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Slpct: come usarlo sincronizzato su diverse macchine.

Come sai, per il processo civile telematico e i depositi digitali utilizzo slpct, un software gratuito che offre diversi vantaggi, tra cui la possibilità di inserire più allegati contemporaneamente, cosa che, specialmente per i fascicoli con molte produzioni, è molto comoda.

Altri vantaggi sono la possibilità di effettuare depositi firmando con firma remota, cosa di cui ti ho parlato nei post precedenti.

Oggi voglio raccontarti di una ulteriore possibilità, cioè quella di utilizzare slpct su più macchine diverse, in modo da avere questi vantaggi:

  • la possibilità di poter lavorare su un deposito appunto su più macchine
  • un backup e uno storico di tutti i depositi digitali

Non so come la pensi, ma quando scelgo un software guardo sempre che ci sia o sia implementabile una funzione di sincronizzazione, perché ormai capita spessissimo di dover lavorare ad una cosa, o di aver bisogno dei propri dati, su macchine diverse, cioè sia su propri computer, di cui ad esempio uno a casa e uno al lavoro, ma anche su computer pubblici, tramite un accesso di rete, quando ad esempio si è «fuori», lontano dalle proprie macchine, ma capita di dover lavorare o verificare un dato.

Pexels karolina grabowska 4498366

Slpct non implementa nativamente una funzionalità di sincronizzazione, ma, in considerazione di come struttura i suoi dati, è facilmente realizzabile tramite l’utilizzo di un servizio di cloud computing. Personalmente utilizzo Dropbox e sconsiglio Google drive che, almeno fino a poco tempo fa, aveva la dabbenaggine, in alcuni casi, di intervenire addirittura sui nomi dei files – come noto, ad esempio, Calibre, un software di gestione degli ebook, non è utilizzabile con Google drive proprio per questo motivo.

Per avere slpct sincronizzato su tutte le tue macchine, basta dire al programma, nelle impostazioni, di utilizzare una cartella che si trova all’interno del «dominio» di Dropbox e che quindi verrà sincronizzata sia con il server web che con tutte le tue altre macchine. 

Considera che ho redatto questo tutorial tenendo presente la versione per mac di slpct, nel tuo caso, se utilizzi windows e linux, alcune cose potrebbero cambiare leggermente. Se riesci comunque a capire la logica del discorso, non sarà difficile per te riuscire a realizzarlo lo stesso anche sulla tua macchina.

Per impostare la cartella di slpct, bisogna andare in File, Impostazioni.

Nel mac, il menu si trova in alto a sinistra, nel menu di sistema.

Cliccando, si aprirà questo pannello.

Pannello delle impostazioni di slpct

Come vedi, io stesso ho definito per la mia copia di slpct due cartelle che si trovano all’interno del mio dropbox.

Facendo in questo modo, i dati di slpct e quelli dei depositi vengono conservati in una cartella sincronizzata da dropbox su tutte le tue macchine.

Sarà necessario, ovviamente, ripetere questa impostazione in tutte le macchine su cui si intende utilizzare slpct.

Un ulteriore vantaggio della sincronizzazione configurata in questo modo è la possibilità di lavorare ai depositi da parte di più persone. 

Nel mio caso, ad esempio, i depositi vengono fatti quasi sempre dalla mia assistente, mentre io ho la possibilità di vedere tutto quello che ha fatto, da un’altra macchina, che può trovarsi anche altrove, semplicemente aprendo la mia copia di slpct.

Quindi la sincronizzazione può essere configurata sia tra tutte le tue macchine, sia tra le tue macchine e le macchine dei tuoi colleghi o collaboratori. Anzi, questa è proprio la soluzione più consigliabile, a mio giudizio. Slpct, infatti, consente l’utilizzo della stessa istanza del programma a più professionisti: nelle impostazioni del programma si possono definire i vari professionisti che lo utilizzano e all’inizio di ogni deposito è possibile sceglierne l’autore. Slpct, poi, colloca i depositi di ciascun professionista all’interno di una sottocartella denominata con il codice fiscale relativo.

Questa è la schermata per l’inserimento dei professionisti, dove si possono inserire tutti gli avvocati, o altri professionisti, che si desidera.

Schermata impostazione professionisti

 

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tecnologia

Appuntamenti a video con zoom: registrazione delle sessioni.

In questo periodo, sto facendo tanti più appuntamenti del solito, in vista della scadenza del 15/10 prossimo, ma non solo, anche in relazione all’obbligo vaccinale per i sanitari e ad altre situazioni in cui le persone che non vogliono vaccinarsi si trovano in difficoltà.

Pexels ann nekr 5797997 scaled

Essendo uno dei non molti avvocati sensibili a queste tematiche, ho clienti da ogni parte d’Italia e del mondo, di conseguenza, la maggiora parte degli appuntamenti sono a video, con uno dei sistemi di videoconferenza disponibili. 

Stamattina, ad esempio, ho fatto 5 ore di appuntamenti: solo il primo è stato in presenza, gli altri quattro tutti in video. Uno di questi con una persona, peraltro, che abita vicino al mio studio, ma che, per ragioni di comodità sua, ha preferito comunque la modalità a video. 

Uno dei sistemi più gettonati dai clienti è Zoom, probabilmente per averlo dovuto imparare per comunicare con la scuola dei figli, essendo il software appunto adottato da molte scuole.

Quando faccio un appuntamento a video, consiglio sempre al cliente di registrare la sessione. Può essere molto utile per rivedersela in seguito, magari anche a velocità aumentata, oppure per condividerla con altre persone (dal lato, ovviamente, del cliente; io ho il segreto professionale e, senza il consenso del cliente, non ci penso nemmeno a condividerla in alcun modo), come ad esempio il coniuge, un amico e così via.

Con Zoom, la registrazione è molto agevole. 

Basta premere l’apposito pulsante e la registrazione parte immediatamente.

Quello che consiglio di fare io è di cambiare il percorso di default per la registrazione, in modo da salvarla all’interno di una cartella dropbox – o altro cloud di riferimento che utilizzi.

In questo modo, le registrazioni saranno immediatamente al sicuro e disponibili su ogni macchina di lavoro, anche diversa da quella in cui la registrazione è stata fatta.

Per distinguerle, poi, può essere più funzionale mettere il cognome del cliente nel nome della riunione; il nome della riunione, infatti, viene rispecchiato nel nome della cartella in cui viene registrata la sessione.

Per cambiare il percorso di salvataggio della riunione, andare in Impostazioni, scheda «registrazione».

impostazioni zoom

Nel parametro «Memorizza le registrazioni in», clic sul percorso stesso (non, invece, su “Apri”: questo serve solo per aprire la cartella attuale), poi «Scegli una nuova posizione», quindi scegli la cartella dropbox o altro cloud di tua scelta.

scegli una nuova posizione

 

Ovviamente, devi ricordarti di fare questa impostazione, scegliendo la stessa cartella, in tutte le macchine su cui utilizzi zoom.

In questo modo, tutte le registrazioni saranno ordinate e al sicuro tramite i sistemi di cloud computing, che ti tengono una copia sui loro server e tante altre copie quante sono le macchine con cui sincronizzi.

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tecnologia

Keyboard maestro: macro su un solo mac.

Keyboard maestro è una bellissima applicazione di automazione per mac, di cui ti ho parlato tante volte e di cui tante altre torneremo a parlare.

macbookUna delle funzioni che offre è la sincronizzazione delle macro, in modo da averle a disposizione su tutti i propri mac.

Ad esempio, per rispondere alle domande del blog, ho creato una macro che automatizza diverse operazioni di Apple Mail e, grazie alla sincronizzazione, posso utilizzarla su qualunque mac io sia collegato in quel momento.

Ci sono però dei casi in cui la sincronizzazione non serve, anzi può essere dannosa, perché una determinata macro deve essere eseguita solo su di un determinato computer.

A casa, ad esempio, ho un iMac cui faccio svolgere anche funzioni di server (ad esempio, ci gira il server di Plex con i miei contenuti), dove la cartella di dropbox è stata messa su un disco esterno, essendo troppo grande per poter essere contenuta in quello interno.

Questo comporta, ogni volta che la macchina si carica (boot), un errore di Dropbox che lamenta di non trovare la sua cartella, dovuto al fatto che l’applicazione di Dropbox viene lanciata dal mac quando il disco esterno non è stato ancora montato e quando, dunque, ancora non può essere visto dall’applicazione di Dropbox.

Questo può essere risolto con una macro di Keyboard Maestro che lancia Dropbox (e TextExpander, un software di espansione di testo che tiene i propri dati sempre dentro Dropbox) una decina di secondi dopo che il sistema è stato avviato.

Una macro del genere, però, deve essere eseguita solo su questo mac e non sugli altri, dove sarebbe inutile, se non controproducente.

La soluzione si trova semplicemente utilizzando il Mac UUID, che è univoco per ogni singolo mac, con una condizione if … then come nell’immagine che segue.

macro KM con if...then

La prima azione della macro, disabilitata, la puoi utilizzare all’inizio per ottenere il codice di MacUUID della tua macchina, quella dove vuoi che sia eseguita la macro, con esclusione di tutte le altre.

Una volta ottenuto il codice, lo devi inserire al posto delle tre «xxx» che vedi sotto (ho ovviamente eliminato il mio MacUUID), dopodichè puoi mettere le azioni che vuoi; io ho messo quelle che interessavano a me, di lanciare Dropbox e TextExpander, dopo la pausa di 10 secondi, ma naturlamente si può inserire quel che si vuole.

In questo modo, puoi lasciare attiva la sincronizzazione tra tutti i tuoi mac, sapendo che questa macro verrà eseguita solo sul mac che desideri.

Ti seguito ti metto anche un file zip con la macro pronta per essere importata nel tuo Keyboard Maestro e modificata. Clicca qui: download macro.

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Scrivener: rinominare un progetto.

Scrivener per gli scrittori.

Con questo post, inizio a parlarti di Scrivener, un software per mac, windows e iOS, con una versione in corso di sviluppo per Android, per scrivere progetti complessi e cioè solitamente libri.

scrivereAdoro Scrivener, letteralmente, perché mi ha consentito di diventare molto più produttivo come scrittore. Oggi non entrerò in dettagli a riguardo, avendo deciso di trattare un singolo aspetto per post. Mi limiterò a dire che la caratteristica più interessante di questo software, che lo differenzia da un comune elaboratore di testo come Microsoft Word ad esempio, è che ti consente di lavorare allo stesso tempo sulla struttura globale del testo, visibile a sinistra in una zona chiamata raccoglitore o binder, e sulle singole porzioni di testo. Chi scrive può in questo modo andare in continuazione «su e giù» dalla struttura globale del testo alla scrittura di singole parti e di nuovo alla struttura, ogni volta in cui lo desidera: questo rende estremamente più facile gestire testi complessi come un libro, specialmente di saggistica, ma anche di narrativa, dal momento che non sempre anche un libro di narrativa viene scritto in sequenza ma, proprio come un film, si scrivono prima scene che in realtà sono poste cronologicamente in seguito…

Scrivener, pur essendo un prodotto molto valido ed efficace per tutti coloro che, come me, scrivono, presenta una curva di apprendimento impegnativa all’inizio, proprio perché le funzionalità offerte sono tantissime ci sono altrettanti aspetti che è bene considerare e cercare di comprendere il più possibile. Ad esempio, con Scrivener posso lavorare sui miei progetti di scrittura, sui miei libri, da qualsiasi mac, e persino dal mio cellulare Android, grazie alla sincronizzazione dei progetti tramite Dropbox e ad un’ulteriore funzione, nativa di Scrivener, che è la sincronizzazione bidirezionale verso il formato, ad esempio, txt – che è ciò che mi consente di intervenire sui miei testi anche da cellulare o tablet android, per cui non sarebbe prevista un’applicazione nativa, al momento. Questo è un aspetto fondamentale per tutti gli scrittori, cui dedicherò un post a parte.

Tutti i post che scriverò prenderanno in considerazione gli ambienti in cui opero, che sono il Mac per il desktop e Android su mobile. Probabilmente quasi tutte le cose che scriverò si applicano anche alla versione Windows e iOS, ma è ovvio che è preferibile verificare volta per volta.

Come ridenominare un progetto.

Oggi parliamo di un aspetto più semplice, che riguarda come ridenominare un progetto, un’operazione che può capitare di compiere specialmente durante la scrittura di un libro quando ti vengono in mente titoli migliori per un contenuto che è rimasto invariato oppure il contenuto che inizialmente andava in una direzione ha preso poi un’altra «piega» per cui il titolo scelto originariamente non è più adatto.

In scrivener, per ridenominare un progetto bisogna chiudere l’applicazione, o almeno il progetto, quindi, se è attiva la sincronizzazione con Dropbox attendere che la sincronizzazione termini per prevenire potenziali conflitti ed errori.

Una volta terminata la sincronizzazione – chi usa Dropbox sa che di questo ci si può accertare tramite l’aspetto dell’icona dell’applicazione di Dropbox, nel mac in alto a destra – si può procedere tranquillamente a rinominare il file. Il file di progetto, con estensione .scriv, è in realtà, in macos, una directory di pacchetto, che contiene al suo interno una pluralità di files. Comunque, questo non è rilevante in questa fase, si può procedere a denominarla come se fosse un comune file.

Sempre in Scrivener, di ogni progetto viene effettuato un backup automatico. In occasione di una ridenominazione del progetto, i precedenti backup, quelli anteriori alla ridenominazione, non cambieranno nome, non esiste una funzione per procedere in questo senso. Occorre, pertanto, ricordarsi, in caso di bisogno di accedere ad un backup, quale fosse il precedente nome del progetto di cui si vogliono ripristinare i dati – questo, naturalmente, accade solo quando ci sono stati problemi di perdita dati, cosa che nel mio caso ad esempio non si è mai verificata.

Da ciò consegue che la operazione di ridenominazione di un progetto non deve essere abusata ed è meglio che non venga svolta troppe volte, pena l’ingenerare una certa confusione con i file. Tendenzialmente, a seconda poi anche delle dimensioni del progetto, si può procedere due o tre volte ad esempio per un romanzo intorno alle 200 cartelle.

I miei progetti in corso.

Spero che questo primo post su Scrivener ti abbia interessato e ti sia stato utile.

Se vuoi vedere i miei progetti di scrittura in corso, puoi collegarti a questa pagina, dove potrai anche iscriverti per essere avvisato quando i libri saranno disponibili, oltre che godere di altri vantaggi riservati ai sottoscrittori.

Iscriviti al blog per non perdere i futuri post su Scrivener, in cui parlerò degli altri aspetti interessanti di questo fantastico programma di scrittura.

Se hai domande, lasciamele, se relative all’argomento di oggi, sotto questo post con un commento, oppure mandamele, se nuove, dall’apposito modulo che trovi nel menu principale del blog.

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tecnologia

Stackedit: un nuovo modo di scrivere.

Introduzione

Ti interessa un editor di testo che funziona con markdown all’interno di un qualsiasi browser web, quindi anche su dispositivi mobili, e si sincronizza con account di cloud come #dropbox o google drive, e consente addirittura di pubblicare i testi realizzati in questo modo su piattaforme come #wordpress?

stackedit logo

A me personalmente molto, forse man mano che vedrai meglio come funziona capirai che può essere molto utile anche a te per la tua gestione documentale.

Si tratta, comunque, di stackedit.io.

A cosa può servire.

Mi ci sono imbattuto mentre ero alla ricerca di un sistema che mi consentisse di editare alcuni post «miliari» che ho sul blog, e che quindi modifico spesso, tramite altrettanti files di testo da tenere sincronizzati su tutte le mie periferiche, anche mobili. Ció in modo appunto da poter intervenire, tipicamente inserendo nuovi link, in modo molto semplice, con un linguaggio elementare come #markdown, facendo poi in modo che le modifiche venissero riportate sul blog.

In particolare, questo sistema mi serviva per le raccolte, i post di base per categoria, materia o interesse dove raccolgo i post rispettivamente più interessanti, a beneficio dei lettori del blog, dove, essendoci più di 6000 articoli ad oggi, orientarsi è sempre più difficile.

Per converso, non è agevole modificare i post direttamente dentro a #wordpress, specialmente se si lavora da un dispositivo mobile, dove l’unica soluzione possibile è l’app wordpress, che però è un po’ lenta e farraginosa, mentre quando si ha in mente un ritocco o una modifica “al volo” c’è bisogno di aprire il file relativo velocemente, ritoccarlo e richiuderlo senza perderci troppo tempo.

Stackedit mi consente di fare quello che comunque mi serviva, aggiungendo addirittura un servizio in più che può essere sempre utile quando si deve intervenire su files ma non si può configurare nulla, come ad esempio quando si sta usando un dispositivo di un altro: la possibilità di modificare i files tramite un #browser web. Puoi lavorare agli articoli che stai scrivendo anche dal computer di un amico, o di un luogo pubblico, o facendoti prestare un cellulare o un tablet…

Proviamo a immaginare di scrivere…

Andiamo comunque con ordine, immaginando, per comodità di esposizione, di creare un file di testo, un documento, tipicamente un post di #wordpress (ma ovviamente anche qualsiasi altra cosa una persona desideri), e seguendo il processo di creazione, modifica, sincronizzazione, pubblicazione.

Un esempio potrebbe essere proprio questo stesso post, che appunto ho scritto utilizzando dall’inizio alla fine #stackedit, in parte tramite #browser e in parte editando il file di testo sincronizzato dentro a Dropbox.

Come si deve fare dunque per creare un documento di testo con #stackedit?

Bisogna aprire un browser e collegarsi all’indirizzo stackedit.io, quindi cliccare sulla sezione per l’editing dei documenti. A questo punto io suggerisco di autenticarsi, con il proprio account #google, in modo da poter avere lo stesso ambiente di lavoro anche su tutte le altre periferiche che si utilizzano.

Questo è il metodo più diretto e lineare. In realtà, si può anche prendere un file di testo che esiste già nel proprio Dropbox e portarlo dentro a #stackedit facendo in modo che poi da quel momento venga sempre sincronizzato.

La sincronizzazione.

Il documento creato con stackedit da browser potrà essere sincronizzato sia con google drive che con dropbox. Una volta che sarà stata impostata la sincronizzazione con dropbox, ad esempio, tutto quello che avrai scritto nel documento tramite il browser web verrà riportato in un file di testo, appositamente creato, che ti ritroverai dentro al tuo dropbox.

La cosa bella, che rende stackedit superiore almeno in questo ad altri sistemi di creazione e modifica documenti on line come google documents, è che potrai sempre modificare il file di testo sincronizzato che si trova dentro al tuo dropbox e le modifiche verranno riportate nel documento dentro a stackedit. In questo momento, dunque, io sto scrivendo questo post all’interno del mio browser, che è #firefox. Potrei chiudere Firefox e aprire il file di testo sincronizzato corrispondente sul mio #Mac, tablet o cellulare e continuare a scrivere là dentro. Tutte le modifiche fatte da una parte o dall’altra saranno ovviamente sincronizzate e te le ritroverai sia aprendo il documento tramite il browser sia il file di testo di dropbox.

Questo è molto versatile, immagina di essere in un luogo pubblico con un computer con accesso a internet, ma senza i tuoi account o la possibilità di configurarli. Ti basterà aprire la finestra di un qualsiasi browser, autenticarti col il tuo account google e continuare a lavorare sui tuoi testi.

Viceversa, immagina di non avere la connessione a internet: niente browser, niente dropbox, niente google drive. Potrai lavorare sulla copia locale dei tuoi testi, che si sincronizzerà una volta che avrai nuovamente la connessione. Utile ad esempio tutte le volte in cui hai in mente una piccola modifica da fare, sei fuori, hai solo il cellulare e ti trovi in una zona in cui non c’è la rete. La tua creatività può proseguire, senza bisogno di attendere di nuovo la connessione di rete.

Per sincronizzare files di testo con dispositivi mobili, usando dropbox, la cui applicazione nelle periferiche mobili non effettua la sincronizzazione ma consente solo l’accesso, personalmente uso applicazioni di terze parti che fanno la sincronizzazione come dropsync.

Sincronizzazione con Google drive.

Oltre che con Dropbox, i documenti di Stackedit possono essere sincronizzati anche con Google drive. Nelle prove che ho fatto io, il documento sincronizzato non viene convertito in formato Google docs, ma conservato come semplice file di testo, quindi direi resti molto più utile la sincronizzazione con Dropbox.

Per spostare un file, basta tenere premuto a lungo e poi trascinarlo sulla cartella all’interno della quale lo si vuole inserire.

Ovviamente, stackedit può essere utilizzato con la funzione di dettatura vocale, come sto facendo io proprio in questo momento. Personalmente utilizzo la tastiera di Google, cioè Gboard, che secondo me è quella che consente più efficienza sia per la digitazione che per la dettatura e posso confermare che con stackedit funziona benissimo.

Ogni volta che crei un file nuovo devi dirgli che lo vuoi sincronizzare con Dropbox e ho Google drive, non è possibile ad esempio configurare stack edit per sincronizzare tutti i file con Dropbox ma lo devi scegliere volta per volta.

Il supporto alle revisioni.

Stackedit ha anche il supporto per le #revisioni, per cui è possibile risalire a qualsiasi versione anteriore del file.

Al supporto nativo, si aggiunge anche quello offerto da Dropbox tramite la sincronizzazione, per cui dovrebbe proprio essere possibile, seppur magari a volte con qualche sforzo, risalire alle versioni che si desidera del proprio testo.

Pubblicare su wordpress.

Introduzione.

Una volta completata la prima stesura del post, si può effettuare la pubblicazione, o, meglio, anche solo il caricamento in un sito worpress, come questo blog.

Infatti, ogni file di testo creato con stackedit possiede delle sue proprietà tra cui le categorie, i tag, ma anche lo status del post, che può essere impostato anche su pending, per l’ipotesi in cui non si voglia una pubblicazione immediata, ma si voglia intervenire in seguito, magari per inserire un’immagine, o perchè comunque c’è un flusso editoriale da rispettare come nel mio caso – come è noto, il blog pubblica un solo post al giorno dal lunedì al venerdì, per consentire una fruizione migliore a tutti i suoi lettori.

La pubblicazione su #wordpress non funziona come la sincronizzazione con dropbox: quest’ultima è bidirezionale, nel senso che qualsiasi modifica può essere applicata da entrambe le parti, stackeit o dropbox, e si ritroverà sincronizzata dappertutto. La pubblicazione su wordpress invece funziona in una sola direzione: se modifichi il file in stackedit.io (da browser o da dropbox o in altro modo), puoi aggiornare la pubblicazione e il post originariamente pubblicato col testo precedente verrà appunto aggiornato. Se, invece, modifichi il post dentro a wordpress, queste modifiche non verranno riportate in stackedit.io: anzi, se dopo aver modificato il post dentro a wordpress, lo modificherai anche dentro a stackedit.io, effettuando un aggiornamento del post da stackedit, le modifiche che avevi precedentemente fatto dentro a wordpress andranno sovrascritte e, di conseguenza, perse.

Inserire le tags.

Come ti dicevo, le tags possono essere inserite nelle proprietà del documento, andando in una apposita sezione. A me però piace marcare come «tag» le singole parole mentre le scrivo, anche perché dopo facilmente non me le ricordo. Per fare questo, si può utilizzare il simbolo del cancelletto tipico degli hashtag che si inseriscono su twitter, facebook, linkedin e altri social e usare un plugin come hasthagger che trasforma tutte le parole contenute in un post e precedute dal cancelletto in un tag del post, inserendo anche un link alla pagina che contiene tutti i post con la stessa tag, rendendo quindi l’hashtag del post sul blog funzionante come sui social. Molto comodo, sia per chi scrive che per i lettori del blog!

Gestire le immagini.

Con stackedit si possono anche gestire le immagini che dovranno comparire nel post su WordPress, proprio come l’immagine che compare in questo post, il logo di Stackedit stesso.

L’immagine va prima caricata nella galleria multimediale di WordPress, dopodiché se ne deve copiare il link.

Tornato a Stackedit, devi poi inserire l’immagine, all’altezza che vuoi, con la sintassi classica di markdown appunto per le immagini, mettendo in tale sintassi il link che avrai copiato.

Nelle proprietà del documento, si può anche impostare l’immagine in evidenza del post, usando lo stesso link che si era copiato precedentemente nella clipboard.

Attento allo status e alla data del post.

Se carichi un post su wordpress con lo stato di pending, definito nelle proprietà del documento, dopodiché dentro a wordpress lo pubblichi se poi, ulteriormente, modifichi il documento originario e vuoi sincronizzare le modifiche da stackedit a WordPress fai attenzione…

Devi modificare anche lo status dentro a Stackedit, altrimenti temo, pur senza aver mai provato, altrimenti, avendolo testato, succede che, sincronizzando, stackedit revochi anche lo stato di pubblicato al post e gli imponga di nuovo quello di post in revisione o pending, con il che il post diventerebbe irraggiungibile. Il post va messo nello stato di «publish» – e non published come si potrebbe pensare.

Un altro aspetto a cui fare attenzione nel momento in cui si modifica un documento dentro stackedit e si vogliono poi portare le modifiche nel post già pubblicato su wordpress è che si deve andare nella sezione appunto di pubblicazione e non cliccare su “publish to wordpress” ma cliccare su “publish now”, che è la voce più in alto attualmente nel menu. Nel secondo caso infatti si verifica una corretta sincronizzazione delle modifiche che vengono portate da stackedit a wordpress, nel primo caso invece stackedit purtroppo creerebbe un post duplicato.

Un’altra cosa.che viene scombinata aggiornando la pubblicazione da stackedit a WordPress è la data, se non la scrivi nelle proprietà del file. Ogni volta che aggiorni la pubblicazione, stackedit aggiorna anche la data e così sposta il post originario, almeno nell’ordine in cui compare in home page – per fortuna non cambia anche la data contenuta nel link altrimenti diventerebbe irraggiungibile.

Dopo la pubblicazione, dunque, è buona norma inserire la data tra le proprietà del documento.

Cosa non mi piace.

  • Ogni volta che cambi browser devi ricollegare tutti gli account ulteriori come Dropbox o WordPress. Stackedit anche se sei autenticato non li collega al tuo account google.
  • Il file system e relative cartelle che costruisci su stackedit si sincronizza con tutti i browser in cui apri di nuovo stackedit ma non invece con dropbox, cioè vengono copiati solo i singoli files che si ritiene di sincronizzare e tutti dentro ad una stessa cartella (o a quella diversa che decidi volta per volta). Nel momento in cui sposti un file in stackedit da una cartella «attiva» ad una cartella di archivio, perché ad esempio si tratta di un file contenente un post del blog che hai già pubblicato e su cui non devi più lavorare in futuro, poi devi andare a fare lo stesso spostamento di «archiviazione» dentro a dropbox. Sarebbe molto meglio se la sincronizzazione fosse impostabile di default per tutti i nuovi files che crei e funzionasse a livello di spazio di lavoro e cioè fosse riferita non solo ai singoli files ma anche alle cartelle in cui sono contenuti.
  • Non funziona bene con Firefox, che è il mio browser preferito per tanti motivi e sopratutto per il fatto che #Chrome è non offre una funzione di leggibilità ed è di molta più difficile lettura del «vecchio» Firefox – il termine «vecchio» è per chi come me ha iniziato ad usare internet ai tempi in cui c’era il glorioso netscape, che poi è in seguito diventato Mozilla Firefox. Netscape è stato il primo, storico browser.

Da usare con Chrome.

Stackedit su #Android, infatti, funziona meglio con Chrome.

Al momento, con Firefox, il browser che uso io, presenta un primo baco fastidioso: a inizio paragrafo spesso si fa fatica a inserire la prima lettera. Un altro baco riguarda il copia e incolla, che almeno su Android non funzione bene.

Consiglio quindi di usare Chrome, anche se è un browser che mi piace poco, magari salvando sulla home il collegamento alla pagina di stackedit, in modo da poterlo poi aprire come una applicazione. Anzi, aprendo stackedit con Chrome, il sito viene riconosciuto come una “app” e Android propone di “installarla” tra le altre app: se confermi, poi trovi la app, che poi è solo un collegamento, insieme alle altre e puoi ovviamente metterne una copia sulla home screen.

Installazione su Mac.

Aprendo Stackedit su Mac con Chrome, nel menu «hamburger» di Chrome in alto a destra, quello coi tre puntini uno sopra l’altro, in verticale, compare la sotto voce «Installa stackedit». Se fai questo, Stackedit viene installato sul Mac come se fosse un’applicazione locale, con tanto di icona nel dock.

Consiglio di eseguire questo setup, per poter poi aprire l’editor molto più facilmente, senza bisogno di passare direttamente da Chrome.

Una volta comparsa l’icona nella parte inferiore o destra del dock in Catalina, l’icona stessa va trascinata nella parte superiore o sinistra, dove ci sono le applicazioni che compaiono in modo stabile, altrimenti l’icona scomparirà alla chiusura del «programma».

Se cambi il nome del file in stackedit non si sincronizza. Nemmeno se cambi cartella. Sarebbe stata più funzionale una sincronizzazione di tutto il file system.

Conclusioni.

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VoIP: come gestire al meglio la linea «fissa»

Sto facendo molte sessioni, oltre che con skype, anche col vecchio, caro telefono, che, nel mio caso, tuttavia, è VoIP.

Col VoIP, posso usare il telefono cellulare per fare e ricevere le chiamate della mia linea fissa, ormai storica, 059761926.

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Questo significa ad esempio che posso chiamare un cliente, o essere da lui raggiunto, senza esporre i miei numeri di cellulare.

Io chiamo usando una applicazione VoIP sul cellulare – al momento uso zoiper, ma ce ne sono diverse, come ad esempio CSip – che mi consente di usare appunto dal cellulare la mia linea «fissa», che ormai non è più fissa ma è una linea che mi posso portare dappertutto ci sia un segnale di rete.

Un ulteriore vantaggio del VoIP è che si possono, naturalmente quando c’è il consenso del cliente e con l’adozione – per la conservazione – di tutte le misure di sicurezza del caso, anche registrare le chiamate, cosa utile a me in qualche caso per andare a recuperare alcuni dati, ma soprattutto al cliente per potersi riascoltare la sessione e magari condividerla con altre persone interessate.

Nel mio caso la registrazione è effettuata da zoiper, che offre questa funzionalità, salvando sulla memoria del mio cellulare il relativo file audio che poi viene automaticamente copiato su dropbox con una app di sincronizzazione – nel mio caso utilizzo dropsync.

Sono passato a VoIP per la gestione del centralino ormai da molti anni, all’epoca avevo scritto un post che sebbene un po’ datato forse può essere ancora interessante da leggere e che ti metto di seguito.

Se hai domande sull’uso del VoIP, lasciami un commento sul blog sotto al post, risponderò volentieri.

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CSipSimple voip: registrare e gestire le chiamate.

Ti ho già detto che una buona app per fare telefonate voip su quei telefoni Android che non presentano il supporto nativo, come il Note 8 che in questo momento sto utilizzando io, è CSipSimple.

Oggi ti voglio parlare di una possibilità offerta da questa app, quella di registrare le telefonate, e di come si possano gestire queste registrazioni in modo ottimale per non finire lo spazio su disco (del cellulare) ed averle sempre a disposizione in caso di bisogno.

Come sai, per le telefonate da cellulare classiche o GSM consiglio di utilizzare una diversa e molto funzionale app che si chiama ACR, che tuttavia non effettua la registrazione delle chiamate voip ma appunto solo quelle GSM, per cui se vuoi registrare tutte le tue chiamate devi usare due soluzioni diverse.

Per quanto riguarda CSipSimple, la registrazione delle chiamate non è attiva di default, cioè di suo subito dopo aver scaricato e installato l’app. Bisogna attivarla, se ovviamente la si desidera.

Per attivarla, bisogna entrare nelle impostazioni, cliccando sul menu con i tre pallini verticali in basso a destra. Una volta dentro a impostazioni, tappare sul sottomenu «opzioni di chiamata» e quindi mettere il segno di spunta a sinistra di «Registra automaticamente le chiamate – Registra le chiamate appena connesso».

Dove vengono salvate le chiamate?

Sul punto, CSipSimple è un po’ criptico e personalmente ci ho messo un po’ a capire dove andare a trovare i files, per fortuna gugolare è sempre utile.

Le chiamate finiscono nella memoria interna del cellulare, nella cartella «Records», che è a sua volta una sottocartella del folder «CSipSimple», poggiato direttamente nella radice.

Dal momento che la memoria interna del cellulare è sempre limitata e che non c’è, o almeno io non l’ho vista, l’opzione per usare una cartella sulla scheda di memoria, ho settato un sistema per avere la copia delle mie registrazioni dentro a dropbox, con una app che mi effettua appunto questa copia e poi cancella le registrazioni sulla memoria del telefono.

L’app in questione, che uso anche per tante altre cose, con molta soddisfazione, è Dropsync.

Come si può vedere nella schermata allegata, la sincronizzazione è stata configurata per essere unidirezionale: viene fatta una copia su dropbox, dopodiché il file viene cancellato in locale.

Ricordatevi di chiedere sempre al vostro interlocutore il permesso di registrare la chiamata, non sarebbe necessario ma è comunque più corretto. Personalmente lo faccio sempre e registro di solito i colloqui e le lunghe sessioni di consulenza, legale o di coppia o di counseling, perché spesso mi torna comodo andare a recuperare dei dati.

Ti raccomando, con l’occasione, di iscriverti alla newsletter del blog, o, se non ti piace la mail, al gruppo Telegram, in modo da non perderti importanti e utili aggiornamenti quotidiani.

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tecnologia

Avvocati e strumenti informatici: quali sono i migliori?

Sono un avvocato. Da un po’ di tempo cerco un modo di liberarmi nella gestione del mio studio da gestionali vari. Il mio obiettivo è quello di fruire dei servizi Google, anche se non so come fare. Ad oggi utilizzo solo Google Drive per il salvataggio e la condivisione con i colleghi di studio delle cartelle con gli atti e Gmail per la corrispondenza.
Stamattina, mi sono imbattuto qui: https://groups.google.com/forum/#!topic/legalit/skbPiBYhZjM e ho visto che anche tu come me apprezzi molto i servizi Google. Ma il forum è di 5 anni fa. Vorrei chiederti come sei organizzato oggi e se utilizzi ancora gli applicativi google

Google drive l’ho abbandonato per una marea di problemi demenziali mal gestiti da parte dell’assistenza di google, come ho spiegato meglio in questo post che ti invito a leggere con attenzione. Magari in seguito l’affidabilità di questo servizio è migliorata, a suo tempo era assolutamente indecente, specialmente da parte di una multinazionale informatica come google.

Nemmeno io uso, né ho mai usato, dopo la dismissione di quello che mi ero scritto da solo con Microsoft Access 97, un gestionale, ma un sistema di servizi web sincronizzati in locale tramite cui riesco a gestire tutto quello che mi serve.

Per i files e le loro condivisione uso Dropbox versione business.

Per la posta elettronica, per gli account più importanti, uso fastmail, una compagnia australiana che fornisce uno dei miglior servizi di email a livello mondiale. Sempre fastmail anche per la rubrica comune degli indirizzi, che, a parte qualche configurazione strana, funziona abbastanza bene, con sincronizzazione anche sui cellulari Apple e Android.

Per calendario, fogli elettronici (tra cui ad esempio l’agenda di tutte le udienze di tutte le pratiche dello studio) utilizzo i servizi di google: google calendar, che non mi ha mai dato alcun problema, anche se ci sono alcuni limiti strani (non puoi da mobile ad esempio cambiare il calendario una volta che hai inserito un evento), Fogli e documenti di google.

Con alcuni clienti particolarmente evoluti, o magari quando devo collaborare con colleghi sulla redazione di un atto, utilizzo Google documenti che, come sai, è una applicazione di editing contemporaneo, dove tutti gli autori possono modificare allo stesso tempo il documento senza che si generi alcun conflitto. Altrimenti uso Word o Open office su files locali che poi vengono sincronizzati tramite dropbox.

Per le comunicazioni al team di lavoro, ho una vecchia mailing list tramite google groups (interfaccia e sistema completamente assurdi, ma funzionano), più un gruppo WhatsApp per le cose più leggere e immediate o quando magari può essere più veloce un messaggio vocale.

In generale, sono molto contrario ai gestionali proprietari, preferisco usare servizi che si spalmano su standard già esistenti come ad esempio dropbox, che lavora sui cari vecchi files che trovi in locale, lasciandoti la libertà di organizzare come ti pare la gerarchia delle cartelle, i modelli, senza dipendere dall’assistenza tecnica di un produttore.

La mia macchina, anzi le mie macchine, sono dei portatili mac, un Air da 11 (favoloso come portabilità, lo puoi mettere nello zaino e portarlo: da non sottovalutare, perché nonostante tutto un computer desktop è ancora necessario per molti tipi di lavori, non è vero che ormai si lavora meglio da mobile); un macbook pro di qualche anno fa. Che, quando sono in studio, tengo attaccati a monitor esterni (in uno standing desk in studio, in una postazione a sedere a casa); mentre quando devo andare via stacco e porto con me.

Ovviamente, ogni macchina ha un disco esterno per il backup con time machine più un altro disco per la copia clone del disco. La copia clone è una figata assoluta che si può fare solo con i mac, non si può fare né con windows né, a quanto ne so, con Linux. Praticamente ogni giorno (o anche più di frequente) c’è un software (io uso Carbon Copy Clone, ma c’è anche SuperDuper) che copia l’intero disco fisso del mac su un altro disco fisso esterno. Se il disco fisso interno si rompe, anzi togliamo il «se» e mettiamoci un bel «quando», dunque quando il disco fisso interno si rompe devi solo fare il boot dal clone esterno e in 15 minuti sei di nuovo pronto a lavorare, praticamente – se stavi lavorando un files contenuto in dropbox – senza perdite.

Questo il è genere di efficienza che dobbiamo ai nostri clienti. Mi fanno davvero ridere quegli avvocati che su Facebook si lamentano che hanno preso un virus, o che hanno cambiato il cellulare e «perso tutti i contatti», quindi chiedono di «rimandarli», che hanno perso i dati e non avevano un backup. Se tu fossi un potenziale cliente di quei professionisti, gli daresti un incarico sapendo che sono dei dati imbranati che possono perdere il lavoro di una settimana svolto per te solo perché si rompe un disco fisso? Sticazzi, sono venti anni che si sa che bisogna fare i backup perché i dischi prima o poi si rompono. O che non riescono a richiamarti per darti una notizia importante perché hanno perso il tuo numero..? Ma le rubriche che si sincronizzano non esistono? E come fai ad essere sicuro che i terminali di questi avvocati non prenderanno mai un virus che poi farà la copia di tutti i dati personali e inizierà a mandarti dello spam? Al contrario, è una sicurezza…

Non siamo più negli anni 50, adesso la organizzazione informatica e digitale di un qualsiasi professionista, ma in particolare modo di un avvocato, che conserva quasi sempre dati sensibili è assolutamente fondamentale. Nessun avvocato può romanticamente vantarsi di essere ancora legato alla carta e alla penna come scusa per non curare queste cose, il mondo è andato avanti e – volenti o nolenti – non ci si può comportare a cazzo su queste cose!

Per quanto antipatia si possa nutrire verso certi strumenti e ti assicuro che ad esempio alcune cose del processo civile telematico hanno fatto venire l’itterizia anche a me pur con tutta la passione ch ehi sempre avuto per queste cose.

Questi che ti ho dato sono solo alcuni spunti, quando il post sarà pubblicato sul blog potremo eventualmente lasciare dei commenti, magari potrebbe diventare la pagina di riferimento per la discussione degli strumenti informatici da implementare nello studio legale.

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tecnologia

Pec: come archiviarla correttamente.

Il problema.

Tutorial video.

Prima di andare avanti forse può interessarti sapere che tutto é ora spiegato anche in un video. Se preferisci un video esplicativo al post, vai direttamente allo stesso, altrimenti continua a leggere di seguito.

Continua

Detto questo, il problema che ho risolto, e di cui offro i termini della soluzione a quanti si trovano nella stessa situazione, è il seguente: uso una casella di posta elettronica certificata di Aruba, che ha come limite superiore di capacità solo 1 gigabyte.

Per questo, ho incontrato in passato diverse volte l’esigenza di scaricare in locale i messaggi «vecchi» per archiviarli, facendo spazio per quelli nuovi.

Ovviamente, la pec per un avvocato è di importanza fondamentale, per cui i messaggi non si possono semplicemente cancellare, ma vanno archiviati e conservati in modo sicuro e, magari, facilmente ricercabile, nel caso in cui si abbia bisogno, ad esempio, di recuperare una ricevuta di consegna, da produrre in giudizio o da usare altrove.

Preparazione: installare o aggiornare Thunderbird e ImportExport Tools.

La soluzione che ho adottato, dopo diversi tentativi e pratiche non così tanto comode, è basata sull’utilizzo di un client di posta alternativo ad Apple Mail, che uso di solito, e un suo componente aggiuntivo, nonchè sull’ormai onnipresente dropbox.

Si tratta di Mozilla Thuderbird e del componente aggiuntivo ImportExport Tools.

Per esportare i messaggi, è sufficiente configurare l’account pec anche su Thunderbird, stando ovviamente attenti ad impostare la modalità IMAP, in modo che i messaggi non vengano scaricati in locale, ma solo sincronizzati col server.

Personalmente, esporto e archivio, salvandole in locale, le due cartelle «archivio» e «inviate», che contengono appunto la posta che ho archiviato in quanto non più attuale e quella inviata, mentre non tocco la inbox vera e propria, che del resto ha sempre pochi messaggi, perché quelli che arrivano li lavoro man mano.

Vediamo di seguito come procedere step by step. Prima di partire, verificate che il software sia aggiornato. Per aggiornare Thunderbird, dovete andare nel menu delle informazioni (primo meno a sx nel mac), dopodiché riavviare. Verificate anche di avere la distribuzione adatta agli ambienti di produzione e non una beta (canale release). Per il plugin, andate invece nella sezione componenti aggiuntivi.

I singoli passi della procedura.

  1. La prima cosa da fare, dunque, è la sincronizzazione delle due cartelle che vogliamo esportare e, se siamo vicini al limite di 1 giga, ci vorrà un po’, salvo che non si disponga di una connessione di tipo fibra. Per verificare che la sincronizzazione delle due cartelle sia in corso, si può controllare la barra di stato di Thunderbird in basso a sinistra, che dovrebbe mostrare un messaggio come, ad esempio, «Ricezione 55 di 65 in Inviata», indicando appunto che nella cartella di posta «Inviata» ci sono 65 messaggi, 55 dei quali sono già stati scaricati mentre 10 sono ancora da sincronizzare. Sempre sulla barra di stato, a destra, in un riquadro arancione è indicata la percentuale di completamento dell’operazione.
  2. Una volta terminata la sincronizzazione delle cartelle, si può lanciare il tool di esportazione. Prima di lanciarlo tuttavia, trattandosi di un componente aggiuntivo, se non è la prima volta che si procede con l’esportazione, si può verificare se è stato eventualmente aggiornato dall’ultima volta che è stato utilizzato. Per fare questo, cliccare sul menu «Strumenti» di Thunderbird, poi «Componenti aggiuntivi» poi sull’icona ad ingranaggio in alto a destra, quindi «Controlla aggiornamenti». Per usare il tool di esportazione, comunque, bisogna andare nel menu Strumenti, poi selezionare ImportExportTools. Nel sottomenu che si aprirà selezionare «Esporta i messaggi della cartella». Questo significa e comporta che il tool non creerà un file unico per tutti i messaggi della mailbox, cosa che sarebbe avvenuta appunto in caso di esportazione dell’intera mailbox, ma creerà tanti files sul disco quanti sono i messaggi email da esportare, soluzione che io trovo di gran lunga la migliore per ricerca, apertura del singolo messaggio dagli archivi e così via. A questo, punto si aprirà un ulteriore sottomenu per la selezione del formato del file in cui si vogliono esportare i messaggi. Personalmente utilizzo il primo e cioè EML, che è il formato nativo della posta elettronica e viene indicizzato correttamente da spotlight, una caratteristica che ci verrà molto utile in seguito. Una volta selezionato il formato, inzierà l’esportazione dei messaggi. Personalmente, creo una nuova cartella sulla scrivania che chiamo ad es. inviata per la posta inviata e archivio per l’altra.
  3. Al termine dell’esportazione, non resterà che fare copia e incolla degli stessi all’interno della cartella di dropbox che si è destinato a contenere questi archivi. Io ho strutturato così le cartelle nella radice di dropbox: una cartella base chiamata «archivi cartelle posta», ulteriori sottocartelle relative agli utenti, es. io stesso, Franca, ecc., poi, in ogni cartella utente, ulteriori sottocartelle «archivio» e «inviata», dove mi limito volta per volta a spostare i files EML con le mail esportate dalla Scrivania; in questo modo, se mi serve poi di cercare una mail inviata, entro nella mia cartella «inviata» e faccio una ricerca, visto che questa cartella contiene tutte le mie pec inviate, che vi ho «accatastato» man mano, durante le varie esportazioni.

Utilizzo degli archivi.

Come dicevo, i messaggi saranno indicizzati da spotlight, il sistema di ricerca dei files del Mac, con la conseguenza che sarà poi facilissimo trovare quello di cui si ha bisogno.

Grazie a dropbox, questi archivi saranno poi disponibili su tutte le macchine che eventualmente si usano per lavorare e, ulteriormente, potranno essere condivisi con altre persone che lavorano con te, io ad esempio condivido queste cartelle con la mia assistente che può, sempre ad esempio, andare a prendere una ricevuta di consegna quando deve creare un fascicolo di parte per il deposito in un procedimento.

Il servizio offerto da dropbox, poi, serve anche come backup, che si aggiunge a quelli presenti già di default su tutte le mie macchine, cioè quello di time machine e la copia clone con carbon copy cloner.

Ovviamente, questo sistema si può usare anche per altri account di posta, anche non certificata. Può tornare utile a tutti coloro che, ad esempio, hanno ancora servizi di posta elettronica normale, non certificata, che però presentano un limite dimensionale. Quando si configura Thunderbird, ribadisco come sia essenziale usare la modalità IMAP e non POP3, altrimenti la posta verrebbe tolta dal server e non si potrebbe più visualizzare nel programma di posta che si utilizza di default.

Conclusioni.

Come costruire una adeguata strategia di backup, sia per le mail che più in generale per ogni risorsa informatica, è descritto nel mio libro «Fare l’avvocato è bellissimo». Registrati per ricevere una mail ed essere avvisato quando sarà disponibile. Clicca qui.

Vuoi fare una o più sessioni di coaching individuale con me? Ti posso insegnare a allestire una strategia di backup idonea, anzi se porti la tua macchina la possiamo fare insieme, così impari come si costruisce ma quando esci ce l’hai già operativa. Se hai Windows, portami anche un paio di guanti ;-). Per maggiori informazioni sul coaching, contattami da qui.

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