Come ti ho già detto tante volte, spesso, per via anche della pandemia, mi capita di «ricevere» clienti, sia per problemi legali che per il counseling personale, tramite metodi di videoconferenza. Oltre che ovviamente gli studenti del mio coaching per avvocati.
Ormai fare l’appuntamento «a video» anziché in presenza è diventata una delle modalità «correnti» o normali di lavorare.
Si riesce, peraltro, a lavorare molto bene. Io che faccio sempre le lettere, gli atti processuali e gli altri scritti che servono per la gestione della pratica insieme al cliente, con gli appuntamenti a video riesco a farlo partecipare come se fosse presente, anzi forse anche meglio. Gli apro una condivisione dello schermo, così vede in diretta quello che scrivo e può fare, come se fosse presente, le sue osservazioni, domande e così via.
La sessione, poi, può essere registrata, cosa che offre diversi vantaggi. Pensa alla possibilità di riascoltarla, rivederla (magari a velocità leggermente aumentata per fare prima), per poter comprendere meglio tutto quello che è stato detto. Oppure farla vedere a qualche altra persona, ad esempio.
I sistemi a riguardo sono diversi, ognuno con sue proprie caratteristiche, pregi e difetti.
Oggi te li presento anche per cercare di capire quale può essere il più adatto a seconda del lavoro che c’è da fare.
Una osservazione di tipo generale è che è preferibile fare sessioni di videoconferenza usando una macchina desktop e cioè non da periferiche mobili, quando possibile.
Sedendosi ad una scrivania si ha un maggior raccoglimento, si possono usare entrambe le mani per cercare ad esempio documenti o files, fare ricerche e così via, mentre se si è costretti a reggere un cellulare in mano la qualità della sessione è deteriore, inoltre si è limitati nei movimenti.
I singoli sistemi.
Skype.
Quello più utilizzato, per la sua diffusione, è Skype. Questo sistema a me piace molto per la possibilità che offre di registrare la sessione di videochiamata, che è una cosa che può essere molto utile sia quando si parla di problemi legali, che di problemi personali.
Nel primo caso, la sessione può essere condivisa con altre persone, sia in corso di vertenza che magari nel caso in cui si cambi avvocato, nel qual caso può essere utile capire le valutazioni che erano state fatte precedentemente. Nel caso, invece, del counseling, è molto utile come «ripasso» di tutte le considerazioni svolte durante la seduta, è veramente uno strumento molto efficace per rendere la seduta ancora più interessante.
Per utilizzare Skype bisogna scaricare un software, che è disponibile per tutte le principali piattaforme, comprese quelle mobili, e bisogna registrare un account.
Un’altra cosa che mi piace di Skype è che consente agevolmente di condividere lo schermo intero o parti dello schermo, cioè finestre singole, cosa che io utilizzo molto spesso, dal momento che durante le sessioni quasi sempre scrivo della lettere, che poi sono quasi sempre ormai mail, oppure dei veri e propri atti giuridici; in questi casi, condivido la finestra della composizione di una nuova mail o di Word, in modo che il mio assistito veda insieme a me quello che sto scrivendo, proprio come faccio nelle riunioni «in presenza» dove uso un grande monitor che metto in mezzo tra me e il cliente in maniera che lui veda in diretta quello che scrivo – è il mio metodo collaborativo in tempo reale di redazione di lettere e atti della pratica legale, che ormai utilizzo da anni con soddisfazione sia mia che dei miei clienti.
Meet.
Meet è il servizio di videoconferenza offerto da google tramite browser, sicuramente funziona meglio con il suo Chrome, anche se personalmente lo utilizzo abbastanza bene anche con il mio browser preferito che è Mozilla Firefox.
Il grande vantaggio di Meet è che non serve né scaricare un software né creare un account per usarlo. Chi prende l’iniziativa crea la videoconferenza poi passa il link alle altre persone che devono entrarci ed è già fatta.
Personalmente, dunque, preferisco usare Skype per i vantaggi di cui sopra, ma se il mio cliente è poco avvezzo all’uso della tecnologia, apro una sessione con Meet e gli mando il link per whatsapp o email e si può cominciare comunque, mancano alcune funzioni ma intanto il lavoro viene fatto.
Per Android, e credo anche per iOS, esiste una app di Meet, ma non credo sia indispensabile. In generale, peraltro, sconsiglio di fare sessioni di lavoro tenendo in mano un cellulare.
Zoom.
Zoom è probabilmente il sistema più evoluto di tutti. Richiede, come Skype, l’installazione di un software e la creazione di un account. Offre davvero tante opzioni, col rischio anche di perdercisi.
Forse investire nell’apprendimento di un software e un servizio del genere può essere utile se veramente si lavora per la maggior parte del tempo in videoconferenza o con la trattazione di dati particolarmente sensibili, altrimenti credo che possano andar bene gli altri sistemi più semplici.
Personalmente, l’ho utilizzato perché era il sistema scelto da alcuni miei clienti e io credo che si debba essere in grado appunto di usare qualsiasi piattaforma.
Può essere configurato per salvare le registrazioni su Dropbox, come spiego meglio in questo altro post.
Microsoft Team.
Ho conosciuto questo sistema perché è quello che utilizzano i tribunali e gli uffici giudiziari italiani per le udienze da remoto, che personalmente preferisco di gran lunga rispetto a quelle a trattazione scritta.
Il vantaggio, dunque, di questo strumento per me risiede anche nel fatto che molti avvocati lo hanno dovuto imparare, per cui posso usarlo quando ad esempio devo fare una riunione con un altro legale, cosa che nella pratica forense capita abbastanza spesso, potendo quindi confidare su una «base tecnologica» e culturale comune.
Dal punto di vista del funzionamento, è piuttosto semplice. Esiste un client per i principali sistemi operativi, la sessione parte sempre da un link che viene fornito dall’organizzatore della riunione, che nel caso dei tribunale è il giudice stesso, che inserisce questo link all’interno del provvedimento che dispone la trattazione da remoto, mentre nel caso di una riunione privata può essere uno qualsiasi dei due.
Non mi risulta che con Team si possa registrare la sessione, che del resto nel caso delle udienze da remoto è rigorosamente vietata. Il funzionamento appunto è molto semplice e questo credo sia un pregio, specialmente in questa prima fase in cui molte persone si approcciano a questi sistemi che per loro sono inediti, ci sarà poi tempo in futuro magari per dedicarsi ad affinare, il momento attuale è più quello in cui bisogna rompere il ghiaccio.
Conclusioni.
Ovviamente, se vuoi un appuntamento con me, per problemi legali, counseling personale, coaching o altro, io sono a disposizione in tutte le forme. Innanzitutto in presenza, se vuoi venire presso lo studio sei sempre il benvenuto.
Se, invece, preferisci la videoconferenza, possiamo utilizzare il sistema che ti piace o a cui sei più abituato, naturalmente io ho volentieri imparato ad utilizzarli tutti e mi sono organizzato di conseguenza.
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Come noto, preferisco di gran lunga Android ad iOS, per i motivi che ho spiegato in questo post, e nell’intervista radiofonica collegata, che ti invito, rispettivamente, a leggere e ad ascoltare.
Anche Android, però, specialmente nelle ultime versioni ha iniziato a lasciare molto a desiderare.
L’ultima versione bella, pulita e libera di Android è la 8, Oreo. Dalle 9 compresa in poi, Google ha iniziato a togliere funzioni e a chiudere cose, rendendo Android sempre più convergente con il sistema operativo per bimbiminchia di iOS. Nella 9, ad esempio, ha tolto la possibilità per applicazioni di terze parti di registrare le telefonate, cosa fondamentale per mille motivi, soprattutto a me, come avvocato, ma anche come podcaster.
Per questi motivi, ho effettuato spesso il downgrade di Android nei miei dispositivi. Attualmente, utilizzo un Note 10 plus, che ritengo essere ancora il terminale migliore e che spero Dio mi conservi più a lungo possibile perché, per la prima volta, non ho proprio cuore di cambiarlo. Sul mio note, ho fatto il downgrade dalla versione 10, dove non funzionavano più molte mie automazioni fondamentali costruite con Automagic, alla 9 (Pie).
Più recentemente, mi sono trovato di fronte ad uno dei miei dispositivi che utilizzo da «server», cioè lascio sbloccati e «unattended» a svolgere compiti come il backup, la pubblicazione sui social e così via, che non funzionava più a dovere, per colpa dell’aggiornamento ad Android 10.
Si tratta di un Honor 10 lite view, in passato appartenuto a mio figlio Davide, il distruttore, come spiego meglio in questo post, che infatti ha tutto il vetro rotto e che quindi è perfetto per questo tipo di utilizzi tipo «server», dove lo lascio lavorare da solo e mi ci collego, quando ne ho bisogno, con TeamViewer.
Come si fa il downgrade.
Il downgrade di un dispositivo come questo si effettua tramite il programma HiSuite di Huawei.
Purtroppo, come spesso accade, questo programma, che esiste sia per Windows che per Mac, per quest’ultimo, il sistema che uso io, presenta solo un insieme ristretto di funzioni; tra quelle che manca, anche quella per fare il downgrade.
Per questo motivo, ho dovuto utilizzare la versione Window, all’interno di una macchina virtuale Vmware Fusion, che, devo dire, ha funzionato egregiamente.
Quando connetti il telefono al Mac, Fusion ti chiede se vuoi collegarlo al mac stesso o alla macchina virtuale Windows sita al suo «interno». Ovviamente, devi scegliere la macchina Windows.
A quel punto, puoi lanciare HiSuite e prevedere il ripristino del software.
Qui magicamente Huawei consente di installare anche versioni anteriori, non solamente l’ultima uscita, per cui basta scegliere la versione precedente e procedere all’installazione.
Ovviamente, la procedura cancella tutti i dati del telefono.
Al termine, la situazione dovrebbe essere la seguente.
Dopo il ripristino, bisogna fare alcune impostazioni per evitare di essere disturbati dal sistema che richiede di essere aggiornato, come ad esempio disattivare le notifiche dell’utility di aggiornamento.
Conclusioni.
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Parlare delle differenze tra sistemi operativi rischia di essere ozioso, perché in buona parte la scelta di un sistema piuttosto che un altro è dovuta al caso, all’abitudine, alla tradizione, ai consigli degli amici e, in qualche ipotesi, anche ai propri gusti personali; inoltre c’è il rischio di scadere nella tifoseria, esattamente come avveniva ai vecchi tempi, quando si assisteva, nei forum di discussione, a dispute interminabili tra utenti dei sistemi Windows e utenti Apple.
Oggi, che siamo nell’era post-pc, si rischia appunto di riproporre lo stesso confronto, non più tra i vecchi contendenti da scrivania, ma tra i sistemi operativi mobili, quindi iOS di Apple da un lato e Android di Google dall’altro.
In questo post, tuttavia, cerco di dare un contributo di tipo costruttivo, con riguardo principalmente alla maggior o minor produttività di una scelta rispetto all’altra e quindi alle cose in più che si possono fare con una periferica rispetto all’altra o alle cose che si possono fare meglio e viceversa.
Io stesso consiglio sempre di provare, e di farlo per un certo range di tempo (non è sufficiente giocarci per qualche minuto, occorre un uso in qualche modo di «produzione» per settimane o mesi), i vari sistemi disponibili, confrontandoli, paragonandoli tra loro e vedendo come ognuno di essi offra una soluzione o un punto di vista alle esigenze che gli utenti volta per volta manifestano.
Recentemente, mi sono riavvicinato al mondo Android che mi interessa sempre sperimentare per vedere quali soluzioni implementa e se può garantire una maggiore produttività rispetto agli ambienti Apple; devo dire di esserne rimasto impressionato. Anche perché i difetti di iOS sembrano ormai qui per restare e non essere superati o in qualche modo risolti da Apple, anche alla luce delle ultime presentazioni di prodotti e aggiornamenti software.
Ancor più tempo addietro, avevo avuto un Nexus 4 che avevo poi rivenduto, trovando il sistema all’epoca abbastanza immaturo, anche se ad Android non avevo detto addio, ma semplicemente arrivederci, proprio perché in alcuni punti avevo intravisto delle buone potenzialità.
Ultimamente, mi sono comprato, reperendolo sul mercato dell’usato ad un prezzo molto conveniente, un Nexus 6, quindi un terminale di penultima generazione – attualmente è disponibile il Nexus 6P, e tra poco dovrebbero uscire i nuovi Nexus – ed è quello che sto utilizzando in questo periodo, ed anche in questo momento per la redazione di questo articolo (per lo più tramite dettatura vocale).
Le differenze in generale.
In generale i dispositivi iOS sono meglio rifiniti, più eleganti, più stilosi e piacevoli da guardare e utilizzare; per contro però sono più ingessati, più chiusi, più costretti in scelte che provengono direttamente da Apple. Anche a livello di interfaccia, la libertà concessa all’utente è sicuramente minore (mancano, su iOS, i widget, che sono invece comodissimi per un accesso diretto ad alcune funzioni personalizzate o alla ricerca su google).
Per converso i dispositivi Android, che appaiono anche icto oculi meno rifiniti e meno eleganti, nonostante tutto, di iPhone e iPad, offrono una versatilità molto maggiore, senza – almeno nella mia esperienza – che a questa maggior versatilità faccia da contraltare negativo una maggiore instabilità, dal momento che oggigiorno i dispositivi con sistema operativo Apple e quelli con sistema operativo Google sono, appunto a mio giudizio, abbastanza equivalenti da questo punto di vista (chiaramente il discorso può variare a seconda del terminale che si utilizza).
Se, comunque, in generale i prodotti destinati all’utilizzo in mobilità di Apple sembrano ancora finiti meglio rispetto ad Android, il robottino presenta tuttavia alcuni aspetti dove c’è la possibilità di essere molto più produttivi e che possono essere interessanti per tutti, specialmente per i professionisti.
Vediamo quindi le cose che mi sono piaciute molto di Android, quelle dove il robottino sembra migliore di iOS.
Le cose che mi sono piaciute di Android.
Il voip su Android.
Una cosa ad esempio che a me piace moltissimo di Android è la gestione del VoIP, la telefonia vocale tramite internet, che invece su iPhone è davvero carente e pressochè inutilizzabile, nonostante la disponibilità di applicazioni di pregio come groundwire. Da anni usiamo VoIP in studio, con molti vantaggi, di cui ho parlato in questo vecchio post di cui consiglio la lettura.
Su Android, la gestione di VoIP è integrata nel sistema operativo ed è del tutto trasparente per l’utente. Una volta che hai configurato il tuo account VoIP, nel momento in cui effettui una chiamata il cellulare ti chiede, alzando una apposita finestra di dialogo, tramite quale account vuoi fare questa chiamata: se vuoi chiamare tramite la sim installata sul cellulare oppure tramite l’account VoIP configurato. Personalmente spesso, anche quando sono in giro e quindi fuori dallo studio, chiamo tramite l’account VoIP, perché questo mi consente di non esporre il numero del mio cellulare ma di chiamare clienti, prospetti e altri destinatari con il numero fisso dello studio: cioè loro vedono come ID del chiamante il numero di telefonia fissa dello studio, anche se io li sto chiamando usando come terminale il mio celluare. Questa è una cosa davvero molto comoda.
Su iPhone invece l’implementazione del VoIP è assolutamente inutilizzabile. A livello di sistema operativo non è per niente implementato: e qui devo dire che sospetto motivi «politici» legati alla convenienza economica degli operatori di telefonia mobile. Se vuoi utilizzare il VoIP, devi per forza installare un’applicazione di terze parti e ce ne sono al riguardo di davvero molto buone, come la già citata groundwire. Il problema però è che non sono coordinate con l’ambiente in cui operano, a causa di ciò succedono cose molto poco simpatiche come, ad esempio, quando tu stai facendo una telefonata tramite VoIP e ti chiamano al cellulare. In quel caso la telefonata VoIP viene bruscamente sbattuta giù a favore della chiamata entrante sul cellulare, senza che tu possa avvertire in alcun modo il tuo interlocutore. Mi sembra un sistema sostanzialmente inutilizzabile, specialmente per un professionista.
La dettatura vocale.
Un’altra cosa che mi sta piacendo moltissimo di Android, o quantomeno del mio Nexus 6 visto che non so se a riguardo ci sono differenze significative con altri terminali, è la funzione di dettatura che ho trovato, a parte alcuni aspetti strani di cui dirò dopo, straordinariamente accurata, utile e foriera di tanta produttività in più. Come cennavo, anche il «grosso» di questo articolo è stato redatto tramite dettatura, con rifiniture finali al Mac.
La prima differenza con iPhone, ed è una differenza a mio giudizio fondamentale, è che, con il dispositivo di Apple, la dettatura ha per forza una durata limitata: tu puoi dettare per qualche secondo, poi il dispositivo ti avverte che il tempo a tua disposizione è finito; allora devi smettere di dettare e lasciare che l’iPhone traduca in testo quello che tu hai dettato per poi riprendere di nuovo, quindi facendo questo gioco finché non hai finito di scrivere quello che devi scrivere.
Con Android, invece, la dettatura non ha nessun confine temporale e può proseguire per tutto il tempo necessario. Puoi continuare a dettare finchè vuoi e lui continuerà sempre a effettuare il riconoscimento.
Questo credo sia dovuto al fatto che il dizionario per interpretare il parlato nel caso di Android è scaricato in locale mentre, nel caso di iPhone, ogni volta che si effettua una dettatura il telefono si collega ai server di Apple ai quali fa svolgere il lavoro di riconoscimento del testo.
Il punto tuttavia è che – nonostante questo sistema, che nel caso di Apple dovrebbe riconoscere e garantire un risultato migliore in termini appunto di dettatura e quindi di riconoscimento dei termini impiegati dall’utente – il riconoscimento funziona molto meglio su Android, anche con nomi propri di persona, termini della lingua inglese di uso corrente, nomi di prodotto e cose di questo genere.
Prove alla mano, mi capita molto meno di correggere Android rispetto ad iPhone e devo dire che la funzione di dettatura su Android ha aumentato moltissimo la mia produttività consentendomi ad esempio sia di rispondere a molte più mail sia di farlo in modo più dettagliato ed esaustivo.
In generale, sono davvero impressionato dal funzionamento della dettatura su Android ed all’aumento di efficienza che questo mi ha regalato. Al confronto, la funzione analoga su Apple sembra quasi una implementazione amatoriale.
Gli aspetti della dettatura su Android che non funzionano così bene di cui accennavo prima riguardano l’uso della punteggiatura. Anche nei terminali gestiti dal robottino si possono, ovviamente, inserire segni di interpunzione, però la dettatura a riguardo non funziona molto bene, o forse non ho ancora capito fino in fondo bene io come si deve fare. Una cosa di cui mi sono accorto è che il riconoscimento funziona molto meglio se la dettatura del segno di interpunzione la facciamo subito dopo la dettatura della parola, ad esempio se dobbiamo mettere un punto è bene che la parola relativa la pronunciamo subito dopo l’ultima parola della frase, altrimenti Android non metterà il segno di interpunzione ma scriverà la parola «punto».
Ad ogni modo, questo è poco male nel senso che l’inserimento dei segni di interpunzione, tra cui segnatamente le virgole, è un’operazione che spesso tradizionalmente si fa in sede di seconda revisione di un testo. Nel caso delle mail, poi, dove è socialmente ammesso un linguaggio più traballante e scritto di getto, si può anche scrivere appunto di getto, senza essere troppo esigenti con i segni di interpunzione. Se si scrive, invece, un testo più lungo, come ad esempio un articolo per un blog, si può benissimo dedicare una seconda fase del lavoro a rilettura e revisione della punteggiatura.
Torrent.
Un’altra cosa che mi piace molto di Android è che si può usare per scaricare file torrent, cosa che nell’ambiente Apple è assolutamente impensabile, proprio per la mania di controllo della casa della mela che sicuramente non apre i propri dispositivi a possibilità del genere (nonostante siano potenzialmente utilizzabili anche per scopi completamente legittimi).
La prima cosa positiva è che nel Play Store esistono applicazioni torrent che invece nello store di Apple sono da sempre completamente assenti. Io, per chi ne fosse interessato, uso, dopo averne provate alcune, Flud.
Oltre a ciò, il sistema operativo mi sembra anche strutturato in modo da consentire veramente l’esecuzione di processi in background, tanto è vero che sono riuscito a scaricare perfettamente un file, di dimensioni notevoli, che mi interessava tramite il circuito torrent, svolgendo altri lavori nel frattempo sul cellulare.
Le applicazioni che sono in esecuzione in background in modo fisso sono segnalate nel mio Nexus nella stessa barra in cui ci sono le icone delle notifiche in alto a sinistra; ovviamente quelle applicazioni si possono e anzi si debbono, quando non sono utilizzate, chiudere per evitare un eccessivo consumo di batteria dal momento che non dobbiamo mai dimenticarci che questo rimane un dispositivo mobile con la batteria di ridotte dimensioni e quindi non possiamo lasciare processi in esecuzione in background come faremo in un Mac anche portatile.
Registrare le telefonate.
Un’altra cosa che sono riuscito a fare bene con Android e che con l’iPhone è pressoché impossibile da fare in modo efficace è registrare le telefonate.
Le telefonate ovviamente non le registro perché devo spiare chissà chi e chissà che cosa, ma solo ed esclusivamente per motivi di maggior efficienza sul lavoro. Mi capita molto spesso di fare consulenze per telefono, consulenze che durano anche quasi un’ora se non a volte anche di più: in questi casi preferisco, dopo averlo chiesto al cliente ed aver ottenuto il suo consenso, registrare la conversazione in modo da avere un riferimento per poter recuperare qualche dettaglio che mi potrebbe a volte sfuggire o di cui mi potrei in seguito dimenticare.
In tali ipotesi, dunque, registro un file audio, che poi salvo nella cartella della pratica in Dropbox, che è il mio sistema di archiviazione dei file per tutte le pratiche dello studio, per poterla riascoltare tutte le volte in cui dovessi averne bisogno, anche dal computer da scrivania.
Anche qui esiste un applicazione che rimane in esecuzione in background e si attiva nel momento in cui parte una telefonata; può essere impostata in modo da chiedere all’utente cioè a me al momento in cui la telefonata è terminata se si vuole conservarne la registrazione oppure no.
In sostanza, questa applicazione può essere impostata appunto per registrare tutte le telefonate in entrata ed in uscita dopodiché offre all’utente la possibilità di valutare se conservare la registrazione o meno.
L’applicazione che uso io per registrare le chiamate si chiama ACR ma nel Play Store ce ne sono diverse altre; in questo caso sono stato fortunato perché si tratta della prima che ho provato e l’ho trovata soddisfacente per le mie esigenze.
OK google. Assistente vocale migliore.
I terminali Android hanno un assistente vocale che si chiama «Ok google», corrispondente a «Siri» su iOS. Ok google è stata una sorpresa positiva per me.
Si può usare innanzitutto anche con applicazioni di terze parti, ad esempio funziona benissimo con whatsapp e telegram (io lo uso spesso per mandare nuovi messaggi). Siri avrebbe dovuto essere aperta alle applicazioni di terze, ma sono anni che queste intenzioni sono rimaste sulla carta e Siri, man mano che passa il tempo, sembra sempre più limitata e «stupida».
L’assistente vocale dei dispositivi Android, comunque, si può attivare senza bisogno di premere niente e questo è abbastanza logico anche perché nei dispositivi Android i tasti hardware sono ridotti veramente al minimo. Per attivare l’assistente, basta dire ok Google.
La cosa bella comunque è che questo assistente funziona con quasi tutte le applicazioni; a differenza di Siri, che funziona per lo più con le applicazioni di sistema, quasi solo con le applicazioni di sistema, quelle fornite da appple, con l’assistente invece di Android si possono mandare ad esempio tranquillamente dei messaggi di WhatsApp o anche di telegram, una cosa che con l’iPhone non si può fare assolutamente.
Si possono poi fare tranquillamente le altre cose che si fanno di solito con Siri come ad esempio lanciare le applicazioni ma anche in questo l’assistente è superiore, perché riconosce molto agevolmente il nome di quasi tutte le applicazioni che si vogliono lanciare anche quando queste sono denominate con termini della lingua inglese e la pronuncia di chi le invoca non è affatto perfetta.
Dropbox funziona meglio.
Come accennavo, il mio file system, da anni, è Dropbox. La sua fruibilità su Android è maggiore che su iOS e anche questa è stata una piacevole sorpresa.
Grazie ad una utility che si chiama Dropsync e grazie al fatto che su Android esiste un file system locale, a differenza di iOS, Dropbox si riesce ad utilizzare molto meglio, quasi come se si avesse a disposizione una macchina desktop.
Praticamente, si può configurare questa utility per tenere sincronizzata in modo bidirezionale una coppia di cartelle, da un lato locale e dall’altro di Dropbox.
In questo modo, si possono usare programmi sempre di tipo desktop, come ad esempio Microsoft Word o Excel, per editare e creare dei documenti in locale, che poi verranno sincronizzati su Dropbox.
Con iOS non sono mai riuscito a fare questa cosa perché avendo un abbonamento Dropbox business, Microsoft vorrebbe che acquistassi anche Office Online, cosa che però io non sono disposto a fare perché l’uso è troppo sporadico per giustificare una spesa di questo tipo. Con questo sistema invece, è come se modificassi dei documenti in locale, che però poi mi ritrovo all’interno di Dropbox, nelle cartelle condivise con tutta la mia squadra di lavoro dello studio legale; questo è molto comodo e mi hai reso davvero molto più produttivo, perché ad esempio posso creare lettere o diffide direttamente dal mio terminale Android, usando i modelli che trovo dentro Dropbox e creando nuovi file per la bisogna.
Una cosa, inoltre, che puoi fare con la versione Android di Dropbox – la app ufficiale – ma non con quella iOS è creare un file di testo nella cartella corrente, molto utile per creare note e appunti, anche nelle pratiche nelle quali si sta lavorando.
Questo mi ha fatto capire che i terminali iOS per certi versi sono davvero una «prigione dorata», molto bella per consumare media, molto più «stupida» per lavorare…
Su iOS si ha l’impressione di essere come quegli utenti che hanno solo i permessi di lettura, mentre su Android ti sembra di poter anche scrivere, davvero come se avessi a disposizione un computer desktop in miniatura, mentre un iPhone ne riproduce solo un limitato insieme di funzioni per lo più limitate alle fruizione di contenuti e media, con buona pace della creatività che è sempre stata in connubio con i prodotti Apple.
Stampa su PDF.
La stampa su PDF è una cosa che mi trovo davvero molto spesso a fare quando sono al mio Mac. Un caso tipico è quando trovo un articolo che mi interessa, ma anche quando devo approfondire una mail che mi ha spedito un cliente tipicamente per una consulenza. In quei casi, sono abituato ad avere un file PDF che poi evidenzio nelle parti più interessanti è più significative e che annoto mettendo i riferimenti che mi interessano e alla fine salvo dentro alla pratica, sempre dentro il mio Dropbox. Con iOS per fare la stampa su PDF bisogna sempre ricorrere a utility di terze part,i salva la possibilità di mandare un articolo trovato sul web all’applicazione iBooks dalla quale tuttavia questo articolo poi potrà uscire solo tramite posta elettronica non essendo in iBooks supportato il menù di condivisione; anche la stampa da email su PDF, quindi il voler stampare una semplice mail su PDF in iOS, è un’operazione abbastanza difficoltosa e per la quale occorre comunque un client di posta alternativo dal momento che il client ufficiale, quello stock Apple, supporta solo la stampa AirPrint verso una stampante che prevede questo standard, anche se è vero che con i più recenti dispositivi della serie S, intendo l’iPhone 6S e l’iPhone 6S plus, sempre con la particolare tecnologia del tocco prolungato c’è un workaround per la stampa su PDF, di cui si è parlato nei blog (io però dispongo di un 6 plus normale, non S).
Tutte queste difficoltà, comunque, non esistono nel mondo Android dove la stampa su PDF è supportata in modo nativo. La stampa avviene verso la cartella speciale download, dalla quale tuttavia il file può essere copiato dove uno preferisce: nel mio caso la copia avviene verso una di quelle cartelle che io tengo sincronizzate con il mio Dropbox, in modo da avere sempre un ponte con il resto dello studio e il resto del mio del mio team.
È multiutente!
Una cosa molto carina dei terminali Android è che sono multiutente come i computer desktop, così diventa facile condividerli con altri membri della famiglia, una cosa utile per lo più nei tablet, ma che potrebbe servire anche nei cellulari per gestire progetti diversi o aspetti diversi della propria vita (molte persone hanno account professionali contrapposti a quelli personali).
La multiutenza è gestita in modo piuttosto efficiente. Esiste un utente principale, che potremmo definire come amministratore, e possono essere creati altri utenti secondari.
In alternativa alla multiutenza supportata direttamente dal sistema operativo, esiste un’applicazione molto interessante e utile che si chiama Parallel Space.
Con questa app, si può «virtualizzare» un secondo account di molte app installate sul telefono Android: facebook, gmail, buffer, ecc.. Da usare ovviamente con un altro account, diverso da quello principale. Funziona molto bene, molto rapida, anzi più veloce della funzione di sistema, anche per la possibilità di saltare avanti e indietro da un’applicazione all’altra (ad es. dal facebook professionale a quello personale) e di usare funzioni di sistema come il copia e incolla tra loro.
Dopo aver provato sia la funzione di sistema per la multiutenza che Parallel Space, ho tenuto un solo account e usato sempre Parallel Space, che in definitiva trovo molto più comoda.
I widget e altro.
Come cennavo, un vantaggio di Android sono i widget. Mentre su iOS nella home page puoi avere solo icone (salvo abbassare la tendina superiore per avere qualcosa di simile ai widget, ma meno potente e comunque più scomodo), con Android puoi mettere nella home page appunto questi «cosi» con funzioni diverse, a seconda dell’applicazione di riferimento, sempre però molto utili.
Il widget per eccellenza, e che è veramente un punto di superiorità rispetto ad iOS, è quello per ricerche su google… Nell’80% dei casi in cui prendo il mano il mio telefono, voglio fare una ricerca su google. Con iOS devo aprire Safari, aspettare che ricarichi demenzialmente l’ultima pagina che aveva in memoria la volta scorsa, tappare sulla barra di ricerca, aspettare che si selezioni tutto il testo e inserire i termini di ricerca. Con Android è molto più veloce, vado nella home page e comincio a scrivere nel widget di ricerca ed è un vero godimento.
Anche Apple dovrebbe aprire una «finestra» immediata del genere e sospetto che non lo faccia solo per dare a Google, l’eterno rivale, una posizione di preminenza nei propri dispositivi, perché dal punto di vista della produttività non avere questo è davvero assurdo.
Ogni applicazione può esporre i propri widget.
Alcuni widget che uso io e che trovo molto comodi: – di dropbox, per aprire direttamente una cartella specifica (quella dove tengo tutti i miei ebook e i miei articoli salvati, o le pratiche) – di play libri, per aprire direttamente un libro specifico; con Android puoi mettere un libro, che stai leggendo o rileggendo, direttamente nella home page! – di buffer, per creare un nuovo aggiormento di stato da diffondere sui social network – di Diaro, un app di note e journaling cui sono passato in sostituzione di Day one perché multiutente e perché si sincronizza tramite dropbox
Ce ne sono molti altri, che non ho ancora provato.
Ad ogni modo, la home page di Android è molto più versatile ed elastica di quella iOS. Non solo per i widget, ad esempio puoi inserire anche il collegamento ad un file che si trova altrove nel file system, in modo da averlo sempre a disposizione, allo stesso modo in cui lo si può fare con un computer desktop. Io ad esempio ho un file chiamato appunti.txt per segnare ogni volta cose al volo, che è contenuto in realtà in una dir ancora una volta sincronizzata su dropbox… Puoi anche collegarti ad un file on line, come un foglio o un documento google drive, raggiungendolo direttamente dalla home page.
Gli svantaggi di Android.
Il problema fondamentale del mondo del robottino è l’assenza di applicazioni ben rifinite come quelle che esistono nel mondo Apple. Questo è dovuto probabilmente al fatto che Cupertino è riuscita a tutelare molto di più il lavoro degli sviluppatori, rendendolo maggiormente redditizio; sto dicendo che sviluppare per Apple rende molto di più che farlo per Android, con la conseguenza che molte case produttrici di software preferiscono investire su iOS piuttosto che su Android, che poggia per lo più sulle funzioni di sistema e le eventuali personalizzazioni dei produttori.
Per fare un esempio, non esiste in Android una applicazione decente per leggere i feed, di cui io sono da anni appassionato, come spiego meglio in questo post. Ne ho provate tantissime, annoiandomi anche un po’ come succede in questi casi, per poi ripiegare alla fine sul poco soddisfacente (il classico male minore) client ufficiale di Feedly. Analogamente, non esiste un editor di testo raffinato come Byword (ma anche altri) su iOS; esistono diverse app che fanno cose del genere, ma nessuna con grado di maturità e finitura neanche lontanamente paragonabile. Non esiste, inoltre, una app come 2Do per Apple, un software straordinariamente rifinito, accurato, aggiornato, che ho rimpiazzato, come potevo, con wunderlist, che offre anche il vantaggio di essere multipiattaforma.
Conclusioni.
Spero di avervi dato qualche spunto di natura concreta.
Vi consiglio comunque di fare come me: provate prima di passare dall’uno all’altro sistema. Dipende sempre dalle esigenze di lavoro e dai gusti individuali.
Per quanto riguarda il tipo di terminale da procurarsi per chi è interessato a provare o utilizzare Android in parallelo o in alternativa ai sistemi di Apple consiglio sempre di valutare un Nexus, che rimane mio giudizio il dispositivo più interessante per un motivo fondamentale, che è quello di offrire una versione nativa (stock) di Android così come è stata pensata da Google.
Ciò comporta anche la conseguenza molto importante per cui ogni singola nuova versione di Android è installabile e quindi il telefono rimane sempre aggiornabile con l’ultima versione del sistema operativo, cosa che purtroppo non si verifica con molti altri terminali o comunque non si verifica sempre terminali anche più blasonati e patinati come i Samsung.
Buon mobile computing a tutti.
Aggiornamenti: l’intervista.
La webradio Ius&Law ha trovato molto interessante questo confronto iOS e Android e ha voluto intervistarmi. Potete ascoltare l’intervista qui. Ve la consiglio perché con il collega Andrea Pontecorvo affrontiamo anche altri aspetti interessanti.