Il mio libro «Fare l’avvocato é bellissimo», dove si insegna agli avvocati come gestire in maniera funzionale ed efficace uno studio legale, sarà piuttosto sessista.
Ci sono delle cose che si pongono infatti in modo piuttosto diverso a seconda del sesso dell’avvocato e che, conseguentemente, ho trattato in modo molto diverso anche con i clienti delle mie sessioni private di coaching.
Insomma, ci sono cose dove le femminucce hanno più difficoltà dei maschietti e, ovviamente, viceversa.
Una di queste ad esempio é la gestione dei rapporti con il cliente, che, nel modello che predico io, deve essere improntata
all’assunzione, in capo all’avvocato, di un ruolo di guida o, come piace definirlo a me di «sana dominanza», senza il quale il rapporto professionale é destinato ad essere disfunzionale sia per l’avvocato che, soprattutto, per il cliente.
A dispetto di tutta la – falsissima – retorica moderna del pensiero unico e del mainstream, per cui la donna sarebbe indipendente, leader, addirittura «con le palle» (espressione che, se fossi donna, considererei offensiva), la donna non è niente di tutto questo, ma rimane una personalità più docile e che mal volentieri o comunque con difficoltà si assume il ruolo di guida, tant’è vero che la lamentela più ricorrente delle mie clienti o coachees é appunto quella per cui i loro clienti mettono, a loro, troppo i piedi in testa…
Questo è tutto regolare, la donna avvocato ha altre qualità da spendere, ad esempio l’empatia, un ascolto più profondo, una precisione molto maggiore, rispetto all’omologo maschio.
L’importante è sempre conoscersi, purtroppo molte colleghe sono letteralmente vittima della falsa retorica del pensiero unico, che finisce per farle sentire inadeguate, quando invece non lo sono affatto.
Sfortunatamente, viviamo in un mondo in cui si vorrebbe che le donne fossero pessimi maschi e i maschi pessime donne, quando invece l’unico obiettivo funzionale sarebbe che le donne e gli uomini fossero ciascuno la versione migliore di loro stessi. Questo vale in qualsiasi ambito, tra cui sicuramente la pratica forense, dove ognuno dei due sessi ha delle specificità positive da spendere a seconda della situazione e del problema da trattare – questo va detto uscendo da un generico e poco intelligente ugualitarismo che non giova davvero a nessuno.
Chiaramente, questi sono tutti discorsi tendenziali, ben potendo ognuno di noi sviluppare caratteristiche e funzioni tipiche del maschile o del femminile pur appartenendo al sesso opposto, io stesso ho dovuto coltivare il mio femminile nel momento in cui ho iniziato a lavorare come counselor, ma, appunto, ciò richiede un lavoro specifico di crescita e coltivazione e non consente mai di uscire dalla biologia di partenza, a mio modo di vedere.
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