Maggiori tutele per le persone offese o vittime di reato.
Con il D.Lgs. 15 dicembre 2015 n. 212 – pubblicato sulla G.U. n. 3 del 5 gennaio 2016 – l’Italia risponde alle sollecitazioni europee dando attuazione alla direttiva 2012/29/UE, recante norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato.
L’entrata in vigore del suddetto provvedimento può, certamente, considerarsi un progresso nel sistema di tutele assicurato dall’ordinamento nazionale alla persona offesa dal reato, in quanto introduce a favore della stessa maggiori garanzie in relazione alle dinamiche processuali.
La definizione di «vittima».
Al fine di comprendere esattamente a chi si rivolge la riforma, appare doveroso delineare il significato europeo della parola “vittima”, recepito nell’ordinamento interno.
Il termine citato si riferisce alla persona che abbia direttamente subito un danno (sia esso fisico, mentale, emotivo o economico) dal compimento di un reato, ovvero – nel caso questa sia deceduta a causa dell’illecito – i suoi familiari. Si considera familiare il coniuge, la persona che convive con la vittima in una relazione intima, nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo; i parenti in linea retta, i fratelli e le sorelle; le persone a carico della vittima comprese le persone con essa conviventi in situazioni affettive stabili e continue.
La vittima può essere maggiorenne o minorenne. Di particolare interesse appare, sin d’ora, la disposizione che consente al giudice, nell’ipotesi in cui sorga dubbio sull’età della persona offesa, di disporre l’apposito accertamento, anche d’ufficio. Laddove il dubbio persista – ai fini dell’applicazione delle disposizioni processuali – si presume la minore età.
Le garanzie e le definizioni sopra menzionate hanno determinato la conseguente modifica, nello stesso senso, delle disposizioni del codice di rito.
Il D.Lgs. 15 dicembre 2015 n. 212, di attuazione della normativa europea, predispone specifiche garanzie a tutela della persona offesa cui è riconosciuto un particolare stato di vulnerabilità. Tale vittima, infatti, necessita di una maggiore protezione relativamente alle interferenze esterne ed ai contatti con l’autore del reato.
A salvaguardia della persona offesa particolarmente vulnerabile vengono, dunque, apportate modifiche alle modalità di documentazione, alla disciplina della prova testimoniale, all’assunzione di sommarie informazioni da parte della polizia giudiziaria, all’assunzione di informazioni da parte del pubblico ministero, all’incidente probatorio e all’esame.
Il legislatore ha elaborato determinati indici-criteri da cui potere desumere la condizione di particolare vulnerabilità. Quest’ultima si ricava, ai sensi dell’art. 90-quater c.p.p., dall’età della persona offesa, dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e dalle circostanze del fatto per cui si procede. In relazione alla condotta criminosa perpetrata, si tiene conto, altresì, dell’uso della violenza alla persona, del movente dell’odio razziale, della riconducibilità del fatto ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo o di tratta degli esseri umani, della finalità discriminatoria, della dipendenza della persona offesa (sia essa affettiva, psicologica o economica) dall’autore del reato.
L’accertamento dello status di vittima particolarmente vulnerabile verte, pertanto, sull’analisi delle caratteristiche della persona e del caso concreto, assicurando un adeguato standard di tutela strettamente correlato alle peculiari esigenze di protezione.
Le specifiche misure di tutela.
In ordine all’informazione e alla partecipazione della vittima al processo, il decreto attuativo 15 dicembre 2015 n. 212, interviene direttamente su istituti già esistenti, ampliandone l’operatività.
In primo luogo viene sancito l’obbligo di fornire alla persona offesa – sin dal primo contatto con l’autorità procedente ed in una lingua a lei comprensibile – una serie di informazioni inerenti ai servizi assistenziali offerti, alle facoltà e ai diritti di cui può avvalersi, al decorso del procedimento (compresa la possibilità che quest’ultimo sia definito con remissione di querela o attraverso la mediazione, ove possibile).
In secondo luogo, nei processi relativi a delitti perpetrati con violenza alla persona, la vittima può richiedere la comunicazione dei provvedimenti di scarcerazione e di cessazione della misura di sicurezza detentiva, e viene resa edotta dell’evasione dell’imputato in stato di custodia cautelare o del condannato, nonché della volontaria sottrazione dell’internato all’esecuzione della misura di sicurezza detentiva. Eccezionalmente le comunicazioni anzidette potranno essere omesse nel caso in cui sussista il pericolo concreto di un danno per l’autore del reato.
Infine, il provvedimento inserisce nel codice di rito disposizioni relative all’assistenza linguistica, in base alle quali alla persona offesa devono essere garantiti servizi gratuiti di interpretariato e di traduzione degli atti essenziali all’esercizio delle proprie facoltà. L’assistenza dell’interprete può avvenire anche mediante l’utilizzo delle tecnologie di comunicazione a distanza, ma soltanto nell’ipotesi in cui ciò non comprometta il corretto esercizio dei diritti della vittima.
La persona offesa potrà, pertanto, giovarsi delle molteplici nuove tutele apprestate dal legislatore.