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Neoliberismo: per essere la parte peggiore di te.

L’uomo che abbandona il cristianesimo, volto alla cura e allo sviluppo dell’anima, e diventa neoliberista, ripiegato solo sul proprio ego e narcisismo, incapace di amare, ma smanioso solo di avere ed usare, a partire dai corpi, è un vero e proprio angelo caduto, come Satana.

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Non c’è da stupirsi, tuttavia, se il neoliberismo è così popolare ed oggi di fatto l’ideologia largamente dominante, perché è una dottrina che insegna all’uomo ad essere la peggior versione di se stesso e lo valorizza ed esalta quando disgraziatamente vi riesce, diventando sempre più egoico, materialista, indifferente ai bisogni e alle emozioni altrui.

Non c’è da stupirsi, di conseguenza, nemmeno di tutte le reazioni isteriche che si levano ogni volta che si parla di anima e di ciò che conferisce la vera felicità dell’uomo, perché gli angeli caduti sono legati appunto istericamente ai loro veleni quotidiani, ai loro «diritti», che poi diritti non sono, ma veri e propri strumenti di infelicità propria ed altrui, nella migliore tradizione diabolica della separazione.

«Sforzatevi di entrare per la porta stretta»

(Gesù di Nazareth, Lc 13, 22)

L’uomo di oggi è convinto di essere «antifascista» ma poi abortisce o fa abortire perché ha già due figli e con un terzo da mantenere poi non avrebbe abbastanza denaro per potersi prendere un cane e mettergli il cappottino, realizzando in questo modo una perfetta e criminalmente geniale forma di nazismo domestico, incoraggiato però da tutti, specialmente dalle organizzazioni politiche che si vantano del loro antifascismo, perché l’aborto «è un diritto».

Il cristianesimo ti dice che il primo modo per amare i propri figli è amarne, sinceramente e totalmente, l’altro genitore, anche quando questo, guarda un po’, diventa molto difficile; il neoliberismo, invece, all’esatto contrario, ti dice che quando «non ci sono più i sentimenti», allora puoi serenamente lasciar andare l’altro genitore, trovarti un nuovo partner, dire ai tuoi amici e amiche che «scopa bene» e decantarne le supposte qualità in un pubblico elogio sui social, che molti riescono persino a leggere con commozione e che pochi ormai riescono a vedere con i più consoni timore e preoccupazione.

Ecco perché il neoliberismo trionfa, perché incoraggia l’uomo di oggi a fare quello che gli viene meglio, cioè essere un vero e proprio deficiente e gli dice – e gli fa dire, da un esercito di mentecatti – «bravo» quanto più riesce ad esserlo.

In tutti i sensi e in tutti i campi, ma soprattutto dal punto di vista emotivo, quello del famoso cuore, un posto dal quale l’uomo di oggi, chiuso nella mente, se riuscisse ad andarci anche solo per un attimo, capirebbe immediatamente quanto è cretino e, soprattutto, come si stia costruendo la propria infelicità completamente da solo.

Sì perché il diavolo fa sempre le pentole ma non i coperchi, le verità egoiche sono sempre bugie che non ci danno la felicità.

Il cane col cappottino, più il rimorso quotidiano per l’aborto, non ci daranno mai la gioia piena di un bambino che vive, una nuova vita creata da noi e che sarà per sempre. Un nuovo compagno che «scopa bene», fa le lavatrici e stira non ci darà assolutamente mai l’appagamento di una famiglia unita e di un amore vero che dura per sempre, anche perché chi non è disposto ad amare per sempre non ha amato davvero neppure un solo istante.

Ascolta sempre chi ti parla di anima.

Oggi è dissonante, pesante e ti propone una strada più faticosa, la famosa «porta stretta», ma quella è l’unica strada che ti può condurre ad essere davvero felice. Tutte le altre sono solo scorciatoie false e bugiarde.

Usare gli altri, usare i loro corpi, non ti porterà alla felicità.

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Problemi col partner? Lavora solo su di te.

Cosa fare in caso di problemi col partner.

Recentemente, durante una delle mie sedute di counseling con una persona, con cui stavamo trattando un problema di relazioni o di coppia, che sono la maggior parte dei problemi che si trattano nella pratica quotidiana, dal momento che sono le cause più diffuse di disagio e di malessere spirituale delle persone, mi è venuto in mente, all’improvviso e senza che ne sapessi il perché (tuttora non ho capito come ho fatto a pensarci), la storia di Orfeo ed Euridice.

A quel punto, ho interrotto la seduta e ho chiesto di poter pensare a come mai mi fosse venuto in mente questo mito mentre stavo ascoltando le problematiche di una persona che era stata lasciata, almeno temporaneamente, dal suo partner – partner che in quel momento sembrava molto confuso e non in grado di capire che cosa fosse meglio fare con la loro relazione.

Dopo qualche istante, l’ho capito… Siccome si tratta di un aspetto abbastanza importante della cura delle persone che sono state lasciate, dopo una relazione più o meno lunga, mi è sembrato interessante raccontarlo in un incontro di approfondimento con alcune persone che seguo, anche perché credo che sia una esperienza che può essere utile a molti.

I miti davvero non hanno mai finito di insegnarci delle cose, sono dei grandi classici che, come diceva Calvino, non hanno mai finito di dire quello che hanno da dire.

Il tono di voce di questo post ti sembrerà un po’ strano perché è appunto la trascrizione di una lezione tenuta presso lo studio di Vignola qualche giorno addietro.

La storia di Orfeo ed Euridice.

Ma vediamo prima la storia di Orfeo ed Euridice.

Orfeo si innamora di Euridice e la sposa, vivono felici fino a che non arriva un pretendente che vuole Euridice per sé. Euridice non vuole questo pretendente, lo rifiuta sino al punto da fuggire correndo. Mentre corre nell’erba, però, un serpente la morde e la fa morire.

A questo punto, Euridice viene portata nell’Ade, il regno degli inferi il posto sotto terra dove secondo gli antichi si finiva dopo la morte.

Orfeo ovviamente si dispera. Prende su e scende negli inferi. Lui che era un musicista suona e canta delle canzoni talmente belle da commuovere persino le divinità infernali… Persino le divinità infernali, infatti, che erano notoriamente senza pietà, dovendo governare un mondo di morti che si lamentavano in continuazione, hanno pietà di Orfeo, tanto che alla fine gli concedono di riportare in vita Euridice.

Gli pongono però una sola condizione, cioè che Orfeo non si volti mai a guardare indietro mentre sta portando fuori dal regno degli inferi Euridice.

Non voltarsi indietro.

Tra parentesi, sul mito di non voltarsi indietro potremmo parlare e scrivere libri interi, tutta la mitologia tutte le storie più significative importanti hanno questo mito del non voltarsi indietro, che ci dice una cosa molto importante e cioè che dobbiamo vivere nel presente guardando al futuro senza appunto voltarci mai indietro, recriminare il passato perché se facciamo questo perdiamo energia.

Pensiamo semplicemente alla moglie di Lot, Sara, che lasciando Sodoma contravviene al divieto di Dio di voltarsi indietro e viene trasformata in una statua di sale esattamente come avviene a noi: tutte le volte che diamo troppo peso a quello che è avvenuto in passato ci trasformiamo in una statua di sale, perdiamo la nostra umanità, perdiamo la nostra vita perché smettiamo di vivere nel presente, l’unica dimensione in cui c’è vita, e quindi diventiamo rigidi come un minerale.

Tornando a noi, purtroppo Orfeo, verso la fine, ha paura: teme di non avere preso Euridice, ma un’ombra dell’inferno.

Si volta indietro ed immediatamente Euridice svanisce, questa volta per sempre.

Cadere in un inferno.

Ma cosa vuol dire questo nelle relazioni?

Anche perché non c’è solo il gesto di voltarsi indietro, c’è anche la situazione di una persona che è uscita da una relazione perché è stata precipitata, da qualcosa, dentro ad un inferno.

Questo però se guardi bene è quello che succede almeno nel 90% dei casi in cui uno esce da una relazione che era felice, una relazione in cui si viveva, fino a poco tempo prima, con soddisfazione… Questa persona esce dalla relazione perché viene precipitata in un suo inferno, che a volte può essere semplicemente anche l’inferno di non riuscire più ad amare e disperarsi per questo, oppure un inferno anche diverso: può essere una malattia, anche una malattia terminale, comunque qualcosa che rappresenta una cesura per la relazione, un brusco scarto, e la persona ne esce.

Quindi il mito di Orfeo ed Euridice è un mito universale perché ci dice che cosa succede spesso – purtroppo bisogna usare questa parola: spesso – nelle relazioni, anche quelle felici, e cioè che finiscono.

Il primo grande insegnamento da portare a casa é questo, di vivere queste relazioni nel presente perché oggi ci sono, domani per qualsiasi motivo potrebbero non esserci più.

Ma cosa ci dice ancora questo mito? Ci dice almeno altre due cose molto importanti.

La prima riguarda le ipotesi in cui il tuo partner scende in un inferno, da cui, anche se con molto sforzo, puoi pensare di tirarlo fuori. Anche Orfeo ha dovuto impegnarsi al massimo, metterci tutta la sua arte per poter commuovere le divinità infernali… Ci sono delle situazioni in cui le persone che noi amiamo cadono in buche molto profonde, ma noi, nonostante la difficoltà, anzi a volte anche proprio in considerazione della difficoltà (perché noi ci diciamo: “se amiamo davvero, dobbiamo superare anche questa”), cerchiamo di tirarle fuori da questo inferno e facciamo di tutto, anche l’impossibile, per riportarle a casa – esattamente come Orfeo ha cercato di riportare a casa Euridice, facendo l’impossibile, cioè commuovendo con la musica le divinità infernali.

È giusto andarsi a riprendere chi si ama?

Ma è giusto andare a riprendere una persona che è caduta dentro un inferno? Questo inferno può essere l’alcolismo, la tossicodipendenza, la dipendenza affettiva, una malattia, che comunque sempre collegata a uno stato psicologico – lo sappiamo bene che molte malattie non vengono per caso.

Che cos’è – soprattutto – che rientra nella nostra sfera di dominio?

Quando ci occupiamo di relazioni, noi possiamo intervenire sull’altro, sul nostro partner, o piuttosto l’unica cosa che rientra nella nostra sfera di dominio siamo noi stessi?

Il mito di Orfeo ed Euridice ci dice esattamente questo, ci dice che, se una persona cade dentro una buca, tu puoi decidere di aspettarla, puoi decidere di creare la situazione migliore per favorire il suo rientro, ma non puoi andarla a ri- prendere

Ciò nel senso che la persona dovrà uscire da sola da questa buca, altrimenti non ne uscirà mai veramente. E questa è la prima cosa che ci dice il mito.

Non solo, ma tu dubiterai anche, per sempre, che sia lei, che sia quella di prima. E questa è la seconda, non meno importante della prima, cui è strettamente collegata.

Chi cade dentro una buca deve uscirne da solo e da solo deve decidere di tornare, dalla buca a dentro la relazione.

Libertà e perdono: i due pilastri dell’amore.

L’amore, te l’ho detto anche altre volte, si basa su due grandi pilastri: la libertà e il perdono.

  1. Senza libertà non c’è amore, perché hai una persona che sta con te solo perché è costretta. Te ne ho parlato quando abbiamo visto la differenza tra l’amore egoico e l’amore animico, dove ti ho fatto l’esempio di chi ama egoisticamente e chiude la persona amata in cantina, ma quello non è vero amore, lo sappiamo perfettamente, lo intuiamo non c’è bisogno di pensarci molto.
  2. Il perdono è indispensabile, perché noi possiamo anche dare la colpa a questa persona, di essere caduta in una buca… Pensiamo ad esempio al caso del tradimento, che è una delle buche più grosse: anche qui, se amiamo davvero, dobbiamo utilizzare lo strumento del perdono. Senza necessariamente pensare al tradimento, il nostro partner può essere disfunzionale anche per altre cose: può dare poca attenzione, può trascurare, può non essere grato della relazione, può essere sgarbato, tante piccole cose che nel tempo però minano una relazione. Anche qui bisogna esercitare la difficile arte del perdono, di cui ti parlerò meglio un’altra volta.

Innesca la tua crescita personale.

Qualsiasi sia l’errore in cui è caduto il nostro partner, qualsiasi sia la situazione di difficoltà, bisogna lasciare che sia lui a risolverla e che sia lui a tornare a casa, che sia lui a tornare da noi.

Non è un dirgli “arrangiati” ma piuttosto un dirgli “sono spiacente per quello che ti è successo, ti perdono e ti amo ancora, quando avrai sciolto i tuoi modi e credessi io ci sono” e farlo con un sorriso davvero sincero.

Per agevolare la situazione, noi possiamo agire solo su quello che rientra nella nostra sfera di dominio e quello che rientra nella nostra sfera di dominio è solo la nostra crescita personale.

Quindi, anche se può sembrare controintuitivo, noi non dobbiamo andare a tirare per la giacchetta il nostro partner, ma dobbiamo concentrarci su di noi.

Dobbiamo diventare ogni giorno una versione migliore di noi stessi in maniera da tirare verso l’alto noi e le persone che sono, o che potrebbero essere, intorno a noi

Noi dobbiamo attirare, dobbiamo se-durre nel senso etimologico di questa bellissima parola, cioè portare a noi, riportare a noi, appunto condurre a sè.

E si attira solo diventando sempre più positivi, innalzando le nostre vibrazioni il più possibile, vibrando di emozioni positive il più possibile. È una strada ripidissima per chi ha il cuore spezzato, ma io ti dico che non è affatto impossibile percorrerla, anzi, e che comunque è l’unica strada.

Mettiti dunque subito al lavoro, ti lamenterai poi dopo semmai.

Tutto questo lo capiamo plasticamente nel caso del tradimento, dove noi capiamo perfettamente che non possiamo andare dal nostro partner che ci ha tradito e continua a tradirci a dirgli: “scegli me, perché io sono meglio, lui è peggio, lei è peggio, lascia perdere, stai rovinando la nostra coppia, stai rovinando la nostra famiglia, stai rovinando 8 anni, 10, 12, 15, 20 di vita insieme…”

Questi sono discorsi che non servono a niente, se il tuo partner è caduto in questa buca, ci sono delle ragioni e se vuoi indietro il tuo partner, e quindi se hai scelto già di perdonarlo, devi accettare il fatto che queste ragioni che l’hanno portato a tradirti, questi nodi che hanno portato a tradirti, sia lui a scioglierli e sia lui a tornare a casa, dalla buca in cui è caduto.

Nell’ultima tentazione di Cristo, Gesù va dalla Maddalena che, in quel contesto, fa la prostituta in un locale aperto a tutti. Si siede in un angolo, aspetta per ore che tutti gli uomini presenti si uniscano a lei, davanti a lui. Venuta la sera, lei finalmente lo nota e va a parlargli chiedendogli subito, scandalizzata di se stessa: “Sei stato qui tutto il tempo?”. Ma a lui non importa, a lui importa solo di parlare finalmente con lei.

Ma perché Orfeo si volta?

Se noi lo andiamo a prendere, se noi lo andiamo a tirare per la giacchetta, se noi lo andiamo a tirar fuori dalla buca in cui è caduto, esattamente come ha fatto Orfeo, che è andato, è sceso negli inferi, che sono la più grande buca che l’umanità abbia mai concepito, per andare a riprendere sua moglie, se facciamo questo allora che cosa succede?

Succede esattamente quello che è successo a Orfeo, cioè che questa persona è la volta che la perdiamo davvero definitivamente.

Guarda come è esatto il mito nel descrivere questa situazione.

Perché Orfeo si volta indietro? Perché non riconosce più sua moglie, perché pensa di tenere per mano non sua moglie, ma un’ombra dell’inferno? Ma perché – pensa un attimo a questo – non riconosce il tatto, l’odore, le vibrazioni, la presenza di una moglie così tanto amata?

Non è forse quello che succede anche oggigiorno quando si va a riprendere di forza una persona per riportarla a casa? Come la guardi e la pensi questa persona, quando dorme o quando fa l’amore con te? Quando dorme ti chiedi se sia sempre quella di prima e quando fa l’amore con te ti chiedi se non stia pensando all’altro anche mentre è lì con te…

In una parola, questa persona non la riconosci più.

E sei tu stesso che l’hai resa irriconoscibile andando là a riprenderla di forza in una situazione in cui era caduta lei… Ma se non la riconosci più, ecco che non puoi avere quello che c’era prima. Tu sei partito perché volevi indietro le tue cose, volevi indietro la tua vita, sei andato alla ricerca del ladro che ti ha rubato la macchina come se il furto si potesse annullare e tutto potesse tornare come prima…

Ecco perché Orfeo non riconosce Euridice, perché è pieno di dubbi giustamente dice “ma noi siamo andati nell’inferno, non è che questa non è più mia moglie ma ho preso per sbaglio un’ombra?” – oppure, ancora peggio e più probabilmente – “non è che mia moglie è diventata un’ombra, perché non mi sembra più lei… Se mi sembrasse lei l’avrei riconosciuta..?

Orfeo così obbedisce ai suoi dubbi e contravviene alle divinità infernali, si volta ed Euridice svanisce, torna nell’inferno nella sua buca e questa volta per sempre.

Ma non è quello che fa qualsiasi uomo, qualsiasi donna che viene tradita e riporta a casa il suo partner? Un uomo riporta a casa sua moglie, la guarda smarrito, perso, non la riconosce, esattamente come Orfeo non riconosce Euridice.

La moglie percepisce nel volto del marito il suo smarrimento e il fatto crudo: non è più riconosciuta! Allora capisce che ormai appartiene a quella buca in cui era caduta e difficilmente, molto più difficilmente, adesso ne uscirà più.

Quindi?

Ecco quindi che cosa ci dice alla fine questo racconto straordinario, che quando uno dei nostri partner cade in una buca, che può essere come abbiamo visto anche la buca di chi smette di amare – nessuno vuole deliberatamente smettere di amare, chi smette di amare soffre tantissimo, ebbene da questa buca la persona dovrà uscire da sola.

È qui che si vede se si ama davvero, perché è qui che bisognerà dare i due grandi pilastri, i due grandi doni dell’amore, che sono la libertà e il perdono.

È qui che si deciderà se attendere la persona amata che è caduta in difficoltà e non ci può più amare: noi possiamo amarla, ma lei non può più amarci, in quel momento lì a volte fa anche fatica ad accettare il nostro amore per mille motivi, ma noi possiamo aiutarla, possiamo migliorare noi stessi possiamo arrivare ad avere vibrazioni altissime come ha fatto Orfeo che ha suonato una musica talmente bella che ha commosso persino le divinità dell’inferno, che sono entità dal cuore di pietra, però lui è riuscito a vibrare talmente alto e talmente forte da commuovere anche quei cuori di granito.

Poi però ha dubitato.

Non ha riconosciuto la moglie. Lui ce l’ha messa tutta, ma all’ultimo passo le sue vibrazioni si sono abbassate, non è riuscito a mantenere la quota e la trazione e a riportare spontaneamente Euridice a sé.

La conclusione dunque è che l’unica cosa che rientra nella nostra sfera di dominio quando hai un problema di relazioni sei tu stesso.

Come si fa a lasciar andare?

«Siddharta entrò nella camera dove suo padre sedeva sopra una stuoia di corteccia, s’avanzò alle sue spalle e rimase là, fermo, finché suo padre s’accorse che c’era qualcuno dietro di lui. Disse il Brahmino: « Sei tu, Siddharta? Allora di’ quel che sei venuto per dire ».

Parlò Siddharta: « Col tuo permesso, padre mio. Sono venuto ad annunciarti che desidero abbandonare la casa domani mattina e recarmi fra gli asceti. Diventare un Samana, questo è il mio desiderio. Voglia il cielo che mio padre non si opponga ».

Tacque il Brahmino: tacque così a lungo che nella piccola finestra le stelle si spostarono e il loro aspetto mutò, prima che venisse rotto il si-

lenzio nella camera. Muto e immobile stava ritto il figlio con le braccia conserte, muto e immobile sedeva il padre sulla stuoia, e le stelle passavano in cielo. Finalmente parlò il padre: «Non s’addice a un Brahmino pronunciare parole violente e colleriche. Ma l’irritazione agita il mio cuore. Ch’io non senta questa preghiera una seconda volta dalla tua bocca».

Il Brahmino si alzò lentamente; Siddharta restava in piedi, muto, con le braccia conserte.

« Che aspetti? » chiese il padre. Disse Siddharta: «Tu lo sai». Irritato uscì il padre dalla stanza, irritato cercò il suo giaciglio e si coricò. Dopo un’ora, poiché il sonno tardava, il Brahmino si alzò, passeggiò in su e in giù, uscì di casa. Guardò attraverso la piccola finestra della stanza, e vide Siddharta in piedi, con le braccia conserte: non s’era mosso. Come un pallido bagliore emanava dal suo mantello bianco. Col cuore pieno d’inquietudine, il padre ritornò al suo giaciglio.

E venne di nuovo dopo un’ora, venne dopo due ore, guardò attraverso la piccola finestra, vide Siddharta in piedi, nel chiaro di luna, al bagliore delle stelle, nelle tenebre. E ritornò ogni ora, in silenzio, guardò nella camera, vide quel ragazzo in piedi, immobile, ed il suo cuore si riempì di collera, il suo cuore si riempì di disagio, il suo cuore si riempì d’incertezza, il suo cuore si riempì di compassione. Ritornò nell’ultima ora della notte, prima che il giorno spuntasse, entrò nella stanza, vide il giovane in piedi, e gli parve grande, quasi straniero.

«Siddharta, » chiese « che attendi? ». «Tu lo sai». «Starai sempre così ad aspettare che venga giorno, mezzogiorno e sera? ». «Starò ad aspettare». «Ti stancherai, Siddharta ». «Mi stancherò».

« Ti addormenterai, Siddharta ». «Non mi addormenterò ».

«Morirai, Siddharta ». «Morirò ». «E preferisci morire, piuttosto che obbedire a tuo padre? ». «Siddharta ha sempre obbedito a suo padre». «Allora rinunci al tuo proposito?».

«Siddharta farà ciò che suo padre gli dirà di fare». Le prime luci del giorno entravano nella stanza. Il Brahmino vide che Siddharta tremava leggermente sulle ginocchia. Nel volto di Siddharta, invece, non si vedeva alcun tremito: gli occhi guardavano lontano. Allora il padre s’accorse che Siddharta non abitava già più con lui in quella casa: Siddharta l’aveva già abbandonato.

Il padre posò la mano sulla spalla di Siddharta. «Andrai nella foresta,» disse «e diverrai un Samana. Se nella foresta troverai la beatitudine, ritorna, e insegnami la beatitudine. Se troverai la delusione, ritorna: riprenderemo insieme a sacrificare agli dèi. Ora va’ a baciar tua madre, dille dove vai. Ma per me è tempo d’andare al fiume e di compiere la prima abluzione».

Tolse la mano dalla spalla di suo figlio, e uscì. Siddharta barcollò, quando provò a muoversi. Ma fece forza alle sue membra, s’inchinò davanti al padre e andò dalla mamma, per fare come suo padre aveva prescritto

Estratto da Siddharta, di Hermann Hesse.

Messaggio da portare a casa.

Se una persona ti dice che vuole uscire da una relazione, in realtà ne é già fuori.

Accettalo.

Puoi scegliere se perdonarlo e aspettarlo o, tutto al contrario, uscire anche tu dalla logica della relazione.

In entrambi i casi, devi subito dedicarti a ricentrarti e creare, giorno dopo giorno, una versione migliore di te stesso.

Non devi cercare di riportare il tuo partner nella relazione, sarà lui a tornare quando avrà eventualmente sciolto i suoi nodi.

Conclusioni.

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Conosci qualcuno che ne ha? Mandagli questo post via mail o per whatsapp, gli sarà utile e gli darà un po’ di conforto.

Vuoi iniziare un percorso di counseling in cui praticare le cose indicate in questo articolo e altre per stare sempre meglio e crescere giorno dopo giorno? Contattami per concordare come fare, concorderemo un appuntamento presso lo studio di Vignola o ci organizzeremo altrimenti.

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Relazione disfunzionale: come uscirne?

Note dell’episodio.

Donna stoppa uomo

In questa puntata del podcast non parliamo di un problema legale, ma di un problema personale, a partire sempre da una domanda mandataci da una nostra ascoltatrice tramite messaggio vocale su whatsapp. Rispondendo a questa ragazza, con il metodo tipico del counseling che utilizzo con le persone che seguo direttamente, ho toccato molti temi interessanti per la crescita personale e l’uscita dalls sofferenza. Pertanto ho effettuato una trascrizione curata di questo episodio, in modo che sia fruibile da quante più persone possibile. Si tratta comunque di temi di cui ti tornerò a parlare, perché sono molto importanti per qualsiasi ipotesi di cura della persona.

Aggiungo solo che il tema di come uscire da una relazione disfunzionale è centrale per tantissime persone. Proprio stamattina sono stato due ore con una persona che, dopo dieci anni, deve ancora uscire del tutto dalla relazione col marito…

Riferimenti.

Trascrizione.

Data l’importanza degli argomenti trattati, per questa puntata del podcast ti ho preparato una trascrizione curata, cioè editata e sistemata, in modoc he i contenuti possano essere fruiti anche in questo modo. Ti raccomando però sempre di ascoltare la puntata in originale, magari due o tre volte, per assorbire meglio i concetti.

Introduzione

Buongiorno. Oggi ascoltiamo un quesito di tipo personale, non è un problema di tipo legale come quelli che vediamo di solito, ma un problema appunto di tipo personale, che vedremo di affrontare dal punto di vista del counseling, ma sentiamo prima un attimo la nostra sigla…

Sono Tiziano Solignani avvocato cassazionista, mediatore familiare e counselor. Oltre vent’anni fa ho aperto il blog degli avvocati dal volto umano pensando che dovesse esserci un mondo diverso e più umano di affrontare i problemi legali. In questo podcast, rispondo a domande lasciatemi per iscritto o tramite messaggio vocale da utenti della rete che hanno problemi legali o personali, intervisto esperti su temi di grande interesse e propongo riflessioni e approfondimenti in cui condivido la mia esperienza di oltre due decenni per evitare alle persone di incorrere in problemi o prendere vere e proprie fregature. Iscriviti al podcast e al blog all’indirizzo blog.solignani.it per non perdere consigli fondamentali o interviste interessanti su temi utili per la vita di tutti i giorni. Puoi seguire i blog e il podcast via mail o tramite il canale telegram. Lascia la tua recensione sul podcast su iTunes. Se vuoi comprare un’ora della mia attenzione sul tuo problema puoi acquistare una consulenza dalla home page del blog.

Bene, adesso sentiamo la domanda che ci ha mandato la nostra ascoltatrice tramite il solito messaggio vocale.

Ricordo che anche tu puoi mandare un messaggio collegandoti alla home page del blog all’indirizzo blog.solignani.it e facendo tap sul pulsante verde in basso a destra.

La domanda

«

Buonasera, ho di recente chiuso una relazione che presentava queste caratteristiche sin da subito la persona che frequentavo ha dimostrato un forte attaccamento verso di me ed un forte desiderio di voler definire la relazione anche se in tempi molto brevi. Poi a questa prima fase per così dire idilliaca in cui quella persona sembrava ricalcare tutte le caratteristiche da me desiderate, ne è seguita una di svalutazione in cui, la persona sembrava  pretestuosa per creare litigi molto spesso per tutte le ragioni, dove si innescava un forte senso di colpa per poi approdare a una fase finale di abbandono e chiusura. A questo abbandono io penso di essere appunto la causa della rottura reagivo con determinazione al fine di trovare una soluzione e poter ripristinare la relazione questa sorta di rituale, un meccanismo, se in un primo momento mi sembrava essere giustificato da una serie di paure, di insicurezze, provate dalla persona poi nel ripetersi ciclicamente abbia creato un forte senso di inadeguatezza impotenza e sofferenza questo mi ha spinto a documentarmi con video di psicologia su YouTube anche grazie all’aiuto di persone esperte al fine di trovare una spiegazione. Sono giunta alla conoscenza di un ambito estremamente complesso ed ampio come quello dei disturbi di personalità e si è instaurata in me la consapevolezza di essermi a trovata all’interno di una relazione tossica con un manipolatore affettivo probabilmente affetto da narcisismo ora, pur avendo chiusa la relazione, mi trovo spesso a dover gestire all’altalenanza di momenti di forte mancanza quasi di astinenza ed altri più sopportabili in quanto la relazione aveva alimentato questo dualismo tra emozioni forti positive e negative a punto da creare una vera e propria dipendenza. Ora le chiedevo per chi appunto si fosse trovato all’interno di queste **relazioni tossiche** con persone disturbate comunque affette da patologie disturbi di personalità quale fosse il percorso per poter uscirne e soprattutto quale spiegazione darsi al fine di comprendere perché si siano tirate la nostra vita e conseguentemente condurci alla **guarigione** delle nostre **ferite primordiali** o a poter dare inizio a un percorso di crescita che ci permetta poi in un futuro ha di non attirarle nuovamente grazie

»

Le mie osservazioni

Attenzione alla mentalizzazione

Cosa si può dire, quali sono le osservazioni che si possono fare relativamente alla tematica, a quello che ci ha raccontato, ai problemi che ha posto la nostra ascoltatrice?

In generale mi sento di fare un’osservazione e cioè che queste situazioni non si prestano ad essere affrontate bene con una eccessiva mentalizzazione

Facendo un attimo una premessa più generale, qui oggi noi tendiamo a vivere – questa è un una circostanza che viene ricordata da tutte le persone che si occupano di spiritualità – tendiamo a vivere troppo nella mente e troppo poco nel cuore, siamo nell’epoca della mentalizzazione, c’è anche un post nel blog in cui parlo di questo, che metterò nelle note dell’episodio, siamo nell’epoca della mentalizzazione anche per via di alcune rivoluzioni alienanti che ci sono state durante la storia dell’uomo, a partire da quella agricola per finire con quella attuale, quella digitale, che ci hanno portato a vivere sempre più nella mente astratta, nella mente logica e a essere sempre più sconnessi dal cuore e dalla dimensione emotiva, che è una dimensione che dobbiamo recuperare…

Questa la prima osservazione che mi viene mente vedendo il gesto di una persona che ha sofferto in una relazione emotiva disfunzionale e che ha cercato degli strumenti di soluzione in una disamina logica, in quello che offre la scienza a riguardo, che é un’operazione che qualche perplessità la suscita, nel senso che oggi pretendiamo di risolvere tutto grazie alla scienza anche le dinamiche emotive spirituali ma qua c’è qualcosa che secondo me stride, è impossibile non sentire questo stridore, perché quando andiamo a parlare di emotività – e le relazioni sono emotività – non sono aspetti scientifici, non è un lavoro é una dimensione legata alla sfera emotiva, l’approccio scientifico a mio giudizio mostra diversi limiti, può essere un approccio di partenza, come nella famosa immagine della scala, nell’ultima pagina del romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa.

Ti porta fino a un certo punto poi dopo, per arrivare dove devi arrivare davvero, la scala la devi buttar via e passare ad altro, la scala credo che sia la metafora della scienza, della tecnica, degli strumenti… Poi occorrono altre cose, l’intuito, la consapevolezza…

Non mi ricordo più quale popolo dicesse –  probabilmente i nativi americani, lo ricorda Scardovelli in uno dei suoi video meravigliosi che consiglio a tutti di guardare, Scardovelli è un vero gigante della spiritualità e dell’anima – quale popolo dicesse che noi europei eravamo sostanzialmente pazzi perché vivevamo costantemente nella testa, mentre invece bisogna vivere nel cuore.

C’è molta verità in questa questa considerazione, dobbiamo scendere oggigiorno di un piano dal piano di sopra, quello mentale, al piano inferiore,  quello emotivo, anche perché la famosa scienza, che io così poco considero ha comunque fatto uno studio, una rilevazione statistica, che che ci dice che chi vive di più nel cuore è la persona mentalmente più equilibrata, più centrata, di solito più sana che esista, mentre chi è mentalizzato, e quindi è sempre preda della logica, è una persona molto più spesso, almeno di solito…

Le tre grandi dimensioni dell’uomo.

Noi abbiamo tre grandi dimensioni come uomini dalla più superficiale la più profonda: la mente, la emotività quindi il cuore, e l’inconscio.

L’inconscio è quello che ci governa davvero, di cui noi non abbiamo consapevolezza, e non la possiamo avere, anche se pian piano scivola nella dimensione emotiva. Va però fatto notare, vorrei farti notare, come oggigiorno noi se siamo finiti per dare importanza preponderante alla mente razionale che l’aspetto più superficiale di tutta la nostra esperienza come uomini e non è nemmeno quella che ci può guidare molto bene perché le disfunzionalità della mente razionale sono tante, sono anche molto frequenti, chi razionalizza troppo è un po’ il problema di oggi no, quindi la prima indicazione che mi sentirei di dare è proprio quella di tornare al cuore, scendere un piano dalla testa al centro del petto, portare questi problemi, iniziare ad affrontarli da un punto di vista emotivo, questa come prima indicazione.

Sempre Scardovelli parla della mente e dell’inconscio ad esempio paragonandoli rispettivamente ad una zanzara e un elefante, dove la zanzara tenta disperatamente di pungere l’elefante per fargli cambiare direzione, ma l’elefante non si accorge nemmeno e probabilmente non viene nemmeno punto, perché la zanzara non riesce nemmeno a penetrare la pelle spessa dell’elefante.

Questa è una metafora che mi piace moltissimo, perché effettivamente è come viviamo noi: abbiamo delle menti che ci mandano in continuazione dei messaggi come dovresti fare questo, dovresti fare quello, non devi fare quello, non devi fare quello, adesso faccio così, adesso faccio cosà, che non solo non servono a niente, perché comunque la nostra essenza più profonda ha già preso un’altra direzione, ha già fatto delle altre scelte e ci possono essere 1000 motivi per queste scelte e questi motivi sono comunque destinati a restare in parte sconosciuti, in buona parte sconosciuti…

La mente ci tortura

Un aspetto che c’è da sottolineare riguardo di ciò è che non solo queste decisioni della mente razionale, tutto questo agitarsi, tutto questo voler prendere il controllo, sembra veramente un parto… La nostra mente razionale è un omino minuscolo dentro a un qualcosa di gigantesco che si agita, strepita, come se volesse prendere il controllo di una cosa enorme, molto più grande di lei, molto più grande di lui.

Tutto questo movimento della mente non solo non serve a niente, ma è una forma di violenza che noi facciamo noi stessi e questo non va bene, non va bene perché il primo comandamento, comandamento inteso sia in senso cristiano, ma in senso universale, la prima cosa che ogni persona deve fare è amare se stessa e non giudicarsi, mentre la mente ci giudica in continuazione: hai mangiato troppo di nuovo, non hai fatto allenamento di nuovo, non hai ancora incominciato a studiare, non hai fatto il corso, non sei stato bravo sul lavoro, non sei stato bravo con il tuo partner, devi fare questo, devi fare quello…

È come se ognuno di noi avesse dentro la testa oggigiorno un torturatore… Guardate che questo è molto vero, molto vero e questo è un altro motivo per cui bisogna comunque sistemare il dialogo interno

Cosa fare in una relazione disfunzionale

Abbiamo messo insieme alcuni spunti, dobbiamo cercare di essere gentili con noi stessi, quindi la nostra ascoltatrice è caduta in una relazione disfunzionale, ma non se ne deve fare una colpa sono cose che possono accadere, non è colpa sua, è un’esperienza di vita, ogni istante di vita vale la pena di essere vissuto, ovviamente ogni istante ha un sapore diverso, può essere un sapore di dolore, di sofferenza, o sapore di gioia, di felicità, come di migliaia di altre sfumature di emozione…

Dobbiamo accogliere questi momenti tutti con gli occhi aperti come nella nella celebre poesia di Rumi, La locanda, che poi magari vi metto nelle note dell’episodio, che per me è il testo che più di ogni altro ci dice che cos’è la mindfulness o meditazione di consapevolezza, che è un altro sistema per arrivare a questo tipo di approccio all’esistenza, di questo modo di vivere la vita su cui torneremo tantissimo perché è uno strumento in cui io credo molto e di cui torneremo a parlare spesso, magari faremo una puntata apposita o più puntate sulla mindfulness.

Bene, quindi la nostra ascoltatrice ci dice anche un’altra cosa abbastanza importante e cioè che lei sta soffrendo, perché comunque aveva un attaccamento.

Questo è un po’ il bello del counseling, che consiste innanzitutto in una fase di ascolto non giudicante

Quando l’ascolto non è giudicante le persone ti dicono da sole che cosa hanno che non va o che ritengono disfunzionale, che cos’è che dà loro fastidio qual è in sostanza il loro problema, tra virgolette il problema della nostra ascoltatrice lei ce lo ha detto molto chiaramente, lei ci ha detto «io mi sono resa conto che mi sono legata ad una persona disfunzionale in una relazione disfunzionale ma al contempo questa persona mi manca addirittura fino a livelli di dipendenza», o fino ad usare il termine dipendenza per descrivere l’intensità della mancanza.

Ovviamente non è una dipendenza, ma se la nostra ascoltatrice ha usato questo termine, questa parola specifica significa semplicemente che la mancanza è molto alta…

Siamo frammentari.

Qui bisogna richiamare un altro concetto molto importante che fa riferimento al fatto che noi non siamo unitari, questa é una cosa che noi dobbiamo accettare, noi non siamo unitari, non siamo coerenti, non siamo fatti di una parte sola: siamo fatti di più parti in contrasto tra di loro.

La unitarietà, la visione di noi stessi come esseri unitari, è un altro precipitato della mentalità razionale, la mente ci vorrebbe sempre dicotomici, o bianchi o neri, o si o no, o su o giù, o qui o lì… Noi in realtà non siamo così, quindi concepirci in questo modo e pretenderci in questo modo è l’ennesima violenza che non facciamo noi stessi…

Lasciamo perdere questa forma di violenza e accettiamo di essere composti da parti diverse che sono spesso in contrapposizione tra loro… Guardate che ogni singolo individuo è come se fosse uno stato dove c’è una popolazione che si presenta alle elezioni determina una maggioranza, o se vogliamo indice un referendum, svolge un referendum, si determina la maggioranza e quello che la persona fa è il risultato di queste votazioni, di questo referendum: ci sarà sempre una parte soddisfatta e ci sarà sempre una parte in sofferenza.

Questo è esattamente quello che è accaduto anche alla nostra ascoltatrice, ma accade a tutti noi in continuazione… Lei si è resa conto che questa persona è disfunzionale e che questa relazione non la stava portando da nessuna parte, ma parti di lei comunque ancora, a parti di lei comunque ancora manca questa relazione manca questa persona, quindi la presa di consapevolezza almeno a livello mentale che c’è stata riguardo la disfunzionalità di questa relazione di questa persona non è stata sufficiente per determinare una uscita completa da questa esperienza

Questo è normalissimo, è quello che accade a tutti noi, nessuno escluso: non succede mai che usciamo da una situazione, da una persona alla quale ci siamo legati, in maniera automatica.

Anche se questa persona commette delle cose gravissime nei nostri confronti, noi comunque siamo bagnati di questa persona, non asciughiamo in quattro e quattr’otto, possiamo prendere una spinta che ci determina un cambiamento, ma questo cambiamento richiederà molto tempo per avvenire e magari in alcuni casi non avverrà mai del tutto, c’è un legame che rimane.

Innescare la crescita personale.

Bene, allora, una volta che abbiamo fatto tutti questi discorsi, che cosa deve fare, che cosa può fare la nostra ascoltatrice dal punto di vista più concreto?

Intanto il tema della crescita personale è importante, non mi ricordo più chi abbia detto che lo scopo della della persona umana, di ogni uomo, è quello di costruire se stesso ed è uno scopo che dura per tutto l’arco della vita della persona… Questa secondo me è una grandissima verità, nel senso che noi nasciamo e poi dobbiamo continuare a nascere ad una versione nuova di noi stessi tutti i giorni della nostra vita, una versione nuova e possibilmente migliore, ma non migliore solo per la società, migliore per noi stessi, migliore per vivere più consapevolmente e quindi più felicemente, che è poi l’insegnamento delle grandi tradizioni sapienziali planetarie, per cui anche il cristianesimo ma il buddismo il taoismo le tradizioni indiane, tutte quelle che volete, che sono tradizioni di sapienza volta ad evitare il dolore per gestire il dolore e a consentire all’uomo di essere sempre più consapevole e più felice, per cui noi dobbiamo diventare sempre la versione migliore di noi stessi.

La mindfulness.

Quando parlo di saggezza, non parlo di saggezza mentale, abbiamo visto che la mentalizzazione è un problema oggigiorno… Parlo di un’evoluzione profonda della persona, un’emozione profonda, emotiva e se possibile anche inconscia, col tempo quindi cambiare proprio la base della personalità per quanto si possa fare molto di quanto una persona possa dire su queste cose comunque andare verso le cose buone le cose giuste quello che ci insegnano appunto le tradizioni sapienziali.

Qual è lo strumento nell’immediato che si può utilizzare per affrontare situazioni di questo genere? Io credo che sia la meditazione di consapevolezza o mindfulness. La mediazione di consapevolezza è tante cose e magari dedicheremo a questo tema una o più puntate del podcast come accennavo prima, ma è comunque intanto questo che mi preme sottolinearti, la mindfulness é una pratica, quindi va un attimo capita, ma poi bisogna praticarla, è una forma di meditazione, quindi chi la vuole praticare può prendersi uno dei tanti libri che ci sono in circolazione, eventualmente nelle note dell’episodio ti posso mettere il link al testo che uso io, che guarda caso è un testo a cui sono collegati anche dei supporti multimediali, cioè dei file audio che contengono le meditazioni da fare, quindi tipicamente è una forma di meditazione che si fa sedendosi e focalizzando l’attenzione su respiro.

Si sceglie il respiro perché il respiro è un oggetto di meditazione sempre a disposizione, oltre a essere collegato con la nostra energia al centro dell’universo e questi discorsi, è comunque un oggetto di meditazione sempre a disposizione si possono usare anche altre cose tipo la fiamma di una candela, io ad esempio faccio meditazione sul corpo quando faccio allenamento, perché quello che per sviluppare, quello che è molto importante quando si fanno degli allenamenti specialmente di muscolazione e la propriocezione, l’importante è che l’attenzione si focalizzi.

C’è un articolo molto bello, che ho dato la settimana scorsa ad una mia cliente del counseling, di Nicoletta Cinotti sulla cura dell’attenzione, dove si ricorda ancora una volta che la gestione dell’attenzione è una cura in sé a prescindere dall’oggetto, nel senso che se tu riesci ad uscire da quello stato di attenzione distribuita e disordinata in cui si vive di solito, in cui viviamo di solito oggigiorno con l’attenzione che salta da un oggetto all’altro e riesci a restare focalizzato su una determinata cosa per un certo periodo di tempo immediatamente ottieni un miglioramento del tuo stato emotivo.

Questa è una grande verità, una grandissima verità, anche la lettura che venga fatta con un libro cartaceo classico o con un ebook reader che però non abbia tutte le distrazioni tipiche di un cellulare, di notifiche che arrivano in continuazione o cose di questo genere, è una forma di meditazione tant’è vero che molte persone leggono non tanto per acculturarsi, quanto perché è un qualcosa, è un gesto che le fa sentire meglio, perché per mezz’ora o un’ora pensano solo al libro che stanno leggendo…

E questa a focalizzazione dell’attenzione, che diventa come un laser su un oggetto singolo, è un gesto che ci dà enormi benefici, provare per credere, è una pratica quindi non parliamo più in generale bisogna provare a farlo se volete prendete il libro, altrimenti potete anche cercare su Internet, altrimenti fate semplicemente quello che vi ho detto, vi sedete chiudete gli occhi focalizzate l’attenzione sul vostro stesso respiro senza comandarlo senza regolamentarlo, limitandovi ad osservarlo andare su e giù come osservereste ad esempio le onde del mare che in continuazione si infrangono lungo gli scogli o la riva…

Conclusioni.

Bene per oggi è tutto, come sempre soluzioni preconfezionate scientifiche o pillole da prendere non ce ne sono, ci sono delle cose che si possono fare quindi iniziare a meditare, continuare la crescita personale, prendere sempre più consapevolezza e questo lo si ottiene grazie alla meditazione, cercare di scendere di un piano dalla testa al cuore, accettare tutte le emozioni della nostra vita, comprese quelle sgradevoli, esattamente come nella poesia della locanda di Rumi.

Ok per oggi è tutto, direi che abbiamo affrontato argomenti anche molto interessanti, meritevoli sicuramente di futuri approfondimenti.

Grazie per avermi ascoltato, resta sintonizzato abbonati al podcast e se credi manda anche tu il tuo quesito collegandoti all’home page del blog all’indirizzo blog.solignani.it facendo tap sul pulsante verde in basso a destra grazie ciao e buona giornata un abbraccio.

La locanda

«L’essere umano è come una locanda. Ogni mattina un nuovo arrivo. Momenti di gioia, di depressione, di meschinità, a volte un lampo di consapevolezza giunge come un visitatore inatteso. Dai loro il benvenuto e intrattienili tutti! Anche se c’è una moltitudine di dolori, che violentemente svuota la tua casa portando via tutti i mobili, tratta ugualmente ogni ospite con rispetto. Potrebbe aprirti a qualche nuova gioia. I pensieri cupi, la vergogna, la malizia, Accoglili sulla porta con un sorriso, ed invitali ad entrare. Sii grato chiunque arrivi, perché ognuno è stato mandato dall’aldilà per farti da guida

Gialal al-Din Rumi

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