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Relazione disfunzionale: come uscirne?

Note dell’episodio.

Donna stoppa uomo

In questa puntata del podcast non parliamo di un problema legale, ma di un problema personale, a partire sempre da una domanda mandataci da una nostra ascoltatrice tramite messaggio vocale su whatsapp. Rispondendo a questa ragazza, con il metodo tipico del counseling che utilizzo con le persone che seguo direttamente, ho toccato molti temi interessanti per la crescita personale e l’uscita dalls sofferenza. Pertanto ho effettuato una trascrizione curata di questo episodio, in modo che sia fruibile da quante più persone possibile. Si tratta comunque di temi di cui ti tornerò a parlare, perché sono molto importanti per qualsiasi ipotesi di cura della persona.

Aggiungo solo che il tema di come uscire da una relazione disfunzionale è centrale per tantissime persone. Proprio stamattina sono stato due ore con una persona che, dopo dieci anni, deve ancora uscire del tutto dalla relazione col marito…

Riferimenti.

Trascrizione.

Data l’importanza degli argomenti trattati, per questa puntata del podcast ti ho preparato una trascrizione curata, cioè editata e sistemata, in modoc he i contenuti possano essere fruiti anche in questo modo. Ti raccomando però sempre di ascoltare la puntata in originale, magari due o tre volte, per assorbire meglio i concetti.

Introduzione

Buongiorno. Oggi ascoltiamo un quesito di tipo personale, non è un problema di tipo legale come quelli che vediamo di solito, ma un problema appunto di tipo personale, che vedremo di affrontare dal punto di vista del counseling, ma sentiamo prima un attimo la nostra sigla…

Sono Tiziano Solignani avvocato cassazionista, mediatore familiare e counselor. Oltre vent’anni fa ho aperto il blog degli avvocati dal volto umano pensando che dovesse esserci un mondo diverso e più umano di affrontare i problemi legali. In questo podcast, rispondo a domande lasciatemi per iscritto o tramite messaggio vocale da utenti della rete che hanno problemi legali o personali, intervisto esperti su temi di grande interesse e propongo riflessioni e approfondimenti in cui condivido la mia esperienza di oltre due decenni per evitare alle persone di incorrere in problemi o prendere vere e proprie fregature. Iscriviti al podcast e al blog all’indirizzo blog.solignani.it per non perdere consigli fondamentali o interviste interessanti su temi utili per la vita di tutti i giorni. Puoi seguire i blog e il podcast via mail o tramite il canale telegram. Lascia la tua recensione sul podcast su iTunes. Se vuoi comprare un’ora della mia attenzione sul tuo problema puoi acquistare una consulenza dalla home page del blog.

Bene, adesso sentiamo la domanda che ci ha mandato la nostra ascoltatrice tramite il solito messaggio vocale.

Ricordo che anche tu puoi mandare un messaggio collegandoti alla home page del blog all’indirizzo blog.solignani.it e facendo tap sul pulsante verde in basso a destra.

La domanda

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Buonasera, ho di recente chiuso una relazione che presentava queste caratteristiche sin da subito la persona che frequentavo ha dimostrato un forte attaccamento verso di me ed un forte desiderio di voler definire la relazione anche se in tempi molto brevi. Poi a questa prima fase per così dire idilliaca in cui quella persona sembrava ricalcare tutte le caratteristiche da me desiderate, ne è seguita una di svalutazione in cui, la persona sembrava  pretestuosa per creare litigi molto spesso per tutte le ragioni, dove si innescava un forte senso di colpa per poi approdare a una fase finale di abbandono e chiusura. A questo abbandono io penso di essere appunto la causa della rottura reagivo con determinazione al fine di trovare una soluzione e poter ripristinare la relazione questa sorta di rituale, un meccanismo, se in un primo momento mi sembrava essere giustificato da una serie di paure, di insicurezze, provate dalla persona poi nel ripetersi ciclicamente abbia creato un forte senso di inadeguatezza impotenza e sofferenza questo mi ha spinto a documentarmi con video di psicologia su YouTube anche grazie all’aiuto di persone esperte al fine di trovare una spiegazione. Sono giunta alla conoscenza di un ambito estremamente complesso ed ampio come quello dei disturbi di personalità e si è instaurata in me la consapevolezza di essermi a trovata all’interno di una relazione tossica con un manipolatore affettivo probabilmente affetto da narcisismo ora, pur avendo chiusa la relazione, mi trovo spesso a dover gestire all’altalenanza di momenti di forte mancanza quasi di astinenza ed altri più sopportabili in quanto la relazione aveva alimentato questo dualismo tra emozioni forti positive e negative a punto da creare una vera e propria dipendenza. Ora le chiedevo per chi appunto si fosse trovato all’interno di queste **relazioni tossiche** con persone disturbate comunque affette da patologie disturbi di personalità quale fosse il percorso per poter uscirne e soprattutto quale spiegazione darsi al fine di comprendere perché si siano tirate la nostra vita e conseguentemente condurci alla **guarigione** delle nostre **ferite primordiali** o a poter dare inizio a un percorso di crescita che ci permetta poi in un futuro ha di non attirarle nuovamente grazie

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Le mie osservazioni

Attenzione alla mentalizzazione

Cosa si può dire, quali sono le osservazioni che si possono fare relativamente alla tematica, a quello che ci ha raccontato, ai problemi che ha posto la nostra ascoltatrice?

In generale mi sento di fare un’osservazione e cioè che queste situazioni non si prestano ad essere affrontate bene con una eccessiva mentalizzazione

Facendo un attimo una premessa più generale, qui oggi noi tendiamo a vivere – questa è un una circostanza che viene ricordata da tutte le persone che si occupano di spiritualità – tendiamo a vivere troppo nella mente e troppo poco nel cuore, siamo nell’epoca della mentalizzazione, c’è anche un post nel blog in cui parlo di questo, che metterò nelle note dell’episodio, siamo nell’epoca della mentalizzazione anche per via di alcune rivoluzioni alienanti che ci sono state durante la storia dell’uomo, a partire da quella agricola per finire con quella attuale, quella digitale, che ci hanno portato a vivere sempre più nella mente astratta, nella mente logica e a essere sempre più sconnessi dal cuore e dalla dimensione emotiva, che è una dimensione che dobbiamo recuperare…

Questa la prima osservazione che mi viene mente vedendo il gesto di una persona che ha sofferto in una relazione emotiva disfunzionale e che ha cercato degli strumenti di soluzione in una disamina logica, in quello che offre la scienza a riguardo, che é un’operazione che qualche perplessità la suscita, nel senso che oggi pretendiamo di risolvere tutto grazie alla scienza anche le dinamiche emotive spirituali ma qua c’è qualcosa che secondo me stride, è impossibile non sentire questo stridore, perché quando andiamo a parlare di emotività – e le relazioni sono emotività – non sono aspetti scientifici, non è un lavoro é una dimensione legata alla sfera emotiva, l’approccio scientifico a mio giudizio mostra diversi limiti, può essere un approccio di partenza, come nella famosa immagine della scala, nell’ultima pagina del romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa.

Ti porta fino a un certo punto poi dopo, per arrivare dove devi arrivare davvero, la scala la devi buttar via e passare ad altro, la scala credo che sia la metafora della scienza, della tecnica, degli strumenti… Poi occorrono altre cose, l’intuito, la consapevolezza…

Non mi ricordo più quale popolo dicesse –  probabilmente i nativi americani, lo ricorda Scardovelli in uno dei suoi video meravigliosi che consiglio a tutti di guardare, Scardovelli è un vero gigante della spiritualità e dell’anima – quale popolo dicesse che noi europei eravamo sostanzialmente pazzi perché vivevamo costantemente nella testa, mentre invece bisogna vivere nel cuore.

C’è molta verità in questa questa considerazione, dobbiamo scendere oggigiorno di un piano dal piano di sopra, quello mentale, al piano inferiore,  quello emotivo, anche perché la famosa scienza, che io così poco considero ha comunque fatto uno studio, una rilevazione statistica, che che ci dice che chi vive di più nel cuore è la persona mentalmente più equilibrata, più centrata, di solito più sana che esista, mentre chi è mentalizzato, e quindi è sempre preda della logica, è una persona molto più spesso, almeno di solito…

Le tre grandi dimensioni dell’uomo.

Noi abbiamo tre grandi dimensioni come uomini dalla più superficiale la più profonda: la mente, la emotività quindi il cuore, e l’inconscio.

L’inconscio è quello che ci governa davvero, di cui noi non abbiamo consapevolezza, e non la possiamo avere, anche se pian piano scivola nella dimensione emotiva. Va però fatto notare, vorrei farti notare, come oggigiorno noi se siamo finiti per dare importanza preponderante alla mente razionale che l’aspetto più superficiale di tutta la nostra esperienza come uomini e non è nemmeno quella che ci può guidare molto bene perché le disfunzionalità della mente razionale sono tante, sono anche molto frequenti, chi razionalizza troppo è un po’ il problema di oggi no, quindi la prima indicazione che mi sentirei di dare è proprio quella di tornare al cuore, scendere un piano dalla testa al centro del petto, portare questi problemi, iniziare ad affrontarli da un punto di vista emotivo, questa come prima indicazione.

Sempre Scardovelli parla della mente e dell’inconscio ad esempio paragonandoli rispettivamente ad una zanzara e un elefante, dove la zanzara tenta disperatamente di pungere l’elefante per fargli cambiare direzione, ma l’elefante non si accorge nemmeno e probabilmente non viene nemmeno punto, perché la zanzara non riesce nemmeno a penetrare la pelle spessa dell’elefante.

Questa è una metafora che mi piace moltissimo, perché effettivamente è come viviamo noi: abbiamo delle menti che ci mandano in continuazione dei messaggi come dovresti fare questo, dovresti fare quello, non devi fare quello, non devi fare quello, adesso faccio così, adesso faccio cosà, che non solo non servono a niente, perché comunque la nostra essenza più profonda ha già preso un’altra direzione, ha già fatto delle altre scelte e ci possono essere 1000 motivi per queste scelte e questi motivi sono comunque destinati a restare in parte sconosciuti, in buona parte sconosciuti…

La mente ci tortura

Un aspetto che c’è da sottolineare riguardo di ciò è che non solo queste decisioni della mente razionale, tutto questo agitarsi, tutto questo voler prendere il controllo, sembra veramente un parto… La nostra mente razionale è un omino minuscolo dentro a un qualcosa di gigantesco che si agita, strepita, come se volesse prendere il controllo di una cosa enorme, molto più grande di lei, molto più grande di lui.

Tutto questo movimento della mente non solo non serve a niente, ma è una forma di violenza che noi facciamo noi stessi e questo non va bene, non va bene perché il primo comandamento, comandamento inteso sia in senso cristiano, ma in senso universale, la prima cosa che ogni persona deve fare è amare se stessa e non giudicarsi, mentre la mente ci giudica in continuazione: hai mangiato troppo di nuovo, non hai fatto allenamento di nuovo, non hai ancora incominciato a studiare, non hai fatto il corso, non sei stato bravo sul lavoro, non sei stato bravo con il tuo partner, devi fare questo, devi fare quello…

È come se ognuno di noi avesse dentro la testa oggigiorno un torturatore… Guardate che questo è molto vero, molto vero e questo è un altro motivo per cui bisogna comunque sistemare il dialogo interno

Cosa fare in una relazione disfunzionale

Abbiamo messo insieme alcuni spunti, dobbiamo cercare di essere gentili con noi stessi, quindi la nostra ascoltatrice è caduta in una relazione disfunzionale, ma non se ne deve fare una colpa sono cose che possono accadere, non è colpa sua, è un’esperienza di vita, ogni istante di vita vale la pena di essere vissuto, ovviamente ogni istante ha un sapore diverso, può essere un sapore di dolore, di sofferenza, o sapore di gioia, di felicità, come di migliaia di altre sfumature di emozione…

Dobbiamo accogliere questi momenti tutti con gli occhi aperti come nella nella celebre poesia di Rumi, La locanda, che poi magari vi metto nelle note dell’episodio, che per me è il testo che più di ogni altro ci dice che cos’è la mindfulness o meditazione di consapevolezza, che è un altro sistema per arrivare a questo tipo di approccio all’esistenza, di questo modo di vivere la vita su cui torneremo tantissimo perché è uno strumento in cui io credo molto e di cui torneremo a parlare spesso, magari faremo una puntata apposita o più puntate sulla mindfulness.

Bene, quindi la nostra ascoltatrice ci dice anche un’altra cosa abbastanza importante e cioè che lei sta soffrendo, perché comunque aveva un attaccamento.

Questo è un po’ il bello del counseling, che consiste innanzitutto in una fase di ascolto non giudicante

Quando l’ascolto non è giudicante le persone ti dicono da sole che cosa hanno che non va o che ritengono disfunzionale, che cos’è che dà loro fastidio qual è in sostanza il loro problema, tra virgolette il problema della nostra ascoltatrice lei ce lo ha detto molto chiaramente, lei ci ha detto «io mi sono resa conto che mi sono legata ad una persona disfunzionale in una relazione disfunzionale ma al contempo questa persona mi manca addirittura fino a livelli di dipendenza», o fino ad usare il termine dipendenza per descrivere l’intensità della mancanza.

Ovviamente non è una dipendenza, ma se la nostra ascoltatrice ha usato questo termine, questa parola specifica significa semplicemente che la mancanza è molto alta…

Siamo frammentari.

Qui bisogna richiamare un altro concetto molto importante che fa riferimento al fatto che noi non siamo unitari, questa é una cosa che noi dobbiamo accettare, noi non siamo unitari, non siamo coerenti, non siamo fatti di una parte sola: siamo fatti di più parti in contrasto tra di loro.

La unitarietà, la visione di noi stessi come esseri unitari, è un altro precipitato della mentalità razionale, la mente ci vorrebbe sempre dicotomici, o bianchi o neri, o si o no, o su o giù, o qui o lì… Noi in realtà non siamo così, quindi concepirci in questo modo e pretenderci in questo modo è l’ennesima violenza che non facciamo noi stessi…

Lasciamo perdere questa forma di violenza e accettiamo di essere composti da parti diverse che sono spesso in contrapposizione tra loro… Guardate che ogni singolo individuo è come se fosse uno stato dove c’è una popolazione che si presenta alle elezioni determina una maggioranza, o se vogliamo indice un referendum, svolge un referendum, si determina la maggioranza e quello che la persona fa è il risultato di queste votazioni, di questo referendum: ci sarà sempre una parte soddisfatta e ci sarà sempre una parte in sofferenza.

Questo è esattamente quello che è accaduto anche alla nostra ascoltatrice, ma accade a tutti noi in continuazione… Lei si è resa conto che questa persona è disfunzionale e che questa relazione non la stava portando da nessuna parte, ma parti di lei comunque ancora, a parti di lei comunque ancora manca questa relazione manca questa persona, quindi la presa di consapevolezza almeno a livello mentale che c’è stata riguardo la disfunzionalità di questa relazione di questa persona non è stata sufficiente per determinare una uscita completa da questa esperienza

Questo è normalissimo, è quello che accade a tutti noi, nessuno escluso: non succede mai che usciamo da una situazione, da una persona alla quale ci siamo legati, in maniera automatica.

Anche se questa persona commette delle cose gravissime nei nostri confronti, noi comunque siamo bagnati di questa persona, non asciughiamo in quattro e quattr’otto, possiamo prendere una spinta che ci determina un cambiamento, ma questo cambiamento richiederà molto tempo per avvenire e magari in alcuni casi non avverrà mai del tutto, c’è un legame che rimane.

Innescare la crescita personale.

Bene, allora, una volta che abbiamo fatto tutti questi discorsi, che cosa deve fare, che cosa può fare la nostra ascoltatrice dal punto di vista più concreto?

Intanto il tema della crescita personale è importante, non mi ricordo più chi abbia detto che lo scopo della della persona umana, di ogni uomo, è quello di costruire se stesso ed è uno scopo che dura per tutto l’arco della vita della persona… Questa secondo me è una grandissima verità, nel senso che noi nasciamo e poi dobbiamo continuare a nascere ad una versione nuova di noi stessi tutti i giorni della nostra vita, una versione nuova e possibilmente migliore, ma non migliore solo per la società, migliore per noi stessi, migliore per vivere più consapevolmente e quindi più felicemente, che è poi l’insegnamento delle grandi tradizioni sapienziali planetarie, per cui anche il cristianesimo ma il buddismo il taoismo le tradizioni indiane, tutte quelle che volete, che sono tradizioni di sapienza volta ad evitare il dolore per gestire il dolore e a consentire all’uomo di essere sempre più consapevole e più felice, per cui noi dobbiamo diventare sempre la versione migliore di noi stessi.

La mindfulness.

Quando parlo di saggezza, non parlo di saggezza mentale, abbiamo visto che la mentalizzazione è un problema oggigiorno… Parlo di un’evoluzione profonda della persona, un’emozione profonda, emotiva e se possibile anche inconscia, col tempo quindi cambiare proprio la base della personalità per quanto si possa fare molto di quanto una persona possa dire su queste cose comunque andare verso le cose buone le cose giuste quello che ci insegnano appunto le tradizioni sapienziali.

Qual è lo strumento nell’immediato che si può utilizzare per affrontare situazioni di questo genere? Io credo che sia la meditazione di consapevolezza o mindfulness. La mediazione di consapevolezza è tante cose e magari dedicheremo a questo tema una o più puntate del podcast come accennavo prima, ma è comunque intanto questo che mi preme sottolinearti, la mindfulness é una pratica, quindi va un attimo capita, ma poi bisogna praticarla, è una forma di meditazione, quindi chi la vuole praticare può prendersi uno dei tanti libri che ci sono in circolazione, eventualmente nelle note dell’episodio ti posso mettere il link al testo che uso io, che guarda caso è un testo a cui sono collegati anche dei supporti multimediali, cioè dei file audio che contengono le meditazioni da fare, quindi tipicamente è una forma di meditazione che si fa sedendosi e focalizzando l’attenzione su respiro.

Si sceglie il respiro perché il respiro è un oggetto di meditazione sempre a disposizione, oltre a essere collegato con la nostra energia al centro dell’universo e questi discorsi, è comunque un oggetto di meditazione sempre a disposizione si possono usare anche altre cose tipo la fiamma di una candela, io ad esempio faccio meditazione sul corpo quando faccio allenamento, perché quello che per sviluppare, quello che è molto importante quando si fanno degli allenamenti specialmente di muscolazione e la propriocezione, l’importante è che l’attenzione si focalizzi.

C’è un articolo molto bello, che ho dato la settimana scorsa ad una mia cliente del counseling, di Nicoletta Cinotti sulla cura dell’attenzione, dove si ricorda ancora una volta che la gestione dell’attenzione è una cura in sé a prescindere dall’oggetto, nel senso che se tu riesci ad uscire da quello stato di attenzione distribuita e disordinata in cui si vive di solito, in cui viviamo di solito oggigiorno con l’attenzione che salta da un oggetto all’altro e riesci a restare focalizzato su una determinata cosa per un certo periodo di tempo immediatamente ottieni un miglioramento del tuo stato emotivo.

Questa è una grande verità, una grandissima verità, anche la lettura che venga fatta con un libro cartaceo classico o con un ebook reader che però non abbia tutte le distrazioni tipiche di un cellulare, di notifiche che arrivano in continuazione o cose di questo genere, è una forma di meditazione tant’è vero che molte persone leggono non tanto per acculturarsi, quanto perché è un qualcosa, è un gesto che le fa sentire meglio, perché per mezz’ora o un’ora pensano solo al libro che stanno leggendo…

E questa a focalizzazione dell’attenzione, che diventa come un laser su un oggetto singolo, è un gesto che ci dà enormi benefici, provare per credere, è una pratica quindi non parliamo più in generale bisogna provare a farlo se volete prendete il libro, altrimenti potete anche cercare su Internet, altrimenti fate semplicemente quello che vi ho detto, vi sedete chiudete gli occhi focalizzate l’attenzione sul vostro stesso respiro senza comandarlo senza regolamentarlo, limitandovi ad osservarlo andare su e giù come osservereste ad esempio le onde del mare che in continuazione si infrangono lungo gli scogli o la riva…

Conclusioni.

Bene per oggi è tutto, come sempre soluzioni preconfezionate scientifiche o pillole da prendere non ce ne sono, ci sono delle cose che si possono fare quindi iniziare a meditare, continuare la crescita personale, prendere sempre più consapevolezza e questo lo si ottiene grazie alla meditazione, cercare di scendere di un piano dalla testa al cuore, accettare tutte le emozioni della nostra vita, comprese quelle sgradevoli, esattamente come nella poesia della locanda di Rumi.

Ok per oggi è tutto, direi che abbiamo affrontato argomenti anche molto interessanti, meritevoli sicuramente di futuri approfondimenti.

Grazie per avermi ascoltato, resta sintonizzato abbonati al podcast e se credi manda anche tu il tuo quesito collegandoti all’home page del blog all’indirizzo blog.solignani.it facendo tap sul pulsante verde in basso a destra grazie ciao e buona giornata un abbraccio.

La locanda

«L’essere umano è come una locanda. Ogni mattina un nuovo arrivo. Momenti di gioia, di depressione, di meschinità, a volte un lampo di consapevolezza giunge come un visitatore inatteso. Dai loro il benvenuto e intrattienili tutti! Anche se c’è una moltitudine di dolori, che violentemente svuota la tua casa portando via tutti i mobili, tratta ugualmente ogni ospite con rispetto. Potrebbe aprirti a qualche nuova gioia. I pensieri cupi, la vergogna, la malizia, Accoglili sulla porta con un sorriso, ed invitali ad entrare. Sii grato chiunque arrivi, perché ognuno è stato mandato dall’aldilà per farti da guida

Gialal al-Din Rumi

Messaggi finali

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Diario della gratitudine: come, quando, perché farlo.

Che cos’è.

Oggi ti parlo del diario della gratitudine, uno strumento fondamentale, uno dei primi compiti, o riti, che invito i miei clienti del counseling a svolgere.

É proprio per loro che ho voluto ancora una volta raccogliere qui le informazioni fondamentali a riguardo, per poter mandare loro volta per volta il link, mettendole poi anche, come faccio sempre, a disposizione di tutti.

Il diario della gratitudine è un esercizio di crescita personale e benessere spirituale, o meglio un vero e proprio rito o pratica, che consiste nell’annotare, tendenzialmente una volta al giorno, tutte le cose belle che ci sono nella tua vita e di cui senti di poter essere grato.

Molto semplicemente, dunque, il diario della gratitudine consiste nell’annotare per iscritto tutte le cose per cui sentiamo di poter essere grati. Pertanto, tutte le cose belle, o che noi stimiamo belle, che ci sono nella nostra vita.

Ti raccomando di stampare questo post e leggerlo alcune volte prima di iniziare. Tieni poi la stampa dentro al taccuino che userai e ogni tanto rileggilo. Se ti viene in mente qualcosa da chiedere, o semplicemente vuoi condividere un’esperienza, lascia un commento sotto.

Prima di andare a vedere più in dettaglio il diario della gratitudine, occorre fare un’importante premessa, che vale per tutti gli esercizi e le pratiche di crescita spirituale compresa questa.

Fai gli esercizi senza farti violenza.

Come tutti gli esercizi di crescita personale, il diario della gratitudine va fatto senza mai farsi violenza, trattandosi sempre con dolcezza.

Non bisogna farlo per forza tutti i giorni: se ad esempio capita un giorno in cui ti senti particolarmente stanco, perché magari hai avuto una giornata pesante al lavoro, lo puoi benissimo saltare…

Oggigiorno molte persone tendono a fare degli esercizi di crescita personale un ennesimo strumento di tortura verso loro stessi, un ennesimo momento in cui misurano la loro adeguatezza, e più spesso la loro inadeguatezza, pertanto la prima importante premessa è: fate questo esercizio, e tutti gli altri esercizi di crescita personale e di riflessione spirituale che dovete affrontare, mantenendovi sempre gentili con voi stessi, senza farne una mania senza farne un’ossessione.

Cercate di ascoltarvi e di seguire i vostri ritmi naturali, soprattutto quelli energetici.

Occhio al dialogo interno.

Soprattutto, se dovesti mancare, ad esempio, un giorno di tenere il diario della gratitudine, oppure se dovesti pensare in qualsiasi momento che non lo stai facendo bene, che non riesci a scrivere più di due o tre cose, e quindi trovi questo deludente, tiene sempre sotto controllo il dialogo interno.

Non ti abbandonare mai ad espressioni come “sono un fallito”, “non riesco neanche a tenere un diario”, “non riesco mai a fare qualcosa di utile”, “non uscirò mai da questa situazione”.

Di invece a te stesso: “Sono molto bravo perché ho capito di aver bisogno di un cambiamento e mi sto impegnando per averlo”.

Anche questo te lo dico per esperienza: parliamo di una cosa molto banale ma le persone che si trovano in difficoltà riescono sempre a trovare dei motivi e delle occasioni per dare addosso a loro stesse, quindi facciamo che questi esercizi siano un momento di crescita e non l’ennesima occasione per farsi violenza e tirarsi addosso.

Fatta questa importante premessa, che vale per tutti gli esercizi di crescita spirituale e più in generale per tutte le cose che fa una persona nella vita, vediamo adesso di capire in che cosa consiste il diario della gratitudine, partendo dalle cose occorrono per fare questo rito.

Scegli con cura gli oggetti per farlo.

Per fare il diario della gratitudine, è preferibile procurarsi degli oggetti che ci piacciano: hai letto bene, è molto importante che gli oggetti che utilizziamo per fare il diario della gratitudine siano oggetti che ci gratifichino con la loro bellezza.

La bellezza è il linguaggio con cui Dio parla all’uomo ed è ciò che, secondo Dostoevskij, ci salverà.

Quindi inizia a fare l’esercizio con una immersione nella bellezza degli oggetti che ti servono e non sottovalutare mai la bellezza, che è una cosa di cui noi abbiamo assolutamente bisogno, specialmente nei momenti di difficoltà.

Gli oggetti che ti servono sono ovviamente della carta per scrivere e una penna.

Personalmente utilizzo dei taccuini Moleskine, di cui sono un fan assoluto, anzi diciamo proprio che per questi taccuini ho una vera e propria dipendenza tanto che ogni volta che entro in una libreria che li vende ne devo comprare alcuni, nonostante che abbia già la casa e l’ufficio pieni -un po’ come le donne con le scarpe…

Tu puoi prendere il quaderno o il taccuino che preferisci, l’importante è che sia bello, non devi usare per fare questi esercizi – che devono essere svolti in un contesto in cui tu sei immerso nella piacevolezza – dei fogli magari di recupero stampati sul lato e voltati dall’altro, oppure dei quadernacci di poco pregio, prendi un supporto che sia bello come sono belli per me i taccuini Moleskine.

Stesso discorso vale per la biro, personalmente io uso una penna stilografica perché credo che il tratto di scrittura della stilografica, con una continua variazione di intensità del colore e di dimensione, man mano che si procede, sia di una bellezza unica, sia nel momento in cui tu scrivi, sia nel momento in cui vai a rileggere.

Personalmente uso una stilografica economica della Parker, che per i miei gusti è ampiamente sufficiente; ovviamente qui nel settore del penne uno può spaziare e comprare veramente quello che vuole, quindi prendi la penna che davvero ti piace, che abbia il tratto, lo scorrimento, il colore – sia come scrittura sia come oggetto – che più ti piacciono.

Prenditi del tempo, perdi piacevolmente un po’ di tempo per andare a sceglierti questi oggetti e prendi gli oggetti che in qualche modo senti che ti stimolano qualcosa tra quelli che vedi esposti, quelli che in qualche modo senti che vuoi adottare e che possono avere un significato e una presenza nella tua vita.

Qui sembra che parliamo di cose che non hanno nessuna importanza, in realtà il diario della gratitudine è un vero e proprio rito, quindi queste cose, tutto al contrario, sono di fondamentale importanza.

Un oggetto che non serve, ma aiuta molto é una candela. Non usare la luce artificiale, specialmente se scrivi la sera. Procurati una candela da tenere sul tavolo vicino a te, accendila prima di cominciare e spegnila quando hai finito, scrivi alla sua luce e, se credi, al suo profumo. Scegli ovviamente una candela che ti piaccia per forma, colore, consistenza, odore.

Che cosa scrivere.

Che cosa scrivere, quando scrivere e se eventualmente ripetere le stesse cose.

Il diario della gratitudine, come abbiamo appena finito di dire, è un rito, è un esercizio spirituale, esattamente come la preghiera e la meditazione. Non è che se reciti il Padre nostro un giorno poi non lo reciti più per tutto il resto della tua vita. La preghiera anzi è fatta proprio di ripetizioni, quante più volte possibile, della medesima preghiera: il Padre nostro è sempre lo stesso, però chi crede lo recita più volte possibile; analogamente se c’è una cosa nella tua vita di cui ti senti grato la puoi scrivere anche tutti i giorni, tutte le volte in cui fai il diario della gratitudine, non è affatto un errore ma significa semplicemente che anche oggi sei, o sei stato, grato per quella cosa.

La ripetizione non è, per converso, necessaria: può darsi che nel giorno in cui stai redigendo il tuo diario ci siano altre cose per cui in quel momento ti senti più grato.

Non giudicarti per la tua gratitudine o mancanza di.

Non ti sentire nemmeno in colpa per non dedicare la tua gratitudine a quella cosa nel momento in cui la dedichi ad un’altra: stiamo parlando semplicemente di quello che prova il tuo cuore e noi dobbiamo essere in grado di ascoltarlo anche qui senza giudicarlo – è chiaro che ci sono miliardi di cose di cui dovremmo essere grati, ma non le possiamo comunque mai menzionare tutte, scriviamo quelle a cui abbiamo pensato quel giorno.

Un giorno ad esempio puoi essere più grato per la salute, magari perché sei venuto a contatto con una persona malata, o hai saputo di un amico che ha avuto un problema; un altro giorno puoi essere più grato per il fatto di avere ad esempio banalmente un automobile che funziona, che ti consente di spostarti, di vivere, andare a lavorare.

Il tuo cuore può essere grato per tante cose, l’importante è prenderne nota e non giudicarti mai. Dal punto di vista della crescita personale, puoi essere grato anche di cose negative come ad esempio di avere commesso un reato e non essere stato preso – qui subentra poi un altro genere, un altro tipo di problemi che ha che fare col fatto che secondo me l’uomo se non fa’ la cosa giusta non può essere felice e quindi il peccato non ti conduce alla felicità, se quel reato è anche un peccato, specialmente se è un peccato grave, é un altro tipo di problema, ma faccio per spiegarti che bisogna essere grati di quello che ci pare, bisogna accettare di essere grati per una cosa piuttosto che per un’altra senza anche qua giudicarci.

Quindi, compila il diario sentendoti libero di ripetere più volte, anche al limite tutti i giorni, se comunque tu tutti i giorni sei grato per quella cosa, la medesima cosa, e sentendoti per converso libero di non scrivere delle cose di cui pensi che dovresti essere grato ma di cui non senti ancora la gratitudine.

Se la sentirai dentro al cuore quella cosa poi la scriverai, non ti giudicare non ti ritenere un ingrato solo per questo. Scrivi liberamente e, mentre scrivi, pensa quanto è bello il fatto che tu stia facendo un gesto del genere, che ti sta migliorando, sta creando una versione migliore di te stesso.

Porta la gratitudine dalla testa al cuore.

Il diario della gratitudine è uno dei primi esercizi che consiglio ai miei clienti del counseling che si trovano in difficoltà o in situazioni di disagio, perché ti consente di fare un inventario di tutto quello che di bello c’è dentro la tua vita nonostante la situazione di mancanza di serenità e felicità che in questo momento stai attraversando.

La cosa più importante da sottolineare di questo esercizio, il suo vero scopo, è quello di portare nel cuore quella gratitudine che tutti noi abbiamo nella mente e quindi farcela finalmente sentire.

Serve a passare da una gratitudine solo considerata, solo conosciuta sulla carta, a una gratitudine che senti dentro al tuo cuore.

A contatto con la sofferenza.

Personalmente mi è capitato di apprezzare questa differenza che ti sto tratteggiando in modo particolarmente efficace un periodo di circa due anni fa, quando mia mamma è stata ricoverata in ospedale per alcuni giorni. In quel periodo, io andavo a trovarla tre volte al giorno e mi ricordo che alla sera, quando mi mettevo nel mio letto a dormire, sentivo proprio fisicamente il piacere di quanto fosse bello poter dormire nel mio letto e non essere invece costretto a tentare di riposare in un letto d’ospedale, con delle flebo attaccate, delle persone che fanno rumore e tante altre cose che ti impediscono di dormire bene.

Inoltre pensavo quanto fosse bello non avere problemi di salute, quando invece gli ospedali sono pieni, e queste cose non solo le pensavo “a tavolino”, le sentivo dentro, le sentivo nel mio cuore, come un calore, come una ricchezza che avevo.

Io mi sentivo ricco in quel momento, quindi mi sentivo pieno di gratitudine proprio perché ero stato messo a contatto direttamente con la sofferenza.

Questo è un altro aspetto molto importante: tu oggigiorno hai poche occasioni di essere messo a contatto con la sofferenza, anzi hai, tutto al contrario, una serie continua e sistematica di occasioni in cui vieni messo a contatto con altre persone che letteralmente sciorinano com’è bella la loro vita… Parlo dei social network, dove altre persone in continuazione fanno vedere bei viaggi, belle cene, begli eventi, bei corpi e tu tendi a fare inevitabilmente dei paragoni e inevitabilmente anche a sminuirti e ad essere sempre meno grato.

Questo confronto continuo con le cose altrui, specialmente se non sei una persona poi così tanto evoluta per sentire la felicità per le altre persone, per avere l’empatia tale da sentire la felicità per loro per essere contenti per loro, infischiandotene di quello che tu stai facendo… Magari in quel momento io posso sentire la felicità per chi sta facendo una bella festa, un bel viaggio e io magari sono sul divano a casa che guardo la televisione, perché poi c’è anche il momento mio di andare in viaggio, io comunque quella sera sto bene anche a casa, guardo la televisione e sento veramente la soddisfazione, mi fa veramente piacere che questo mio amico sia a godersi la vita, a farsi un bel viaggio, ma questo è un punto di arrivo, non è per tutti la persona normale che guarda queste cose tende a dire lui e là, o sono qua che schifo la mia vita, perché io non faccio mai dei viaggi di questo genere – quando magari ho fatto un viaggio più bello appena un mese prima o lo farà un mese dopo ma questo è un altro tipo di discorso…

Tornando a noi, il diario della gratitudine non è un mero inventario, è un rito, un esercizio che serve per portare la gratitudine dalla mente – dove tutti ce l’abbiamo, perché tutti diciamo che bello avere un corpo sano, avere un lavoro, avere un’automobile, però poi ce ne dimentichiamo (nota l’esattezza dell’etimo della parola: di-menticare, fare uscire dalla mente) – nel cuore e quindi sentirsela addosso, sentirci addosso la nostra ricchezza…

La vita di ognuno di noi è piena di doni incredibili e sconfinati, che non vengono dall’uomo, non li abbiamo comprati al supermercato: non abbiamo comprato la nostra intelligenza, il nostro corpo sano o comunque sano im una buona percentuale, o comunque esistente anche se ti manca un arto ,anche se hai subito delle mutilazioni, comunque c’è qualcosa che ti è rimasto comunque, c’è qualcosa di buono per poter vivere.

Quindi la gratitudine ha sempre un senso, logico ed oggettivo, non è una illusione per invasati, anzi é un ritorno alla realtà.

Siamo noi che ce ne dimentichiamo, il diario della gratitudine serve per tornare alla realtà e portare nel cuore tutte le cose buone che ci sono nella vita e sentire tutti i giorni questa ricchezza che noi oggettivamente abbiamo.

Non è questione di costruire la percezione di una realtà che non c’è, ma di tornare a sentire la realtà che c’è: questo è molto importante credo!

Procedi.

Per fare il diario della gratitudine, abbiamo bisogno degli oggetti che abbiamo detto e di uno spazio di raccoglimento che tu ti puoi costruire dove vuoi, lo spazio di raccoglimento può essere anche in metropolitana mentre stai tornando a casa dal lavoro o andando al lavoro, ti metti un paio di cuffie, oppure anche senza le cuffie puoi riuscire ugualmente a concentrarti, sarà una cosa più simpatica scrivere il diario della gratitudine in mezzo al casino, ma lo puoi fare tranquillamente, alla fine magari riuscirai a essere grato anche del casino che ti fa un po’ compagnia.

Comunque è necessario un momento di raccoglimento, esattamente come per meditare e per pregare, vedi tu dove puoi trovare o creare questo momento di raccoglimento, sono sufficienti anche 10 minuti al giorno non ci vuole tanto tempo però è bene che tu tendenzialmente ogni giorno faccia atto di omaggio all’opportunità di svolgere questo rito per te stesso, quindi il diario di gratitudine è anche un gesto di amore che tu fai per te stesso

É un momento in cui ti stai dicendo, e lo stai anche facendo, che stai prendendo un po’ di tempo per te, dopo il tempo che tu dedichi al lavoro, alla famiglia, a tutte le cose della tua vita stai prendendo un po’ di tempo per te, per farti crescere per migliorare, quindi già questo è una cosa molto bella di cui puoi essere grato a te stesso e orgoglioso. Questo tempo, per quanto di pochi minuti, é finalmente solo tuo. É bellissimo.

Fai attenzione a come ascolti.

Il valore della gratitudine ce lo spiega direttamente il vangelo, quando Gesù dice:

«Fate bene attenzione, dunque, a come ascoltate: perché chi ha molto riceverà ancor di più; ma a chi ha poco sarà portato via anche quel poco che pensa di avere». (Luca 8, 18)

Questa è una legge talmente esatta che potremmo definire fisica, come quella di gravità: significa che chi crede di avere, chi sente di avere, chi è pieno di gratitudine per le cose che ci sono nella sua vita, attira altre cose buone, perché è carico di energia positiva verso se stesso e l’universo.

Chi invece ritiene di non avere, e quindi non sente le ricchezze che in realtà ha, finisce per perderle…

Questo secondo fenomeno è un fenomeno che noi vediamo spessissimo nelle relazioni: quante volte accade che una persona venga data per scontata, non si senta la gratitudine per la presenza di questa persona nella nostra vita e quindi si finisca per perderla?

In realtà stiamo parlando di un principio universale, che vale per qualsiasi cosa: lavoro amicizie, beni materiali, beni spirituali…

È uno dei grandissimi insegnamenti di Cristo, un maestro che sapeva perfettamente come funziona l’universo.

Attenzione alla prima riga, dove Gesù parla non di ragionamenti, ma di ascolto. Il punto non è la mente, ma, ancora una volta, il cuore. Non è una questione di valutazioni da fare, ma di… percezione. La gratitudine non deve essere un omaggio astratto a tavolino, un riconoscimento logico, deve essere qualcosa che sentiamo nel cuore. Deve essere, in altre parole, un’emozione, che si ricava – questo è l’insegnamento del maestro – ascoltando in modo giusto quello che ti succede.

Cosa vuol dire da questo punto di vista ascoltare, percepire in modo corretto quel che ti succede? Vuol dire vedere sempre il buono che resta, che c’è, anche dopo che ti capitano o sono capitate cose negative.

Non è essere cretinamente giulivi, ma é, come ti ho detto prima, vedere la realtà per quello che è davvero, nel suo complesso, senza rimanere vittima del male, né farsene contagiare.

Ecco perché è assolutamente fondamentale fare questo esercizio che in realtà è un piccolo rito quotidiano per portare nel cuore quello che in qualche modo sappiamo con la mente, ma che tendiamo a dimenticare, mentre invece dobbiamo sempre sentire la ricchezza che c’è comunque, nonostante tutto, nella nostra vita.

Facendo questo inizieremo subito a sentirci molto meglio.

Counseling.

Se vuoi prenotare una seduta di counseling, da fare anche a distanza, contattami tramite il modulo apposito nel menu del blog.

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Scendere di un piano: dalla testa al cuore.

Oggi ti parlo di regole.

Questo è un blog giuridico quindi non deve certo fare strano, ma affronto l’argomento da un punto di vista diverso.

Che rapporto hai con le regole? Le detesti, le rispetti, le violi, le ossequi?

Il celebre racconto del figliol prodigo di cui alle letture di due domeniche fa é la storia di un padre che aveva due figli coglioni – ed è per questo che ogni genitore oggigiorno un po’ si immedesima subito…

Due coglioni in modo esattamente opposto tra loro: il primo credeva che violare le regole gli avrebbe dato la felicità, il secondo, tutto al contrario, che se avesse osservato sempre scrupolosamente quelle stesse regole, sarebbe automaticamente stato felice.

Attenzione, perché in questi due cretini c’è, a star scarsi, il 90% dell’umanità.

Come va a finire?

Che nessuno dei due è felice, finché non interviene il padre che dimostra loro una cosa essenziale: che non importa cosa fai con le regole, se ti metti loro di traverso o ne diventi un campione, l’unica cosa che importa è aprire e usare, volta per volta, il cuore.

Ricordarsi di averne uno, usarlo e sapere sempre che un cuore puro, dolce, che sa ascoltare e che ama davvero viene in ogni caso prima.

La storia di questi due coglioni salvati dal genitore 1 è la storia e l’attualità della nostra fede, il cristianesimo, ma é anche dentro altre tradizioni sapienziali planetarie, anche se nessuna come il cristianesimo ha mai espresso e incarnato queste cose così compiutamente.

Non ti porta alla felicità né violare le regole, e fare il male, né seguirle e quindi fare il bene non per amore, ma solo per paura di un castigo.

Va capito che le scritture non sono precetti, ma libri pieni di amore di un Dio, che ne conosce il vero cuore, verso l’uomo.

Mai come oggi le persone hanno bisogno di scendere giù di un piano, dalla testa al cuore, per vivere bene ed essere davvero felici.

Evviva noi.

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Cercasi guru: dialoghi con Camilla Ripani

Oggi puntata speciale del podcast, in cui parliamo di crescita personale con ospite Camilla Ripani, autrice del libro AAA Cercasi guru disperatamente.

Con la bravissima Camilla, parliamo più in particolare della necessità che ognuno di noi si attivi personalmente per la sua evoluzione e dell’utilità delle affermazioni come strumento di crescita.

Il dialogo continuerà presto in un’altra puntata: manda la tua domanda, anche semplicemente lasciandoci un messaggio vocale tramite l’account WhatsApp del blog.

E non dimenticarti di iscriverti al blog e al podcast per non perdere altre puntate come queste.

Riferimenti:

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cultura

Leggere in Inglese: quali libri scegliere?

Mi hanno chiesto quali possono essere i libri migliori da leggere in lingua originale per imparare l’Inglese.

Prima di rispondere a questa domanda, voglio parlarti di alcuni concetti di base riguardanti la materia su cui mi capita di riflettere spesso quando si parla di internazionalizzazione, studi da fare, prospettive lavorative e così via.

Innanzitutto, non c’è dubbio che la lingua Inglese sia ormai la nuova ????? del mondo contemporaneo, cioè la lingua comune che si parla più o meno in tutte le nazioni per intendersi con persone di madre lingua diversa dalla propria. Proprio alcuni giorni fa, nel mio mestiere di avvocato, ho fatto un appuntamento con un cittadino olandese che non conosceva l’Italiano parlando sempre, appunto, in Inglese. La mia singola fattura più grande, in 22 anni, l’ho fatta per un recupero crediti negli Stati Uniti, in cui ho dovuto parlare sempre Inglese.

Sapere l’Inglese, dunque, è sicuramente una necessità, oggigiorno. Non solo per comunicare con «altri popoli», ma per avere accesso ad informazioni molto più ricche. Molti tra i libri più interessanti sono disponibili solo in Inglese. Provate poi a fare una ricerca con google in Italiano o in Inglese, come faccio sempre io: vedrete che la ricchezza e la quantità di risultati ottenuti varia in proporzione da 1 a 50… E questo è molto ovvio, la lingua inglese, oltre ad essere la nuova lingua comune ed internazionale, è parlata su un vasto insieme di territori e da moltissime persone: Australia, Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Paesi del Commonwealth

Come scrittore, ad esempio, sono stato più volte tentato di scrivere in Inglese, per avere accesso ad un pubblico potenzialmente molto più vasto di quello cui accedo scrivendo in Italiano, una lingua ormai, per quanto nobile e gloriosissima, piuttosto di nicchia. Credete che la tipa che ha scritto quell’ignobile opera che sono le «50 sfumature di grigio» avrebbe avuto lo stesso successo planetario se l’avesse compilata in Italiano?

Un’altra cosa che mi lascia perplesso e dove secondo me vale la pena sviluppare qualche riflessione è l’affermazione secondo cui «le lingue aprono tutte le porte» per cui bisognerebbe studiarne quante più possibili.

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Questo, tuttavia, in un mondo dove ormai parlano quasi tutti Inglese mi sembra piuttosto poco vero e fuorviante.

Sicuramente, imparare una ulteriore lingua straniera è benefico per lo sviluppo e l’elasticità del cervello e del pensiero, ma qui siamo sempre a livello di crescita personale. Se parliamo di prospettive lavorative, salvo settori molto di nicchia (azienda italiana che lavora solo con azienda tedesca ad esempio), dove comunque la lingua la impari in ogni caso, per molte cose basta davvero l’Inglese. Con l’Inglese comunichi con tutti: Tedeschi, Cinesi, Russi, ecc. ecc..

Per questo, sostengo da anni che il vero liceo linguistico è quello classico e che, senza una profonda base umanistica, che ti insegna a pensare, è inutile conoscere tante lingue moderne.

Non avere niente da dire, ma poterlo dire in tante lingue, resta sempre un’operazione inconcludente. Bisogna prima avere qualcosa di interessante da dire: prima il contenuto, poi il veicolo.

Quella che serve è la cultura vera e la cultura vera, poche storie, è quella umanistica e classica dove si studia il latino, il greco, filosofia, ecc. ecc.. Poi su questa base umanistica puoi spalmare quello che vuoi.

Dopo 5 anni passati a «leggere» latino e greco, peraltro, imparare una lingua moderna è quasi una passeggiata, vedendo l’etimologia di molte parole e le connessioni e i calchi tra i vari sistemi linguistici.

Andate dunque al liceo classico, se potete. Acquisirete una base culturale su cui poi potrete impiantare tutto quello che volete, persino studi scientifici o ingegneristici, dove chi ha avuto una formazione classica riesce meglio di chi ha avuto una formazione scientifica.

Ormai sapete che, se volete informazioni da me, dovete sorbirvi anche le mie prediche.

Esaurite le prediche, torniamo alla domanda iniziale: quali sono i libri migliori da poter leggere in lingua originale per imparare o migliorare l’Inglese.

Intanto, leggere è un ottimo metodo per migliorare la conoscenza di una lingua, perché ci consente di meditare su termini, costruzioni sintattiche e verbali e introitarle meglio. Ovviamente gli skills relativi alla conversazione o all’ascolto ne giovano meno, perché abbiamo sempre a che fare con un testo scritto, ma è comunque un’esercizio potente e molto stimolante per l’apprendimento linguistico.

C’è poi da fare una annotazione anche riguardo allo strumento di lettura, se cartaceo o tramite ebook. Qui, dove si legge anche per imparare e non solo per divertirsi, vince a man bassa l’ebook, anche perché quando incontri un termine che non comprendi puoi leggere la relativa voce nel dizionario, che può essere in Inglese o in Italiano, oppure puoi chiederne la traduzione, o anche cercarla con google. Insomma, direi che con l’ebook si abbiano davvero tanti strumenti a disposizione in più rispetto al cartaceo, per cui la scelta consigliata è certamente quella del formato elettronico.

Per quanto riguarda cosa leggere, un autore molto semplice, che ho amato moltissimo e che ho letto quasi tutto in lingua originale è Charles Bukowski. Oggi citatissimo sui social network, all’epoca era meno conosciuto ma aveva comunque raggiunto un grande successo anche oltre gli Stati Uniti. Uomo contro il sistema, ma anche profondamente vittima dello stesso, ha scritto opere molto divertenti, con un linguaggio semplicissimo – era ammiratore di Hemingway, un altro che teneva le frasi molto «secche», anche se poi lui è andato ancora oltre. Ha scritto molti libri, la bibliografia completa la potete trovare su wikipedia come al solito, quello che vi consiglio per partire è Ham on Rye, la descrizione della sua infanzia a partire dal suo primo ricordo all’età di tre anni, molto difficile, ma anche poetica e struggente. Oppure, se volete qualcosa di ancora più semplice, potete prendere una raccolta di short stories o racconti brevi come South of no North, ma anche Hot Water Music o altri. Buk infatti ha iniziato, come tanti autori, con il racconto breve, per passare poi solo in seguito al romanzo. Ci sono alcuni suoi racconti brevi che sono memorabili, come Praying Mantis (non mi ricordo in quale raccolta è contenuto).

[A proposito di racconti brevi, ne approfitto per dirvi che in questi giorni è uscito il mio «La lettera di Sara», un ebook che raccoglie tre racconti brevi in cui introduco la figura di Davide Boni… Compratelo, non mi interessa che lo leggiate anche, mi basta appunto che lo compriate e che lasciate una recensione positiva (sulla fiducia)]

Un altro autore che ho adorato, ma che è un pelo più difficile da leggere di Buk per chi è alle prime armi, è John Fante, ammirato dallo stesso Bukowski. Anche qui sono disponibili raccolte di racconti.

Leggere in lingua originale è una esperienza molto bella perché qualcosa nella traduzione si perde sempre, per non dire del fatto che di Buk mi è capitato per curiosità di leggere traduzioni davvero ignobili, che non rendono affatto la genuinità e la potenza del testo originale – ci sarebbe molto da dire a riguardo.

Buona lettura a tutti.

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counseling

Counseling

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Counseling dal volto umano: parla con noi.

Come probabilmente sapete già, mi sono iscritto ad un master di counseling, per diventare appunto counselor.

Ma che cos’è il counseling?

In termini molto elementari, ma a mio giudizio abbastanza efficaci, il counseling consiste nel farsi ascoltare da un «esperto», esperto in niente di molto più specifico che non sia l’ascolto stesso, per ricevere un aiuto nella definizione di una o più strategie o tattiche per poter affrontare uno o più problemi della vita, di qualsiasi genere, dal lavoro, alle relazioni, alla spiritualità, alla personalità e così via.

Entrare in questo mondo per me è stato davvero molto spontaneo.

Sono avvocato da 22 anni, per tutto questo tempo ho cercato di aiutare le persone definendo strategie efficaci per i loro problemi legali – che, come tali, non sono mai problemi giuridici, ma presentano sempre profonde radici emotive.

Da alcuni anni, sono mediatore familiare e aiuto le coppie, cercando anche in questo caso di definire delle strategie per poter raggiungere i loro obiettivi, auspicabilmente di composizione delle crisi o, nei casi meno fausti, di separazione – è noto che io sono molto favorevole alle riconciliazioni o al lavoro sulla coppia, specialmente quando ci sono i figli, mettendo la soluzione della separazione sempre all’ultimo posto.

Come counselor, potrò aiutare le persone, gli individui, andando per certi versi anche alla radice dei primi due problemi, quelli legali, che coinvolgono due individui non necessariamente legati da relazioni specifiche, e quelli di coppia, che spesso originano da problemi singoli di uno o dei due componenti della stessa.

Mi sento molto portato per questo tipo di lavoro, per via delle mie doti di empatia e della mia preparazione tendenzialmente eclettica, a cavallo delle scienze umane e della tecnica, con la quale sorprendo sempre le persone che hanno a che fare con me quando vedono che mi destreggio abbastanza bene sia con la letteratura, la filosofia e la fede, sia con le tecniche più moderne – nel colloquio che ho avuto ieri ad esempio ho consigliato ad una mia cliente di creare una campagna utilizzando facebook ads, un sistema di marketing che ho approfondito per interesse personale e che ho trovato molto efficace.

La mia fortuna, appunto, è stata probabilmente quella di essere sempre stato molto curioso, senza porre confini, e interessato da tutto quello che avrebbe potuto essermi utile o anche solo divertente.

Credo che aiutare gli altri sia anche molto cristiano e so che, ad ogni modo, aiutare davvero gli altri mi piace e mi dà profonda soddisfazione (purtroppo, molte persone non vogliono essere aiutate).

Nel campo dei problemi legali, purtroppo tutto quello che puoi fare per aiutare gli altri incontra mille ostacoli che sfuggono dalla tua sfera di controllo: puoi impostare bene un ricorso o una strategia, ma poi c’è un giudice che decide e magari vede le cose in modo diverso da te. Nel campo del lavoro individuale, il rapporto è tra il consulente e l’individuo – e questo è francamente e finalmente meraviglioso.

Le persone oggigiorno non sono felici.

Potete tentare di venirmela a raccontare in qualsiasi modo, ma io sono 22 anni che tengo le mani dentro alle ferite più brucianti della gente e so che cosa c’è nella pancia di più o meno tutti.

Facendo l’avvocato, ho raccolto più confessioni di un frate, quindi so perfettamente cosa dico.

Parlo di persone che avrebbero tutto per essere felici, ma non lo sono.

Anzi, stanno male, proprio male e continuano a girare in tondo senza riuscire ad uscirne.

Per metterci anche la ciliegina sopra, finiscono per giudicarsi molto aspramente per la situazione in cui si trovano…

Io sono andato verso il counseling per la tensione verso il dolore e la sofferenza di queste persone, dopo un percorso di crescita individuale che mi è capitato di fare e che mi ha reso molto più forte, felice, resiliente.

Ovviamente, non tutto può essere risolto con il counseling, che è un tipo di intervento che si basa sulla parola, che è uno strumento potentissimo, ma non sempre sufficiente.

Peraltro, il counseling si può utilizzare per persone che sono «sanissime», non presentano alcun disagio, ma posso semplicemente giovare dell’aiuto di un punto di vista diversothink different») per affrontare le cose della loro vita o semplicemente per fare crescita personale, una cosa importantissima che ognuno di voi deve fare da quando nasce a quando muore (e, probabilmente, anche oltre…).

Il counselor si colloca, a mio modo di vedere, su un primo, ma vastissimo, gradino di lavoro di cura e relazione con la persona, quello dei «sani» che possono giovarsi di un aiuto esterno o delle persone con disagi contenuti.

Se i disagi sono più grandi, ma si possono curare ancora con la parola, si può tentare con uno psicoterapeuta, magari insieme ad un counselor.

Se sono più grandi ancora, c’è lo psichiatra o, ulteriormente, il ricovero sanitario.

Sempre come avvocato, mi è capitato, ad esempio, di ricevere tre persone, in altrettante occasioni diverse, che erano vittime di veri e propri deliri – di persecuzione, di distorsione della realtà – con le quali ogni terapia basata sulla parola sarebbe stata inutile.

Ognuna delle figure che si occupano della persona (counselor, psicoterapeuta, consulente filosofico, psichiatra, ecc.) deve avere l’onestà di inviare la persona alla figura più appropriata per lui, sia in alto che in basso, a seconda della situazione e della gravità del problema e questa è e sarà sempre la mia «proposizione etica» come counselor.

Da oggi, il blog cambia anche il suo payoff, che diventa, da «avvocati da volto umano» qual era, «avvocati, mediatori e counselor dal volto umano».

Con questo ultimo tassello, si compie finalmente una prima grande fase della mia evoluzione come persona e come professionista.

Sono arrivato ad un punto che, in precedenza, non avevo nemmeno bene identificato come quello mio di arrivo, come sempre avviene nella vita, che è come un puzzle da ricostruire, in cui ricevi un pezzo alla volta da sistemare, senza però poter vedere l’immagine d’insieme.

Ma sento che era questo il punto cui dovevo arrivare.

Il lavoro di qualsiasi professionista, artigiano, imprenditore, lavoratore, familiare ha senso solo se è davvero utile agli altri.

Ho sempre intuito che al centro del mio lavoro avrebbe dovuto esserci l’uomo, con le sue esigenze, da trattare in modo umano – da qui lo slogan, fortunatissimo, degli «avvocati dal volto umano». Ho preso una professione tradizionalmente burocratica, fatta di tanta incomunicabilità con il pubblico degli assistiti, e ho cercato di renderla umana e mettere al centro il cuore e il lavoro sul cuore, da me ultimamente sempre più spesso proposto in alternativa a quello giudiziario classico.

Da là a prendere in mano la persona in modo completo il passo è stato davvero breve, ogni avvocato tocca con mano più volte al giorno la radice emotiva e individuale di tutti i problemi legali.

Dopo tanti anni passati non dico a girarci intorno, ma a vedere i problemi più da lontano, senza poter intervenir più nel profondo, finalmente avrò la possibilità di fare sempre di più quel lavoro sul cuore di cui oggi c’è assoluto bisogno.

Adesso concludo, ci sarebbero tante altre cose da dire, ma magari va ne parlerò in altri post successivi, come facciamo sempre sul blog.

Io posso solo ringraziarvi perché se sono qui a poter scrivere e fare queste cose è quasi solo merito vostro che mi avete dato fiducia e scelto per la trattazione dei vostri problemi, a volte delicatissimi, e mi avete fatto crescere, in tutti questi anni, sia come professionista che come uomo.

Il minimo che possa fare è continuare ad esserci, sempre, a disposizione per ascoltarvi.

Sapete che, quando c’è qualcosa che vi fa male, quando vi fa male da qualche parte, potete venirne a parlare con me.

Evviva noi e che Dio vi benedica e volga sempre il suo volto verso di voi.

PS vi lascio questo breve, ma eccezionale, video di un grande maestro, Mauro Scardovelli, che spiega ancora più approfonditamente cosa sia il counseling, parlando delle fondamentali intuzioni di Carl Rogers.

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Audiolibri: cosa sono, come si usano.

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Gli audiolibri in generale.

Oggi facciamo il punto sugli audiolibri.

Gli audiolibri, come dice la parola stessa, sono libri letti – e, qualche volta, mi permetterei anche di dire: recitati – da una persona, che vengono poi fruiti dall’utilizzatore finale come se fossero un qualsiasi pezzo musicale e quindi tramite un riproduttore di audio che, oggigiorno, di solito è il cellulare e un paio di cuffie, anche se ovviamente non è certo vietato utilizzare altri sistemi di riproduzione.

Da amante inveterato dei libri, sono sempre stato un po’ scettico sugli audiolibri proprio perché la modalità di fruizione nel caso dell’audiolibro è completamente diversa rispetto alla lettura, ma ultimamente mi sono dovuto parzialmente ricredere e ogni tanto mi piace sentire un audiolibro letto, o recitato, da altri.

La modalità di fruizione è molto diversa perché ad esempio fare una pausa quando si legge e tornare indietro per rileggere un passo che ad esempio ci ha colpito particolarmente è molto più semplice di quanto possa avvenire durante l’ascolto di un audiolibro. E anche più facile, ad esempio, fare la foto di una pagina per condividerla sui social o addirittura fare copia incolla di un passaggio per conservarlo tra i nostri preferiti oppure sempre per condividerlo sui social. La differenza principale però riguarda semplicemente l’andare avanti o indietro nella lettura: chi si trova in mano un libro cartaceo può agevolmente indietreggiare del numero di parole che ritiene opportuno, mentre invece con un audiolibro non è sempre facile riuscire a tornare indietro al punto esatto in cui si vuole ritornare.

Gli audiolibri però presentano sicuramente alcuni vantaggi e ci sono situazioni in cui può essere piacevole e interessante fruire di un audiolibro piuttosto che di un libro cartaceo o di un ebook, cioè di un libro da «leggere».

Generalmente, innanzitutto, un audiolibro è utile per tutti coloro che hanno problemi o difficoltà di lettura da vicino, magari anche per stanchezza dopo essere stati a un terminale per diverse ore oppure alla sera. Personalmente, pur essendo miope, non ho ancora difficoltà di lettura da vicino e leggo bene sia sul cartaceo, a condizione che ci siano adeguate condizioni di illuminazione, sia sui supporti elettronici – cioè per lo più cellulari o tablet. Da questo punto di vista, gli audiolibri possono consentire la fruizione di un libro a persone che per motivi legati alla difficoltà di lettura non potrebbero più godere dei contenuti e dell’esdi un buon libro.

Anche a prescindere, tuttavia, dalla difficoltà di lettura ci sono delle situazioni che fanno parte del quotidiano un po’ di tutti in cui può essere utile o divertente ascoltarsi un audiolibro. Pensiamo ad esempio a quello che stiamo facendo un po’ tutti in questo periodo di vacanze e cioè prendere il sole sotto l’ombrellone. In questi casi, è sicuramente più comodo sdraiarsi completamente senza tenere il collo incurvato verso un libro, di carta o elettronico, e infilarsi un paio di auricolari per sentirsi un audiolibro. Un’altra situazione molto interessante per gli audiolibri è ovviamente quella del viaggio in macchina oppure in treno o in corriera (o, persino, in scooter) per chi fa pendolarismo o per chi si sposta per qualsiasi ragione: in questi casi può essere interessante appunto ascoltarsi un libro durante il viaggio, sfruttando nel caso dell’auto addirittura la radio della stessa e il relativo impianto con una resa sonora a mio giudizio particolarmente interessante.

Cosa usare per sentirsi gli audiolibri.

Vediamo adesso alcune considerazioni che possono essere ancora più particolarmente utili per chi non ha mai sperimentato, o ha sperimentato magari in modo solo parziale, il mondo degli audiolibri e quindi vuole iniziare ad approfondire un pochettino di più.

Abbiamo detto che per riprodurre gli audiolibri si può utilizzare la stessa apparecchiatura, si possono utilizzare gli stessi strumenti che si possono utilizzare per le canzoni per la musica in generale. In realtà, se questo è vero, è anche vero che è sicuramente preferibile utilizzare degli strumenti specifici.

Anziché utilizzare, ad esempio, il riproduttore di musica di default sul proprio cellulare – che, per chi utilizza i cellulari Android, è Google play music – è preferibile installare un riproduttore di audiolibri di terze parti. Questo perché questo tipo di riproduttori sono dotati di funzionalità specifiche per gli audiolibri tra cui ad esempio la possibilità di definire una copertina che ci consente di individuare a colpo d’occhio il nostro audiolibro, la possibilità, ulteriormente, di sincronizzare tra il cellulare e il tablet la posizione di riproduzione con la facoltà quindi di mettere a caricare il cellulare e finire di ascoltarsi un audiolibro con il tablet che magari abbiamo lasciato sul comodino.

Una funzione abbastanza interessante che hanno solitamente i software che vengono utilizzati per riprodurre audiolibri e quella di riprendere la riproduzione da alcuni istanti precedenti il momento in cui la riproduzione era stata in qualche modo fermata. Questo è molto utile per non perdere il filo del discorso ed è una funzionalità che ovviamente non è presente nei riproduttori musicali dove la musica può essere fatta ripartire solo dal momento esatto in cui era stata messa in pausa, mentre per un audiolibro che si riprende magari dopo alcune ore e invece opportuno ripetere un pezzettino che era già stato ascoltato, proprio per poter ritornare all’interno dell’universo del libro stesso. Da questo punto di vista, ci sono addirittura dei riproduttori di audiolibri che ripartono da tanto più indietro nella lettura del libro quanto più lunga è durata la pausa. Questo ha abbastanza senso, perché è chiaro che se io metto in pausa e riprendo dopo 5 secondi perché semplicemente mi sono limitato a rispondere al campanello di casa aprendo la porta è inutile che il software mi torni indietro di un quarto d’ora perché io mi ricordo ancora che cosa ho ascoltato fino a 5 secondi prima, viceversa se invece metto in pausa per tre ore può anche darsi che sia opportuno che il software ritorni indietro anche di una decina di minuti, tanto quanto è sufficiente per farmi ritornare «dentro alle pagine» diciamo così del libro e riprendere in mano il filo del discorso.

Un’altra funzionalità molto importante dei lettori specifici di audiolibri è la possibilità di variare la velocità di riproduzione, altra cosa che non è prevista nei lettori musicali classici, dove anzi la velocità deve essere quanto più possibile vicina all’originale. Variare la velocità di riproduzione consente di «leggere» o «sentirsi» l’audiolibro più in fretta e si tratta di una opportunità che personalmente uso abbastanza spesso. La voce narrante si sente ovviamente abbastanza bene, in modo sempre distiguibile, naturalmente il tono di voce diventerà più «alto» come accade quando appunto si aumenta la velocità di riproduzione (molti si ricorderanno quando si facevano andare a 45 giri al minuto i vecchi vinili da 33). Ci sono libri più che altro di saggistica che si prestano particolarmente ad essere ascoltati a velocità più rapida. In generale, credo che comunque dipenda anche dal grado di concentrazione che siano in grado di dare all’audiolibro in quel momento (che a sua volta dipende dalla nostra stanchezza, lucidità, pensieri dominanti, ecc.): se non è molta la velocità si può persino rallentare e viceversa.

L’applicazione che utilizzo io sul mio cellulare Android si chiama listen audiobook player e tra quelle che ho provato mi sembra la meglio rifinita, anche se ci sono dei concorrenti che comunque si difendono bene. È un’applicazione a pagamento, ma mi pare che costi davvero molto poco parliamo di un paio di euro e gli aggiornamenti sono abbastanza frequenti. Questa app effettua la sincronizzazione del punto di lettura tramite Google Drive e sembra funzionare da questo punto di vista abbastanza bene.

Potete chiaramente trovare altri lettori di audiolibri e vedere quello che fa più al caso vostro: vi ho detto quali sono le funzioni che sono più utili e quindi vi raccomando di accertarvi che queste funzioni siano presenti perché poi nell’uso quotidiano ne sentirete probabilmente il bisogno.

Come procurarsi gli audiolibri.

Veniamo adesso ad un altro aspetto molto importante e cioè dove ci si possono procurare gli audiolibri e come vanno gestiti una volta che ci se li è procurati.

Allora innanzitutto ci sono audiolibri disponibili sia negli store previsti per i cellulari e dispositivi Android sia in quelli previsti per i dispositivi Apple, quindi per cercare un audiolibro, magari anche per provare il primo della vostra vita, potete semplicemente aprire Play Store se avete un cellulare Android oppure iTunes Store se avete un iPhone o un iPad.

Personalmente, non mi piace tanto acquistare i miei audiolibri in questo modo, preferisco comprarli direttamente sul sito del produttore, o meglio, in questo caso, editore. Questo perché gli audiolibri acquistati tramite gli stores come quelli citati sono protetti da sistemi di tipo DRM che impediscono la copia per cui se ad esempio un domani passate da iPhone ad Android o viceversa rischiate di non poter più leggere i vostri audiolibri, salvo solo l’ipotesi di non riuscire a craccarli cosa che non è poi sempre così semplice.

C’è un editore in Italia che effettua pubblicazioni a mio giudizio di pregio di audiolibri e si tratta di Emons audiolibri.

Personalmente, per acquistare i miei audiolibri e poi ascoltarmeli procedo in questo modo.

Innanzitutto li acquisto direttamente sul sito di Emons, facendo poi il download dei file MP3 sul Mac e inserendoli all’interno di una directory contenuta in Dropbox che come sapete è un sistema di sincronizzazione tramite la cloud dei file locali.

Ogni libro lo inserisco in una cartella a sé stante, senza fare ramificazioni ulteriori con altre sottocartelle, usando la sintassi di mettere il nome dell’autore e il titolo del libro. In questo modo, comunque i libri rimangono ordinati per nome dell’autore stesso.

Una volta fatto questo, i libri vengono sincronizzati tramite Dropbox. Per poterli portare in una cartella locale dei miei dispositivi utilizzo una utility che si chiama dropsync e che consiglio vivamente a tutti coloro che utilizzano un cellulare o un tablet Android. Tramite dropsync, i miei audiolibri vengono copiati da Dropbox in una cartella locale sulla memory card dei miei dispositivi.

Dentro a Listen Audiobook Player, poi, così come anche dentro ad altri lettori di audiolibri, è possibile definire una cartella «radice» in cui il programma deve cercare tutti i file degli audiolibri. Ovviamente, ho definito come cartella radice quella in cui dropsync mi sincronizza la cartella degli audiolibri in locale. Listen Audiobook Player a quel punto fa una scansione di tale cartella e trova tutti i libri che vi sono contenuti, organizzandoli in un’apposita libreria da dove l’utente li può scegliere per la riproduzione.

Questa impostazione anche il vantaggio di consentire ad esempio di sistemare i tag degli mp3 che non dovessero essere stati compilati correttamente dall’editore attraverso un’app locale per la modifica di questi tag restando inteso che, dopo la modifica, poi, tramite la sincronizzazione mediante Dropbox, le modifiche si propagheranno anche a tutti gli altri dispositivi.

È vero che una configurazione del genere è un po’ laboriosa e probabilmente per utenti più avanzati; ho ritenuto comunque opportuno appunto, a beneficio di questi ultimi, descriverla, restando inteso che gli utenti invece con meno capacità informatiche possono limitarsi benissimo a fruire degli audiolibri acquistati tramite gli store presenti nei loro cellulari e con le applicazioni relative. Anche se l’uso sarà meno avanzato, comunque saranno in ogni caso in grado di utilizzarli.

La qualità degli audiolibri.

Parliamo ora di un altro aspetto abbastanza rilevante relativo agli audiolibri. Si tratta della qualità della lettura o, se vogliamo, «recitazione».

Su internet, specialmente in lingua Inglese, si trovano molti audiolibri, ma una buona parte di questi sono stati letti e registrati da persone comuni senza particolari abilità di dizione e recitazione e quindi la qualità dell’esperienza purtroppo ne risente, a volte in maniera abbastanza pesante.

Prima accennavo alla produzione editoriale di Emons. Gli audiolibri prodotti da questa casa mi sembrano di buona e a volte anche eccellente qualità, perché questo editore incarica attori professionisti del cinema e di teatro di leggere i propri audiolibri e la differenza a mio giudizio si sente molto.

Tra l’altro i prezzi non sono nemmeno impossibili anzi ci sono spesso degli sconti e comunque gli audiolibri hanno un costo più o meno paragonabile a quello del libro cartaceo se non addirittura inferiore. Recentemente ad esempio ho avuto occasione di acquistare l’audiolibro dei Promessi Sposi letto da Paolo Poli, attore di teatro recentemente scomparso, e devo dire che la qualità è assolutamente eccezionale: la resa, specialmente nei dialoghi, è incredibile e quindi la professionalità di questi attori effettivamente attribuisce maggior valore ad un audiolibro.

Conclusioni.

Spero di avervi dato qualche spunto interessante per entrare in questo mondo che vale la pena di coltivare anche perché magari ci consente di poter consumare un libro, sia per ragioni di intrattenimento, sia, molto più spesso, per ragioni di crescita personale, dal momento che esistono audiolibri anche di manuali di auto aiuto e appunto di crescita personale che magari non riusciremmo a trovare il tempo e il modo di leggere se procedessimo nel modo tradizionale.

Non so come la pensiate voi, ma personalmente nonostante il proliferare di corsi a destra e a manca a cui assistiamo oggi giorno, continuo a ritenere che il libro sia uno dei veicoli principali, se non il principale in assoluto, per veicolare la conoscenza e promuovere la ricchezza e la correttezza del linguaggio, sia quello proprio nazionale sia spesso un eventuale linguaggio estero.

Buona lettura e buon ascolto a tutti.