Gli accordi in house per separazione, divorzio, affido, devono essere trasmessi alla Procura della Repubblica competente per l’apposizione di nullaosta, in caso di assenza di figli, o autorizzazione, in caso di figli, per poter essere perfezionati e andare a buon fine.
Il magistrato deve dunque controllare gli accordi presi dai genitori con l’assistenza degli avvocati.
Che cosa succede se il magistrato della Procura ritiene che gli accordi non siano conformi agli interessi dei figli?
Semplicemente, rimanda tutto al tribunale, dove ci sarà un altro giudice a valutare la situazione più approfonditamente.
La norma di riferimento è l’art. 6, comma 2°, ultimo periodo, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162 (in S.O. n. 84, relativo alla G.U. 10/11/2014, n. 261), che puoi visualizzare, nel testo attuale, su normattiva.
Secondo tale disposizione:
«Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All’accordo autorizzato si applica il comma 3»
L’impressione, leggendo la normativa nel suo complesso, è che questo rinvio al tribunale non significhi necessariamente la «morte» dell’accordo, ma l’invio ad un giudice che farà un maggior approfondimento sul caso.
Ad ogni modo, tutto avviene automaticamente.
In tali casi, la cancelleria chiede il versamento del contributo unificato.
Poi viene fissata un’udienza per la comparizione delle parti, in seno alla quale verrà valutata la bontà dell’accordo.
A quanto pare, se l’accordo verrà ritenuto corrispondente all’interesse dei figli, la separazione, il divorzio o l’affido non verranno regolati da un provvedimento del tribunale, ma continuerà ad avere vigore l’accordo stesso, autorizzato non più dal procuratore della Repubblica ma dal presidente del tribunale civile; la legge infatti parla a riguardo di «accordo autorizzato», lasciando intendere che il presidente potrà lavorare sull’accordo stesso, senza fare un provvedimento a parte.
Non dovrebbe, dunque, innestarsi ad esempio un procedimento di separazione consensuale, divorzio congiunto o affido, con emissione di un provvedimento da parte del giudice.
Ciò può avvenire solo nell’ipotesi in cui il giudice stesso non ritenga di dare l’autorizzazione, proponga delle modifiche che magari le parti non accettano, decidendo di insistere per il testo originario.
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