Ricevo questa mail relativamente al post sulla differenza tra amare e voler bene e mi sembra giusto rispondere, vista l’importanza del tema, con un altro post dedicato.
Grazie, un bellissimo articolo che mi porta a riflettere e mi aiuta molto. Mi piacerebbe tanto sapere come si gestisce seconde Lei questa situazione: mesi fa ho avuto un incontro con un’uomo, lui si è perdutamente innamorato mentre io no, gli voglio bene, gli voglio veramente un gran bene, sinceramente…e sono stata molto chiara con lui sui miei sentimenti e sul fatto che non voglio una relazione di coppia e che ciò che posso offrirgli è la mia amicizia. Ho cercato di essere chiara con l’intenzione di rispettarlo, di non creargli false aspettative, di non farlo soffrire, perché anch’io ho vissuto l’esperienza dell’innamoramento non corrisposto. Con questa intenzione ho cercato di trasformare quest’incontro su un altro piano, quello dell’amicizia appunto. Lui mi diceva che prova un affetto sincero nei miei confronti che va oltre l’innamoramento e mi ha fatto credere che era possibile incontrarci su un altro piano. Io ci ho creduto ..ma poi mi sono resa conto che non ce la fa e ogni volta che si trova davanti al fatto che non rispondo alle sue aspettative si chiude a riccio e soffre ..tagliando improvvisamente anche quel legame che io credo sia del voler bene. Non so come gestirlo, quando sento che sta male per me mi viene da dirgli di dimenticarmi anche come amica perché è come se per lui contasse solo ciò che desidererebbe da me. E quando invece gli tendo la mano come amica sento che soffre lo stesso perché ancora una volta si sente frustrato per non poter ottenere ciò che vuole. Come si gestisce una situazione così nel bene di entrambi? Grazie. Clara.
Come illustro un po’ anche nel post stesso, quando si ama, purtroppo si desidera solo essere ricambiati: tutto quello che di pure buono e prezioso, ma di diverso, si riceve indietro, come l’amicizia, ha in fondo il sapore, ma anche in realtà la consistenza vera e propria, di una sconfitta, e rappresenta sempre una delusione difficile da digerire, per non dire impossibile.
Certo, è sicuramente meglio non odiarsi, non prendersi a insulti o peggio, avere una «persona su cui contare»…
Ma che cos’è, in fondo, una «persona su cui contare»?
Chi ama vorrebbe una persona che, quando lui soffre, questa persona soffre con lui, insieme a lui; se la prima persona sta in un posto quest’altra persona vuole stare nello stesso posto insieme a lui…
Quando una persona ti ama, e tu stai male, questa persona non esita nemmeno un secondo ad attraversare l’inferno con te, a dare tutta se stessa per farti star bene, a fare tutto quello che è necessario per riaprire un sorriso sul tuo viso, o per dare un po’ di luce alla tua anima, e questo per quanto ciò che è necessario fare sia assurdo, umiliante, doloroso, tragico o anche peggio, perché pensa davvero solo a te e sta male insieme a te.
Chi ci ama ci fa sentire sempre compresi, anche quando non ci comprende veramente, perché in ogni caso porta i nostri stessi problemi, dolori, sofferenze, vive letteralmente con noi e soffre davvero quando vede che i nostri occhi non mandano più luce.
Un amico, per contro, è invece quello che quando stai male si offre di accompagnarti al pronto soccorso o dallo psicologo o, se ci stai già andando, ti raccomanda di parlare dei tuoi problemi con lui.
Poi aggiunge anche, magari, «Io per te ci sarò sempre», al ché tu allora inevitabilmente pensi «Se ci devi essere per questo… grazie al cazzo».
Personalmente, ad esempio, noto che tendo a cercare la compagnia degli amici quando non ho problemi, ma sono sereno, contento e voglio solo divertirmi, mentre se sono preoccupato, triste, sento di avere un problema di cui occuparmi, tendo a stare da solo. In quei momenti «no», momenti che abbiamo tutti nel corso delle nostre vite, è solo la compagnia di una persona che mi ama davvero che potrebbe leccarmi le ferite ma, soprattutto, è solo da quella persona che me le farei leccare, qualsiasi altra soluzione mi sembrerebbe, ed in fondo è, assurda.
Quando sto male, insomma, penso e credo che solo chi sta davvero male «con me» e «per me» possa aiutarmi, tutte le altre situazioni sono come quelle di chi sta affogando in un fiume mentre un altro lo guarda dal ponte gridandogli come dovrebbe fare a nuotare, una situazione in cui, se io fossi il moribondo, direi «Almeno lasciatemi morire in pace, senza le vostre ipocrisie, che tolgono dignità sia alla mia morte che alla tua vita».
Non so dirti, non voglio disprezzare completamente l’amicizia, ma certo è che se la metti di fianco all’amore vero fa davvero una figura angusta.
Per quanto riguarda la tua situazione, se tu sei assolutamente sicura che quest’uomo per te non sarà mai niente di più di un amico, e quindi escludi che, anche frequentandolo, un giorno potrebbe diventare importante per te, dentro al tuo cuore, fino a far nascere un sentimento di amore vero e proprio, credo che dovresti valutare di smettere di frequentarlo.
Un rapporto dove una persona irrimediabilmente ama e l’altra irrimediabilmente non va oltre l’amicizia purtroppo è, alla fine, un rapporto malato, quello di due persone destinate a non incontrarsi mai su nessun piano, e in questi casi si deve davvero valutare di interromperlo.
Chiaramente, prima di prendere decisioni drastiche, si può parlare, valutare, tentare, passare anche del tempo insieme, dare della chances al destino stesso, ma poi ad un certo punto le varie difficoltà che insorgeranno inevitabilmente dovranno essere gestite e affrontate.
Concludo dicendo una cosa importante e cioè che dovrebbe essere lui per primo a decidere di smettere di frequentarti, per essere coerente con se stesso, ma soprattutto per diventare finalmente responsabile della sua stessa felicità.
Anche per gli uomini che mettono in secondo piano l’orgoglio, che preferiscono sempre ragionare, dialogare, valutare, sperimentare, prima di prendere decisioni, anche per quegli uomini, dicevo, viene un momento in cui, esauriti tutti gli altri tentativi, rimane e riemerge proprio quel piccolo pezzettino di orgoglio che inizialmente si era messo da parte per vedere se era possibile gestire la situazione in modo diverso.
Quella briciola di orgoglio residuo, che è piccola, ma indistruttibile, ti fa arrivare a chiederti «Ma perché io devo stare dietro ad una persona che non mi vuole, che non mi ama? Perché devo amare chi non mi ricambia? Perché devo desiderare di stare insieme ad una persona che quando io sono in un posto desidera solamente stare in altro?»
La persona che arriva, alla fine di tutto, a farsi queste domande presto torna ad essere autonoma, responsabile di se stessa, ad andare avanti, uscendo senza rimpianti da situazioni purtroppo malate.
Resta il fatto che non ci servono a niente persone che ci versano l’acqua quando siamo fuori a mangiare, o ci aprono la portiera della macchina.
Vogliamo uomini, e donne, che vivano con noi, soprattutto nei momenti più tremendi della vita, dove non vogliamo sentire di essere soli.
Sappiamo che nessuno ci può capire davvero, nessuno può capire i nostri demoni, le nostre ossessioni, i nostri mostri, perché viviamo soli di giorno, esattamente come quando sogniamo di notte, ma una persona che ci ama, pur senza capirci niente, quando soffriamo soffre con noi, e questo ci basta.
Tutto il resto, alla fine, non ci interessa.
Dallo psicologo, in fondo, siamo, e dovremmo anzi essere, capaci di andarci anche da soli.