Ieri sera ho visto l’ultimo di Carlo Verdone, «Si vive una volta
sola», che, come sempre, aspettavo da tempo.
Sono molto affezionato a Verdone, sia come regista, che come attore,
spesso mi basta guardare le sue espressioni per ridere o riflettere.
Purtroppo quest’ultimo lavoro, ostacolato peraltro nella sua uscita
dal covid, conferma il trend discendente del suo cinema, che
credo ormai si possa dire essere arrivato, proprio con quest’opera, al
format del cinepanettone.
Fa strano vedere come si muove oggi un autore che in passato era stato
capace di capolavori come «Compagni di scuola», una pellicola che ho
visto decine di volte, di cui si è da poco celebrato il trentennale,
che ha cambiato persino il linguaggio italiano inserendovi diverse
espressioni idiomatiche, come accaduto in passato per altri capolavori
sia dello stesso Verdone sia di altri, dove c’era un lavoro specifico
sul linguaggio, come Brancaleone.
C’è da dire che la responsabilità di questo livellamento verso il
basso non è solo degli autori, ma, almeno questa è la mia impressione,
della società in generale, che è diventata più cupa, politicamente
corretta, irrigidita e sempre meno disposta a farsi una risata di
gusto.
Non va dimenticato che film come «Un sacco bello» e «Bianco, Rosso e
Verdone», che restano enormi capolavori, sono stati concepiti, girati
e visti in un mondo completamente diverso da quello di oggi, per
sincerarsene basta riguardarli per l’ennesima volta.
In quei primi film, i protagonisti spendevano l’estate girando a piedi
per le strade di Roma, nelle ultime opere invece visitano posti da
sogno, fermandovisi a soggiornare, a bordo di grandi SUV,
perfettamente in linea con molti cinepanettoni del passato che, guarda
caso, si chiamavano «Natale a Montecarlo» e «Natale a Cortina».
Del film di Natale ci sono tutti gli ingredienti:
– gli amici che si fanno gli scherzi a vicenda, virando in qualche
caso, ma ancor più penosamente, verso «Amici miei» (ma il plagio
stesso fa parte di questo genus cinematografico);
– i culi, mostrati sempre con un pretesto o con altro;
– i luoghi di vacanza;
– uno che impara di essere cornuto;
– incontri sessuali equivoci;
– trama estremamente prevedibile, piuttosto banalotta e scontata.
Manca solo il portiere d’albergo gay, insomma.
Alla fine il film l’ho guardato volentieri, anche se non lo rivedrei,
perché Carlo é sempre Carlo, mi e ci ha regalato tante di quelle
emozioni dolce e amare che lo poss(Ian)o guardare volentieri anche
quando fa cose meno riuscite come questa.
Vorrei pensare che é lui a non averne più voglia, di fare bei film in
cui si ride di gusto, magari é diventato vecchio, si é stancato, come
accade a tanti, ma la mia poco piacevole – ma, temo, fondata – idea è
che sia il mondo intorno a lui, a tutti noi, ad essere cambiato e ad
aver reso più difficile fare quelle commedie meravigliose che noi
Italiani sapevamo fare così bene solo qualche decennio fa.
Nanni Moretti gridava che ci meritavamo Alberto Sordi, forse questa
società di adesso si merita il Verdone piuttosto annacquato di oggi.
Conclusioni
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