«Mi fermai a guardarla. Il vestito bianco, una margheritina
all’orecchio, odore diverso da quello delle mandorle, la fissavo, lo sguardo inceppato su di lei. Fu la prima notizia certa della bellezza femminile. Non sta sopra le copertine dei giornali, delle passerelle, sullo schermo, sta invece all’improvviso accanto. Fa sussultare e svuota». (Erri De Luca, “I pesci non chiudono gli occhi”)
Tag: emozioni

Gli uomini non corteggiano più perché hanno paura del grande viaggio nella follia femminile che – come sa bene ogni grande seduttore – ciò comporterebbe.
Preferiscono persino rinunciare ad avere una donna, pur di poter continuare a pensare che quelle persone – su cui si reggono integralmente le famiglie, le scuole, il mondo del lavoro e del divertimento – siano normali.

«Il pensiero deve essere vuoto», permeabile all’esterno, in ascolto.
É l’esatto contrario di quello che fa l’uomo contemporaneo, che appena vede da lontano una puntina di noia si occupa e pre-occupa, come se la sua mente fosse affetta dallo stesso horror vacui che domina il mondo della fisica, e, per precauzione, prende in mano il cellulare e inizia a scorrere il nulla.
E pensare che la noia é così importante e creativa.
Ricordati: passa dal «pensare» al «sentire»
«L’attenzione consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’oggetto.
Il pensiero deve essere vuoto, in attesa, non deve cercare alcunché, ma essere pronto ad accogliere nella sua nuda verità l’oggetto che sta per penetrarvi.
Venti minuti di attenzione intensa e senza fatica valgono
infinitamente più di tre ore d’applicazione con la fronte corrugata, che fanno dire, con la sensazione di aver fatto il proprio dovere: Ho lavorato sodo.
Ogni volta che si presta veramente attenzione si distrugge un po’ di male in se stessi.
Un quarto d’ora di attenzione così orientata ha lo stesso valore di molte opere buone.»
(Simone Weil)
Innamorarsi: é per risonanza.

É una grande verità, ci si innamora per risonanza, perché le vibrazioni di una persona si incastrano, in qualche modo, con le nostre.
Questo non significa affatto suonare la stessa canzone, o la stessa nota, tutto al contrario siamo attratti per lo più dalla diversità, a condizione che si «intoni» (continua il parallelismo con in mondo della musica) con la nostra.
Un grandissimo musicista, Thelonious Monk, parlava, a proposito della sua musica di «errori buoni», sostenendo che a volte non riusciva a farli e gliene venivano solo di «cattivi»: in quei casi doveva ricominciare daccapo sino a che non gli venivano quelli buoni, quelli piacevoli.
A volte anche noi siamo alla ricerca di tonalità diverse, che sembrano stridere con la nostra canzone, invece a ben guardare la completano così bene e la rendono ancora più grande e maestosa.
Anche perché come é stato giustamente detto «i malati sono il sistema che Dio usa per guarire i sani»… Così anche gli errori buoni, le diversità, fanno suonare meglio le canzoni «sane».
Un abbraccio.
«Non si ama qualcuno per il suo aspetto fisico,
per i suoi vestiti,
per la sua macchina,
ma perché canta una canzone che solo tu puoi sentire.»(Oscar Wilde)
Mi hai chiesto come mai, ultimamente, parli sempre più spesso, su questo blog e nelle reti sociali, di argomenti non più legati ai problemi legali in senso stretto ma alla cura, alla crescita personale e al counseling.
Non capisci cosa c’entri tutto ciò con la professione forense e come possa un avvocato occuparsi di cose del genere che appartentemente sembrano molto lontane.
In realtà, é tutto molto più intimamente collegato di quel che possa sembrare.
Sono, infatti, diventato #counselor dopo aver acquisito la consapevolezza che ogni problema legale ha una profonda base emotiva e una grande radice nella forma mentis – o, come si direbbe più modernamente oggi, nel mindset – della persona che ne é affetta.
Passare al #counseling é stato come passare a lavorare sul «vero problema», senza limitarmi a curarne, al meglio possibile, i cascami e i riflessi nel mondo, per lo più burocratico, del #diritto.
Mi si è aperto il cuore e ho potuto finalmente essere utile alle persone.
Oggi credo che non si possa essere un buon #avvocato senza essere, almeno di fatto, un bravo #counselor, perché la primissima cosa per poter davvero lavorare per gli altri é l’#ascolto.
Stai con me, ci divertiremo ancora di più!

A volte, in molte situazioni della vita, l’unica vera soluzione è accettare che non ce ne sia affatto una.
Come quando in una relazione soffri, ma soffriresti ugualmente fuori da essa, decidendo di interromperla.
L’unica cosa da fare in questi casi é accettare la piccola tragedia che, finché non cambia – da sola – la situazione, il tuo destino è comunque soffrire.
E metterti allora subito a lavorare su di te.
Tu sei l’unica cosa che rientra nella tua sfera di dominio, in ciò che puoi cambiare.
Non smetti di amare, ad esempio, quando subisci un grave torto da parte del tuo partner. Se lo sorprendi, sempre ad esempio, a tradirti, non smetti per ciò stesso di amarlo. Sprofondi nel dolore, ma rimani bagnato, o bagnata, dei tuoi sentimenti.
Questa è appunto la tragedia dei sentimenti: che non cambiano anche se sopravvengono fatti, anche gravi, in contrasto con essi.
In questi casi, la mentalizzazione non ti serve, non ti aiuta, anzi ti fa solo stare peggio.
Pensare a quel che «dovresti fare» quando in realtà non lo puoi fare, ti fa sentire solo più inadeguato o inadeguata.
E questa sensazione di inadeguatezza che ti procuri da solo non ha nemmeno senso, perché se anche avessi la dabbenaggine di prendere decisioni di testa non risolveresti niente, anzi staresti solo peggio.
Quindi non rimpiangere di non avere più coraggio, o forza di volontà, perché non c’entra niente, saresti solo uno sconsiderato ad agire così e staresti solo peggio tu, per fare stare male tutti gli altri…
Guardati dall’alto quando produci questi pensieri. Sono solo dicerie infondate, nuvoloni grigi nella mente di una persona che soffre.
Cosa devi fare allora?
Devi accettare che al momento una soluzione per smettere di soffrire non esiste, quindi devi accettare la sofferenza, come «spiega» il grande mistico Rumi nella sua poesia «La locanda» di cui ti ho già parlato diverse volte.
Accetta il fatto che non c’è nessuna decisione da prendere, nessuna riflessione da fare.
C’è solo del lavoro da iniziare su te stesso, per creare una versione sempre migliore, per avere vibrazioni sempre più alte.
Non nego che questo sia difficile, specialmente quando si ha il cuore spezzato, ed è sicuramente una strada in salita, ma resta il fatto che è l’unica strada.
Una soluzione, una decisione arriveranno, ma non saranno mentalizzazioni, sarà la tua «pancia» a decidere quando le cose saranno sufficientemente mature.
Quindi, anche qui, devi passare dalla modalità di mentalizzazione a quella di percezione di te stesso, di quello che hai realmente in pancia. Devi fare il passaggio dal passare al sentire, per quanto il sentire possa essere, in momenti come questo, poco piacevole.
Se vuoi essere guidato in un percorso di gestione di situazioni del genere, o comunque desideri un aiuto concreto per la tua crescita personale, contattami tramite il modulo apposito oppure chiama il numero 059 761926 per concordare un appuntamento per iniziare il tuo percorso di counseling.
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Ho acquistato casa all’asta prima del matrimonio per un importo di € 170,000. Io e mia moglie siamo in regime di comunione dei beni e non abbiamo figli . La casa è intestata solo a me ( a causa di un errore dell’avvocato che ci ha seguito durante l’asta ) , però la mia fidanzata e ora attuale moglie, ha contributo all’epoca col 25% ( avevamo in totale io e lei un importo cash disponibile di € 120,000 e quindi mia moglie ha ” messo ” circa €30,000 ) . Poi sia prima e dopo il matrimonio abbiamo estinto il mutuo pagandolo insieme attraverso conto corrente bancario cointestato. Domanda: fin dal primo momento ho rilasciato nelle mani di mia moglie una mia dichiarazione scritta di pugno su cui dichiaravo che la casa era stata acquistata anche col contributo economico di mia moglie , ma a lei ora non basta più …Lei dice ” non si sa mai nella vita … ” , e di poter aver una carta scritta ufficiale su cui si evince il suo diritto sulla proprietà (anche per poter cautelare, in futuro, qualche suo famigliare in difficoltà economica). Cosa conviene fare ? Mi aiuti perchè sono molto deluso da questa mancanza di fiducia. Non negherei mai, anche in un caso lontanamente ipotetico di separazione/divorzio, quanto da lei dovuto economicamente
Direi che nella tua situazione, come spesso accade in quelle che riguardano la famiglia, ci siano due aspetti che concorrono: quello patrimoniale, relativo alla tutela economica di tutti i protagonisti della vicenda, e quello personale, relativo alla fiducia e all’investimento nella coppia.
Per cose di questo tipo, a mio modo di vedere le soluzioni non possono essere trovate in prima battuta in strumenti giuridici, come fare un documento ancora più «ufficiale» o addirittura un rogito o donazione di passaggio di una quota di comproprietà – che comporterebbe anche delle spese per tasse, notaio, geometra, ecc..
Lo strumento da utilizzare a mio giudizio è la mediazione familiare, che consente ai coniugi di potere avere un chiarimento delle rispettive posizioni, o meglio potremmo dire emozioni a riguardo, che è la prima cosa di cui hanno bisogno.
Da un lato, infatti, tu sei molto deluso da quella che percepisci come una mancanza di fiducia di tua moglie nei tuoi confronti.
Tua moglie, dal suo lato, ha comunque qualcosa che non la soddisfa a livello emotivo e che – attenzione! – non è affatto detto che venga poi soddisfatta anche facendo le cose che sembra richiedere come un altro documento ufficiale o un rogito.
Una cosa che va detta, e che è molto importante, è che può benissimo darsi che queste emozioni, questo vostro punto di vista sulla situazione, siano, se guardati da un punto di vista razionale, anche «sbagliati» e cioè privi di motivi per sussistere in realtà.
Da un certo punto di vista, è normale che un coniuge si fidi di noi ma non fino in fondo, specie in questioni patrimoniali, quindi sembrerebbe sbagliato adontarsene, però …
Però non bisogna cadere nell’errore di pensare che davvero le nostre emozioni siano «sbagliate» e finire con il giudicarci. Delle nostre emozioni dobbiamo solo prendere atto, anche quando sono paradossali o quando, se usassimo la mente razionale, potremmo valutarle come inadeguate o «ingiuste».
Prendendo atto che ci sono questi disagi reciproci, la cosa migliore è, senza appunto giudicare né noi stessi né il nostro coniuge, andare a parlarne, a partire proprio dalle emozioni (un giorno sul blog farò un post in cui spiegherò la comunicazione emotiva), davanti ad un mediatore familiare.
Da questi colloqui scaturirà un chiarimento, che sarà poi utile per capire anche cosa eventualmente fare a livello giuridico legale, sempre che, una volta chiariti, i coniugi desiderino ancora fare qualcosa, che, a quel punto, verrà fatto con molta maggiore serenità e consapevolezza, come un ennesimo investimento sulla coppia.