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Divorzio e trasferimento da USA a Italia: si può fare?

Mia figlia risiede in Florida, Stati Uniti, divorziata legalmente, con doppia cittadinanza, ha una bambina di 5 anni, purtroppo ha nostalgia della famiglia, essendo sola, vorrebbe tornare in Italia vicino ai propri genitori, chiedo: può il marito, essendo stato lui a volere il divorzio perché accompagnatosi con altra persona, impedire che madre e figlia possano venire stabilmente in Italia, preciso che nulla osta che lui possa venire a trovarla o la piccola se accompagnata andare dal padre come avviene attualmente.

Il presupposto implicito del problema è che il marito di tua figlia è statunitense e, se lei si trasferisse in Italia, le visite e le frequentazioni della figlia con il padre sarebbero notevolmente compromesse.

Prima ancora di fare considerazioni di merito su una situazione di questo genere, bisogna dire che la problematica non è di facile trattazione, perché probabilmente in materia si ha innanzitutto comunque la giurisdizione dei giudici degli Stati Uniti, prima ancora che quella dei giudici italiani, che va verificata attentamente.

In generale, gli Stati Uniti interpretano peraltro molto largamente le disposizioni a favore dell’esistenza della loro giurisdizione e spesso emettono provvedimenti in anche in situazioni al limite, o dove ci sono già provvedimenti italiani – mi è capitato svariate volte di assistere a cose del genere.

La prima cosa da fare, dunque, sarebbe un adeguato approfondimento per vedere se sussiste la giurisdizione italiana sul punto, cioè il diritto dei giudici italiani di regolamentare la situazione, cosa che per tua figlia rappresenterebbe molto probabilmente un vantaggio.

Ma chiudiamo questa parentesi molto avvocatesca, ma necessaria e completamente «reale», e parliamo un po’ del merito della vicenda.

Chi abbia chiesto il divorzio e per quali motivi non ha alcuna influenza su dove debba o possa stare la bambina, dal momento che è un aspetto relativo ai rapporti della stessa con i genitori.

Se il padre nega il consenso al trasferimento all’estero della madre, l’unico sistema è ottenere l’autorizzazione da parte del giudice.

Prima di arrivare a questo, con tutti i conseguenti problemi di giurisdizione e costo della giustizia (specialmente negli Stati Uniti), è il caso di fare tutti i tentativi possibili di realizzare questa cosa in via consensuale, magari tramite alcune sedute di mediazione familiare.

In effetti, non è poi un caso così raro: seguo un’altra famiglia disgregata con figli che stanno per la pressoché totalità dell’anno in Italia e per le vacanze estive interamente con l’altro genitore a Miami. Pertanto, una soluzione in qualche modo è sempre possibile trovarla.

Un assetto consensuale avrebbe peraltro molti altri vantaggi cioè molta più collaborazione in seguito tra i genitori nonostante la situazione difficile.

Se, tuttavia, nonostante ogni sforzo prodigato in questo senso, non si riuscisse a raggiungere un accordo, non resterà che valutare il ricorso alla magistratura.

Da questo punto di vista, a mio giudizio il «primo passo» da individuare a riguardo, la prima cosa che è opportuna da fare, è un adeguato approfondimento per vedere se possibile adire, in luogo della magistratura statunitense, quella italiana.

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Vicino chiede di passare per raggiungere la fogna: che fare?

Sono proprietaria di un fondo e il mio vicino e anche confinante mi ha chiesto di collegarsi alla rete fognaria passando attraverso il mio terreno. Cosa mi consiglia di fare?

Come si fa a rispondere ad una domanda del genere senza conoscere lo stato dei luoghi e ogni altra circostanza?

Si possono fare solo alcune osservazioni di carattere molto generale.

Appunto in linea generale, è vero che sono previste dalla legge, in alcuni casi, servitù coattive.

Le servitù coattive sono servitù che possono essere costituite con un provvedimento del giudice in presenza di determinati presupposti. In altri termini, in determinate situazioni la legge riconoscere al proprietario di un fondo o di un bene immobile il «diritto» di imporre ad un altro proprietario la costituzione di una servitù.

Un esempio classico di servitù coattiva è quella di passaggio, che il proprietario di un fondo intercluso, cioè senza accesso, o comodo accesso, alla strada pubblica, ha «diritto» di imporre al proprietario del fondo, o dei fondi, sui quali ha la necessità di passare per accedere alla via pubblica.

È evidente che le servitù non possono sempre dipendere dal consenso dei privati, se ragionassimo in questo modo, seguendo sempre il nostro esempio, ci potrebbero essere fondi inaccessibili, cosa che ovviamente è inammissibile, dal momento che ogni terreno è giusto che possa venire sfruttato, per esigenze abitative o di produzione, non solo agricola ma anche industriale.

Detto questo, si può dire ulteriormente che può darsi che il tuo vicino, che al momento si è limitato a chiederti amabilmente il permesso di poter passare con le sue tubazioni, abbia, in caso di mancanza di consenso da parte tua, il diritto ad uno scarico coattivo.

Questo significa che, in caso di negazione del consenso, potresti subire una causa alla fine della quale la servitù verrebbe comunque costituita e tu potresti anche essere condannata a pagare le spese legali.

Per dire se questo è il caso, ovviamente bisognerebbe approfondire molto di più la situazione.

Ancor prima di questo, anche perché un approfondimento del genere richiederebbe un lavoro di un certo tipo e di conseguenza un certo investimento, in generale va detto che un accordo è sempre comunque preferibile, quando si può raggiungere senza troppo incomodo e anzi magari con alcuni vantaggi.

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