Sto cercando una persona per fare il downgrade del mio tablet samsung tab s3 SM-T825 attualmente con Android 9 verso Android 8 o, se possibile, 7, che, se ho capito, è la versione originaria.
Ovviamente a pagamento.
Contatti in privato.
Grazie.
Sto cercando una persona per fare il downgrade del mio tablet samsung tab s3 SM-T825 attualmente con Android 9 verso Android 8 o, se possibile, 7, che, se ho capito, è la versione originaria.
Ovviamente a pagamento.
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Grazie.
Appena effettuato il downgrade del mio samsung Note10 ad Android 9 Pie.
Finalmente ho di nuovo la possibilità di usare la clipboard.
Per farlo, ho usato Odin sotto una copia di windows 10 installata sul mio mac con bootcamp.
500€ (cinquecento) (+IVA in caso di fatturazione)
Se ci conosciamo ci possiamo accordare anche per un pagamento dilazionato senza problemi.
Gli interessati possono contattarmi, anche solo per eventuali domande, tramite il solito modulo di contatto, oppure lasciarmi un commento qui sotto.
Dopo il mio passaggio ad Android, di ormai un po’ di tempo fa, mi avete chiesto in molti quale è il terminale migliore.
Ovviamente non esiste una risposta assoluta a questa domanda, dipendendo sempre dalle esigenze di ognuno.
Personalmente, dopo aver usato un moto Z play, di Motorola, che, peraltro, é ancora un eccellente telefono, con una batteria impareggiabile, peraltro aggiornato ad Oreo proprio in questi giorni – sono passato a Samsung Note 8, un telefono da molti considerato tra i migliori disponibili.
Personalmente, tuttavia, pur continuando ad usarlo con profitto, ritengo presenti alcuni difetti da considerare, che mi sembra utile condividere con voi, per aiutarvi nella scelta del vostro smartphone.
Il primo problema è la durata della batteria, che è davvero scarsissima. Impossibile, usandolo in modo medio / intenso, arrivare oltre il primo pomeriggio, cosa che é inaccettabile. Personalmente, ho risolto con una cover con batteria, che tuttavia ha appesantito molto il telefono, coprendone integralmente il design. C’è gente che giura di arrivarci a sera, probabilmente non telefonano se non per pochi minuti e per il resto del tempo per lo più lo tengono in tasca.
Un altro problema piuttosto fastidioso almeno per me è la estrema sensibilità al surriscaldamento. Adoro prendere il sole e non ho mai avuto problemi col il mio vecchio Moto. Con il Note, invece, dopo pochi minuti sotto al sole il terminale si blocca per raggiungimento – a suo dire – di temperatura eccessiva e diventa così impossibile continuare ad usarlo. Per fortuna, con la cover presa per il problema di cui sopra, anche la problematica del surriscaldamento si è attenuata e così posso usarlo abbastanza bene anche sotto al sole.
Questi due primi problemi, peraltro, sono, anche se nessuno lo dice, evidentemente figli dello scandalo del note 7, modello ritirato dal mercato due anni fa, con grandi danni economici e di immagine, per Samsung perché alcuni esemplari erano esplosi. Gli ingegneri coreani, avendo paura di prendere un altro colpo del genere, hanno messo una batteria più piccola e sicuramente sottodimensionata (ovviamente dicono che per compensare hanno «ottimizzato» i consumi energetici, ma non è vero o comunque non conta un cazzo) e soprattutto hanno tarato in modo sensibilissimo i sensori di temperatura. Così il Note 8, figlio delle paure di Samsung, é nato di fatto come un prodotto molto limitato da questo punto di vista, anche perché per uso professionale, categoria cui punta la serie Note, la batteria è essenziale.
Un’altra cosa che non mi è piaciuto é lo slot dual SIM di tipo ibrido e la disponibilità solo di 64g di RAM a bordo. Slot ibrido significa che non puoi avere contemporaneamente una memory card e una seconda sim ma devi scegliere: o metti la SD card o la seconda sim. Posto che due sim per uso professionale o comunque avanzato di un telefono sono indispensabili, Samsung avrebbe dovuto ingegnerizzare il cassettino in modo da farci stare tutte e tre le schede contemporaneamente, come avviene in molti altri telefoni, tra cui sempre il mio Moto Z play. A riguardo, ho risolto o per meglio dire rimediato con una piattina di Simore, dove tieni la seconda sim all’esterno del cassettino lungo il corpo del telefono.
Così il mio Note 8 sembra un po’ un piccolo mostro Frankenstein, con aggiunte di qua e di là fatte per colmare sue carenze strutturali, che, tutto sommato, non sono appunto accettabili in un terminale di questa categoria, prezzo e pregio.
Nemmeno la gestione dual SIM è stata ben ingegnerizzata a livello software. Ad esempio, non è possibile assegnare una certa sim ad un certo contatto, in modo che ogni qual volta si chiama quel determinato contatto lo si faccia col numero che si preferisce e vuole esporre, che mi sembra proprio il minimo sindacale per chi usa un terminale dual SIM.
Un’interessante novità di Oreo per chi, come me, ha un telefono Android – nello specifico un Note 8, aggiornato proprio in questi giorni – è la possibilità di definire, a livello di sistema, un gestore di credenziali, con il quale appunto il sistema operativo provvederà a riempire automaticamente i campi nome utente e password quando richiesti.
Cosa significa tutto questo?
Voglio spiegartelo in modo semplice, perché ognuno di noi, in un modo sempre più digitale, deve essere in grado di gestire al meglio le proprie credenziali.
Cosa sono innanzitutto le credenziali?
Sono, di solito, una coppia di valori, consistente in un nome utente, con il quale si dichiara chi si è, e una password, con la quale lo si dimostra. Tramite le proprie credenziali si ottiene l’accesso ad un sistema informatico, laddove per «sistema informatico» si devono intendere molte cose anche abbastanza diverse tra loro, dal proprio computer locale o cellulare o tablet a un servizio di streaming come Netflix o un social come facebook o un servizio di home banking.
Ora, la grande notizia.
Le credenziali devono essere diverse per ogni sistema informatico cui si accede.
Non ci credi?
Te lo ripeto: le credenziali devono essere diverse per ogni account.
Non si può fare che si mette in ogni account la stessa password, ad esempio il nome di un figlio «Marco» o del gatto «Pucci».
Questo è sicuramente quello che la gente fa tutti i giorni tranquillamente, ma è una cosa da non fare assolutamente.
Perché non va mai fatta una cosa del genere?
Perché succede questo che adesso ti spiego.
Tu ti iscrivi ad un sito del menga di appassionati di, che ne so, tiro con l’arco. Il sito è realizzato da babbei, come il 90% dei siti che ci sono in giro sulla rete internet. Un cracker (il termine hacker, usato dai giornalisti italiani, che sono spesso degli idioti, non è corretto) riesce ad entrare nel tuo sitarello del menga e a ottenere le tue credenziali.
Bene. Ora, se tu hai messo le stesse, identiche credenziali nel sitarello sul tiro con l’arco e nel tuo home banking, cosa credi che succeda dopo?
Queste cose succedono ogni giorno, eppure ogni giorno le persone usano le stesse credenziali per dozzine di siti diversi, vantandosi pure di avere trovato una «soluzione semplice» al problema delle credenziali: «tanto metto sempre le stesse!».
Ormai deve esserti chiaro che questa non è una soluzione, ma tutto al contrario una vera e propria disgrazia.
Da questo discende che devi rassegnarti ad avere centinaia di credenziali diverse, ognuna di esse con una password non solo difficile, ma impossibile da ricordare a memoria.
Da ciò consegue la innegabile necessità di disporre di un gestore di credenziali.
Io personalmente uso Enpass, sia sul Mac che su Android, ma ce ne sono molti altri, anche validi.
Ovviamente un gestore di credenziali è utile se si integra col sistema, cioè se, ogni volta che nel sistema, o nel browser, tipicamente, ma anche in un’app, si apre una finestra che richiede credenziali di accesso, deve aprirsi un’altra finestra del gestore di credenziali che a) riconosce il sistema informatico cui si sta tentando di accedere; b) precompila automaticamente i due campi dello user name e password; cosicché all’utente poi non resta che premere «Accedi».
La novità di Oreo è appunto che i gestori di credenziali sono finalmente integrati nel sistema, per cui ora dovrebbero automaticamente accadere le cose descritte sotto a) e b).
Di seguito ti mostro come appare la relativa impostazione nel mio Note 8, dove ho la scelta tra Samsung Pass, di default sui telefoni Samsung, e Enpass, che è il mio gestore preferito e che ho quindi impostato di default.
Ormai dire che la sicurezza informatica è molto importante non è più sufficiente.
In realtà la sicurezza è indispensabile: se non si è disposti a prestare attenzione e tempo a questi aspetti è meglio utilizzare i vecchi sistemi cartacei ed analogici – ci sono troppi pericoli concreti, seri, reali.
Per i terminali Android un valido passo in avanti.
Oggi torno a parlare di smartwatch anzi, più generalmente di, «indossabili» (wearables) cioè oggetti di tecnologia appunto che si possono portare addosso e quindi sono tipicamente orologi ma anche fasce fitness.
In questo post piuttosto approfondito, dove spiego meglio anche l’utilità di oggetti come questi, sostenevo che la soluzione migliore a riguardo fosse ancora, nonostante tutto, pebble, da acquistare su Amazon o sul mercato dell’usato.
Oggi pebble tuttavia si sta avviando sempre più verso il programmato spegnimento. Fitbit, proprietaria del marchio e delle tecnologie, ha già annunciato che a breve verranno terminate alcune funzionalità che si basano sui server, come il riconoscimento vocale per le risposte da dare ai messaggi.
A queste circostanze generali, o di sistema, si è aggiunto il fatto che il mio amato pebble 2 HR ha smesso di funzionare bene, iniziando a perdere spesso la connessione bluetooth, con la conseguenza che ho dovuto pensionarlo.
Avendo venduto ad un amico gli altri due modelli di pebble che avevo, mi sono ritrovato senza uno smartwatch, al quale tuttavia ormai sono abituato, perché fa «sistema» col mio modo di utilizzare il cellulare – che di solito tengo in modalità silenziosa, ricevendo le notifiche, anche delle chiamate, sul polso, senza disturbare così nessuno.
Nessuno che li abbia provati davvero può avere idea di che zavagli indegni siano gli smartwatch con Android Wear, ora ribattezzato Wear OS. Si tratta di dispositivi che, se non saranno completamente riprogettati dalle basi, sono destinati a essere completamente inutili per un minimo di uso nella vita di tutti i giorni, almeno a mio modo di vedere. Roba da buttare.
Scartata dunque questa indegna classe di prodotti, ho deciso di provare Samsung, prendendo un gear frontier S3. Si tratta innanzitutto di un orologio molto bello e «maschile», non privo di una certa ingegnosità, con il sistema della ghiera che ruota per offrire alcune funzionalità di consultazione sia a sinistra che a destra. Purtroppo però non è ancora il prodotto azzeccato per un uso al polso nella vita di tutti i giorni.
I softwares a disposizione sono troppo pochi, le notifiche non sono ben gestibili e soprattutto visibili. Il funzionamento generale a mio giudizio non è ancora abbastanza fluido. Alla fine l’ho restituito e generalmente devo dire che lo sconsiglio anche perché non costa mica poco, però ci sono persone che sono soddisfatte in giro e posso anche capirli, quindi non scartatelo a priori ma valutatelo, non è certo un prodotto assurdo come gli smartwatch Wear OS, ma un prodotto con una sua dignità ed ingegnerizzazione, bisogna solo vedere se può rispondere a quello che volete voi da un indossabile.
Ad ogni modo, il wearable su cui ho ripiegato in seguito, per il mio «post pebble», è Amazfit Bip.
E mi ci sto trovando sorprendentemente bene…
Non è proprio uno smartwatch, ma un wearable che si colloca a metà tra uno smartwatch e una fascia fitness, assommando un po’ le funzioni dell’uno e dell’altro, anche se probabilmente più sbilanciato a favore della seconda.
Non ci si possono installare applicazioni, come avveniva sul pebble (che aveva un parco software incredibile, c’era persino un client per i sistemi Bose SoundTouch), quindi fa solo quello che è offerto dal suo firmware – aggiornato due volte da quando ce l’ho. Da questo punto di vista, è dunque fascia fitness.
Ma ha due punti di forza fortissimi a mio giudizio:
Da quando mi è arrivato, in effetti, l’ho indossato con la carica della batteria di «fabbrica» (circa il 50%) e, dopo una settimana, non l’ho ancora ricaricato! Non mi era mai successa una cosa del genere, con nessun oggetto di tecnologia da me acquistato.
Con una batteria così eccezionale (l’espressione è impropria, la batteria è probabilmente una delle solite, quello che è stato ottimizzato è il suo utilizzo), si può ricaricare il Bip anche una volta al mese, scordandoci quindi di portarlo al polso, anche perché è molto leggero, non è certo come il Samsung o altri orologi, è più piccolo anche del pebble – anche in questo è più fascia fitness.
Potendolo portare sempre, si può effettuare finalmente un monitoraggio del sonno.
Personalmente lo porto anche sotto la doccia, in realtà non lo tolgo quasi mai. L’uso sotto la doccia è espressamente sconsigliato dal produttore, nonostante il Bip sia impermeabile, anche se al momento non ho incontrato problemi. Per nuotare, tuttavia, penso che lo toglierei.
Pur non potendosi installare applicazioni sul Bip, esistono applicazioni di controllo per Android che sono molto interessanti e consentono in diversi modi di estenderne le funzionalità, come ad esempio Amazfit Tools, che consente di valorizzare moltissimo l’unico pulsante presente sul Bip, per poter gestire ad esempio la musica, con un sistema complementi configurabile basato sul numero di pressioni consecutive del tasto (es. 2 pressioni pausa, 3 pressioni prossima traccia, 4 pressioni traccia precedente) e addirittura la possibilità ulteriore di cambiare profili di configurazione dell’unico pulsante, per passare dal profilo, ad esempio, di comando della musica ad un altro profilo in cui mettere altri comandi azionabili tramite il pulsante, tra cui anche procedure di Tasker, una celebre utility di automazione per Android.
Bip è simpaticissimo, insomma, perché quel poco che fa lo fa in maniera eccezionale. C’è già una comunità abbastanza nutrita di utenti e sviluppatori che ha trovato modi per fargli fare sempre più cose e sono disponibili diversi accessori come cinturini, casse colorate e così via, tanto che è probabile che si affermi come indossabile più trendy del momento.
Ha persino il GPS… Incredibile che in un oggetto che costa così poco sia presente, ma soprattutto che funzionando col GPS la batteria duri oltre un mese…
Personalmente, devo dire che mi ha abbastanza conquistato… Ho già ricominciato a contare i passi, stabilendo un obiettivo giornaliero di 6000 al momento, con ottimi risultati in termini di mia autoincentivazione.
Il fatto è che Bip azzecca sotto molti aspetti come dovrebbe essere un indossabile: il più leggero e meno invasivo possibile (cosa che non è presente sugli orologi Wear OS e Samsung), con una batteria che ti puoi scordare di caricare, per cui lo allacci al polso ed è un set and forget it, con molte funzionalità legate al fitness e alla fruizione della musica (che, a sua volta, è legata a filo doppio al fitness) e, infine, costa poco, perché gli indossabili non sono ancora un prodotto ambito dai consumatori ed è dunque impensabile che costoro possano sborsare 300 euro per decretare il successo di un tipo di oggetto che ancora non capiscono bene, mentre invece 80/100 per un indossabile che è comunque una fitness band (prodotto che ha già un suo certo focus sul mercato) sono tutta un’altra cosa.
Fa poche cose ma le fa abbastanza bene. Dopo che te lo sei messo, appunto te ne dimentichi, sia perché non pesa al polso, è quasi come non averlo, sia perché non lo devi mettere a caricare ogni sera come i zavagli con Wear OS o gli orologi Tizen.
Le notifiche soffrono alcuni limiti: caratteri piccoli, visualizzazione temporanea, necessità di scorrerle tutte per poterle cancellare, mancanza di sincronia con il cellulare (sul frontier, se cancelli una notifica sull’orologio la cancelli anche sul cellulare, non così invece col Bip). Però funzionano e, per me, sono più fruibili di quelle del Samsung: la vibrazione è più forte, lo schermo è subito illuminato quando alzi il polso, a differenza di quello che avveniva col Samsung, fatto sta che difficilmente me ne perdo una.
Le applicazioni con cui si può gestire Bip sono sostanzialmente tre:
Queste tre applicazioni si possono usare anche parallelamente, infatti sul mio Note 8 le ho installate e le utilizzo tutte e tre.
Ultimamente, mi sono focalizzato su Amazfit Tools, che offre un plugin per Tasker e Automagic, la mia applicazione di automazione, che consente di fare cose molto interessanti coll’unico pulsante disponibile sul Bip, ad esempio con una pressione eseguire un’azione, con due un’altra, con tre un’altra ancora e così via, magari diverse a seconda del contesto – nel mio caso, se sono in palestra una doppia pressione lancia un timer, ma a casa lancia altro…
Questa non è e non voleva essere una recensione completa del Bip, per la qual cosa magari scriverò un altro post in seguito, ma un punto della situazione sugli indossabili, come «seguito» ideale al post, già richiamato, di agosto 2017 sulla categoria, per consentire di fare chiarezza su una categoria di prodotti che deve ancora trovare collocazione nella mente dei consumatori, pur presentando diversi ed innegabili vantaggi.
Buon divertimento a tutti.
Oggi è disponibile su Amazon e si può acquistare qui.
Quanto l’ho preso io non c’era ancora su Amazon, ma solo su store cinesi, dove è ancora disponibile, costando anche un po’ meno, anche se io consiglio assolutamente Amazon per i tempi di consegna e le garanzie, anche semplicemente sul recesso nel momento in cui un oggetto, dopo averlo provato un po’, non dovesse piacere.
Oggi facciamo il punto sugli smartwatch.
Si tratta di oggetti indossabili, che per molte persone non hanno ancora un senso ben preciso, molti infatti non capiscono a cosa possano servire oggetti del genere. In realtà, gli smartwatch sono abbastanza utili perché portano al polso una serie di cose che sono collegate al cellulare e che può essere effettivamente più comodo vedere anche quando abbiamo il cellulare in tasca o comunque lontano da noi.
La pressoché totalità degli smartwatch è collegata ad un telefono di riferimento e si tratta quindi di un tethering il collegamento ovviamente è tramite bluetooth. Alcuni modelli, come vedremo meglio in seguito, sono dotati della possibilità di inserire una scheda SIM e quindi di una connessione dati, di un numero telefonico e della possibilità di inviare e ricevere chiamate esattamente come avviene per i cellulari.
Ad ogni modo, tramite gli smartwatch riusciamo a vedere le notifiche che arrivano sul cellulare. Se un nostro contatto dunque ci manda un messaggio, di tipo sms ma anche whatsapp o telegram o altro, noi siamo in grado, alzando il braccio, di vedere il messaggio e se del caso andare a prendere il cellulare per rispondere oppure rispondere direttamente dallo smartwatch, per i modelli in cui è possibile. Ovviamente, se il messaggio non fosse urgente, potremmo semplicemente ignorare la notifica e rispondere più tardi senza fretta.
Un’altra cosa molto importante che viene portata sul polso è la indicazione delle chiamate. Quando un nostro contatto chiama il nostro cellulare, sull’orologio siamo in grado di vedere chi sta chiamando. Se riteniamo di rispondere alla chiamata, quindi, andiamo a prendere fuori il cellulare, altrimenti possiamo soprassedere per richiamare più tardi o in alcuni casi anche inviare un messaggio preconfezionato in cui appunto diciamo che non possiamo rispondere, ma che richiameremo ad esempio più tardi.
In realtà, dunque, gli smartwatch sono oggetti molto utili. Purtroppo, il mercato non ha ancora capito le loro potenzialità, ma questo non toglie che rimangano periferiche piuttosto importanti per incrementare la nostra produttività o comunque rendere più piacevole il modo in cui utilizziamo i nostri cellulari.
Oggigiorno, chi volesse provare uno smartwatch o dotarsi di un esemplare si trova innanzitutto di fronte alla scelta della famiglia di smartwatch da adottare.
Grosso modo oggi giorno ci sono 4 grandi soluzioni disponibili. Più alcune strade ulteriori di cui diremo brevemente.
La prima soluzione è quella della Apple, che si sposa perfettamente con i telefoni della stessa casa e cioè con gli iPhone. La seconda soluzione è quella di Android wear. Una ulteriore alternativa è quella offerta da Samsung con i suoi orologi di tipo Gear che montano il sistema operativo Tizen. La quarta soluzione possibile, che presenta alcune peculiarità ma che a mio giudizio è nonostante tutto ancora oggi la migliore di tutte, è quella di Pebble.
Le strade alternative sono innanzitutto quelle dei telefoni «cinesi» che montano versioni complete di Android, cioè non Wear ma Android completo, e che si possono vedere ed eventualmente acquistare su Gearbest. Ho avuto uno di questi orologi / cellulari, il loro problema è ovviamente il consumo eccessivo di batteria, per alcuni versi sono versatili e interessanti perché puoi montare tutte le applicazioni previste per Android, purtroppo non ci sono cose con un livello adeguato di finitura. Io ho avuto un Domino DM368 che dopo alcuni mesi un bel giorno è morto definitivamente, senza accendersi più.
Un’altra strada alternativa allo smartwatch sono gli ibridi di Fossil, che mi ha segnalato il mio amico Francesco Fumelli. Si tratta di orologi costruiti in modo tradizionale, con integrate alcune funzioni «smart».
Torniamo comunque alle principali 4 «famiglie» ad oggi disponibili, seguendo l’ordine già indicato.
L’orologio di Apple è un prodotto abbastanza ben rifinito e con il quale si riescono a fare diverse cose interessanti, tra cui ad esempio rispondere direttamente ad una chiamata dall’orologio sfruttandone il microfono e l’altoparlante e rispondere ad alcuni messaggi di posta elettronica dettando all’orologio, cosa che a me è capitato di fare in più occasioni con buoni risultati. Il prodotto di Apple è, dopo Pebble, quello sicuramente meglio rifinito e ben concepito il suo difetto è quello di sposarsi per lo più con gli iPhone anche se mi pare che in qualche modo sia utilizzabile anche con le periferiche Android, ma ovviamente con un set di funzioni necessariamente più limitato.
Gli orologi Android wear invece a mio giudizio sono ancora davvero molto acerbi, nonostante recensioni molto, troppo giulive che si possano leggere in giro. Ho avuto diversi modelli di orologi Wear e li ho man mano restituiti tutti, in quanto sostanzialmente inadeguati ad un uso di produzione e più simili a dei prototipi. Ho avuto l’orologio di LG (Urbane 2) con la sim interna quindi in grado di fare telefonate così come un vero e proprio cellulare e di collegarsi alla rete, purtroppo dopo alcuni mesi ha smesso di ricaricarsi e l’ho dovuto restituire per malfunzionamento in ogni caso era un orologio rifinito in maniera ben peggiore di Apple watch a partire dalla base di ricarica dal cinturino non ripiegabile e da tutta una serie di cose che dimostravano che il progetto era stato portato avanti con davvero poca cura. Un altro orologio assurdo che ho avuto è stato il primo Huawei che ho restituito dopo alcuni giorni perché, anche qui, nonostante recensioni benevole e giulive mancava di un set di funzioni minime perché potesse essere utilizzato in maniera davvero produttiva. In seguito ho voluto provare anche la versione 2 dell’orologio di Huawei ricevendo in questo caso una delusione ancora peggiore in quanto l’orologio non arrivava mai a sera con la batteria, l’ho tenuto una decina di giorni e non sono mai riuscito ad arrivare a sera un giorno verso le 5:00 addirittura l’orologio moriva alle 5 del pomeriggio ovviamente e così l’ho restituito ad Amazon mi sembra che una periferica del genere sia assolutamente inidonea per essere collocata sul mercato, a meno che la mia unità non fosse una unità difettosa.
Lo stesso sistema operativo Android Wear è un lavoro che sembra lasciato a metà avevo riposto alcune speranze nella seconda versione di questo sistema operativo, ma quando l’ho potuto provare l’ho trovato ancora largamente inadeguato e non finito e portato a dei livelli idonei per un utilizzo davvero produttivo. Probabilmente, per le case produttrici di Android gli smartwatch sono al momento progetti collaterali ai quali non vengono destinate adeguate risorse o sui quali non vengono svolti investimenti di una certa importanza per cui ci ritroviamo con il mercato invaso da veri e propri zavagli pressoché inutilizzabili.
Un discorso diverso vale per le soluzioni di Samsung una casa che per quanto riguarda i cellulari non mi sta simpaticissima per il fatto di avere modificato in maniera eccessiva la sua versione di Android per introdurre delle utilities e delle funzioni di sistema che sono sostanzialmente inutili e appesantiscono il sistema operativo. Per quanto riguarda la linea di orologi gear, ho avuto occasione di provare un s2. Devo dire che qui la progettazione è stata molto più felice a partire dalla presenza di due bottoni sul lato destro dell’orologio abbastanza funzionali e soprattutto della ormai famosa e utile ghiera ruotabile dell’orologio. Se si tiene in mano un orologio Samsung si ha l’impressione a differenza di quanto avviene con Android wear di avere a disposizione un oggetto che è stato pensato da persone e ingegneri con un po’ di sale in zucca e che hanno lavorato davvero sul progetto. Il problema di Tizen e quindi di conseguenza di questi orologi Samsung è che le applicazioni a disposizione sono abbastanza poche. Per avere Spotify ad esempio gli utenti europei hanno dovuto aspettare fino a luglio 2017 quando Spotify a mio giudizio è una utility assolutamente fondamentale per uno smartwatch perché ti deve consentire di telecomandare la tua musica ma anche di poter salvare le canzoni sull’orologio per poterle ascoltare ad esempio quando si è fuori senza cellulare come tipicamente nel caso in cui si va fuori a correre. Forse è ancora un po’ presto per vedere se Tizen come piattaforma si diffonderà al momento le applicazioni sono abbastanza poche. Gli orologi Samsung rimangono comunque abbastanza ben congeniati è abbastanza stabili per cui possono essere presi in considerazione a seconda delle esigenze di chi deve utilizzare ovviamente. Il modello attuale è venduto anche in una versione con LTE e quindi con la possibilità di installare una scheda SIM per essere indipendente dal cellulare e quindi per poter inviare e ricevere telefonate anche quando si è lasciato il cellulare a casa, oltre a consentire una connessione dati tramite la quale si possono ricevere ad esempio sull’orologio le notifiche che arrivano sul cellulare. Purtroppo ad oggi questa versione non è ancora venduta nel nostro Paese è venduta solo all’estero ma non credo che anche potendo acquistare questo orologio all’estero possa essere una buona idea perché ogni paese ha delle proprie bande LTE e quindi la compatibilità dell’eventuale prodotto estero con la rete italiana sarebbe da verificare. Una cosa che mi è piaciuta molto di Samsung è che rileva automaticamente l’attività: un giorno sono uscito con la bicicletta e lui se ne è «accorto», iniziando a registrare l’allenamento.
Adesso parliamo di Pebble. Vi ho già anticipato che secondo me lo smartwatch migliore di tutti mai realizzato è pebble. Purtroppo pebble è stato acquistato da Fitbit e l’intera produzione è stata dismessa. Attualmente, pebble è un prodotto in corso di smaltimento si trovano ancora alcuni esemplari su Amazon che chi vuole può comprare anche per poche decine di euro ad esempio io in questo momento che sto scrivendo questo articolo al polso ho un pebble di prima generazione di colore rosso pagato €40. Da questo punto di vista, nonostante la dismissione della linea, chi non ha mai avuto uno smartwatch potrebbe cominciare proprio con un pebble. La spesa è bassissima e in ogni caso se non ci si trova bene con Amazon si può fare il reso entro qualche giorno.
Ma vediamo quali sono le particolarità del pebble che lo rendono a mio giudizio è migliore smartwatch ad oggi realizzato nonostante il triste destino che gli è stato riservato.
Allora innanzitutto la batteria del pebble dura effettivamente è questo lo posso dire perché io ho avuto 4 pebble anche fino ad una settimana. Questa è una cosa fondamentale per tutti gli smartwatch che i produttori più blasonati purtroppo non hanno capito. Sia il prodotto di Apple che quello di Samsung devono essere caricati almeno ogni sera ben difficilmente possono fare due giorni di seguito senza essere ricaricati. Non parliamo poi di quelli di Android wear dove molti oggetti purtroppo non arrivano nemmeno a sera. La possibilità invece di avere una batteria che dura fino ad una settimana consente di utilizzare lo smartwatch anche ad esempio durante la notte per monitorare la qualità del sonno una cosa che nonostante le applicazioni disponibili è difficile da fare con tutti gli altri orologi.
Una peculiarità del pebble è che il suo schermo non è touch screen. Lo schermo del pebble inoltre è realizzato con tecnologia e ink e cioè ad inchiostro elettronico simile a quella del lettore Kindle di Amazon o di un qualsiasi altro ebook reader punto Il pebble tradizionale è in bianco e nero ma esiste anche una versione a colori che è il pebble time che si trova ancora su Amazon e che ha uno schermo molto bello. Non è uno svantaggio la mancanza di un touch screen su un orologio come questo? A mio giudizio no anzi la scelta di Pebble è azzeccata. Piuttosto in prodotti come questo servono molti pulsanti o ghiere ruotabili come hanno fatto Samsung è Apple Il pebble a questo riguardo a quattro pulsanti I sulla sinistra che è assimilabile ad un pulsante di tipo indietro o Bach E3 sulla destra che hanno funzioni diverse anche a seconda del tipo di pressione cioè singolo tappo tap prolungato questo secondo me è il modo giusto di ingegnerizzare un prodotto di questo genere. Il pebble tra l’altro è completamente impermeabile quando mi alzo al mattino lo prendo dalla mia base di ricarica me lo metto e vado sotto la doccia sotto la doccia il pebble è completamente utilizzabile e quindi lo posso usare per aumentare il volume della musica cambiare traccia visualizzare le notifiche rispondere ai messaggi con quei modelli che hanno il microfono tutte cose che sono inutilizzabili con gli orologi che hanno un touch screen che sotto la doccia non può essere utilizzato.
Un altro grande vantaggio di questa scelta particolare sullo schermo è la visibilità in qualsiasi condizione di luce ed illuminazione. Mentre i touchscreen adottati da tutti gli altri produttori in pieno sole sono leggibili solo a fatica, Il pebble è sempre leggibilissimo come se si stesse guardando un foglio di carta, allo stesso modo di un book reader o del Kindle di Amazon. Addirittura LG con il suo orologio è riuscita ad essere così demenziale da non mettere nemmeno un sensore di luminosità così un orologio che costa quasi €500 come il suo modello urban sotto il sole è praticamente illeggibile mentre in casa in condizioni di scarsa luminosità sembra una torcia, una ulteriore indicazione del fatto che questi progetti non sono stati seguiti adeguatamente.
Un altro vantaggio del pebble, che si è incrementato ultimamente per effetto della sua dismissione, è stato il prezzo ridotto che induce tutti quei potenziali utenti insicuri ma attratti dal oggetto tuttavia non disponibili a sborsare centinaia di euro a provare un indossabile, a vedere che cosa si può realizzare con uno smartwatch e come si può essere più produttivi. Come accennavo prima, adesso i pebble vengono letteralmente svenduti è il mio consiglio è proprio quello di prendersene uno nonostante l’incertezza circa le loro funzionalità. Ultimamente ad esempio io stesso mi sono comprato, al prezzo di uno solo, 3 pebble: un pebble 2 color bianco e acquamarina con rilevazione del battito cardiaco un pebble time steel con cinturino in pelle e schermo a colori e un pebble classico di colore rosso. Tra tutti e tre i modelli, tendo a preferire il pebble 2 con schermo in bianco e nero ma cinturino in silicone che mi posso infilare al mattino subito prima di entrare in doccia anche se probabilmente prenderò un cinturino alternativo per il pebble time per poter fare la stessa cosa. A proposito di questo va detto che non tutti gli smartwatch hanno la possibilità di cambiare il cinturino ad esempio il modello di LG che addirittura aveva integrato il GPS nel cinturino non consentiva ha fatto di cambiarlo e così molti altri mentre invece i prodotti di Apple di Samsung e tutti i pebble hanno i cinturini intercambiabili e questa è una grandissima comodità.
Bisogna dire qualcosa anche riguardo del futuro di Pebble. Al riguardo c’è molta incertezza. L’orologio ovviamente dovrebbe continuare a funzionare anche una volta che i server di Pebble siano stati smantellati e le notifiche dovrebbero essere portate sull’orologio senza nessun problema. Molti più dubbi ci sono invece sulla funzione di riconoscimento vocale che come tale si appoggia ai server di Pebble che a loro volta sono appoggiati ai server di Nuance. Trattandosi di un prodotto dismesso, queste funzionalità di riconoscimento vocale potrebbero cessare da un momento all’altro Senza molto preavviso ed è veramente un peccato perché la funzionalità di riconoscimento vocale funziona abbastanza bene ed è davvero comodo rispondere ad una notifica ad esempio di WhatsApp dettando la risposta direttamente dall’orologio, io stesso lo faccio spesso anche questo di nuovo mentre sono sotto alla doccia.
C’è da dire che il gruppo di sviluppo di Pebble è ancora al lavoro anche se nessuno se lo sarebbe aspettato. Proprio in questi giorni è stata rilasciata una versione beta della app del pebble che corregge alcuni baci che si erano manifestati ultimamente tra cui la scomparsa delle anteprime dei quadranti all’interno dell’applicazione stessa. Il fatto che il gruppo continui a lavorare fa ben sperare e ipotizzare che Fitbit non voglia smantellare del tutto un progetto così bello per poter eventualmente realizzare se non un nuovo pebble almeno un nuovo prodotto Fitbit che si appropria di tanti pregi dei vecchi pebble. Ovviamente la speranza è anche che Fitbit continui a supportare le funzionalità dei modelli esistenti. Anche al netto di questo, a mio giudizio conviene sempre trovare un pebble, specialmente se non avete mai avuto uno smartwatch per vedere che senso possono avere questi indossabili prendendo la migliore realizzazione che ne sia mai stata fatta.
Il mio consiglio finale, per tutti quelli che genericamente sono interessati al mondo degli smartwatch, è di provare ad entrarci prendendo ad esempio un Pebble da 50 euro su Amazon. Anche se cesserà di funzionare in tutto o in parte resterà comunque funzionante come orologio e potrete sperimentare la comodità di un indossabile che porta alcune funzioni del cellulare al posto.