Oggi vorrei parlarvi delle mie ultime esperienze, non proprio positive, con il processo civile telematico.
Anche per fare un po’ il punto della situazione sulle modalità di funzionamento di questo strumento che ancora non sono evidentemente del tutto a punto.
Preliminarmente, voglio dire di essere un grande fan del processo civile telematico, che ho desiderato sin da quando ho iniziato a fare la professione, ormai ventidue anni fa, come appassionato di informatica e di digitalizzazione, ma soprattutto come grande pigro che sogna sempre modi più comodi di fare le cose.
Grazie a questo strumento, comunque, possiamo fare con comodità operazioni come le notifiche, i depositi, gli accessi al fascicolo del procedimento, specialmente presso uffici giudiziari lontani da quelli in cui operiamo abitualmente, che prima richiedevano un dispendio molto maggiore di tempo, denaro, energia – e, di conseguenza, anche molte più possibilità di errore.
Molti avvocati si sono messi di traverso al processo civile telematico, come ad ogni innovazione, essendo la nostra categoria molto conservatrice e legata alle tradizione. Personalmente, invece, ho sempre accolto il PCT in modo fiducioso, benevolo e qualche volta entusiasta.
Detto questo, ci sono diverse cose che ancora non funzionano bene.
Anzi, devo dire che ultimamente sono più le cose che non hanno funzionato di quelle che hanno funzionato a dovere.
Racconto questo mio breve scampolo di esperienza nell’ultimo periodo,che è significativo dal momento che, lavorando un po’ in tutta Italia, ho un quadro anche geograficamente più completo.
Corte d’appello di Bologna. Il collega avversario deposita un foglio di precisazione conclusioni nell’ultima udienza. Mi collego per scaricarlo e leggerlo, ma la scansione, il file PDF, contiene due facciate vuote. Penso che o il collega abbia sbagliato a fare il deposito telematico o, più probabilmente, il cancelliere a fare la scansione di un foglio depositato in udienza (temo che abbia scandito senza accorgersene il lato sbagliato). Risolvo chiamando il collega e facendomene dare una copia.
Corte d’appello di Milano. Mi collego per vedere la costituzione del collega avversario in un procedimento di reclamo per modifica condizioni in materia familiare. Qui la situazione è ancora peggiore. Il collega è regolarmente costituito, ma della sua documentazione nel fascicolo telematico non c’è nulla. Cosa ancora più curiosa, non c’è quasi niente nemmeno della mia, a parte il ricorso iniziale: mancano due depositi, quello della notifica e quello delle dichiarazioni dei redditi. Risolvo chiedendo alla cortesia del collega avversario di mandarmi copia della sua documentazione e alla mia corrispondenza di fare un tradizionale accesso fisico alla cancelleria.
Corte d’appello di Cagliari. Un giudizio di rinvio. Un mese dopo la prima udienza mi collega per scaricare la copia del verbale e vedere un po’ più nel dettaglio cosa era stato fatto, rispetto a quello che comunque mi aveva già riferito il mio corrispondente. Il verbale è sconosciuto al portalettere. Insieme al verbale nel fascicolo telematico mancano diversi atti e documenti che sicuramente sono stati depositati.
Tribunale di Modena. Divorzio giudiziale. Mi segno la scadenza per il mio avversario per costituirsi in giudizio. Alcuni giorni dopo mi collego per vedere la sua comparsa e i documenti allegati. Non trovo niente. Risolvo anche qui chiedendo alla cortesia della collega di mandarmi i documenti per email. Penso che il malfunzionamento fosse dovuto ad una costituzione cartacea cui non era seguita scansione da parte della cancelleria, in realtà la stessa mi dice che si è costituita telematicamente e che il problema è stato un altro, non meglio identificato…
L’ultimo caso è quello di stamattina, che mi ha determinato a scrivere questo breve resoconto. Tribunale di Imperia. Divorzio giudiziale. Mi collego per scaricare il verbale dell’udienza presidenziale. Al posto del mio verbale, ci trovo quello di un altro divorzio che non c’entra un cazzo col mio… Chiamo la collega corrispondente e le chiedo di passare in cancelleria, anche per la tutela della riservatezza di quei due tizi che senza loro colpa sono finiti tra le mie cose.
Accanto a queste ultime esperienze, stranamente concentratesi nell’ultimo periodo, devo dire che grazie al PCT ho potuto risparmiare tempo e denaro, con risparmi conseguenti anche per i miei assistiti, in molti casi, per cui il bilancio resta assolutamente positivo.
Il senso probabilmente di queste esperienze vuole essere quello di determinare un miglioramento ulteriore, una messa a punto più appropriatamente di quanto realizzato sinora, in modo da rendere il PCT sempre più affidabile e immune da errori.
Se avete anche voi esperienze da raccontare, lasciate un commento!
Come si instaura una nuova causa, cioè come si «fa partire» una causa in tribunale?
I due sistemi più diffusi sono quelli della citazione, tuttora prevista per il rito ordinario, quello che si applica quando non sono previsti riti particolari, e quello del ricorso, previsto ad esempio per quasi tutte le pratiche di famiglia, come separazione e divorzio, consensuali e giudiziali.
La differenza risiede per lo più nel momento in cui viene fatta la notifica alle altre parti interessati e cioè di solito alle controparti. Col sistema della citazione, si fa prima la notifica alle altre parti e poi il deposito dell’atto introduttivo presso il tribunale. Viceversa, con il sistema del ricorso si deposita l’atto introduttivo prima in tribunale, dopodiché si fa la notifica alla controparte.
Con questo post, vediamo più in particolare come funziona l’introduzione di un giudizio, o causa, o vertenza giudiziale, con il sistema del ricorso, in modo da stendere una breve guida di riferimento per tutti coloro che promuovono o subiscono, e quindi sono coinvolti in, una iniziativa del genere, con un occhio di riguardo specialmente ai nostri clienti, cui potremo mandare il link a questo post per capire meglio come funzionano le cose che stiamo facendo insieme.
Lo schema tipico che terremo presente, anche se non in via esclusiva, per comodità di esposizione, sarà quello dei procedimenti contenziosi di separazione e divorzio, che sono tra le pratiche che più frequentemente ci capita di trattare in studio. Su questo canovaccio di base si possono innestare variazioni anche significative a seconda della materia e delle circostanze, comunque il meccanismo di base del ricorso rimane più o meno quello descritto di seguito.
Le fasi del ricorso.
Redazione del ricorso.
Con il ricorso, si hanno diverse fasi, che iniziano con la redazione, da parte delle parte che promuove l’iniziativa, di un documento contenente le proprie difese fondamentali, che viene chiamato appunto ricorso. Questa fase consiste più che altro nella raccolta dei documenti fondamentali a riprova delle proprie ragioni, dal momento che il processo civile, a discapito di quanto si dice in contrario, è un processo quasi esclusivamente documentale, dove le prove scritte sono assolutamente fondamentali. Il testo del ricorso consiste infatti solitamente per lo più nella illustrazione dei documenti allegati, documenti che, come è stato plasticamente detto, bisogna «far parlare». Personalmente, tendo a redigere il ricorso sempre insieme al cliente, depositandolo subito dopo, per praticità, all’interno di un appuntamento, appositamente fissato, di due ore. Altri avvocati seguono metodi diversi.
Deposito del ricorso.
Terminata la raccolta dei documenti necessari o opportuni e la redazione del ricorso, bisogna depositarlo presso il tribunale competente. Il deposito oggigiorno avviene per lo più tramite il processo civile telematico, quindi viene fatto dal computer dell’avvocato mediante firma digitale e l’utilizzo di una apposita chiavetta volta a identificarlo, mediante un software che cripta i documenti da depositare, che vengono poi trasmessi tramite posta elettronica certificata alla casella pec del tribunale interessato.
Dopo il deposito (dopo ogni deposito, come vedremo anche dopo), l’avvocato che lo ha eseguito telematicamente deve ricevere le celebri quattro pec: la ricevuta di accettazione, la ricevuta di consegna, la pec con l’esito dei controlli automatici e quella di accettazione della busta. Le prime due pec sono quelle solite tipiche della pec, sono assimilabili alla ricevuta di spedizione e di ricevimento della vecchia raccomandata cartacea: sostanzialmente certificano che hai inviato il deposito e che il tribunale lo ha ricevuto nella sua casella pec. La terza pec viene emessa a seguito di un controllo software, cioè automatizzato, sulla busta tramite cui è stato effettuato il deposito e riguarda la sua integrità informatica. In questa fase già potrebbero esserci stati problemi, che il sistema, nel caso, segnala al mittente in modo che possa provvedere a rifare il deposito. La terza pec arriva indietro quasi subito dopo aver inviato il deposito, insieme alle prime due. La quarta pec, invece, di solito arriva un giorno o due, o qualche giorno, dopo l’invio del deposito, perché richiede un intervento «umano» da parte del cancelliere, che controlla se la busta e il deposito sono a posto e ne determina l’accettazione.
Fase di attesa del provvedimento del giudice.
Se il deposito è a posto ed è stato regolarmente accettato dal cancelliere del tribunale, a questo punto la pratica entra, per l’avvocato e il suo cliente, in una fase di attesa o stand by per gli amanti dell’Inglese.
Bisogna aspettare che il giudice provveda sul ricorso, cosa che di solito avviene tramite fissazione dell’udienza (teniamo presente oggi, come abbiamo accennato, i procedimenti come quelli di separazione e divorzio, mentre non parliamo, ad esempio, di quelli di ingiunzione, volti ad ottenere un decreto ingiuntivo). Ovviamente, il giudice potrebbe anche non fissare l’udienza, potrebbe ad esempio convocare l’avvocato per chiarimenti, richiedere integrazioni di prove; la cancelleria potrebbe richiedere integrazioni del contributo unificato, dal momento che ci sono anche aspetti fiscali del processo che devono essere completi affinchè la pratica vada avanti. Ma si tratta di evenienze rare. Quello che di solito avviene è che il giudice emette un decreto con cui fissa la prima udienza della causa.
Decreto di fissazione della prima udienza.
Quando il giudice emette il decreto di fissazione della prima udienza, di solito questo è comunicato all’avvocato del ricorrente tramite un’altra pec. In questa pec, ovviamente, e nel decreto è indicato il numero di ruolo del procedimento, un numero che lo identifica univocamente e che il difensore annota dove ritiene preferibile.
Nel decreto sono indicati altri dati fondamentali:
la data dell’udienza, dove l’avvocato dovrà comparire e spesso anche il suo cliente personalmente;
il termine e cioè il giorno entro cui deve costituirsi il resistente e cioè l’altra parte del procedimento cui il ricorso verrà in seguito notificato
Ci sono poi altre cose che possono essere contenute nel decreto di fissazione dell’udienza, come ad esempio:
eventuali richieste di documentazione integrativa (di solito, ad esempio, nei procedimenti di separazione e divorzio i giudici richiedono il deposito delle ultime tre dichiarazioni dei redditi);
eventuali richieste ed inviti ulteriori (ad esempio a Bologna mi è capitato che il tribunale invitasse in sede di decreto di fissazione della prima udienza alla mediazione familiare, indicando anche i centri pubblici presso cui svolgerla);
eventuali incarichi ai servizi sociali di redigere una apposita relazione da depositare entro la prima udienza (in modo da «mettersi avanti») – una cosa positiva che però viene fatta abbastanza raramente;
La notifica.
Ad ogni modo, cosa deve fare l’avvocato quando riceve il decreto di fissazione dell’udienza? Oltre ad annotarsi la data della prima udienza e il termine per il resistente per costituirsi, e comunicare entrambi questi dati al suo cliente (oggigiorno, per lo più via posta elettronica), deve provvedere alla notifica.
La notifica consiste nel portare a conoscenza dell’altra parte, anche ancora non sa niente di niente, che esiste un processo contro di lei.
Senza notifica, infatti, cade tutto. Al momento, appunto, l’altra parte del processo non sa nemmeno che esiste un procedimento contro di lui o di lei e può venirne a conoscenza solo tramite notifica.
Cos’è esattamente che viene notificato, cosa riceve l’altra parte?
Una copia del ricorso che si era depositato in tribunale, insieme al decreto del giudice.
Chi riceve la notifica può così vedere che è stato depositato un ricorso contro di lui, può leggerlo, e può vedere cosa ha previsto il giudice e, soprattutto, il termine entro il quale deve anche lui depositare un proprio documento contenente tutte le sue difese (memoria difensiva) in tribunale e il giorno in cui dovrà comparire, o tramite un proprio avvocato, o anche personalmente, in tribunale.
Chi riceve un ricorso, salvo rari casi, deve nominare un proprio avvocato e non può difendersi da solo. Quindi porta tutto quello che ha ricevuto ad un legale, che organizzerà adeguatamente la sua difesa.
Come viene fatta la notifica? Bisogna prendere giù dal sistema telematico del tribunale, collegandosi allo stesso, le copie del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione dell’udienza, redigere una relata di notifica, che è l’atto con cui si descrive come viene appunto effettuata la notifica, e aggiungere una attestazione di conformità, che è un documento con il quale l’avvocato attesta che i documenti che vengono notificati (ricorso e decreto di fissazione udienza) sono uguali a quelli che si trovano depositati in tribunale.
La notifica può avvenire tramite il servizio postale, in forma cartacea, oppure tramite pec, sempre per via telematica, a seconda che il destinatario disponga o meno di una casella pec ufficiale, o comunque in dipendenza delle circostanze. Nel caso in cui la notifica avvenga via pec, l’attestazione di conformità non è necessaria nel caso in cui si notifichino files aventi natura di duplicato informatico di quelli che si trovano depositati in tribunale, dal momento che gli stessi sono identici e – vorrei dire – si confondono con gli originali stessi.
Deposito della notifica.
Dopo aver eseguito la notifica, l’avvocato deve aspettare, se i tempi lo consentono, di ricevere gli avvisi relativi di spedizione, ricevimento, comunicazione di avvenuto deposito e così via. Una volta ricevuti tutti gli avvisi del caso, previa scansione degli stessi se la notifica è avvenuta in cartaceo, dovrà effettuare un nuovo deposito, avente ad oggetto appunto la notifica appena eseguita, dal momento che il tribunale dovrà controllare che il ricorso e il decreto siano stati regolarmente notificati alla controparte.
Anche questo deposito deve essere effettuato per via telematica e anche in questo caso l’avvocato, dopo il deposito, riceve le celebri quattro pec.
Effettuato il deposito della notifica, l’avvocato del ricorrente resta in attesa di due cose: la costituzione del resistente e la prima udienza.
Costituzione del resistente e memoria avversaria.
La costituzione del resistente è il deposito, da parte del resistente, cioè la controparte, del documento contenente le proprie difese fondamentali, quello con la famosa «altra campana» rispetto a quanto contenuto nel ricorso iniziale. Ovviamente, il legale del ricorrente, insieme al suo cliente, devono esaminare questo documento, per vedere se e in che parti è fondato o meno o come è possibile, se del caso, contrastarlo. Dopo la costituzione del resistente, non è male per il cliente fissare un appuntamento con il proprio avvocato in cui esaminare la memoria avversaria.
Di solito, l’avvocato del ricorrente viene avvertito dal tribunale via pec in modo automatico del deposito da parte del resistente della sua memoria, ma ciò non è previsto né garantito per legge. Se il resistente deposita la propria memoria e il tribunale non avverte il ricorrente, il ricorrente non può lamentarsi in alcun modo di non aver potuto vedere la memoria del resistente. È onere del ricorrente andare a vedere che cosa ha depositato la propria controparte, in sostanza. Per questo, come abbiamo detto prima, l’avvocato del ricorrente deve segnarsi la data entro cui il resistente deve fare il suo deposito, per andare poi – nel caso il tribunale non gli abbia mandato un avvertimento via pec – a vedere direttamente tramite terminale (sistema polis) se si è costituito o meno. Peraltro, l’accesso tramite polis è quasi sempre necessario per l’avvocato del ricorrente per andare a scaricare i documenti che quasi sicuramente saranno stati allegati alla memoria del resistente.
Una volta avuta la memoria del resistente e i documenti allegati, ed aver esaminato gli stessi insieme al proprio cliente, l’avvocato del ricorrente rimane in attesa della prima udienza, utilizzando eventualmente questo tempo per preparare ulteriori difese e raccogliere documenti sulla base dell’esame della memoria avversaria svolta con il suo cliente.
La prima udienza. Conclusioni.
Il giorno della prima udienza, poi, con entrambe le parti regolarmente costituite a seguito del deposito di un documento con le proprie difese fondamentali, comincia la trattazione della causa davanti al giudice.
Quello che accade in questa sede e successivamente esula dall’argomento del presente post, che riguarda solo il modo in cui un procedimento viene incardinato e quindi la sua fase iniziale, e dipende poi anche dal tipo di procedimento di cui si tratta in concreto, magari ne parleremo in un altro post.
Spero di aver chiarito almeno un poco come funziona l’introduzione delle cause per cui è previsto il sistema del ricorso, in modo che i clienti degli avvocati abbiano chiaro come si svolge questo iter e cosa bisogna fare o meno nelle varie fasi dello stesso.
Se ci fosse qualcosa che non è del tutto chiaro, o se comunque avete osservazioni, lasciatemi pure un commento qui sotto, risponderò volentieri. Grazie per la vostra attenzione.