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FeedMe per Android: finalmente un client feed decente.

Dopo essere passato ad Android provenendo da iPhone, uno dei pochi svantaggi di una scelta di cui sono ad oggi molto soddisfatto riguarda le applicazioni, che nel mondo Android sono generalmente meno presenti e meno rifinite di quanto accada nell’ecosistema Apple, dove probabilmente gli sviluppatori sono più tutelati nei loro investimenti, in quanto gli utenti della mela sono più abituati a sborsare per usare applicazioni belle e funzionali.

Uno delle applicazioni che non riuscivo a «trovare» era un decente lettore di feed rss o atom che fosse compatibile con feedly, il server dove inserisco i feed che voglio seguire.

Ho spiegato in un altro post cosa sono i feed e perché sono, ancora oggi, il sistema migliore per seguire fonti di notizie e aggiornamenti su internet, sicuramente di gran lunga preferibile ai social network che sono molto più disorganizzati, confusionari e dove l’utente viene lasciato sostanzialmente in balia dei suoi gestori – è di questi giorni la notizia che gli amministratori di facebook stanno rivedendo i criteri per la scelta delle cose da mostrare agli utenti nella loro timeline.

Purtroppo, siamo rimasti in pochi ad usare i feed, le nuove generazioni non sanno nemmeno che cosa siano e trascorrono buona parte del tempo a scorrere timeline abbastanza curiose come quelle di instagram, snapchat o dentro a gruppi privati su whatsapp, che spesso, rispetto a contenuti di qualità come si possono trovare sul vero web, sono vere e proprie cianfrusaglie.

Polemiche a parte, finalmente ho trovato un client di feed che mi soddisfa e che quindi ho installato sia sul mio Note 8 che sul tablet.

Si tratta di FeedMe, che si può scaricare, se avete Android ovviamente, a questo link.

Di questo client, compatibile non solo con feedly ma anche con altri server di feed, mi ha colpito la pulizia dell’interfaccia grafica, la sua semplicità e intuitività, che mi ha fatto finalmente riscoprire fonti che con le applicazioni precedenti non riuscivo più a vedere e consultare.

Inoltre presenta una configurabilità piuttosto granulare da parte dell’utente.

Una cosa che non mi è piaciuta molto è il supporto ai podcast, dal momento che a mio giudizio ogni applicazione deve essere focalizzata su una e una sola cosa, e farla bene, ma ovviamente la disponibilità di queste funzioni non guasta.

La documentazione di sviluppo di FeedMe è disponibile su GitHub a questo indirizzo.

Una funzione piuttosto avanzata è quella dei filtri, che personalmente trovo abbastanza utile, dal momento che tra tutte le fonti che seguo ci sono sempre articoli di poco interesse, che puoi quindi «tagliare fuori» dall’elenco delle notizie in modo che non ti vengano nemmeno mostrate. Questa funzionalità, che feedly ad esempio implementa anche a livello di server (ma per configurarla bisogna collegarsi con un computer da scrivania), è descritta qui.

In conclusione, consiglio di nuovo a tutti di imparare ad usare i feed rss o atom per seguire i contenuti più interessanti che vengono pubblicati su internet, lasciando perdere i social network, che sono una trappola ben organizzata dai loro gestori per mostrarvi solo quello che vogliono loro, mentre dovete essere voi ad andarvi a cercare i contenuti che volete seguire davvero.

Se voleste, ad esempio, seguire anche questo blog via feed, l’indirizzo sarebbe questo.

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Boomerang: un’estensione per la gestione della mail.

Oggi parliamo di una estensione per gmail molto utile per tutti coloro che utilizzano intensamente la posta elettronica, un mostro con il quale molti di noi hanno a che fare quotidianamente e contro il quale occorre adottare adeguate strategie di gestione.

Una di queste strategie è la gestione del flusso dei messaggi sia in entrata che in uscita, che è importantissimo per conservare equilibrio nell’attività che svolgiamo ogni giorno.

La gestione del flusso avviene sia tramite snoozing, che consiste nel far sparire dalla nostra inbox per un certo intervallo di tempo un messaggio di posta elettronica di cui non vogliamo occuparci subito (lo snooze è il tasto che premiamo sulla sveglia al mattino per poter stare in pace altri 5/10 minuti), sia tramite delaying, che, a sua volta, consiste nello scrivere subito una risposta ad una mail o una mail nuova, ma programmando la sua consegna in un momento successivo nel tempo.

Torneremo presto con appositi post su questi importanti concetti – importanti per la produttività, ma anche la serenità di ognuno di noi – mentre oggi ci occupiamo, pragmaticamente, di vedere come funziona questa estensione per gmail che consente proprio di effettuare lo scheduling dei messaggi gmail in uscita ad un momento successivo nel tempo.

Boomerang lo potete trovare a questo indirizzo.

Boomerang è innanzitutto un’estensione per il browser. Personalmente, utilizzo Firefox quindi l’ho installata in quel browser, accettando necessariamente l’accesso ai miei dati di gmail, cosa necessaria perché una estensione di questo tipo possa funzionare. L’installazione negli altri browser, tra cui Chrome e Safari, è comunque analoga.

Dopo aver fatto l’installazione, bisogna aprire gmail in una nuova finestra o tab del browser. Se non siete sicuri, chiedete il browser e riapritelo.

Al momento di aprire gmail, dovrebbe comparire questa finestra di dialogo.

Tramite questa finestra, gli sviluppatori di Boomerang vorrebbero farci vedere cosa può fare la loro estensione. Decidete voi se volete, come io consiglio, dare un’occhiata oppure no, in questo secondo caso fate clic ovviamente su SKIP.

Boomerang, comunque, come si vede bene da questa immagine, consente di fare le due cose fondamentali che accennavamo prima: cioè sia «mandare via» una mail dalla propria inbox per un certo tempo per poi farcela ritornare, appunto come un boomerang, oppure di programmare i messaggi che si spediscono…

C’è anche un [youtube http://youtube.com/w/?v=XU1iRwqJC1U], purtroppo solo in Inglese, che si può guardare per capire meglio come funziona.

Ad ogni modo, le istruzioni sono molto semplici:

  • selezionare un messaggio ricevuto e cliccare boomerang per fare lo snooze
  • scrivere un messaggio nuovo e al momento dell’invio anziché cliccare su Send o Invia, cliccare su Send Later…

Facendo clic sull’icona di boomerang in alto a destra, è anche possibile vedere tutti i messaggi che sono stati programmati per l’invio successivo, in modo ad esempio da cambiare la programmazione o inviarli subito o dopo ancora o magari cancellarli – perché ad esempio nel frattempo abbiamo sentito quella persona per telefono.

Questa estensione, oltre alle due favolose funzionalità base di snooze e delay offre anche altre caratteristiche tra cui il controllo che il destinatario risponda, tramite appositi reminders, l’invio di mail ricorrenti, l’aggiunta di note ad alcuni messaggi dati in pasto a boomerang, l’utilizzo su sistemi mobili e le notifiche quando un messaggio è stato aperto.

Ma ecco l’icona boomerang in alto a destra nel mio account gmail:

Attenzione che per il funzionamento di boomerang bisogna disabilitare il blocco dei pop up per la home di gmail. Comunque l’estensione dovrebbe chiedervi di farlo e il browser alzare un avvertimento per consentirvi di farlo direttamente.

A questo punto, Boomerang chiederà l’accesso a questi permessi «Leggere, inviare e gestire le tue email». Sembra un po’ terrificante da leggere così, ma ognuno capisce che per svolgere queste funzionalità ciò è assolutamente necessario. Bisogna quindi consentire.

Per fare lo snooze di uno o più messaggi della nostra inbox, bisogna iniziare col selezionarli. Solo dopo averli selezionati, apparirà una seconda icona «Boomerang» sulla riga delle azioni disponibili per i messaggi selezionati – dopo archivia, segnala come spam, cestina, ecc.

Cliccando su questa icona, si potrà scegliere per quanto tempo fare lo snooze del messaggio:

Dopo aver selezionato il momento desiderato, apparirà un breve pop con l’indicazione «processing», dopodiché un messaggio in sovrimpressione di gmail avverte che il messaggio è stato «archiviato», quindi un secondo messaggio in sovrimpressione dirà il giorno ed ora in cui il messaggio riapparirà nella inbox.

Perché gmail dice che il messaggio è stato archiviato?

Ma perché questo è il modo in cui funziona Boomerang. Quando un utente fa lo snooze di un messaggio, Boomerang lo mette nella casella «Tutti i messaggi» di gmail, con l’etichetta «Boomerang». Qui ad esempio ho fatto lo snooze, tanto per provare, del messaggio iniziale ricevuto da Boomerang.

Da questa casella, poi, Boomerang, al momento prestabilito, recupererà il messaggio e lo rimetterà nella inbox, togliendo l’etichetta «Boomerang». That simple.

Vediamo adesso la funzione di delay o scheduling.

Se clicchi su «Scrivi» per comporre un nuovo messaggio, si apre una finestra simile a questa:

Come vedi, puoi continuare a mandare via immediatamente i tuoi messaggi, oppure potete anche utilizzare la funzione di invio in seguito offerta da Boomerang con la creazione di una nuova barra di strumenti sotto a quella «vecchia».

Cliccando su «Send Later» si apre questo sottomenu in cui potete stabilire il momento in cui volete che il messaggio sia inviato:

Mettendo il segno di spunta nella casella subito a destra di «Send Later» potete poi anche qui fare boomerang, in diversi casi o opzioni: se il destinatario non risponde ad esempio in due giorni, non apre il link che gli hai inviato, non apre la mail e così via.

Se fai boomerang su un messaggio che spedisci che cosa succede?

Che, seguendo il nostro esempio, se dopo due giorni il destinatario non ti ha risposto, Boomerang ti torna a mettere la mail che hai spedito, all’interno della «conversazione», nella tua inbox, in modo che tu possa lavorarci sopra, in qualsiasi modo, e che la cosa non vada nel dimenticatoio.

Con queste funzionalità, Boomerang non è dunque solo una estensione per la gestione del flusso della mail ma anche un programma che ha funzionalità tipiche dei software di gestione di cose da fare.

Se provate, Boomerang, fate sapere che cosa ne pensate nei commenti.

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Android vs. iOS: qual è il sistema migliore?

È meglio iOS o Android?

Parlare delle differenze tra sistemi operativi rischia di essere ozioso, perché in buona parte la scelta di un sistema piuttosto che un altro è dovuta al caso, all’abitudine, alla tradizione, ai consigli degli amici e, in qualche ipotesi, anche ai propri gusti personali; inoltre c’è il rischio di scadere nella tifoseria, esattamente come avveniva ai vecchi tempi, quando si assisteva, nei forum di discussione, a dispute interminabili tra utenti dei sistemi Windows e utenti Apple.

Oggi, che siamo nell’era post-pc, si rischia appunto di riproporre lo stesso confronto, non più tra i vecchi contendenti da scrivania, ma tra i sistemi operativi mobili, quindi iOS di Apple da un lato e Android di Google dall’altro.

In questo post, tuttavia, cerco di dare un contributo di tipo costruttivo, con riguardo principalmente alla maggior o minor produttività di una scelta rispetto all’altra e quindi alle cose in più che si possono fare con una periferica rispetto all’altra o alle cose che si possono fare meglio e viceversa.

Io stesso consiglio sempre di provare, e di farlo per un certo range di tempo (non è sufficiente giocarci per qualche minuto, occorre un uso in qualche modo di «produzione» per settimane o mesi), i vari sistemi disponibili, confrontandoli, paragonandoli tra loro e vedendo come ognuno di essi offra una soluzione o un punto di vista alle esigenze che gli utenti volta per volta manifestano.

Recentemente, mi sono riavvicinato al mondo Android che mi interessa sempre sperimentare per vedere quali soluzioni implementa e se può garantire una maggiore produttività rispetto agli ambienti Apple; devo dire di esserne rimasto impressionato. Anche perché i difetti di iOS sembrano ormai qui per restare e non essere superati o in qualche modo risolti da Apple, anche alla luce delle ultime presentazioni di prodotti e aggiornamenti software.

Ancor più tempo addietro, avevo avuto un Nexus 4 che avevo poi rivenduto, trovando il sistema all’epoca abbastanza immaturo, anche se ad Android non avevo detto addio, ma semplicemente arrivederci, proprio perché in alcuni punti avevo intravisto delle buone potenzialità.

Ultimamente, mi sono comprato, reperendolo sul mercato dell’usato ad un prezzo molto conveniente, un Nexus 6, quindi un terminale di penultima generazione – attualmente è disponibile il Nexus 6P, e tra poco dovrebbero uscire i nuovi Nexus – ed è quello che sto utilizzando in questo periodo, ed anche in questo momento per la redazione di questo articolo (per lo più tramite dettatura vocale).

Le differenze in generale.

In generale i dispositivi iOS sono meglio rifiniti, più eleganti, più stilosi e piacevoli da guardare e utilizzare; per contro però sono più ingessati, più chiusi, più costretti in scelte che provengono direttamente da Apple. Anche a livello di interfaccia, la libertà concessa all’utente è sicuramente minore (mancano, su iOS, i widget, che sono invece comodissimi per un accesso diretto ad alcune funzioni personalizzate o alla ricerca su google).

Per converso i dispositivi Android, che appaiono anche icto oculi meno rifiniti e meno eleganti, nonostante tutto, di iPhone e iPad, offrono una versatilità molto maggiore, senza – almeno nella mia esperienza – che a questa maggior versatilità faccia da contraltare negativo una maggiore instabilità, dal momento che oggigiorno i dispositivi con sistema operativo Apple e quelli con sistema operativo Google sono, appunto a mio giudizio, abbastanza equivalenti da questo punto di vista (chiaramente il discorso può variare a seconda del terminale che si utilizza).

Se, comunque, in generale i prodotti destinati all’utilizzo in mobilità di Apple sembrano ancora finiti meglio rispetto ad Android, il robottino presenta tuttavia alcuni aspetti dove c’è la possibilità di essere molto più produttivi e che possono essere interessanti per tutti, specialmente per i professionisti.

Vediamo quindi le cose che mi sono piaciute molto di Android, quelle dove il robottino sembra migliore di iOS.

Le cose che mi sono piaciute di Android.

Il voip su Android.

Una cosa ad esempio che a me piace moltissimo di Android è la gestione del VoIP, la telefonia vocale tramite internet, che invece su iPhone è davvero carente e pressochè inutilizzabile, nonostante la disponibilità di applicazioni di pregio come groundwire. Da anni usiamo VoIP in studio, con molti vantaggi, di cui ho parlato in questo vecchio post di cui consiglio la lettura.

Su Android, la gestione di VoIP è integrata nel sistema operativo ed è del tutto trasparente per l’utente. Una volta che hai configurato il tuo account VoIP, nel momento in cui effettui una chiamata il cellulare ti chiede, alzando una apposita finestra di dialogo, tramite quale account vuoi fare questa chiamata: se vuoi chiamare tramite la sim installata sul cellulare oppure tramite l’account VoIP configurato. Personalmente spesso, anche quando sono in giro e quindi fuori dallo studio, chiamo tramite l’account VoIP, perché questo mi consente di non esporre il numero del mio cellulare ma di chiamare clienti, prospetti e altri destinatari con il numero fisso dello studio: cioè loro vedono come ID del chiamante il numero di telefonia fissa dello studio, anche se io li sto chiamando usando come terminale il mio celluare. Questa è una cosa davvero molto comoda.

Su iPhone invece l’implementazione del VoIP è assolutamente inutilizzabile. A livello di sistema operativo non è per niente implementato: e qui devo dire che sospetto motivi «politici» legati alla convenienza economica degli operatori di telefonia mobile. Se vuoi utilizzare il VoIP, devi per forza installare un’applicazione di terze parti e ce ne sono al riguardo di davvero molto buone, come la già citata groundwire. Il problema però è che non sono coordinate con l’ambiente in cui operano, a causa di ciò succedono cose molto poco simpatiche come, ad esempio, quando tu stai facendo una telefonata tramite VoIP e ti chiamano al cellulare. In quel caso la telefonata VoIP viene bruscamente sbattuta giù a favore della chiamata entrante sul cellulare, senza che tu possa avvertire in alcun modo il tuo interlocutore. Mi sembra un sistema sostanzialmente inutilizzabile, specialmente per un professionista.

La dettatura vocale.

Un’altra cosa che mi sta piacendo moltissimo di Android, o quantomeno del mio Nexus 6 visto che non so se a riguardo ci sono differenze significative con altri terminali, è la funzione di dettatura che ho trovato, a parte alcuni aspetti strani di cui dirò dopo, straordinariamente accurata, utile e foriera di tanta produttività in più. Come cennavo, anche il «grosso» di questo articolo è stato redatto tramite dettatura, con rifiniture finali al Mac.

La prima differenza con iPhone, ed è una differenza a mio giudizio fondamentale, è che, con il dispositivo di Apple, la dettatura ha per forza una durata limitata: tu puoi dettare per qualche secondo, poi il dispositivo ti avverte che il tempo a tua disposizione è finito; allora devi smettere di dettare e lasciare che l’iPhone traduca in testo quello che tu hai dettato per poi riprendere di nuovo, quindi facendo questo gioco finché non hai finito di scrivere quello che devi scrivere.

Con Android, invece, la dettatura non ha nessun confine temporale e può proseguire per tutto il tempo necessario. Puoi continuare a dettare finchè vuoi e lui continuerà sempre a effettuare il riconoscimento.

Questo credo sia dovuto al fatto che il dizionario per interpretare il parlato nel caso di Android è scaricato in locale mentre, nel caso di iPhone, ogni volta che si effettua una dettatura il telefono si collega ai server di Apple ai quali fa svolgere il lavoro di riconoscimento del testo.

Il punto tuttavia è che – nonostante questo sistema, che nel caso di Apple dovrebbe riconoscere e garantire un risultato migliore in termini appunto di dettatura e quindi di riconoscimento dei termini impiegati dall’utente – il riconoscimento funziona molto meglio su Android, anche con nomi propri di persona, termini della lingua inglese di uso corrente, nomi di prodotto e cose di questo genere.

Prove alla mano, mi capita molto meno di correggere Android rispetto ad iPhone e devo dire che la funzione di dettatura su Android ha aumentato moltissimo la mia produttività consentendomi ad esempio sia di rispondere a molte più mail sia di farlo in modo più dettagliato ed esaustivo.

In generale, sono davvero impressionato dal funzionamento della dettatura su Android ed all’aumento di efficienza che questo mi ha regalato. Al confronto, la funzione analoga su Apple sembra quasi una implementazione amatoriale.

Gli aspetti della dettatura su Android che non funzionano così bene di cui accennavo prima riguardano l’uso della punteggiatura. Anche nei terminali gestiti dal robottino si possono, ovviamente, inserire segni di interpunzione, però la dettatura a riguardo non funziona molto bene, o forse non ho ancora capito fino in fondo bene io come si deve fare. Una cosa di cui mi sono accorto è che il riconoscimento funziona molto meglio se la dettatura del segno di interpunzione la facciamo subito dopo la dettatura della parola, ad esempio se dobbiamo mettere un punto è bene che la parola relativa la pronunciamo subito dopo l’ultima parola della frase, altrimenti Android non metterà il segno di interpunzione ma scriverà la parola «punto».

Ad ogni modo, questo è poco male nel senso che l’inserimento dei segni di interpunzione, tra cui segnatamente le virgole, è un’operazione che spesso tradizionalmente si fa in sede di seconda revisione di un testo. Nel caso delle mail, poi, dove è socialmente ammesso un linguaggio più traballante e scritto di getto, si può anche scrivere appunto di getto, senza essere troppo esigenti con i segni di interpunzione. Se si scrive, invece, un testo più lungo, come ad esempio un articolo per un blog, si può benissimo dedicare una seconda fase del lavoro a rilettura e revisione della punteggiatura.

Torrent.

Un’altra cosa che mi piace molto di Android è che si può usare per scaricare file torrent, cosa che nell’ambiente Apple è assolutamente impensabile, proprio per la mania di controllo della casa della mela che sicuramente non apre i propri dispositivi a possibilità del genere (nonostante siano potenzialmente utilizzabili anche per scopi completamente legittimi).

La prima cosa positiva è che nel Play Store esistono applicazioni torrent che invece nello store di Apple sono da sempre completamente assenti. Io, per chi ne fosse interessato, uso, dopo averne provate alcune, Flud.

Oltre a ciò, il sistema operativo mi sembra anche strutturato in modo da consentire veramente l’esecuzione di processi in background, tanto è vero che sono riuscito a scaricare perfettamente un file, di dimensioni notevoli, che mi interessava tramite il circuito torrent, svolgendo altri lavori nel frattempo sul cellulare.

Le applicazioni che sono in esecuzione in background in modo fisso sono segnalate nel mio Nexus nella stessa barra in cui ci sono le icone delle notifiche in alto a sinistra; ovviamente quelle applicazioni si possono e anzi si debbono, quando non sono utilizzate, chiudere per evitare un eccessivo consumo di batteria dal momento che non dobbiamo mai dimenticarci che questo rimane un dispositivo mobile con la batteria di ridotte dimensioni e quindi non possiamo lasciare processi in esecuzione in background come faremo in un Mac anche portatile.

Registrare le telefonate.

Un’altra cosa che sono riuscito a fare bene con Android e che con l’iPhone è pressoché impossibile da fare in modo efficace è registrare le telefonate.

Le telefonate ovviamente non le registro perché devo spiare chissà chi e chissà che cosa, ma solo ed esclusivamente per motivi di maggior efficienza sul lavoro. Mi capita molto spesso di fare consulenze per telefono, consulenze che durano anche quasi un’ora se non a volte anche di più: in questi casi preferisco, dopo averlo chiesto al cliente ed aver ottenuto il suo consenso, registrare la conversazione in modo da avere un riferimento per poter recuperare qualche dettaglio che mi potrebbe a volte sfuggire o di cui mi potrei in seguito dimenticare.

In tali ipotesi, dunque, registro un file audio, che poi salvo nella cartella della pratica in Dropbox, che è il mio sistema di archiviazione dei file per tutte le pratiche dello studio, per poterla riascoltare tutte le volte in cui dovessi averne bisogno, anche dal computer da scrivania.

Anche qui esiste un applicazione che rimane in esecuzione in background e si attiva nel momento in cui parte una telefonata; può essere impostata in modo da chiedere all’utente cioè a me al momento in cui la telefonata è terminata se si vuole conservarne la registrazione oppure no.

In sostanza, questa applicazione può essere impostata appunto per registrare tutte le telefonate in entrata ed in uscita dopodiché offre all’utente la possibilità di valutare se conservare la registrazione o meno.

L’applicazione che uso io per registrare le chiamate si chiama ACR ma nel Play Store ce ne sono diverse altre; in questo caso sono stato fortunato perché si tratta della prima che ho provato e l’ho trovata soddisfacente per le mie esigenze.

OK google. Assistente vocale migliore.

I terminali Android hanno un assistente vocale che si chiama «Ok google», corrispondente a «Siri» su iOS. Ok google è stata una sorpresa positiva per me.

Si può usare innanzitutto anche con applicazioni di terze parti, ad esempio funziona benissimo con whatsapp e telegram (io lo uso spesso per mandare nuovi messaggi). Siri avrebbe dovuto essere aperta alle applicazioni di terze, ma sono anni che queste intenzioni sono rimaste sulla carta e Siri, man mano che passa il tempo, sembra sempre più limitata e «stupida».

L’assistente vocale dei dispositivi Android, comunque, si può attivare senza bisogno di premere niente e questo è abbastanza logico anche perché nei dispositivi Android i tasti hardware sono ridotti veramente al minimo. Per attivare l’assistente, basta dire ok Google.

La cosa bella comunque è che questo assistente funziona con quasi tutte le applicazioni; a differenza di Siri, che funziona per lo più con le applicazioni di sistema, quasi solo con le applicazioni di sistema, quelle fornite da appple, con l’assistente invece di Android si possono mandare ad esempio tranquillamente dei messaggi di WhatsApp o anche di telegram, una cosa che con l’iPhone non si può fare assolutamente.

Si possono poi fare tranquillamente le altre cose che si fanno di solito con Siri come ad esempio lanciare le applicazioni ma anche in questo l’assistente è superiore, perché riconosce molto agevolmente il nome di quasi tutte le applicazioni che si vogliono lanciare anche quando queste sono denominate con termini della lingua inglese e la pronuncia di chi le invoca non è affatto perfetta.

Dropbox funziona meglio.

Come accennavo, il mio file system, da anni, è Dropbox. La sua fruibilità su Android è maggiore che su iOS e anche questa è stata una piacevole sorpresa.

Grazie ad una utility che si chiama Dropsync e grazie al fatto che su Android esiste un file system locale, a differenza di iOS, Dropbox si riesce ad utilizzare molto meglio, quasi come se si avesse a disposizione una macchina desktop.

Praticamente, si può configurare questa utility per tenere sincronizzata in modo bidirezionale una coppia di cartelle, da un lato locale e dall’altro di Dropbox.

In questo modo, si possono usare programmi sempre di tipo desktop, come ad esempio Microsoft Word o Excel, per editare e creare dei documenti in locale, che poi verranno sincronizzati su Dropbox.

Con iOS non sono mai riuscito a fare questa cosa perché avendo un abbonamento Dropbox business, Microsoft vorrebbe che acquistassi anche Office Online, cosa che però io non sono disposto a fare perché l’uso è troppo sporadico per giustificare una spesa di questo tipo. Con questo sistema invece, è come se modificassi dei documenti in locale, che però poi mi ritrovo all’interno di Dropbox, nelle cartelle condivise con tutta la mia squadra di lavoro dello studio legale; questo è molto comodo e mi hai reso davvero molto più produttivo, perché ad esempio posso creare lettere o diffide direttamente dal mio terminale Android, usando i modelli che trovo dentro Dropbox e creando nuovi file per la bisogna.

Una cosa, inoltre, che puoi fare con la versione Android di Dropbox – la app ufficiale – ma non con quella iOS è creare un file di testo nella cartella corrente, molto utile per creare note e appunti, anche nelle pratiche nelle quali si sta lavorando.

Questo mi ha fatto capire che i terminali iOS per certi versi sono davvero una «prigione dorata», molto bella per consumare media, molto più «stupida» per lavorare…

Su iOS si ha l’impressione di essere come quegli utenti che hanno solo i permessi di lettura, mentre su Android ti sembra di poter anche scrivere, davvero come se avessi a disposizione un computer desktop in miniatura, mentre un iPhone ne riproduce solo un limitato insieme di funzioni per lo più limitate alle fruizione di contenuti e media, con buona pace della creatività che è sempre stata in connubio con i prodotti Apple.

Stampa su PDF.

La stampa su PDF è una cosa che mi trovo davvero molto spesso a fare quando sono al mio Mac. Un caso tipico è quando trovo un articolo che mi interessa, ma anche quando devo approfondire una mail che mi ha spedito un cliente tipicamente per una consulenza. In quei casi, sono abituato ad avere un file PDF che poi evidenzio nelle parti più interessanti è più significative e che annoto mettendo i riferimenti che mi interessano e alla fine salvo dentro alla pratica, sempre dentro il mio Dropbox. Con iOS per fare la stampa su PDF bisogna sempre ricorrere a utility di terze part,i salva la possibilità di mandare un articolo trovato sul web all’applicazione iBooks dalla quale tuttavia questo articolo poi potrà uscire solo tramite posta elettronica non essendo in iBooks supportato il menù di condivisione; anche la stampa da email su PDF, quindi il voler stampare una semplice mail su PDF in iOS, è un’operazione abbastanza difficoltosa e per la quale occorre comunque un client di posta alternativo dal momento che il client ufficiale, quello stock Apple, supporta solo la stampa AirPrint verso una stampante che prevede questo standard, anche se è vero che con i più recenti dispositivi della serie S, intendo l’iPhone 6S e l’iPhone 6S plus, sempre con la particolare tecnologia del tocco prolungato c’è un workaround per la stampa su PDF, di cui si è parlato nei blog (io però dispongo di un 6 plus normale, non S).

Tutte queste difficoltà, comunque, non esistono nel mondo Android dove la stampa su PDF è supportata in modo nativo. La stampa avviene verso la cartella speciale download, dalla quale tuttavia il file può essere copiato dove uno preferisce: nel mio caso la copia avviene verso una di quelle cartelle che io tengo sincronizzate con il mio Dropbox, in modo da avere sempre un ponte con il resto dello studio e il resto del mio del mio team.

È multiutente!

Una cosa molto carina dei terminali Android è che sono multiutente come i computer desktop, così diventa facile condividerli con altri membri della famiglia, una cosa utile per lo più nei tablet, ma che potrebbe servire anche nei cellulari per gestire progetti diversi o aspetti diversi della propria vita (molte persone hanno account professionali contrapposti a quelli personali).

La multiutenza è gestita in modo piuttosto efficiente. Esiste un utente principale, che potremmo definire come amministratore, e possono essere creati altri utenti secondari.

In alternativa alla multiutenza supportata direttamente dal sistema operativo, esiste un’applicazione molto interessante e utile che si chiama Parallel Space.

Con questa app, si può «virtualizzare» un secondo account di molte app installate sul telefono Android: facebook, gmail, buffer, ecc.. Da usare ovviamente con un altro account, diverso da quello principale. Funziona molto bene, molto rapida, anzi più veloce della funzione di sistema, anche per la possibilità di saltare avanti e indietro da un’applicazione all’altra (ad es. dal facebook professionale a quello personale) e di usare funzioni di sistema come il copia e incolla tra loro.

Dopo aver provato sia la funzione di sistema per la multiutenza che Parallel Space, ho tenuto un solo account e usato sempre Parallel Space, che in definitiva trovo molto più comoda.

I widget e altro.

Come cennavo, un vantaggio di Android sono i widget. Mentre su iOS nella home page puoi avere solo icone (salvo abbassare la tendina superiore per avere qualcosa di simile ai widget, ma meno potente e comunque più scomodo), con Android puoi mettere nella home page appunto questi «cosi» con funzioni diverse, a seconda dell’applicazione di riferimento, sempre però molto utili.

Il widget per eccellenza, e che è veramente un punto di superiorità rispetto ad iOS, è quello per ricerche su google… Nell’80% dei casi in cui prendo il mano il mio telefono, voglio fare una ricerca su google. Con iOS devo aprire Safari, aspettare che ricarichi demenzialmente l’ultima pagina che aveva in memoria la volta scorsa, tappare sulla barra di ricerca, aspettare che si selezioni tutto il testo e inserire i termini di ricerca. Con Android è molto più veloce, vado nella home page e comincio a scrivere nel widget di ricerca ed è un vero godimento.

Anche Apple dovrebbe aprire una «finestra» immediata del genere e sospetto che non lo faccia solo per dare a Google, l’eterno rivale, una posizione di preminenza nei propri dispositivi, perché dal punto di vista della produttività non avere questo è davvero assurdo.

Ogni applicazione può esporre i propri widget.

Alcuni widget che uso io e che trovo molto comodi:
– di dropbox, per aprire direttamente una cartella specifica (quella dove tengo tutti i miei ebook e i miei articoli salvati, o le pratiche)
– di play libri, per aprire direttamente un libro specifico; con Android puoi mettere un libro, che stai leggendo o rileggendo, direttamente nella home page!
– di buffer, per creare un nuovo aggiormento di stato da diffondere sui social network
– di Diaro, un app di note e journaling cui sono passato in sostituzione di Day one perché multiutente e perché si sincronizza tramite dropbox

Ce ne sono molti altri, che non ho ancora provato.

Ad ogni modo, la home page di Android è molto più versatile ed elastica di quella iOS. Non solo per i widget, ad esempio puoi inserire anche il collegamento ad un file che si trova altrove nel file system, in modo da averlo sempre a disposizione, allo stesso modo in cui lo si può fare con un computer desktop. Io ad esempio ho un file chiamato appunti.txt per segnare ogni volta cose al volo, che è contenuto in realtà in una dir ancora una volta sincronizzata su dropbox… Puoi anche collegarti ad un file on line, come un foglio o un documento google drive, raggiungendolo direttamente dalla home page.

Gli svantaggi di Android.

Il problema fondamentale del mondo del robottino è l’assenza di applicazioni ben rifinite come quelle che esistono nel mondo Apple. Questo è dovuto probabilmente al fatto che Cupertino è riuscita a tutelare molto di più il lavoro degli sviluppatori, rendendolo maggiormente redditizio; sto dicendo che sviluppare per Apple rende molto di più che farlo per Android, con la conseguenza che molte case produttrici di software preferiscono investire su iOS piuttosto che su Android, che poggia per lo più sulle funzioni di sistema e le eventuali personalizzazioni dei produttori.

Per fare un esempio, non esiste in Android una applicazione decente per leggere i feed, di cui io sono da anni appassionato, come spiego meglio in questo post. Ne ho provate tantissime, annoiandomi anche un po’ come succede in questi casi, per poi ripiegare alla fine sul poco soddisfacente (il classico male minore) client ufficiale di Feedly. Analogamente, non esiste un editor di testo raffinato come Byword (ma anche altri) su iOS; esistono diverse app che fanno cose del genere, ma nessuna con grado di maturità e finitura neanche lontanamente paragonabile. Non esiste, inoltre, una app come 2Do per Apple, un software straordinariamente rifinito, accurato, aggiornato, che ho rimpiazzato, come potevo, con wunderlist, che offre anche il vantaggio di essere multipiattaforma.

Conclusioni.

Spero di avervi dato qualche spunto di natura concreta.

Vi consiglio comunque di fare come me: provate prima di passare dall’uno all’altro sistema. Dipende sempre dalle esigenze di lavoro e dai gusti individuali.

Per quanto riguarda il tipo di terminale da procurarsi per chi è interessato a provare o utilizzare Android in parallelo o in alternativa ai sistemi di Apple consiglio sempre di valutare un Nexus, che rimane mio giudizio il dispositivo più interessante per un motivo fondamentale, che è quello di offrire una versione nativa (stock) di Android così come è stata pensata da Google.

Ciò comporta anche la conseguenza molto importante per cui ogni singola nuova versione di Android è installabile e quindi il telefono rimane sempre aggiornabile con l’ultima versione del sistema operativo, cosa che purtroppo non si verifica con molti altri terminali o comunque non si verifica sempre terminali anche più blasonati e patinati come i Samsung.

Buon mobile computing a tutti.

Aggiornamenti: l’intervista.

La webradio Ius&Law ha trovato molto interessante questo confronto iOS e Android e ha voluto intervistarmi. Potete ascoltare l’intervista qui. Ve la consiglio perché con il collega Andrea Pontecorvo affrontiamo anche altri aspetti interessanti.

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cambio foto a vedere se #google me la mostra nei #SERP, al contrario…

cambio foto a vedere se #google me la mostra nei #SERP, al contrario di quanto ha fatto sinora con quella che avevo nonostante la regolare implementazione dell'#authoship +Roberto Rota