In materia sportiva vige in capo ai genitori un dovere di controllo sui propri figli e ciò lo ricorda l’art. 2048, 1° comma del codice civile, che prevede la responsabilità dei genitori per i fatti illeciti compiuti dal loro sportivo in “erba”. Il tipo di responsabilità di coloro che esercitano la potestà genitoriale è simile a quella prevista in capo ai datori di lavoro ed agli insegnanti e il fine ultimo dell’art. 2048 c.c. è quello tentare di prevenire i sinistri mediante la collaborazione dei genitori.
La responsabilità cd “genitoriale” si basa principalmente su di una presunzione di colpa e di conseguenza è onere dei genitori fornire la prova di aver posto in essere una condotta tale da non aver potuto in alcun modo impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore.
Ora come può essere interpretata questa prova liberatoria è presto detto. I genitori devono dimostrare di avere educato con perizia il loro figlio minore, in specie di avere vigilato sulla sua educazione in ambito sportivo, solo in tale modo a loro carico non sarà configurata la responsabilità né culpa in educando, nè per culpa in vigilando.
Quanto detto è avvalorato in giurisprudenza dagli “Ermellini” i quali affermano che per non incappare nella presunzione di colpa prevista dall’art. 2048 c.c. i genitori si trovano nella “scomoda” posizione giuridica di dover provare che al loro figlio minore sono stati trasmessi i principi di una sana educazione, non solo sportiva.
La prova liberatoria di cui sopra sarà validamente fornita se i genitori potranno dimostrare di avere “inculcato” al loro figlio come ci si deve comportare durante l’attività sportiva sia essa agonistica che amatoriale.
Si evidenzia anche il fatto che in caso di danno provocato da un minore in ambito sportivo, nel momento in cui il solo esame del fatto dannoso non consenta di affermare o escludere la responsabilità dei genitori, quest’ultimi hanno la facoltà di fornire la prova liberatoria che consiste nel dimostrare di aver posto in essere una vigilanza accurata al grado di maturazione psico-fisica del minore. È logico che qualora il danno cagionato dal minore sia frutto di un’anomalia, di un caso fortuito e che nulla centra l’indole del fanciullo e/o l’educazione ricevuta dai genitori, i medesimi non dovranno rispondere per quanto accaduto.
In poche parole i genitori non hanno responsabilità in tutte le circostanze in cui il fatto del minore non sia ex ante prevedibile da coloro che su di esso esercitano la potestà.
A scanso di equivoci ciò non significa che i genitori per essere tranquilli ed evitare di vedersi addossare responsabilità di vario genere, siano costretti a tampinare il loro figlio minore in ogni sua attività sportiva, l’importante è che sia trasmessa un’educazione sportiva adeguata all’età del fanciullo e al tipo di disciplina sportiva svolta. Quanto previsto dall’art. 2048 1° comma c.c. ovvero la responsabilità in capo ai genitori, viene meno quando il minore ha commesso un fatto illecito durante un allenamento o una gara, o comunque in tutte le varie situazioni in cui egli è affidato alla disciplina ed al controllo di terzi ovvero di allenatori ed istruttori sportivi. In questo caso sembra più giusto applicare il 2° comma dell’art. 2048 c.c. in considerazione del fatto che la figura degli allenatori ed istruttori sportivi è racchiusa nell’ampia categoria dei precettori.
In ogni caso, si evidenzia la assoluta opportunità che ogni famiglia si munisca della relativa polizza assicurativa del capo famiglia.