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Se l’acquirente non vuol fare il definitivo.

>Sono la parte “venditrice ” di un immobile nel cui preliminare redatto dal notaio è specificato che l’immobile non possiede la concessione edilizia ma che è posto in sanatoria con tutte le oblazioni gia da me pagate, che eventuali future spese riguardo la concess. saranno a mio carico e con la documentaz idonea dell’imm tant’è che il notaio ha preparato il rogito. La parte “compratrice” (firmato il preliminare e versandomi una caparra firmatoria ) adesso si rifiuta di presenziare al rogito sostenendo di volere la concessione edilizia che non ha richiesto quando ha firmato il preliminare. Tengo a precisare che voglio liberarmi le mani da questa situazione chiedendo anche un rimborso per la mancata vendita, come posso operare?

Mi sembra molto strano che il notaio abbia detto che si può procedere al rogito, dal momento che per legge, per effettuare operazioni di qualsiasi genere sui beni immobili, parlando in generale è necessario che ci sia il titolo abilitativo a pena di nullità.

Per poter dire di più, bisognerebbe approfondire la situazione, studiando la stessa e le carte relative. Se il notaio ha detto almeno in un primo momento che si può procedere ugualmente slla compravendita può darsi che ci si trovi in una eccezione alla regola generale che ho appena ricordato – mi sembrerebbe ancora più strano che un notaio avesse preparato un rogito di compravendita in una situazione in cui il rogito non si può fare.

Resta il fatto che per decidere la strategia migliore da adottare in un caso come questo rimane necessario uno studio preliminare, per capire se effettivamente il rifiuto del promissario acquirente può avere qualche giustificazione o no.

Una volta fatto questo approfondimento, e nell’eventualità che si sia visto che il rifiuto del promissario acquirente è ingiustificato, almeno con buone probabilità, quello che bisogna fare è inviare una diffida ad adempiere al promissario acquirente.

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Comune e strade non carrabili: ha l’obbligo di asfaltarle?

Strada comunale non carrabile: deve intervenire il Comune? Un cittadino residente e titolare di concessione edilizia di un immobile ad uso residenziale in zona agricola, ha diffidato il Comune affinchè intervenga per rendere carrabile l’unica strada pubblica comunale che gli permetta di uscire dalla propria proprietà. Effettivamente la strada risulta da piano regolatore ma in tutti questi anni non è mai stata oggetto di interventi e/o di manutenzione straordinaria. Inoltre, si lamenta la condizione che a tutt’oggi l’unico modo per uscire dalla propria proprietò è quello di attraversare (illegalmente) il letto di un torrente. Vi chiedo se effettivamente il Comune ha l’obbligo di intervenire? Infine, sapete indicarmi se esistono delle sentenze in materia?

La prima cosa da fare è verificare, con estrema cura, attenzione e con il necessario grado di approfondimento, la effettiva natura giuridica della strada.

In materia di strade, infatti, la possibile classificazione è estremamente variegata e la sussunzione di una strada in una piuttosto che in un’altra categoria determina conseguenze rilevanti a livello giuridico.

Inoltre, classificare una strada non è quasi mai un’operazione facile o da dare per scontata, quindi occorre verificare che si tratti effettivamente di una strada comunale in senso proprio o non, invece, di un altro tipo di strada, potrebbe benissimo essere ad esempio una strada vicinale su cui insiste un uso pubblico, che in realtà è una strada privata su cui si sovrappongono posizioni di rilevanza pubblica.

Una volta determinata, con il massimo grado di precisione possibile, la probabilmente classificazione della strada, occorre, ulteriormente, studiare la situazione in cui la strada insiste e ciò sia dal punto di vista dello stato dei luoghi sia da quello della documentazione, a partire, ad esempio, dai rogiti di acquisto, che potrebbero contenere preziosi elementi a riguardo.

La situazione dei luoghi può essere rilevante per eventuali ipotesi di interclusioni, che ulteriormente potrebbero essere rilevanti per, sempre eventuali, costituzioni di servitù coattive di passaggio.

Avete fatto bene a diffidare il Comune, intanto, ad intervenire, state il probabile coinvolgimento dell’ente territoriale, se tuttavia tale iniziativa non è stata risolutiva, è richiesto un approfondimento ben maggiore.

Se credete, valutate l’acquisto di una consulenza per iniziare questo lavoro di approfondimento.

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Raccolta porta a porta: dove deve andare il Comune?

Sono proprietaria di un appartamento sito in un blocco di tre condomini con accesso da area privata. Abbiamo problemi con il Comune in quanto non vuole garantire il servizio di raccolta rifiuti porta a porta perché non vuole accedere all’area privata. Insisto nel dire che la suddetta area è privata ma ad uso pubblico in quanto nel condominio insistono ben 2 scuole pubbliche e le aree pertinenziali non sono transennate quindi vengono utilizzate sia dalle maestre che dai genitori, ma soprattutto dal pulmino per i bambini. Legalmente è legittima la mia definizione di area privata ad uso pubblico anche se non espressamente definita nella Concessione Edilizia o in atti con l’Ente?

È una domanda poco pratica, e quindi di non molto senso, perché per arrivare a dare una risposta plausibile ad essa, e magari nemmeno sicura, bisognerebbe approfondire ben di più, leggendo anche la documentazione che hai menzionato, più molta altra.

Credo che la strategia per affrontare un problema di questo genere non possa essere questa.

Più interessante è capire i reali motivi per cui volete, necessariamente, collocare i rifiuti per la raccolta per forza in questa area piuttosto che in un’area disponibile adiacente dove effettivamente i rifiuti sarebbe raccolti senza problemi.

Ci sono, ad esempio, aspetti di sicurezza, comodità, possibile esposizione ad atti di vandalismo o altre cose del genere?

Credo che si dovrebbe partire da qui per inquadrare meglio il problema da un punto di vista strategico.

Inoltre sarebbe fondamentale, subito dopo aver chiarito meglio questi aspetti, inviare comunque intanto una diffida sia all’ente responsabile sia alla società che gestisce la raccolta con l’invito ad effettuare il servizio anche all’interno dell’area privata, per portare la vertenza ad un livello più concreto e iniziare a formare documentazione ufficiale che in seguito potrebbe essere importante.

Per vedere cosa costerebbe una diffida del nostro studio, ed eventualmente acquistarla, puoi collegarti a questa pagina Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.