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Prendo i soldi tra 6 anni: l’avvocato lo pago subito?

ho ottenuto un credito che però mi pagheranno fra sei anni. il compenso dell’avvocato comprendeva una parte fissa e una parte variabile legata a una percentuale del credito ottenuto. la mia domanda è: può il legale chiedermi il compenso della parte variabile prima che io venga materialmente pagato? O deve aspettare l’esecuzione del pagamento.

È impossibile rispondere ad una domanda del genere senza vedere il contratto che hai stipulato con il tuo avvocato in materia di compensi.

Si possono, dunque, solo fare alcune osservazioni di carattere generale.

Innanzitutto, per un compenso di questo genere è comunque necessario un contratto scritto, altrimenti si applicano i parametri forensi, cioè i criteri di tariffazione valevoli «di default» quando non è stato pattuito un sistema diverso. Ogni pattuizione sui compensi che deroga dal regime dei parametri può avvenire solo per iscritto, se fatta in altra forma non è valida.

Per quanto riguarda la questione specifica, non esiste una regola a riguardo, né nel codice civile, né nella legge professionale, né nel codice deontologico, che sono testi normativi molto più generici, specialmente con riguardo al compenso determinato in ragione percentuale, che rappresenta una novità di pochi anni fa per il nostro Paese.

In assenza di regole sul punto, ovviamente sarebbe bene che il contratto avesse previsto questo aspetto, ma è evidente che un esito del genere magari poteva non essere prevedibile, dal momento che solitamente le vertenze si concludono al loro termine, anche quando terminano transitivamente, oppure è previsto un piano di pagamento ma su un termine più breve.

Difficilmente, immagino, che il contratto possa prevedere qualcosa di specifico, ma va comunque letto e interpretato con attenzione, perché ci possono essere clausole che, pur non riguardando questo tema specifico, sono rilevanti rispetto ad esso, appunto sotto un profilo ermeneutico.

Probabilmente non resta che ragionare in base ai principi generali.

Il compenso a percentuale non è, concettualmente, un patto di quota lite.

Questo significa che il risultato ottenuto dal cliente rileva solo come parametro per la determinazione del compenso dell’avvocato, ma non concreta, né integra, né costituisce la «cosa» su cui può soddisfarsi direttamente l’avvocato.

Infatti, la quota lite è vietatissima dal codice deontologico, perché ritenuta poco dignitosa.

Insomma, un avvocato e un cliente non concordano, quando fanno un patto di compensi a percentuale sul ricavato, che si spartiranno quello che il cliente eventualmente riuscirà a portare a casa ma – è una distinzione concettuale che nella pratica sfuma spesso ma comunque esiste – che il compenso dell’avvocato per il lavoro da lui svolto venga determinato con riferimento non al tempo (ore) spese sulla materia, non sulla base dei parametri, non a forfait, ma sulla base del recuperato o ottenuto, anche solo in via transattiva.

Queste considerazioni vanno accostate al fatto che il tuo avvocato il suo lavoro lo ha già svolto, portandoti alla conclusione della transazione che in qualche modo desideravi, comunque hai accettato, in ogni caso sembra essere vantaggiosa per te. Questo lavoro va pagato, in linea di principio, subito, dal momento che il credito da compenso da contratto d’opera non è soggetto ad un alcun termine e sorge man mano che il lavoro viene svolto.

Il criterio per determinare il quantum del compenso dell’avvocato è fornito da quello che hai recuperato o recupererai ed è indicato nella transazione e corrisponde, sostanzialmente, al valore dell’affare.

Questo è tanto vero che molti contratti di determinazione del compenso a percentuale stabiliscono che, ad esempio, anche in caso di revoca o rinuncia al mandato il compenso si determinerà in base comunque a quello che è il valore dell’affare o a quello che sarà ottenuto dal cliente con un successivo avvocato.

Insomma, con il contratto di determinazione del compenso a percentuale il cliente ha spesso l’impressione di entrare in una vera e propria società con il proprio avvocato, dove si dividono vantaggi e perdite (o situazioni sfavorevoli), mentre in realtà la nostra legislazione è piuttosto contraria a che questo avvenga, almeno in maniera così netta, e, di fatto, ciò non si verifica.

Ora, è chiaro che molto sta anche alla correttezza delle parti del contratto, non so di quali cifre si parli e quali siano le circostanze, ma forse si può trovare un accomodamento che ti consenta di pagare il tuo legale senza dover tirare fuori denaro di tasca tua, o almeno concordare anche nel tuo caso un piano rateale.

La questione non è comunque definibile in modo netto, ma se dovessi proprio scegliere una risposta alla tua domanda originaria ti direi che secondo me, in diritto, è più facile che la soluzione sia che tu purtroppo intanto devi pagare il tuo legale che ha svolto compiutamente il suo lavoro, poi ovviamente si possono cercare accomodamenti tra voi che rendano la situazione più leggera e praticabile per tutti.

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Come posso sapere se il mio avvocato mi chiede troppo per una pratica?

Credo di essere stata rapinata. Quanto costa fare un’istanza ad un Giudice Tutelare per la successione dei beni di mio marito? E se la pratica é stata svolta in modo sommario e imcompleto, come posso far valere i miei diritti nei confronti del legale che é stato così superficiale ma comunque attentissimo a riscuotere un sacco di soldi senza manco rilasciarmi fattura?
Grazie per i consigli che potrete darmi. Se avete bisogno di maggiori info ho inviato una e-mail. Il testo intero qui non c’entrava.

Qui limito il numero di caratteri disponibili perché devo per ovvie ragioni parallelamente limitare le risorse che dedico nel mio tempo libero a dare qualche spunto, o risposta spicciola, alle persone che non sono ancora clienti dello studio, lasciando a chi vuole poi approfondire la possibilità di valutare se acquistare una vera e propria consulenza ad hoc, che consente di affrontare la questione in modo professionale.

Nel tuo caso, comunque, ci sarebbero tanti profili diversi da esaminare: la determinazione del compenso in generale, cioè anche in caso di pratica svolta regolarmente; la responsabilità del professionista in caso di sue mancanze e le conseguenze sul suo compenso; la mancata emissione di fattura.

Per poter dare una risposta che abbia un’utilità bisognerebbe esaminare concretamente il fatto in tutti i suoi dettagli, ma, in generale, si può osservare quanto segue.

La determinazione della misura del compenso dipende anche dal valore della pratica, quindi in questo caso bisognerebbe vedere qual era il valore dell’asse ereditario. Inoltre va considerata anche la complessità o meno della pratica e delle questioni, sia giuridiche che concrete, da risolvere. Da quello che dici sembra si trattasse di una cosa semplice e di valore medio, ma è evidente che va verificato in concreto.

Per quanto riguarda eventuali caratteristiche scadenti del servizio di assistenza prestato, per fondare un controcredito a tuo favore che possa, diciamo così, compensarsi con il debito nei confronti del legale, occorre un vizio o una mancanza precisa, un errore, mentre direi che una generica «superficialità», che non si sia tradotta in un problema concreto, non possa essere sufficiente.

Quanto, infine, alla fatturazione, non so quali fossero gli accordi tra di voi al riguardo e soprattutto in che modo tu abbia pagato. Comunque è suo dovere fatturare e tuo diritto ottenere una fattura e/o una quietanza, per cui puoi sempre richiedergliela, salvo solo il rischio, nel caso che tu abbia pagato in contanti, che lui poi neghi di aver ricevuto il pagamento.