbe.

    L’uomo contemporaneo non si sente declassato per il fatto di non capire regolarmente un cazzo, si sentirebbe tale invece solo se lo accettasse e cedesse il comando a chi, effettivamente, ha una visione più lucida della sua.

    Il peccato capitale, dunque, non è più essere privo del tutto o quasi di valore e rinunciare a qualsiasi lavoro su di sé (accidia, il settimo peccato per la cultura cattolica), ma essere privo di protervia nell’esercitare un preteso diritto a:
    a) fare le cose anche senza capirne in alcun modo il significato; b) pretendere regolarmente che tutti gli altri si adeguino alle sue visioni nonostante facciano acqua da tutte le parti.

    Tutto questo per dire che il cretino 2.0 é molto peggio della versione precedente.

    Oggi i cretini si considerano, al contrario, evoluti e sapienti o, ancora peggio, riconoscono di essere limitati, ma pretendono ugualmente di imporre le loro visioni a se stessi e agli altri.

    Se ciò è una sciagura dal punto di vista logico intellettivo, sul versante emotivo é una vera e propria tragedia che rende estremamente difficile trovare persone empatiche, in grado di ascoltare e aprirsi all’altro (cosa che, tutto all’opposto, richiede di farsi piccoli), con cui relazionarsi.

    Naturalmente quando si tenta di parlare di queste cose con l’uomo di oggi egli risponde istericamente che «non siamo nel medioevo!».

    Cosa voglia dire lo sa solo lui, probabilmente vuol dire semplicemente «voglio continuare a fare il cazzo che mi pare e a non interessarmi di nulla anche di ciò che pur sarebbe vero e utile».

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    tarocchi

    Stesa: cosa posso migliorare di me?

    Oggi ti presento un tiraggio di una singola carta fatto per Roberta su un tema che mi é piaciuto molto sin dall’inizio: «cosa posso migliorare in me per il mio avvenire?»

    Come spiego sempre, l’uso dei tarocchi, o arcani, fa parte del mio counseling, é appunto una forma di counseling e crescita personale volta a trovare nuove strategie e nuovi punti di vista per la propria vita e non certo a scopi di divinazione.

    Con questo tipo di tarologia, non si chiede alle carte di dire che cosa succederà, cioè una predizione del futuro (mantica), ma come può essere affrontata una determinata situazione.

    La domanda di oggi ne é un chiaro esempio, la nostra amica Roberta vuol sapere cosa può migliorare di se stessa non chiede cosa succederà nella sua vita ma come può affrontarla meglio.

    Per questa stesa ho usato un mazzo di tarocchi bellissimo edito dal Meneghello, i gatti di Kuniyoshi.

    Arcano numero 10: la ruota della fortuna.

    Forse la nostra amica Roberta, anche per effetto di traumi subiti in passato, delusioni, illusioni e relazioni terminate in modo disordinato o negativo, ha sviluppato un atteggiamento pessimistico nei confronti della vita, ha assorbito un po’ di negatività.

    É ora di tornare, al contrario, a sintonizzarsi su vibrazioni più alte e sui toni dell’ottimismo.

    L’ottimismo, infatti, é l’unico atteggiamento che ci consente di cogliere le occasioni positive che la vita ci offre.

    Pensaci bene. Se sei nel pessimismo, nella negatività, non riesci a valutare positivamente le occasioni offerte man mano dalla vita, dal destino, da quello che gli antichi chiamavano il Fato. Tutto ti sembrerà inutile, privo di valore e significato.

    In realtà la vita ci offre continuamente segni riguardo alle decisioni che dobbiamo prendere, alle cose che dobbiamo fare, sta a noi diventare bravi semiologi ed essere in grado di leggerli per capirne la rilevanza, il senso e il significato.

    Per poter leggere tutti i messaggi che ci manda Dio, o l’universo per chi non crede, dobbiamo avere un’anima che nonostante tutte le ferite riesce a tornare a volare alto. Dobbiamo co-vibrare col resto del creato, col mondo nel quale siamo immersi e di cui facciamo parte, altrimenti non riusciremo a sentirlo.

    Quando ci abbandoniamo alla tristezza e allo sconforto, non è come se ci mettessimo, per il tempo corrispondente, fuori dal nostro mondo?

    In questa situazione, così, rischiamo di non riuscire più a vedere la bellezza che c’è nel mondo, di non riuscire più a capire, come dice Tolkien, che c’è sempre del buono in questo mondo ed è per quel buono che vale sempre la pena di vivere e di lottare.

    La Ruota é l’arcano che riguarda le occasioni positive che la vita ti propone e volta per volta ti mette a disposizione.

    Con una domanda come quella della nostra amica Roberta, essa rappresenta sia un memento che un consiglio: ricordati che la vita ti offre tante occasioni favorevoli, per migliorare la tua stessa vita, e cerca di essere pronta a coglierle, senza lasciartene scappare nemmeno una.

    Questo è il significato di questo tiraggio.

    C’è un libro che può essere particolarmente indicato, si tratta di Imparare l’ottimismo di Seligman, un autore di cui ho già parlato e che è il fondatore della psicologia positiva. É una lettura che consiglio a tutti. Per acquistarlo, clicca qui.

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    counseling

    Morire per poi rinascere e portare frutto.

    Nella vita, muori e rinasci infinite volte.

    Serve per portare frutto, chi non muore a se stesso non può mai nascere davvero a quel qualcos’altro cui é destinato.

    Un abbraccio.

    «Mi hanno sepolto,
    ma quello che non sapevano,
    è che io sono un seme.»

    (Mujer Arbol)

    In life, you die and are reborn countless times.
    It serves to bear fruit, whoever does not die to himself can never truly be born to something else for which he is destined.
    A hug.

    “They buried me,
    but what they didn’t know
    is that I’m a seed.”
    (Mujer Arbol)

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    counseling

    Bisogna studiare per essere felici.

    Contrariamente a quel che si pensa comunemente, amare é una cosa che si deve imparare a fare; ugualmente essere felici é una cosa per la quale bisogna «studiare», sì proprio studiare, applicarsi, non si può lasciare all’improvvisazione.

    É il famoso insegnamento delle qualità dell’essere di cui parlo spesso per lamentare il fatto che nessuno, oggigiorno, insegna queste cose fondamentali agli essere umani.

    Felicità

    Si fanno corsi di tutti i tipi, la scuola insegna di ogni, ma non si parla mai di quello che serve davvero all’anima.

    Impare ad amare, impara ad essere felice: investi in un percorso di crescita personale.

    Un abbraccio.

    «Essere felici è un’arte che disimpariamo ogni giorno, quando mettiamo il piede in una pozzanghera e invece di ridere ci preoccupiamo delle scarpe, quando non guardiamo un arcobaleno perché dobbiamo guidare e non possiamo fermarci, quando una falena diventa un fastidio e non più qualcosa di cui meravigliarsi, quando lasciamo che il mondo diventi una preoccupazione e non qualcosa da guardare con curiosità e gioia.
    La felicità arriva così, ogni giorno e se non la si riconosce diventa rimpianto. Rimpianto per tutte quelle volte in cui avremmo potuto essere felici ma non lo abbiamo fatto.
    A essere felici ci vuole allenamento

    (Simona Barè Neighbors)

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    counseling

    É adulto chi si prende carico del bambino in sé.

    «Adulto è colui che ha preso in carico il bambino che è stato, ne è diventato il padre e la madre.
    Adulto è colui che ha curato le ferite della propria infanzia, riaprendole per vedere se ci sono cancrene in atto, guardandole in faccia, non nascondendo il bambino ferito che è stato, ma rispettandolo profondamente riconoscendone la verità dei sentimenti passati, che se non ascoltati diventano, presenti, futuri, eterni.
    Adulto è colui che smette di cercare i propri genitori ovunque, e ciò che loro non hanno saputo o potuto dare.
    E’ qualcuno che non cerca compiacimento, rapporti privilegiati, amore incondizionato, senso per la propria esistenze nel partner, nei figli, nei colleghi, negli amici.
    Adulto è colui che non crea transfert costanti, vivendo in un perpetuo e doloroso gioco di ruolo in cui cerca di portare dentro gli altri, a volte trascinandoli per i capelli.
    Adulto è chi si assume le proprie responsabilità, ma non quelle come timbrare il cartellino, pagare le bollette o rifare i letti e le lavatrici.
    Ma le responsabilità delle proprie scelte, delle proprie azioni, delle proprie paure e delle proprie fragilità.
    Responsabile è chi prende la propria vita in carico, senza più attribuire colpe alla crisi, al governo ladro, al sindaco che scalda la poltrona, alla società malata, ai piccioni che portano le malattie e all’insegnante delle elementari che era frustrata e le puzzava il fiato.
    Sembrano adulti ma non lo sono affatto.
    Chi da bambino è stato umiliato, chi ha pensato di non esser stato amato abbastanza, chi ha vissuto l’abbandono e ne rivive costantemente la paura, chi ha incontrato la rabbia e la violenza, chi si è sentito eccessivamente responsabilizzato, chi ha urlato senza voce, chi la voce ce l’aveva ma non c’era nessuno con orecchie per sentire, chi ha atteso invano mani, chi le mani le ha temute.
    Per tutti questi “chi”, se non c’è stato un momento di profonda rielaborazione, se non si è avuto ancora il coraggio di accettare il dolore vissuto, se non si è pronti per dire addio a quel bambino, allora “l’adultità” è un’illusione.
    Io ho paura di questi bambini feriti travestiti da adulti, perché se un bambino ferito urla e scalcia, un adulto che nega le proprie emozioni è pronto a fare qualsiasi cosa.
    Un bambino ferito travestito da adulto è una bomba ad orologeria.
    L’odio potrebbe scoppiare ciclicamente o attendere a lungo per una sola e violenta detonazione, altri preferiscono implodere, mutilando anima e corpo, pur di non vedere.
    Ciò che separa il bambino dall’adulto, è la consapevolezza.
    Ciò che separa l’illusione dalla consapevolezza è la capacità di sostenere l’onda d’urto della deflagrazione del dolore accumulato.
    Ciò che rimane dopo che il dolore è uscito è amore, empatia, accettazione e leggerezza.
    Non si giunge alla felicità attraverso la menzogna.
    Non si può fingere di non aver vissuto la propria infanzia.
    Non si può essere adulti se nessuno ha visto il bambino che siamo stati, noi per primi.»

    Di chi è questo bellissimo testo?

    Il testo che ti ho riportato sopra circola con l’attribuzione a Janusz Korczak. Dopo la pubblicazione nel blog, tuttavia, ho ricevuto la rivendicazione di paternità del testo stesso da parte di Emily Mignanelli, che mi ha mandato il link al post originario dove era stato pubblicato. Volentieri, pertanto, pubblico questa breve nota di precisazione, tutti noi blogger siamo molto affezionati ai contenuti originali che produciamo e, più in generale, è davvero un peccato che i «nostri» testi vengano attribuiti ad altri. A riguardo, esiste il diritto morale d’autore, diverso da quello economico, che è, a mio giudizio, un corollario del diritto all’identità personale. Non so come abbia potuto diffondersi la infondata attribuzione di parternità a Korczak, che si ritrova in svariate parti della rete, ma a quanto pare l’autrice è Emily. Grazie.

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    counseling

    Essere adulti significa non chiedere ma ascoltare.

    «Nel corso di una maturazione, il bisogno di chiedere si elimina.
    Si smette di chiedere ad una relazione ciò che essa non contiene.
    Questo non impedisce di vivere, di sposarsi, di avere figli, di funzionare.
    Ma si smette di chiedere al proprio marito o alla propria moglie di appagarci, perché non possono farlo, perché non sono tenuti a farlo.
    Smettere di credere alle proprie favole, significa dare libertà all’altro.
    È smettere di utilizzarlo per la propria personale fantasia.
    Dunque, è una prova di amore e di affetto.
    Fino a quando si chiede all’altro di appagarci, ci si serve di lui come di un oggetto: se non ci soddisfa più, lo cambiamo!
    Quando si ama profondamente qualcuno, non gli si chiede niente.
    Si crea una relazione profonda.
    Nei momenti in cui non chiedo niente, mi accorgo che c’è questa tranquillità, questa disponibilità nella quale posso infine essere presente a mia moglie, a mio marito, a mio figlio, ai miei genitori.
    Sono presente, perché, in quel momento, ascolto.
    Quando chiedo, non ascolto. Quando non chiedo niente, sono totalmente ascolto.
    Se si entra veramente nella sensibilità di cui parliamo adesso, invece di chiedere qualcosa a una relazione, voi date qualcosa a questa relazione

    (Eric Baret)

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    counseling

    Ascolto: il primissimo comandamento.

    «Io lo so com’è il tuo cuore, l’ho ascoltato a lungo, tutti i giorni, per molti anni. Anche se era a volte doloroso… Perché il primo comandamento di chi vuol amare davvero è ascoltare. Chi non sa mettersi in ascolto, non può mai amare davvero…» (Le tre donne di D.)

    La prima storia.

    Oggi voglio parlarti di una storia zen, contenuta peraltro in una raccolta che ho già recensito in un altro post che ti invito a leggere, un libriccino che ti invito a procurarti quanto prima.

    Si tratta di una storia che all’epoca, al momento in cui la lessi per la prima volta, trovai abbastanza banale e minimale, mentre invece in seguito ho capito che si tratta di un insegnamento assolutamente fondamentale.

    La utilizzo infatti molto spesso quando ricevo delle persone in appuntamento, sia per la mia attività di avvocato che di mediatore, anche familiare, che soprattutto di counselor.

    Per quelle persone che vengono per un percorso di cura e sofferenza, propongo infatti come counselor come prima riflessione quella contenuta e sollecitata in questa storia.

    Non è un caso, peraltro, che si tratti della storia numero uno della raccolta, proprio perché è la storia che ti prepara ad ascoltare e capire effettivamente tutte quelle successive e, in realtà, tutta la tua vita.

    Ma leggiamola.

    Nan-in

    «Nan-in, un maestro giapponese dell’era Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.

    Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare.

    Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. «E ricolma. Non ce n’entra più!». «Come questa tazza,» disse Nan-in «tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?»».

    Svuotare il vaso.

    Ora, probabilmente, anche a te questa storia può essere sembrata niente in tutto.

    In realtà, essa riguarda un problema oggi diffusissimo e che evidentemente rappresentava una difficoltà anche in passato: il fatto che le persone si accostano a degli insegnamenti, o anche semplicemente ad una persona che può dare loro dei consigli, delle indicazioni o stimolare delle riflessioni, infarcite letteralmente di convinzioni, pregiudizi, decisioni già prese e punti già dati per fermi.

    É il caso tipico della persona che si presenta a studio e viene in appuntamento dopo essersi già fatta un’idea pressoché completa del suo problema e della possibilità di risolverlo o meno e dei modi in cui può risolverlo.

    Peccato che l’idea che se ne è fatta la persona è, nella pressoché totalità dei casi, completamente sbagliata ed è altrettanto gravemente limitante, perché rende molto più difficile così trattare il problema – oltre a rendere necessario trascorrere mezz’ora o anche 45 minuti, e quindi la maggior parte dell’appuntamento che di solito é di un’ora, per smontarla, per poi cominciare così a lavorare davvero, dopo aver eliminato tutta la spazzatura, tutte le cose che la persona stessa si è costruita da sola per remare contro a se stessa.

    Questa storia bellissima – non a caso come dicevo, collocata in apertura di tutte le altre storie Zen e quindi al numero uno – ci dice esattamente questo: che quando ci accostiamo a qualcosa che ci può illuminare la strada che può essere un libro, una persona, un corso, un percorso di formazione, qualsiasi cosa che ci può cambiare la vita in meglio, dobbiamo per prima cosa svuotarci potenzialmente di tutte le convenzioni che abbiamo costruito fino a quel momento, accettando di poterle mettere in discussione.

    L’ascolto.

    In altri termini, dobbiamo predisporci ad un vero ascolto, un ascolto aperto e non giudicante – non giudicante sulla base di quelli che sono i nostri pregiudizi, le nostre convinzioni, i concetti che si sono ormai incancreniti nella nostra festa.

    L’ascolto come sai è il primo comandamento della religione cristiana…

    Quando Dio detta i suoi famosi dieci comandamenti che, come è noto, non sono tanto regole sociali di civile convivenza, quanto vere e proprie ricette per la felicità e per la crescita individuale e personale, dice per prima cosa «ascolta».

    La prima parola che Dio pronuncia nel dettare i comandamenti ad Israele è dunque «ascolta», nel famoso versetto «ascolta Israele».

    Quindi il primissimo comandamento, quello che rende possibile osservare tutti gli altri, compresi quelli dell’amore che sono i comandamenti fondamentali, è quello dell’ascolto perché tu non puoi assolutamente amare una persona se non sei in grado di ascoltarla davvero ed è questo un problema che, nelle mie sedute di coppia o individuali che comunque riguardano relazioni, mi trovo davanti sostanzialmente in quasi tutti i casi.

    L’ascolto è tanto più necessario quanto più vuoi che il tuo amore sia più virato verso l’animico che verso l’egoico, come spiego in questa lezione registrata, che ti invito a leggere con attenzione.

    Sii una tazza vuota.

    Quindi ricordati della tazza di tè, tutte le volte in cui parli con una persona a cui vuoi bene oppure leggi un libro o vai da una persona che ti deve dare delle indicazioni o dei consigli…

    Mettiti sempre in discussione, non ancorarti alle tue convinzioni, che sono spesso dei pregiudizi: piuttosto di fare, parti dal meraviglioso presupposto che in fondo siamo tutti degli ignari, é bellissimo – ecco perché un ignaro delle volte riesce a trattare meglio un suo problema di una persona evoluta, perché segue con adesione totale quello che riesce a capire dell’insegnamento del maestro, quando invece la persona che è rimasta a metà del suo percorso di evoluzione non ascolta davvero il maestro, ma al maestro antepone i propri pregiudizi, le proprie convinzioni inveterate, anche quando le stesse sono infondate.

    Ricordi Renzo quando va dall’ Azzeccagarbugli? È la stessa identica cosa, leggi questo post dove te ho parlato più approfonditamente – comunque Renzo, pieno dei suoi problemi, pieno di paura, spaventato, non va dall’avvocato per ascoltarlo, ma va pieno di congetture e quindi, anziché esporgli il fatto accaduto, gli fa delle domande che non hanno alcun senso, perché sono domande basate sulle sue insensate congetture.

    Azzeccagarbugli a questo punto si arrabbia, ma io comunque ti dico che la gente ancora oggi si presenta dagli avvocati in questo modo: anziché raccontare il fatto accaduto, formula delle domande sulla base di quelle congetture completamente sbagliate che si è fatta nella testa e quindi avanzando richieste completamente inutili, prive di senso e di utilità.

    Quando vai da un avvocato, da un mediatore da un counselor o da qualsiasi altro professionista, devi raccontare i fatti: tutto il resto è un lavoro che deve fare lui.

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    Problemi col partner? Lavora solo su di te.

    Cosa fare in caso di problemi col partner.

    Recentemente, durante una delle mie sedute di counseling con una persona, con cui stavamo trattando un problema di relazioni o di coppia, che sono la maggior parte dei problemi che si trattano nella pratica quotidiana, dal momento che sono le cause più diffuse di disagio e di malessere spirituale delle persone, mi è venuto in mente, all’improvviso e senza che ne sapessi il perché (tuttora non ho capito come ho fatto a pensarci), la storia di Orfeo ed Euridice.

    A quel punto, ho interrotto la seduta e ho chiesto di poter pensare a come mai mi fosse venuto in mente questo mito mentre stavo ascoltando le problematiche di una persona che era stata lasciata, almeno temporaneamente, dal suo partner – partner che in quel momento sembrava molto confuso e non in grado di capire che cosa fosse meglio fare con la loro relazione.

    Dopo qualche istante, l’ho capito… Siccome si tratta di un aspetto abbastanza importante della cura delle persone che sono state lasciate, dopo una relazione più o meno lunga, mi è sembrato interessante raccontarlo in un incontro di approfondimento con alcune persone che seguo, anche perché credo che sia una esperienza che può essere utile a molti.

    I miti davvero non hanno mai finito di insegnarci delle cose, sono dei grandi classici che, come diceva Calvino, non hanno mai finito di dire quello che hanno da dire.

    Il tono di voce di questo post ti sembrerà un po’ strano perché è appunto la trascrizione di una lezione tenuta presso lo studio di Vignola qualche giorno addietro.

    La storia di Orfeo ed Euridice.

    Ma vediamo prima la storia di Orfeo ed Euridice.

    Orfeo si innamora di Euridice e la sposa, vivono felici fino a che non arriva un pretendente che vuole Euridice per sé. Euridice non vuole questo pretendente, lo rifiuta sino al punto da fuggire correndo. Mentre corre nell’erba, però, un serpente la morde e la fa morire.

    A questo punto, Euridice viene portata nell’Ade, il regno degli inferi il posto sotto terra dove secondo gli antichi si finiva dopo la morte.

    Orfeo ovviamente si dispera. Prende su e scende negli inferi. Lui che era un musicista suona e canta delle canzoni talmente belle da commuovere persino le divinità infernali… Persino le divinità infernali, infatti, che erano notoriamente senza pietà, dovendo governare un mondo di morti che si lamentavano in continuazione, hanno pietà di Orfeo, tanto che alla fine gli concedono di riportare in vita Euridice.

    Gli pongono però una sola condizione, cioè che Orfeo non si volti mai a guardare indietro mentre sta portando fuori dal regno degli inferi Euridice.

    Non voltarsi indietro.

    Tra parentesi, sul mito di non voltarsi indietro potremmo parlare e scrivere libri interi, tutta la mitologia tutte le storie più significative importanti hanno questo mito del non voltarsi indietro, che ci dice una cosa molto importante e cioè che dobbiamo vivere nel presente guardando al futuro senza appunto voltarci mai indietro, recriminare il passato perché se facciamo questo perdiamo energia.

    Pensiamo semplicemente alla moglie di Lot, Sara, che lasciando Sodoma contravviene al divieto di Dio di voltarsi indietro e viene trasformata in una statua di sale esattamente come avviene a noi: tutte le volte che diamo troppo peso a quello che è avvenuto in passato ci trasformiamo in una statua di sale, perdiamo la nostra umanità, perdiamo la nostra vita perché smettiamo di vivere nel presente, l’unica dimensione in cui c’è vita, e quindi diventiamo rigidi come un minerale.

    Tornando a noi, purtroppo Orfeo, verso la fine, ha paura: teme di non avere preso Euridice, ma un’ombra dell’inferno.

    Si volta indietro ed immediatamente Euridice svanisce, questa volta per sempre.

    Cadere in un inferno.

    Ma cosa vuol dire questo nelle relazioni?

    Anche perché non c’è solo il gesto di voltarsi indietro, c’è anche la situazione di una persona che è uscita da una relazione perché è stata precipitata, da qualcosa, dentro ad un inferno.

    Questo però se guardi bene è quello che succede almeno nel 90% dei casi in cui uno esce da una relazione che era felice, una relazione in cui si viveva, fino a poco tempo prima, con soddisfazione… Questa persona esce dalla relazione perché viene precipitata in un suo inferno, che a volte può essere semplicemente anche l’inferno di non riuscire più ad amare e disperarsi per questo, oppure un inferno anche diverso: può essere una malattia, anche una malattia terminale, comunque qualcosa che rappresenta una cesura per la relazione, un brusco scarto, e la persona ne esce.

    Quindi il mito di Orfeo ed Euridice è un mito universale perché ci dice che cosa succede spesso – purtroppo bisogna usare questa parola: spesso – nelle relazioni, anche quelle felici, e cioè che finiscono.

    Il primo grande insegnamento da portare a casa é questo, di vivere queste relazioni nel presente perché oggi ci sono, domani per qualsiasi motivo potrebbero non esserci più.

    Ma cosa ci dice ancora questo mito? Ci dice almeno altre due cose molto importanti.

    La prima riguarda le ipotesi in cui il tuo partner scende in un inferno, da cui, anche se con molto sforzo, puoi pensare di tirarlo fuori. Anche Orfeo ha dovuto impegnarsi al massimo, metterci tutta la sua arte per poter commuovere le divinità infernali… Ci sono delle situazioni in cui le persone che noi amiamo cadono in buche molto profonde, ma noi, nonostante la difficoltà, anzi a volte anche proprio in considerazione della difficoltà (perché noi ci diciamo: “se amiamo davvero, dobbiamo superare anche questa”), cerchiamo di tirarle fuori da questo inferno e facciamo di tutto, anche l’impossibile, per riportarle a casa – esattamente come Orfeo ha cercato di riportare a casa Euridice, facendo l’impossibile, cioè commuovendo con la musica le divinità infernali.

    È giusto andarsi a riprendere chi si ama?

    Ma è giusto andare a riprendere una persona che è caduta dentro un inferno? Questo inferno può essere l’alcolismo, la tossicodipendenza, la dipendenza affettiva, una malattia, che comunque sempre collegata a uno stato psicologico – lo sappiamo bene che molte malattie non vengono per caso.

    Che cos’è – soprattutto – che rientra nella nostra sfera di dominio?

    Quando ci occupiamo di relazioni, noi possiamo intervenire sull’altro, sul nostro partner, o piuttosto l’unica cosa che rientra nella nostra sfera di dominio siamo noi stessi?

    Il mito di Orfeo ed Euridice ci dice esattamente questo, ci dice che, se una persona cade dentro una buca, tu puoi decidere di aspettarla, puoi decidere di creare la situazione migliore per favorire il suo rientro, ma non puoi andarla a ri- prendere

    Ciò nel senso che la persona dovrà uscire da sola da questa buca, altrimenti non ne uscirà mai veramente. E questa è la prima cosa che ci dice il mito.

    Non solo, ma tu dubiterai anche, per sempre, che sia lei, che sia quella di prima. E questa è la seconda, non meno importante della prima, cui è strettamente collegata.

    Chi cade dentro una buca deve uscirne da solo e da solo deve decidere di tornare, dalla buca a dentro la relazione.

    Libertà e perdono: i due pilastri dell’amore.

    L’amore, te l’ho detto anche altre volte, si basa su due grandi pilastri: la libertà e il perdono.

    1. Senza libertà non c’è amore, perché hai una persona che sta con te solo perché è costretta. Te ne ho parlato quando abbiamo visto la differenza tra l’amore egoico e l’amore animico, dove ti ho fatto l’esempio di chi ama egoisticamente e chiude la persona amata in cantina, ma quello non è vero amore, lo sappiamo perfettamente, lo intuiamo non c’è bisogno di pensarci molto.
    2. Il perdono è indispensabile, perché noi possiamo anche dare la colpa a questa persona, di essere caduta in una buca… Pensiamo ad esempio al caso del tradimento, che è una delle buche più grosse: anche qui, se amiamo davvero, dobbiamo utilizzare lo strumento del perdono. Senza necessariamente pensare al tradimento, il nostro partner può essere disfunzionale anche per altre cose: può dare poca attenzione, può trascurare, può non essere grato della relazione, può essere sgarbato, tante piccole cose che nel tempo però minano una relazione. Anche qui bisogna esercitare la difficile arte del perdono, di cui ti parlerò meglio un’altra volta.

    Innesca la tua crescita personale.

    Qualsiasi sia l’errore in cui è caduto il nostro partner, qualsiasi sia la situazione di difficoltà, bisogna lasciare che sia lui a risolverla e che sia lui a tornare a casa, che sia lui a tornare da noi.

    Non è un dirgli “arrangiati” ma piuttosto un dirgli “sono spiacente per quello che ti è successo, ti perdono e ti amo ancora, quando avrai sciolto i tuoi modi e credessi io ci sono” e farlo con un sorriso davvero sincero.

    Per agevolare la situazione, noi possiamo agire solo su quello che rientra nella nostra sfera di dominio e quello che rientra nella nostra sfera di dominio è solo la nostra crescita personale.

    Quindi, anche se può sembrare controintuitivo, noi non dobbiamo andare a tirare per la giacchetta il nostro partner, ma dobbiamo concentrarci su di noi.

    Dobbiamo diventare ogni giorno una versione migliore di noi stessi in maniera da tirare verso l’alto noi e le persone che sono, o che potrebbero essere, intorno a noi

    Noi dobbiamo attirare, dobbiamo se-durre nel senso etimologico di questa bellissima parola, cioè portare a noi, riportare a noi, appunto condurre a sè.

    E si attira solo diventando sempre più positivi, innalzando le nostre vibrazioni il più possibile, vibrando di emozioni positive il più possibile. È una strada ripidissima per chi ha il cuore spezzato, ma io ti dico che non è affatto impossibile percorrerla, anzi, e che comunque è l’unica strada.

    Mettiti dunque subito al lavoro, ti lamenterai poi dopo semmai.

    Tutto questo lo capiamo plasticamente nel caso del tradimento, dove noi capiamo perfettamente che non possiamo andare dal nostro partner che ci ha tradito e continua a tradirci a dirgli: “scegli me, perché io sono meglio, lui è peggio, lei è peggio, lascia perdere, stai rovinando la nostra coppia, stai rovinando la nostra famiglia, stai rovinando 8 anni, 10, 12, 15, 20 di vita insieme…”

    Questi sono discorsi che non servono a niente, se il tuo partner è caduto in questa buca, ci sono delle ragioni e se vuoi indietro il tuo partner, e quindi se hai scelto già di perdonarlo, devi accettare il fatto che queste ragioni che l’hanno portato a tradirti, questi nodi che hanno portato a tradirti, sia lui a scioglierli e sia lui a tornare a casa, dalla buca in cui è caduto.

    Nell’ultima tentazione di Cristo, Gesù va dalla Maddalena che, in quel contesto, fa la prostituta in un locale aperto a tutti. Si siede in un angolo, aspetta per ore che tutti gli uomini presenti si uniscano a lei, davanti a lui. Venuta la sera, lei finalmente lo nota e va a parlargli chiedendogli subito, scandalizzata di se stessa: “Sei stato qui tutto il tempo?”. Ma a lui non importa, a lui importa solo di parlare finalmente con lei.

    Ma perché Orfeo si volta?

    Se noi lo andiamo a prendere, se noi lo andiamo a tirare per la giacchetta, se noi lo andiamo a tirar fuori dalla buca in cui è caduto, esattamente come ha fatto Orfeo, che è andato, è sceso negli inferi, che sono la più grande buca che l’umanità abbia mai concepito, per andare a riprendere sua moglie, se facciamo questo allora che cosa succede?

    Succede esattamente quello che è successo a Orfeo, cioè che questa persona è la volta che la perdiamo davvero definitivamente.

    Guarda come è esatto il mito nel descrivere questa situazione.

    Perché Orfeo si volta indietro? Perché non riconosce più sua moglie, perché pensa di tenere per mano non sua moglie, ma un’ombra dell’inferno? Ma perché – pensa un attimo a questo – non riconosce il tatto, l’odore, le vibrazioni, la presenza di una moglie così tanto amata?

    Non è forse quello che succede anche oggigiorno quando si va a riprendere di forza una persona per riportarla a casa? Come la guardi e la pensi questa persona, quando dorme o quando fa l’amore con te? Quando dorme ti chiedi se sia sempre quella di prima e quando fa l’amore con te ti chiedi se non stia pensando all’altro anche mentre è lì con te…

    In una parola, questa persona non la riconosci più.

    E sei tu stesso che l’hai resa irriconoscibile andando là a riprenderla di forza in una situazione in cui era caduta lei… Ma se non la riconosci più, ecco che non puoi avere quello che c’era prima. Tu sei partito perché volevi indietro le tue cose, volevi indietro la tua vita, sei andato alla ricerca del ladro che ti ha rubato la macchina come se il furto si potesse annullare e tutto potesse tornare come prima…

    Ecco perché Orfeo non riconosce Euridice, perché è pieno di dubbi giustamente dice “ma noi siamo andati nell’inferno, non è che questa non è più mia moglie ma ho preso per sbaglio un’ombra?” – oppure, ancora peggio e più probabilmente – “non è che mia moglie è diventata un’ombra, perché non mi sembra più lei… Se mi sembrasse lei l’avrei riconosciuta..?

    Orfeo così obbedisce ai suoi dubbi e contravviene alle divinità infernali, si volta ed Euridice svanisce, torna nell’inferno nella sua buca e questa volta per sempre.

    Ma non è quello che fa qualsiasi uomo, qualsiasi donna che viene tradita e riporta a casa il suo partner? Un uomo riporta a casa sua moglie, la guarda smarrito, perso, non la riconosce, esattamente come Orfeo non riconosce Euridice.

    La moglie percepisce nel volto del marito il suo smarrimento e il fatto crudo: non è più riconosciuta! Allora capisce che ormai appartiene a quella buca in cui era caduta e difficilmente, molto più difficilmente, adesso ne uscirà più.

    Quindi?

    Ecco quindi che cosa ci dice alla fine questo racconto straordinario, che quando uno dei nostri partner cade in una buca, che può essere come abbiamo visto anche la buca di chi smette di amare – nessuno vuole deliberatamente smettere di amare, chi smette di amare soffre tantissimo, ebbene da questa buca la persona dovrà uscire da sola.

    È qui che si vede se si ama davvero, perché è qui che bisognerà dare i due grandi pilastri, i due grandi doni dell’amore, che sono la libertà e il perdono.

    È qui che si deciderà se attendere la persona amata che è caduta in difficoltà e non ci può più amare: noi possiamo amarla, ma lei non può più amarci, in quel momento lì a volte fa anche fatica ad accettare il nostro amore per mille motivi, ma noi possiamo aiutarla, possiamo migliorare noi stessi possiamo arrivare ad avere vibrazioni altissime come ha fatto Orfeo che ha suonato una musica talmente bella che ha commosso persino le divinità dell’inferno, che sono entità dal cuore di pietra, però lui è riuscito a vibrare talmente alto e talmente forte da commuovere anche quei cuori di granito.

    Poi però ha dubitato.

    Non ha riconosciuto la moglie. Lui ce l’ha messa tutta, ma all’ultimo passo le sue vibrazioni si sono abbassate, non è riuscito a mantenere la quota e la trazione e a riportare spontaneamente Euridice a sé.

    La conclusione dunque è che l’unica cosa che rientra nella nostra sfera di dominio quando hai un problema di relazioni sei tu stesso.

    Come si fa a lasciar andare?

    «Siddharta entrò nella camera dove suo padre sedeva sopra una stuoia di corteccia, s’avanzò alle sue spalle e rimase là, fermo, finché suo padre s’accorse che c’era qualcuno dietro di lui. Disse il Brahmino: « Sei tu, Siddharta? Allora di’ quel che sei venuto per dire ».

    Parlò Siddharta: « Col tuo permesso, padre mio. Sono venuto ad annunciarti che desidero abbandonare la casa domani mattina e recarmi fra gli asceti. Diventare un Samana, questo è il mio desiderio. Voglia il cielo che mio padre non si opponga ».

    Tacque il Brahmino: tacque così a lungo che nella piccola finestra le stelle si spostarono e il loro aspetto mutò, prima che venisse rotto il si-

    lenzio nella camera. Muto e immobile stava ritto il figlio con le braccia conserte, muto e immobile sedeva il padre sulla stuoia, e le stelle passavano in cielo. Finalmente parlò il padre: «Non s’addice a un Brahmino pronunciare parole violente e colleriche. Ma l’irritazione agita il mio cuore. Ch’io non senta questa preghiera una seconda volta dalla tua bocca».

    Il Brahmino si alzò lentamente; Siddharta restava in piedi, muto, con le braccia conserte.

    « Che aspetti? » chiese il padre. Disse Siddharta: «Tu lo sai». Irritato uscì il padre dalla stanza, irritato cercò il suo giaciglio e si coricò. Dopo un’ora, poiché il sonno tardava, il Brahmino si alzò, passeggiò in su e in giù, uscì di casa. Guardò attraverso la piccola finestra della stanza, e vide Siddharta in piedi, con le braccia conserte: non s’era mosso. Come un pallido bagliore emanava dal suo mantello bianco. Col cuore pieno d’inquietudine, il padre ritornò al suo giaciglio.

    E venne di nuovo dopo un’ora, venne dopo due ore, guardò attraverso la piccola finestra, vide Siddharta in piedi, nel chiaro di luna, al bagliore delle stelle, nelle tenebre. E ritornò ogni ora, in silenzio, guardò nella camera, vide quel ragazzo in piedi, immobile, ed il suo cuore si riempì di collera, il suo cuore si riempì di disagio, il suo cuore si riempì d’incertezza, il suo cuore si riempì di compassione. Ritornò nell’ultima ora della notte, prima che il giorno spuntasse, entrò nella stanza, vide il giovane in piedi, e gli parve grande, quasi straniero.

    «Siddharta, » chiese « che attendi? ». «Tu lo sai». «Starai sempre così ad aspettare che venga giorno, mezzogiorno e sera? ». «Starò ad aspettare». «Ti stancherai, Siddharta ». «Mi stancherò».

    « Ti addormenterai, Siddharta ». «Non mi addormenterò ».

    «Morirai, Siddharta ». «Morirò ». «E preferisci morire, piuttosto che obbedire a tuo padre? ». «Siddharta ha sempre obbedito a suo padre». «Allora rinunci al tuo proposito?».

    «Siddharta farà ciò che suo padre gli dirà di fare». Le prime luci del giorno entravano nella stanza. Il Brahmino vide che Siddharta tremava leggermente sulle ginocchia. Nel volto di Siddharta, invece, non si vedeva alcun tremito: gli occhi guardavano lontano. Allora il padre s’accorse che Siddharta non abitava già più con lui in quella casa: Siddharta l’aveva già abbandonato.

    Il padre posò la mano sulla spalla di Siddharta. «Andrai nella foresta,» disse «e diverrai un Samana. Se nella foresta troverai la beatitudine, ritorna, e insegnami la beatitudine. Se troverai la delusione, ritorna: riprenderemo insieme a sacrificare agli dèi. Ora va’ a baciar tua madre, dille dove vai. Ma per me è tempo d’andare al fiume e di compiere la prima abluzione».

    Tolse la mano dalla spalla di suo figlio, e uscì. Siddharta barcollò, quando provò a muoversi. Ma fece forza alle sue membra, s’inchinò davanti al padre e andò dalla mamma, per fare come suo padre aveva prescritto

    Estratto da Siddharta, di Hermann Hesse.

    Messaggio da portare a casa.

    Se una persona ti dice che vuole uscire da una relazione, in realtà ne é già fuori.

    Accettalo.

    Puoi scegliere se perdonarlo e aspettarlo o, tutto al contrario, uscire anche tu dalla logica della relazione.

    In entrambi i casi, devi subito dedicarti a ricentrarti e creare, giorno dopo giorno, una versione migliore di te stesso.

    Non devi cercare di riportare il tuo partner nella relazione, sarà lui a tornare quando avrà eventualmente sciolto i suoi nodi.

    Conclusioni.

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