devo stipulare un contratto di locazione con due associazioni culturali No Profit e prima di fare degli errori ho pensato di chiedere un consiglio. 1) Chi devo inserire come conduttori? I nomi delle associazioni con il loro codici fiscali? 2) Chi deve firmare il contratto? Per mia logica suppongo i presidenti e tutti i membri dei consigli direttivi. E’ così? 3) A chi posso chiedere la verifica dei nominativi/dati che mi danno? Cioè nominativi dei presidenti e dei membri dei consigli direttivi? 4) Posso conoscere il valore del fondo comune delle associazioni o cmq sapere se hanno mai avuto debiti e/o morosità? 5) Inserendo le due associazioni come conduttori, sono automaticamente responsabili in solido? Cioè se nel mese A l’associazione X si scioglie o non paga, la Y sarà tenuta a pagare tutto l’importo dell’affitto?
A proposito del famoso e famigerato decreto GDPR. Io ho una ditta individuale, sono soltanto io, i dati che ho di terze persone sono quelli dei clienti a cui faccio fattura. Il mio commercialista mi ha praticamente passato la patata bollente dandomi un elenco di studi a cui rivolgermi. In questo periodo non ho soldi da spendere e non intendo spenderne. Esiste un modo per disporre autonomamente l’informativa da mandare ai miei clienti?!
Quando due si sposano, o quando un’azienda vuole fare un regalo di Natale ai suoi dipendenti o collaboratori, a volte si opta per eseguire una donazione a favore di una associazione o organizzazione non profit, consegnando nelle mani del destinatario del pensiero una dichiarazione scritta su un bigliettino o una lettera con una formula che più o meno recita così «Volendo farti un regalo, ho pensato che anche tu saresti stato più contento se, al post di ricevere una bomboniera di merda, ti avessi fatto sapere che i soldi per acquistare quella bomboniera sono stati devoluti alla lega per la tutela dei gatti senza una gamba».
È una prassi che, onestamente, mi ha sempre lasciato un po’ perplesso, per quanto sia sicuramente lodevole prendersi cura dei gatti senza una gamba e delle altre miliardi di cause meritevoli che esistono al mondo.
Infatti, con grande saggezza, di solito, di chi si comporta così, si suole dire, utilizzando un’espressione gravemente omofoba che riporto solo per completezza espositiva, che «vuol fare il finocchio col culo degli altri».
In effetti, la solidarietà e la beneficienza devono essere spontanee.
Decido io, innanzitutto, a chi voglio e se voglio fare un regalo, di qualsiasi genere, non lo decidi tu, specialmente se parti per fare un regalo a me.
In secondo luogo, a me potrebbe non stare a cuore, o anche starmi profondamente sul cazzo, la causa verso cui tu hai conferito il mio regalo, cosa che renderebbe la situazione ancora più spiacevole.
Temo che molte persone non protestino semplicemente per buona educazione e perché magari a cavallo donato non si guarda in bocca, anche se per la verità di donato in situazioni del genere spesso non c’è davvero un cazzo, se non un sentimento poco piacevole di essere stati vagamente presi per il culo senza neanche la possibilità di replicare perché poi «pare brutto».
Perché questa lunga digressione su un tema che non sembra poi così tanto attinente?
Ma perché forse anche tu potresti procedere in un modo simile per fare le tue informative.
Prendi un foglio di carta e ci scrivi sopra una cosa come la seguente:
«Caro cliente, in questo documento avrei voluto e forse anche dovuto mettere la informativa sul trattamento dei tuoi dati personali imposta dalla legislazione europea e nazionale.Tuttavia non mi sono potuto permettere un avvocato o un altro consulente che mi fornisse la necessaria assistenza tecnica e, anche se me li fossi potuti permettere, non li avrei comunque incaricati perché secondo me queste cose sono delle stronzate [spero qui di aver interpretato bene il tuo pensiero, credo di non sbagliarmi!]. Preferisco utilizzare i soldi che guadagno dalla mia attività per reinvestire nell’azienda e fornirti servizi sempre migliori / andare in vacanza con la mia famiglia / andare al centro massaggi dalle cinesi [se io fossi un tuo cliente mi piacerebbe che tu mettessi quest’ultima alternativa]».
Ho svolto un lavoro per conto di un’associazione culturale che però, con varie scuse, non mi sta pagando ed i termini sono scaduti da un bel po’. Ho anche mandato un sollecito per iscritto all’associazione nella sua sede legale, ma niente. Come mi posso muovere per recuperare i miei soldi?
Le previsioni di legge.
Vediamo innanzitutto che cosa prevede la legge al riguardo, poi vediamo come devi «calare» queste norme ed utilizzarle nella tua situazione.
Secondo l’art. 38 del codice civile, «per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione».
Da ciò discende che puoi chiedere il tuo compenso sia all’associazione, come soggetto giuridico in sé, sia alle persone che ti hanno commissionato il lavoro, agendo in nome e per conto dell’associazione stessa.
Nota che queste persone non coincidono necessariamente con i legali rappresentanti dell’associazione, come ad esempio il presidente, vicepresidente, amministratore o altro. La legge non vuole, infatti, che l’assunzione di responsabilità di obbligazioni si colleghi, genericamente, ad una carica, mentre desidera che sia coinvolto chi ha effettivamente agito, a prescindere dalla sua funzione, per conto dell’associazione.
Dal punto di vista tecnico, la responsabilità di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione sembra che si configuri come una forma di garanzia ex lege, assimilabile alla fideiussione (Cass. 86/6547, 85/1655). In questa forma di garanzia, secondo i giudici, il responsabile non gode nemmeno del beneficio della preventiva escussione del fondo comune (Cass. 87/2683, 85/2090), che infatti opera solo se espressamente previsto dalle parti o stabilito dalla legge (Cass. 84/5954). C’è comunque da ricordare che il beneficio della preventiva escussione vale ad ogni modo solo in sede esecutiva, mentre in fase di merito ci si può pacificamente munire, appunto anche nei casi in cui è previsto, di un titolo valevole per tutti i soggetti obbligati.
Un aspetto da evidenziare è che la responsabilità delle persone che hanno agito per l’associazione viene comunque meno ex art. 1957 cod. civ. se il creditore non abbia proposto le proprie domande entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale (Cass. 84/5954). In ogni caso, le persone interessate continuano ad essere responsabili sia dopo la cessazione dell’eventuale carica ricoperta all’interno dell’associazione, sia, soprattutto, anche dopo lo scioglimento dell’associazione stessa. (Cass. 65/1582).
Che cosa devi fare in concreto.
Alla luce di quanto previsto dalle leggi in materia, ti puoi rivolgere sia all’associazione sia alla persona o alle persone che ti hanno concretamente commissionato il lavoro.
Vediamo la cosa per passi successivi, come al solito, cui corrispondono diversi gradi di «gravità» del problema da trattare.
A) Il primo passo per la trattazione di quasi tutti i problemi legali è l’invio di una diffida o lettera di sollecito, che dovrà essere inviata da un avvocato e dovrà essere indirizzata sia all’associazione sia alle singole persone che sono intervenute commissionandoti il lavoro.
Un sollecito inviato da un avvocato ha un’efficacia psicologica molto più ampia di quella di una diffida che una persona redige in proprio, perché significa che il creditore ha portato la vertenza ad un livello più alto e intende, insomma, fare sul serio, altrimenti non avrebbe incaricato un legale. L’efficacia, inoltre, è in questo caso ulteriormente incrementata dalla possibilità di «tirare in ballo», del tutto legittimamente come si è visto, le singole persone che ti hanno commissionato il lavoro che, se non pagherà l’associazione, dovranno pagare con il loro patrimonio.
Dopo il primo passo, per vedere come procedere bisognerà valutarne, ovviamente, gli effetti.
B) Se il problema con la diffida non si è risolto, cioè non hanno pagato né si è raggiunto un accordo, il passo successivo è quello di valutare la solvenza dei debitori, cioè associazione e persone responsabili: è inutile investire nel recupero credito se né l’associazione col suo scarso patrimonio sociale né le persone responsabili con i loro scarsi o inesistenti patrimoni offrono possibilità di recupero! Su questo fondamentale concetto, rimando ad una attenta e approfondita lettura della nostra scheda sul recupero crediti.
C) Se la valutazione della solvenza dei debitori si è conclusa con esito positivo, o comunque con qualche speranza di recupero, il passo successivo è quello di procedere con un ricorso per decreto ingiuntivo, che sarà sia contro l’associazione sia contro le persone responsabili, che verranno dal giudice richieste di pagare in solido tra loro. Per ulteriori dettagli sul decreto ingiuntivo, rimando alla scheda di approfondimento relativa. Con questo passo, la vertenza passa da stragiudiziale, come era prima, a giudiziale e quindi occorre valutare con il giusto grado di approfondimento con il proprio legale di fiducia.
D) L’ultimo passo, cui si giunge se nonostante il decreto e la definitività dello stesso i debitori non hanno pagato, è quello della esecuzione, cioè dei pignoramenti, che potranno essere fatti, come si è visto, indifferentemente presso l’associazione o presso le persone responsabili. Consiglio anche a questo riguardo di leggere con attenzione la nostra scheda sul recupero crediti.
In generale, ognuno di questi passi o step, se compiuto con l’assistenza di un avvocato, comporta un costo, quindi il consiglio è quello di chiedere sempre un preventivo prima di partire o proseguire con ognuno di essi.