Oggi un altro post per avvocati o comunque persone che utilizzano il processo civile telematico.
Per parlare di un modo particolarmente comodo di archiviare le pec che si ricevono quando si fa, ad esempio, un deposito telematico, che ne restituisce, tipicamente, quattro, o anche una notifica telematica.
Quando si fa un deposito telematico, infatti, può succedere che, specialmente le ultime due pec, e in particolare modo la famosa quarta pec, arrivino a distanza anche di qualche giorno rispetto alle prime due, che di solito arrivano subito e, in un casella pec particolarmente affollata, perché si fanno molti depositi, può non essere immediato «raggruppare» le quattro pec relative al medesimo deposito.
Esiste un modo per farlo automaticamente: non solo individuare le quattro pec relative allo stesso deposito, ma anche archiviarle, esportandole in un unico file zip, cioè un archivio compresso.
Non so voi, ma nella mia strategia di conservazione della pec, data la sua importanza (pensiamo, ad esempio, al deposito di un ricorso per appello!), implemento una certa ridondanza negli archivi: conservo sia una copia della mail nella casella archivio, che poi man mano esporto seguendo la procedura dettagliata in questo precedente post, sia una copia nel fascicolo della pratica, dove esporto man mano le pec relative ai depositi, notifiche, ecc. – quest’ultima cosa ovviamente mi consente di ritrovare immediatamente quello che mi dovesse man mano servire, mentre la conservazione nell’archivio di posta elettronica è un backup più generalizzato cui ricorrere in caso di urgenza.
Il fascicolo della pratica è in realtà una cartella dropbox che viene sincronizzata su tutte le mie macchine e quelle dei mie collaboratori o dipendenti, oltre che sui server di dropbox stessi, con una ulteriore sicurezza per la conservazione dei dati – per non dire delle strategie di backup delle mie macchine individuali, articolate sia sull’uso di time machine che sulla realizzazione di un clone quotidiano, con carbon copy cloner (una cosa possibile solo su mac).
Chiudendo, comunque, la parentesi, il modo per poter archiviare elegantemente e in modo efficiente le ricevute dei depositi telematici o delle notifiche passa per l’utilizzo, cui avevo già accennato in un precedente post sempre in tema di pec e processo civile telematico, di thunderbird come client di posta certificata con l’estensione thunderpec.
Per utilizzare questo metodo, una volta installato il software necessario – cosa che non tratto in questo post dal momento che ci sono già guide disponibili su internet, basta cercarle con google – occorre seguire questo piccolo procedimento:
selezionare la famosa «quarta» pec, che dovrebbe essere marcata con la sigla DAC in verde;
cliccare sul pulsante «stato del messaggio»;
cliccare sul pulsante «archivia» nell’ulteriore finestra che si sarà così aperta, verrà creato il file zip.
Come tutte le cose di questo genere, è molto più facile da fare direttamente che da spiegare per cui vi consiglio di provare appena potete, vedrete che vi faciliterà abbastanza il lavoro quotidiano.
Oggi un post più che altro per avvocati, come ogni tanto ci capita di fare anche sul nostro blog, dedicato solitamente per lo più agli aspetti divulgativi.
Sapevate che è possibile conoscere il numero di ruolo di un procedimento di cui abbiamo appena fatto il deposito andando ad analizzare la famosa quarta pec?
Questo può essere molto utile, innanzitutto per tenere bene in ordine i fascicoli dei propri procedimenti a studio, sia nel caso in cui sia necessario effettuare un deposito successivo, in cui il numero di RG è molto importante.
Per conoscere il numero di RG, ci sono due metodi, uno più rozzo e uno più pulito e semplificato.
Col primo metodo, si va ad esaminare il file esitoatto.xml, che è contenuto nella celebre quarta pec e che, in uno dei suoi campi, reca appunto l’indicazione del numero di ruolo.
L’altro metodo implica l’utilizzazione come client di posta elettronica di Thunderbird con un componente aggiuntivo molto valido per la gestione della pec che si chiama Thunderpec.
Adottare Thunderbird per la pec, magari in affiancamento al proprio client di posta preferito (io ad esempio di default uso Apple Mail), vale la pena anche perché sempre tramite Thunderbird si può facilmente eseguire l’archiviazione della casella di posta quando diventa troppo piena, come spiego meglio in questo precedente post.
Ebbene, con l’accoppiata Thunderbird più Thunderpec sarà sufficiente selezionare la «quarta pec» e fare clic sul pulsante, presente nella barra degli strumenti, chiamato «Esito Atto»: verrà mostrato in modo chiaro il numero di ruolo.
Chi volesse effettuare questo accertamento dal proprio terminale mobile, potrebbe utilizzare l’applicazione PocketPec degli stessi sviluppatori di Thunderpec, che personalmente non ho ancora testato, ma che sicuramente proverò appena ne avrò occasione.
Oggi un post per avvocati, ma non solo, cui capita di dover «inserire» all’interno di un documento word, tipicamente un atto processuale, un intero, precedente, atto processuale, come ad esempio alcuni fatto quando chiamano in causa un terzo, depositano una memoria integrativa in un procedimento di separazione e divorzio, riassumono un giudizio interrotto e così via.
In questi casi, per confezionare un atto più «elegante», il documento di origine, da inserire nell’atto corrente, va riformattato, eliminando gli spazi e le «andate a capo», in modo che il contenuto sia riportato integralmente ma la formattazione sia coerente con il contesto attuale dell’atto in cui viene inserito.
Per fare questo, ci sono alcuni metodi da seguire, diversi a seconda del programma di videoscrittura che si intende utilizzare, cioè ad esempio se Word oppure Documenti di OpenOffice.
In questo post, parliamo del metodo da seguire con Word di Microsoft, utilizzato da molti che scrivono sia con computer Windows che su Mac.
Il metodo da utilizzare è dettagliato nell’immagine allegata al post…
In sostanza, si utilizza la funziona «trova e sostituisci» di Word, inserendo come parametro da ricerca la stringa, che qui assume la funzione di carattere speciale, «^p». Questa stringa, infatti, indica le andate a capo che si trovano nel documento.
Come carattere da inserire al posto dell’«andata a capo», io personalmente inserisco quello che vedete sempre nella stessa immagine cioè spazio + due barre verticali. In questo modo, il documento viene formattato con l’inserimento di due barre che conservano un minimo di leggibilità in un testo che non porta più nessuna andata a capo e dove tutto è scritto di seguito.
Ovviamente questo è piuttosto semplice quando avviene su un documento che abbiamo scritto noi stessi. A volte tuttavia è necessario inserire documenti scritti da altri. Per processare il testo contenuto in questi documenti, che solitamente noi riceviamo in PDF, possiamo o fare copia e incolla del testo del PDF, che – specialmente se si tratta di un documento del processo civile telematico – dovrebbe essere essere appunto copiabile, oppure fare una scansione con un programma, come Acrobat, che esegue anche funzionalità di OCR, lavorando poi sul testo risultante.
Oggi vorrei parlarvi delle mie ultime esperienze, non proprio positive, con il processo civile telematico.
Anche per fare un po’ il punto della situazione sulle modalità di funzionamento di questo strumento che ancora non sono evidentemente del tutto a punto.
Preliminarmente, voglio dire di essere un grande fan del processo civile telematico, che ho desiderato sin da quando ho iniziato a fare la professione, ormai ventidue anni fa, come appassionato di informatica e di digitalizzazione, ma soprattutto come grande pigro che sogna sempre modi più comodi di fare le cose.
Grazie a questo strumento, comunque, possiamo fare con comodità operazioni come le notifiche, i depositi, gli accessi al fascicolo del procedimento, specialmente presso uffici giudiziari lontani da quelli in cui operiamo abitualmente, che prima richiedevano un dispendio molto maggiore di tempo, denaro, energia – e, di conseguenza, anche molte più possibilità di errore.
Molti avvocati si sono messi di traverso al processo civile telematico, come ad ogni innovazione, essendo la nostra categoria molto conservatrice e legata alle tradizione. Personalmente, invece, ho sempre accolto il PCT in modo fiducioso, benevolo e qualche volta entusiasta.
Detto questo, ci sono diverse cose che ancora non funzionano bene.
Anzi, devo dire che ultimamente sono più le cose che non hanno funzionato di quelle che hanno funzionato a dovere.
Racconto questo mio breve scampolo di esperienza nell’ultimo periodo,che è significativo dal momento che, lavorando un po’ in tutta Italia, ho un quadro anche geograficamente più completo.
Corte d’appello di Bologna. Il collega avversario deposita un foglio di precisazione conclusioni nell’ultima udienza. Mi collego per scaricarlo e leggerlo, ma la scansione, il file PDF, contiene due facciate vuote. Penso che o il collega abbia sbagliato a fare il deposito telematico o, più probabilmente, il cancelliere a fare la scansione di un foglio depositato in udienza (temo che abbia scandito senza accorgersene il lato sbagliato). Risolvo chiamando il collega e facendomene dare una copia.
Corte d’appello di Milano. Mi collego per vedere la costituzione del collega avversario in un procedimento di reclamo per modifica condizioni in materia familiare. Qui la situazione è ancora peggiore. Il collega è regolarmente costituito, ma della sua documentazione nel fascicolo telematico non c’è nulla. Cosa ancora più curiosa, non c’è quasi niente nemmeno della mia, a parte il ricorso iniziale: mancano due depositi, quello della notifica e quello delle dichiarazioni dei redditi. Risolvo chiedendo alla cortesia del collega avversario di mandarmi copia della sua documentazione e alla mia corrispondenza di fare un tradizionale accesso fisico alla cancelleria.
Corte d’appello di Cagliari. Un giudizio di rinvio. Un mese dopo la prima udienza mi collega per scaricare la copia del verbale e vedere un po’ più nel dettaglio cosa era stato fatto, rispetto a quello che comunque mi aveva già riferito il mio corrispondente. Il verbale è sconosciuto al portalettere. Insieme al verbale nel fascicolo telematico mancano diversi atti e documenti che sicuramente sono stati depositati.
Tribunale di Modena. Divorzio giudiziale. Mi segno la scadenza per il mio avversario per costituirsi in giudizio. Alcuni giorni dopo mi collego per vedere la sua comparsa e i documenti allegati. Non trovo niente. Risolvo anche qui chiedendo alla cortesia della collega di mandarmi i documenti per email. Penso che il malfunzionamento fosse dovuto ad una costituzione cartacea cui non era seguita scansione da parte della cancelleria, in realtà la stessa mi dice che si è costituita telematicamente e che il problema è stato un altro, non meglio identificato…
L’ultimo caso è quello di stamattina, che mi ha determinato a scrivere questo breve resoconto. Tribunale di Imperia. Divorzio giudiziale. Mi collego per scaricare il verbale dell’udienza presidenziale. Al posto del mio verbale, ci trovo quello di un altro divorzio che non c’entra un cazzo col mio… Chiamo la collega corrispondente e le chiedo di passare in cancelleria, anche per la tutela della riservatezza di quei due tizi che senza loro colpa sono finiti tra le mie cose.
Accanto a queste ultime esperienze, stranamente concentratesi nell’ultimo periodo, devo dire che grazie al PCT ho potuto risparmiare tempo e denaro, con risparmi conseguenti anche per i miei assistiti, in molti casi, per cui il bilancio resta assolutamente positivo.
Il senso probabilmente di queste esperienze vuole essere quello di determinare un miglioramento ulteriore, una messa a punto più appropriatamente di quanto realizzato sinora, in modo da rendere il PCT sempre più affidabile e immune da errori.
Se avete anche voi esperienze da raccontare, lasciate un commento!
Se sei un avvocato, probabilmente, anzi sicuramente, utilizzi una firma digitale, dal momento che oggigiorno si fa tutto tramite il processo civile telematico. A meno che tu non faccia esclusivamente penale, nel qual caso comunque la possibilità di firmare digitalmente atti e documenti potrebbe comunque servirti.
Hai mai pensato alla opportunità di avere due chiavette?
Io sì, e onestamente trovo la cosa pressoché obbligatoria per diversi motivi.
Innanzitutto, una seconda chiavetta serve per ragioni di backup.
Può capitarti, infatti, di perdere la chiavetta o che la chiavetta venga persa da un collega o dal personale amministrativo. In questa eventualità, non è così immediato ottenere una nuova chiavetta. E se hai un atto che ti scade, ad esempio, il giorno dopo, cosa fai?
Molto meglio avere un duplicato.
A parte le ipotesi di smarrimento, o rottura della chiavetta (pur sempre possibile), c’è anche la situazione di chi ha più studi, magari uno in provincia e uno in città. Oppure, ancora più comunemente, quella di coloro che lavorano in parte da casa – come ad esempio sto facendo io adesso – e in parte da studio. In queste situazioni, avere due chiavette, da tenere ognuna nella location in cui si lavora, è opportuno e la seconda chiavetta serve comunque anche come backup.
Il mio consiglio, dunque, è quello di avere un duplicato.
Quello che ti consiglio, tuttavia, non è di comprare due chiavette insieme, ma di comprare la prima chiavetta, aspettare 3 o 6 mesi e poi acquistare la seconda chiavetta.
In questo modo, anche la scadenza di ogni singola chiavetta sarà sfalsata rispetto all’altra e, in caso di scadenza della prima, si potrà continuare ad utilizzare la seconda intanto che si procede al rinnovo della prima, cosa che potrebbe non essere immediata.
Un altro discorso potrebbe essere quello di avere due chiavette di tipo differente, una ad esempio da utilizzare con il computer windows che, ad esempio, si usa a casa e un’altra, sempre ad esempio, da usare con lo studio dove si collabora, dove hanno magari solo mac. Non tutte le chiavette, infatti, funzionano con Mac (io, che uso notoriamente Mac, utilizzo una chiavetta di Aruba, anzi… due).
Considerati tutti questi aspetti, mi sentirei di dire che per ogni avvocato intenzionato a svolgere il proprio lavoro in modo sicuro, avere due chiavette sia obbligatorio. Anche perché una chiavetta costa al massimo 80/100€, anzi ce ne sono anche da molto meno, che, per un backup, potrebbero anche andare: per non spendere poche decine di euro, vuoi rischiare di depositare tardivamente un atto? O di fare chilometri per andare a prendere una chiavetta che ti serve e che hai lasciato nell’altro studio o a casa?
Personalmente, come cennato, ho due chiavette di Aruba. Per il rilascio della prima, peraltro, ho dovuto seguire una procedura molto burocratizzata e lenta, al termine della quale il postino mi ha identificato. Per avere la seconda, invece, ho potuto sfruttare la titolarità della prima chiavetta, con la quale ho firmato la documentazione senza bisogno di farmi identificare da altri.
Come si instaura una nuova causa, cioè come si «fa partire» una causa in tribunale?
I due sistemi più diffusi sono quelli della citazione, tuttora prevista per il rito ordinario, quello che si applica quando non sono previsti riti particolari, e quello del ricorso, previsto ad esempio per quasi tutte le pratiche di famiglia, come separazione e divorzio, consensuali e giudiziali.
La differenza risiede per lo più nel momento in cui viene fatta la notifica alle altre parti interessati e cioè di solito alle controparti. Col sistema della citazione, si fa prima la notifica alle altre parti e poi il deposito dell’atto introduttivo presso il tribunale. Viceversa, con il sistema del ricorso si deposita l’atto introduttivo prima in tribunale, dopodiché si fa la notifica alla controparte.
Con questo post, vediamo più in particolare come funziona l’introduzione di un giudizio, o causa, o vertenza giudiziale, con il sistema del ricorso, in modo da stendere una breve guida di riferimento per tutti coloro che promuovono o subiscono, e quindi sono coinvolti in, una iniziativa del genere, con un occhio di riguardo specialmente ai nostri clienti, cui potremo mandare il link a questo post per capire meglio come funzionano le cose che stiamo facendo insieme.
Lo schema tipico che terremo presente, anche se non in via esclusiva, per comodità di esposizione, sarà quello dei procedimenti contenziosi di separazione e divorzio, che sono tra le pratiche che più frequentemente ci capita di trattare in studio. Su questo canovaccio di base si possono innestare variazioni anche significative a seconda della materia e delle circostanze, comunque il meccanismo di base del ricorso rimane più o meno quello descritto di seguito.
Le fasi del ricorso.
Redazione del ricorso.
Con il ricorso, si hanno diverse fasi, che iniziano con la redazione, da parte delle parte che promuove l’iniziativa, di un documento contenente le proprie difese fondamentali, che viene chiamato appunto ricorso. Questa fase consiste più che altro nella raccolta dei documenti fondamentali a riprova delle proprie ragioni, dal momento che il processo civile, a discapito di quanto si dice in contrario, è un processo quasi esclusivamente documentale, dove le prove scritte sono assolutamente fondamentali. Il testo del ricorso consiste infatti solitamente per lo più nella illustrazione dei documenti allegati, documenti che, come è stato plasticamente detto, bisogna «far parlare». Personalmente, tendo a redigere il ricorso sempre insieme al cliente, depositandolo subito dopo, per praticità, all’interno di un appuntamento, appositamente fissato, di due ore. Altri avvocati seguono metodi diversi.
Deposito del ricorso.
Terminata la raccolta dei documenti necessari o opportuni e la redazione del ricorso, bisogna depositarlo presso il tribunale competente. Il deposito oggigiorno avviene per lo più tramite il processo civile telematico, quindi viene fatto dal computer dell’avvocato mediante firma digitale e l’utilizzo di una apposita chiavetta volta a identificarlo, mediante un software che cripta i documenti da depositare, che vengono poi trasmessi tramite posta elettronica certificata alla casella pec del tribunale interessato.
Dopo il deposito (dopo ogni deposito, come vedremo anche dopo), l’avvocato che lo ha eseguito telematicamente deve ricevere le celebri quattro pec: la ricevuta di accettazione, la ricevuta di consegna, la pec con l’esito dei controlli automatici e quella di accettazione della busta. Le prime due pec sono quelle solite tipiche della pec, sono assimilabili alla ricevuta di spedizione e di ricevimento della vecchia raccomandata cartacea: sostanzialmente certificano che hai inviato il deposito e che il tribunale lo ha ricevuto nella sua casella pec. La terza pec viene emessa a seguito di un controllo software, cioè automatizzato, sulla busta tramite cui è stato effettuato il deposito e riguarda la sua integrità informatica. In questa fase già potrebbero esserci stati problemi, che il sistema, nel caso, segnala al mittente in modo che possa provvedere a rifare il deposito. La terza pec arriva indietro quasi subito dopo aver inviato il deposito, insieme alle prime due. La quarta pec, invece, di solito arriva un giorno o due, o qualche giorno, dopo l’invio del deposito, perché richiede un intervento «umano» da parte del cancelliere, che controlla se la busta e il deposito sono a posto e ne determina l’accettazione.
Fase di attesa del provvedimento del giudice.
Se il deposito è a posto ed è stato regolarmente accettato dal cancelliere del tribunale, a questo punto la pratica entra, per l’avvocato e il suo cliente, in una fase di attesa o stand by per gli amanti dell’Inglese.
Bisogna aspettare che il giudice provveda sul ricorso, cosa che di solito avviene tramite fissazione dell’udienza (teniamo presente oggi, come abbiamo accennato, i procedimenti come quelli di separazione e divorzio, mentre non parliamo, ad esempio, di quelli di ingiunzione, volti ad ottenere un decreto ingiuntivo). Ovviamente, il giudice potrebbe anche non fissare l’udienza, potrebbe ad esempio convocare l’avvocato per chiarimenti, richiedere integrazioni di prove; la cancelleria potrebbe richiedere integrazioni del contributo unificato, dal momento che ci sono anche aspetti fiscali del processo che devono essere completi affinchè la pratica vada avanti. Ma si tratta di evenienze rare. Quello che di solito avviene è che il giudice emette un decreto con cui fissa la prima udienza della causa.
Decreto di fissazione della prima udienza.
Quando il giudice emette il decreto di fissazione della prima udienza, di solito questo è comunicato all’avvocato del ricorrente tramite un’altra pec. In questa pec, ovviamente, e nel decreto è indicato il numero di ruolo del procedimento, un numero che lo identifica univocamente e che il difensore annota dove ritiene preferibile.
Nel decreto sono indicati altri dati fondamentali:
la data dell’udienza, dove l’avvocato dovrà comparire e spesso anche il suo cliente personalmente;
il termine e cioè il giorno entro cui deve costituirsi il resistente e cioè l’altra parte del procedimento cui il ricorso verrà in seguito notificato
Ci sono poi altre cose che possono essere contenute nel decreto di fissazione dell’udienza, come ad esempio:
eventuali richieste di documentazione integrativa (di solito, ad esempio, nei procedimenti di separazione e divorzio i giudici richiedono il deposito delle ultime tre dichiarazioni dei redditi);
eventuali richieste ed inviti ulteriori (ad esempio a Bologna mi è capitato che il tribunale invitasse in sede di decreto di fissazione della prima udienza alla mediazione familiare, indicando anche i centri pubblici presso cui svolgerla);
eventuali incarichi ai servizi sociali di redigere una apposita relazione da depositare entro la prima udienza (in modo da «mettersi avanti») – una cosa positiva che però viene fatta abbastanza raramente;
La notifica.
Ad ogni modo, cosa deve fare l’avvocato quando riceve il decreto di fissazione dell’udienza? Oltre ad annotarsi la data della prima udienza e il termine per il resistente per costituirsi, e comunicare entrambi questi dati al suo cliente (oggigiorno, per lo più via posta elettronica), deve provvedere alla notifica.
La notifica consiste nel portare a conoscenza dell’altra parte, anche ancora non sa niente di niente, che esiste un processo contro di lei.
Senza notifica, infatti, cade tutto. Al momento, appunto, l’altra parte del processo non sa nemmeno che esiste un procedimento contro di lui o di lei e può venirne a conoscenza solo tramite notifica.
Cos’è esattamente che viene notificato, cosa riceve l’altra parte?
Una copia del ricorso che si era depositato in tribunale, insieme al decreto del giudice.
Chi riceve la notifica può così vedere che è stato depositato un ricorso contro di lui, può leggerlo, e può vedere cosa ha previsto il giudice e, soprattutto, il termine entro il quale deve anche lui depositare un proprio documento contenente tutte le sue difese (memoria difensiva) in tribunale e il giorno in cui dovrà comparire, o tramite un proprio avvocato, o anche personalmente, in tribunale.
Chi riceve un ricorso, salvo rari casi, deve nominare un proprio avvocato e non può difendersi da solo. Quindi porta tutto quello che ha ricevuto ad un legale, che organizzerà adeguatamente la sua difesa.
Come viene fatta la notifica? Bisogna prendere giù dal sistema telematico del tribunale, collegandosi allo stesso, le copie del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell’udienza, redigere una relata di notifica, che è l’atto con cui si descrive come viene appunto effettuata la notifica, e aggiungere una attestazione di conformità, che è un documento con il quale l’avvocato attesta che i documenti che vengono notificati (ricorso e decreto di fissazione udienza) sono uguali a quelli che si trovano depositati in tribunale.
La notifica può avvenire tramite il servizio postale, in forma cartacea, oppure tramite pec, sempre per via telematica, a seconda che il destinatario disponga o meno di una casella pec ufficiale, o comunque in dipendenza delle circostanze. Nel caso in cui la notifica avvenga via pec, l’attestazione di conformità non è necessaria nel caso in cui si notifichino files aventi natura di duplicato informatico di quelli che si trovano depositati in tribunale, dal momento che gli stessi sono identici e – vorrei dire – si confondono con gli originali stessi.
Deposito della notifica.
Dopo aver eseguito la notifica, l’avvocato deve aspettare, se i tempi lo consentono, di ricevere gli avvisi relativi di spedizione, ricevimento, comunicazione di avvenuto deposito e così via. Una volta ricevuti tutti gli avvisi del caso, previa scansione degli stessi se la notifica è avvenuta in cartaceo, dovrà effettuare un nuovo deposito, avente ad oggetto appunto la notifica appena eseguita, dal momento che il tribunale dovrà controllare che il ricorso e il decreto siano stati regolarmente notificati alla controparte.
Anche questo deposito deve essere effettuato per via telematica e anche in questo caso l’avvocato, dopo il deposito, riceve le celebri quattro pec.
Effettuato il deposito della notifica, l’avvocato del ricorrente resta in attesa di due cose: la costituzione del resistente e la prima udienza.
Costituzione del resistente e memoria avversaria.
La costituzione del resistente è il deposito, da parte del resistente, cioè la controparte, del documento contenente le proprie difese fondamentali, quello con la famosa «altra campana» rispetto a quanto contenuto nel ricorso iniziale. Ovviamente, il legale del ricorrente, insieme al suo cliente, devono esaminare questo documento, per vedere se e in che parti è fondato o meno o come è possibile, se del caso, contrastarlo. Dopo la costituzione del resistente, non è male per il cliente fissare un appuntamento con il proprio avvocato in cui esaminare la memoria avversaria.
Di solito, l’avvocato del ricorrente viene avvertito dal tribunale via pec in modo automatico del deposito da parte del resistente della sua memoria, ma ciò non è previsto né garantito per legge. Se il resistente deposita la propria memoria e il tribunale non avverte il ricorrente, il ricorrente non può lamentarsi in alcun modo di non aver potuto vedere la memoria del resistente. È onere del ricorrente andare a vedere che cosa ha depositato la propria controparte, in sostanza. Per questo, come abbiamo detto prima, l’avvocato del ricorrente deve segnarsi la data entro cui il resistente deve fare il suo deposito, per andare poi – nel caso il tribunale non gli abbia mandato un avvertimento via pec – a vedere direttamente tramite terminale (sistema polis) se si è costituito o meno. Peraltro, l’accesso tramite polis è quasi sempre necessario per l’avvocato del ricorrente per andare a scaricare i documenti che quasi sicuramente saranno stati allegati alla memoria del resistente.
Una volta avuta la memoria del resistente e i documenti allegati, ed aver esaminato gli stessi insieme al proprio cliente, l’avvocato del ricorrente rimane in attesa della prima udienza, utilizzando eventualmente questo tempo per preparare ulteriori difese e raccogliere documenti sulla base dell’esame della memoria avversaria svolta con il suo cliente.
La prima udienza. Conclusioni.
Il giorno della prima udienza, poi, con entrambe le parti regolarmente costituite a seguito del deposito di un documento con le proprie difese fondamentali, comincia la trattazione della causa davanti al giudice.
Quello che accade in questa sede e successivamente esula dall’argomento del presente post, che riguarda solo il modo in cui un procedimento viene incardinato e quindi la sua fase iniziale, e dipende poi anche dal tipo di procedimento di cui si tratta in concreto, magari ne parleremo in un altro post.
Spero di aver chiarito almeno un poco come funziona l’introduzione delle cause per cui è previsto il sistema del ricorso, in modo che i clienti degli avvocati abbiano chiaro come si svolge questo iter e cosa bisogna fare o meno nelle varie fasi dello stesso.
Se ci fosse qualcosa che non è del tutto chiaro, o se comunque avete osservazioni, lasciatemi pure un commento qui sotto, risponderò volentieri. Grazie per la vostra attenzione.
Sono un avvocato. Da un po’ di tempo cerco un modo di liberarmi nella gestione del mio studio da gestionali vari. Il mio obiettivo è quello di fruire dei servizi Google, anche se non so come fare. Ad oggi utilizzo solo Google Drive per il salvataggio e la condivisione con i colleghi di studio delle cartelle con gli atti e Gmail per la corrispondenza. Stamattina, mi sono imbattuto qui: https://groups.google.com/forum/#!topic/legalit/skbPiBYhZjM e ho visto che anche tu come me apprezzi molto i servizi Google. Ma il forum è di 5 anni fa. Vorrei chiederti come sei organizzato oggi e se utilizzi ancora gli applicativi google
Google drive l’ho abbandonato per una marea di problemi demenziali mal gestiti da parte dell’assistenza di google, come ho spiegato meglio in questo post che ti invito a leggere con attenzione. Magari in seguito l’affidabilità di questo servizio è migliorata, a suo tempo era assolutamente indecente, specialmente da parte di una multinazionale informatica come google.
Nemmeno io uso, né ho mai usato, dopo la dismissione di quello che mi ero scritto da solo con Microsoft Access 97, un gestionale, ma un sistema di servizi web sincronizzati in locale tramite cui riesco a gestire tutto quello che mi serve.
Per i files e le loro condivisione uso Dropbox versione business.
Per la posta elettronica, per gli account più importanti, uso fastmail, una compagnia australiana che fornisce uno dei miglior servizi di email a livello mondiale. Sempre fastmail anche per la rubrica comune degli indirizzi, che, a parte qualche configurazione strana, funziona abbastanza bene, con sincronizzazione anche sui cellulari Apple e Android.
Per calendario, fogli elettronici (tra cui ad esempio l’agenda di tutte le udienze di tutte le pratiche dello studio) utilizzo i servizi di google: google calendar, che non mi ha mai dato alcun problema, anche se ci sono alcuni limiti strani (non puoi da mobile ad esempio cambiare il calendario una volta che hai inserito un evento), Fogli e documenti di google.
Con alcuni clienti particolarmente evoluti, o magari quando devo collaborare con colleghi sulla redazione di un atto, utilizzo Google documenti che, come sai, è una applicazione di editing contemporaneo, dove tutti gli autori possono modificare allo stesso tempo il documento senza che si generi alcun conflitto. Altrimenti uso Word o Open office su files locali che poi vengono sincronizzati tramite dropbox.
Per le comunicazioni al team di lavoro, ho una vecchia mailing list tramite google groups (interfaccia e sistema completamente assurdi, ma funzionano), più un gruppo WhatsApp per le cose più leggere e immediate o quando magari può essere più veloce un messaggio vocale.
In generale, sono molto contrario ai gestionali proprietari, preferisco usare servizi che si spalmano su standard già esistenti come ad esempio dropbox, che lavora sui cari vecchi files che trovi in locale, lasciandoti la libertà di organizzare come ti pare la gerarchia delle cartelle, i modelli, senza dipendere dall’assistenza tecnica di un produttore.
La mia macchina, anzi le mie macchine, sono dei portatili mac, un Air da 11 (favoloso come portabilità, lo puoi mettere nello zaino e portarlo: da non sottovalutare, perché nonostante tutto un computer desktop è ancora necessario per molti tipi di lavori, non è vero che ormai si lavora meglio da mobile); un macbook pro di qualche anno fa. Che, quando sono in studio, tengo attaccati a monitor esterni (in uno standing desk in studio, in una postazione a sedere a casa); mentre quando devo andare via stacco e porto con me.
Ovviamente, ogni macchina ha un disco esterno per il backup con time machine più un altro disco per la copia clone del disco. La copia clone è una figata assoluta che si può fare solo con i mac, non si può fare né con windows né, a quanto ne so, con Linux. Praticamente ogni giorno (o anche più di frequente) c’è un software (io uso Carbon Copy Clone, ma c’è anche SuperDuper) che copia l’intero disco fisso del mac su un altro disco fisso esterno. Se il disco fisso interno si rompe, anzi togliamo il «se» e mettiamoci un bel «quando», dunque quando il disco fisso interno si rompe devi solo fare il boot dal clone esterno e in 15 minuti sei di nuovo pronto a lavorare, praticamente – se stavi lavorando un files contenuto in dropbox – senza perdite.
Questo il è genere di efficienza che dobbiamo ai nostri clienti. Mi fanno davvero ridere quegli avvocati che su Facebook si lamentano che hanno preso un virus, o che hanno cambiato il cellulare e «perso tutti i contatti», quindi chiedono di «rimandarli», che hanno perso i dati e non avevano un backup. Se tu fossi un potenziale cliente di quei professionisti, gli daresti un incarico sapendo che sono dei dati imbranati che possono perdere il lavoro di una settimana svolto per te solo perché si rompe un disco fisso? Sticazzi, sono venti anni che si sa che bisogna fare i backup perché i dischi prima o poi si rompono. O che non riescono a richiamarti per darti una notizia importante perché hanno perso il tuo numero..? Ma le rubriche che si sincronizzano non esistono? E come fai ad essere sicuro che i terminali di questi avvocati non prenderanno mai un virus che poi farà la copia di tutti i dati personali e inizierà a mandarti dello spam? Al contrario, è una sicurezza…
Non siamo più negli anni 50, adesso la organizzazione informatica e digitale di un qualsiasi professionista, ma in particolare modo di un avvocato, che conserva quasi sempre dati sensibili è assolutamente fondamentale. Nessun avvocato può romanticamente vantarsi di essere ancora legato alla carta e alla penna come scusa per non curare queste cose, il mondo è andato avanti e – volenti o nolenti – non ci si può comportare a cazzo su queste cose!
Per quanto antipatia si possa nutrire verso certi strumenti e ti assicuro che ad esempio alcune cose del processo civile telematico hanno fatto venire l’itterizia anche a me pur con tutta la passione ch ehi sempre avuto per queste cose.
Questi che ti ho dato sono solo alcuni spunti, quando il post sarà pubblicato sul blog potremo eventualmente lasciare dei commenti, magari potrebbe diventare la pagina di riferimento per la discussione degli strumenti informatici da implementare nello studio legale.
pdf-droplet è una mini-applicazione di Automator che serve per creare un file in formato pdf a partire da una o più immagini jpg, png o altro, una cosa che serve molto spesso agli avvocati. Nel caso si abbia una sola immagine, il droplet serve come convertitore; nel caso di più immagini, serve anche per ottenere un unico file multipagina da più files di immagine.
Ho creato questo banale droplet per me stesso, visto che non avevo mai trovato niente di così comodo, e ho pensato di condividerlo.