incappata per caso in un post, sono rimasta incantata innanzitutto dalla bellezza d’animo e positività del “capo”, poi incuriosita da sito e blog, dalla Vostra idea di conciliare sotto una stessa matrice, più attività così da offrire un supporto di consulenza davvero a 360°. Sono una 53enne ibrida, laureata in giurisprudenza ma non abilitata, che dopo un divorzio seguito ad un legame quasi 20ennale (durante il quale onestamente ho fatto di tutto tranne che lavorare), si è rimessa a collaborare in uno studio legale, scoprendo, con somma meraviglia, che la cosa le piace. Il mio desiderio ai tempi della scelta universitaria era stato per studi di natura psicologica, ma alla fine degli anni 80 il genitore, nel suo non essere un illuminato, li vedeva come una sorta di Sodoma e Gomorra… Vorrei un consiglio da parte Vostra, per una valida formazione come counselor, essendo un campo dove c’è parecchia offerta e chissà, essere un ottimo ibrido tra i 2 mondi.
Benvenuta sul blog, la serendipità di google non smette mai di stupirci, combina gli incontri più singolari e originali…
È un po’ il percorso che ho fatto io, partito da avvocato, ho poi visto che i problemi legali hanno profonde radici emotive e quindi sono voluto diventare dapprima mediatore familiare e poi counselor. Al momento, è il counseling l’attività a cui mi dedico di più, al di fuori di quella legale.
Sì è vero l’offerta formativa in materia è davvero molto vasta e variegata, ma, come tutti i «mestieri», occorre propensione, che mi sembra di scorgere in te, e pratica, cioè occorre ascoltare molte persone, per problematiche diverse.
Spesso, personalmente, penso che la mia formazione più importante come counselor me l’abbia data la grande letteratura che frequento sin da adolescente: è nei grandi classici che c’è l’anima dell’uomo, come spiego meglio in questo post alla lettura del quale ti rimando.
Per questi, ed altri, motivi, non starei a perdere troppo tempo nella scelta della formazione, anche per non finire in stupide dispute egoiche; scegli la scuola che ti ispira di più, o anche quella meno onerosa, per dedicarti poi ad approfondire le tematiche che più «risuonano» con te nei modi che ritieni migliori.
Queste sono conclusioni che scandalizzerebbero molti counselor: questo avviene perché spesso anche i counselor, purtroppo, sono mentalizzati ed è un grande peccato perché per ascoltare gli altri ed essere loro utili bisogna vivere nel cuore.
Restiamo in contatto, iscriviti al blog per non perdere il prezioso post del giorno.
L’uomo che abbandona il cristianesimo, volto alla cura e allo sviluppo dell’anima, e diventa neoliberista, ripiegato solo sul proprio ego e narcisismo, incapace di amare, ma smanioso solo di avere ed usare, a partire dai corpi, è un vero e proprio angelo caduto, come Satana.
Non c’è da stupirsi, tuttavia, se il neoliberismo è così popolare ed oggi di fatto l’ideologia largamente dominante, perché è una dottrina che insegna all’uomo ad essere la peggior versione di se stesso e lo valorizza ed esalta quando disgraziatamente vi riesce, diventando sempre più egoico, materialista, indifferente ai bisogni e alle emozioni altrui.
Non c’è da stupirsi, di conseguenza, nemmeno di tutte le reazioni isteriche che si levano ogni volta che si parla di anima e di ciò che conferisce la vera felicità dell’uomo, perché gli angeli caduti sono legati appunto istericamente ai loro veleni quotidiani, ai loro «diritti», che poi diritti non sono, ma veri e propri strumenti di infelicità propria ed altrui, nella migliore tradizione diabolica della separazione.
«Sforzatevi di entrare per la porta stretta»
(Gesù di Nazareth, Lc 13, 22)
L’uomo di oggi è convinto di essere «antifascista» ma poi abortisce o fa abortire perché ha già due figli e con un terzo da mantenere poi non avrebbe abbastanza denaro per potersi prendere un cane e mettergli il cappottino, realizzando in questo modo una perfetta e criminalmente geniale forma di nazismo domestico, incoraggiato però da tutti, specialmente dalle organizzazioni politiche che si vantano del loro antifascismo, perché l’aborto «è un diritto».
Il cristianesimo ti dice che il primo modo per amare i propri figli è amarne, sinceramente e totalmente, l’altro genitore, anche quando questo, guarda un po’, diventa molto difficile; il neoliberismo, invece, all’esatto contrario, ti dice che quando «non ci sono più i sentimenti», allora puoi serenamente lasciar andare l’altro genitore, trovarti un nuovo partner, dire ai tuoi amici e amiche che «scopa bene» e decantarne le supposte qualità in un pubblico elogio sui social, che molti riescono persino a leggere con commozione e che pochi ormai riescono a vedere con i più consoni timore e preoccupazione.
Ecco perché il neoliberismo trionfa, perché incoraggia l’uomo di oggi a fare quello che gli viene meglio, cioè essere un vero e proprio deficiente e gli dice – e gli fa dire, da un esercito di mentecatti – «bravo» quanto più riesce ad esserlo.
In tutti i sensi e in tutti i campi, ma soprattutto dal punto di vista emotivo, quello del famoso cuore, un posto dal quale l’uomo di oggi, chiuso nella mente, se riuscisse ad andarci anche solo per un attimo, capirebbe immediatamente quanto è cretino e, soprattutto, come si stia costruendo la propria infelicità completamente da solo.
Sì perché il diavolo fa sempre le pentole ma non i coperchi, le verità egoiche sono sempre bugie che non ci danno la felicità.
Il cane col cappottino, più il rimorso quotidiano per l’aborto, non ci daranno mai la gioia piena di un bambino che vive, una nuova vita creata da noi e che sarà per sempre. Un nuovo compagno che «scopa bene», fa le lavatrici e stira non ci darà assolutamente mai l’appagamento di una famiglia unita e di un amore vero che dura per sempre, anche perché chi non è disposto ad amare per sempre non ha amato davvero neppure un solo istante.
Ascolta sempre chi ti parla di anima.
Oggi è dissonante, pesante e ti propone una strada più faticosa, la famosa «porta stretta», ma quella è l’unica strada che ti può condurre ad essere davvero felice. Tutte le altre sono solo scorciatoie false e bugiarde.
Usare gli altri, usare i loro corpi, non ti porterà alla felicità.
L’anima vuole connessioni, qualsiasi divisione è un inconfondibile segno egoico o satanico. Uno dei post per cui ho ricevuto più insulti, ma uno dei più veri e necessari.
Quando hai appena ricevuto un dolore, una coltellata al cuore, la tua anima soffre e diventi immediatamente più egoico.
Il dolore e la sofferenza ti fanno cadere a terra, nel regno del Mondo e, sì certamente, anche del suo principe, il diavolo, rappresentato nell’allegoria degli arcani dalla lama numero 15.
É il regno delle ombre, che non sono però fuori da noi, ma, tutto all’opposto, dentro di noi: sono i famosi «lati oscuri», oggi sotto attacco da parte del pensiero unico e del politicamente corretto, ma veri e propri doni di Dio.
In quel momento cominci a odiare, a progettare sconnessioni, a pensare a modalità di relazione con gli altri basate sul tuo disinteresse, a smettere di vivere perché «di sofferenza e dolore ne ho avuto abbastanza», a fare proiezioni come «le persone sono tutte cattive»…
In quei momenti, puoi fare scelte sbagliate, come quella, classica, di mettere il tuo cuore dentro ad una gabbia, o di indurirlo come una pietra, per scongiurare altra sofferenza, che, però, fa parte della vita, come ci insegnano tutte le gradi tradizioni sapienziali, tra cui sicuramente il cristianesimo, dove si ringrazia Dio persino per la morte, e il buddismo, dove la prima delle quattro nobili verità è che la vita è dura e contiene la sofferenza, con la conseguenza che chi rifiuta il dolore rifiuta la vita e finisce per non vivere e continuare ad esistere come uno «sconnesso», termine che potremmo considerare un buon sinonimo di narcisista, che é talmente scollegato dagli altri da guardarli soffrire senza accorgersene.
Non prendere mai decisioni quando il dolore ti ha schiacciato a terra, non rimpiangere la sofferenza, non detestare i tuoi lati oscuri.
La sofferenza viene per creare una versione ogni giorno migliore di te, i tuoi lati oscuri, compresa la capacità di odiare, la violenza, ti servono per proteggere tutto quello che ami e sono un dono di cui puoi essere grato a Dio.
Fai attenzione però a quello che ti racconti mentre sei a terra intento a rimetterti in piedi.
Non prendere nessuna scelta finché non sarai di nuovo riuscito a dispiegare di nuovo le vele della tua anima.
Fai che l’unica tua scelta in quei momenti sia chinarti sulla tua anima dolente e aiutarla con amore a rimettersi in piedi.
«Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.» (Salmo 126, 5)
Clicca qui per valutare un percorso di counseling.
Ricordati di iscriverti al blog per ricevere post fondamentali per la tua crescita personale come questo, uno solo al giorno, dal lunedì al venerdì.
Vivo una storia da tre anni con un uomo sposato, con alti e bassi. Lui in più occasioni ha detto di voler lasciare la moglie, con cui ha due figli, per costruire una famiglia con me, e ha anche compiuto dei passi concreti in questo senso, come affittare una casa, però ultimamente, in questi giorni, mi ha detto di aver deciso di provare a ricostruire con sua moglie. Io sono disperata, per lui avevo anche lasciato il mio ragazzo, ma soprattutto lo amo… Da quando mi ha detto così sto malissimo, passo momenti in cui vorrei metterli sotto con la macchina, lui e sua moglie, inoltre mi sono imposta di non scrivergli e non parlargli, vorrei farlo ma penso che sia meglio per il momento stargli lontana. Non so cosa fare, so solo che sto malissimo. Mi date un consiglio? Spero di fare cose buone…
Non è con la violenza che puoi uscire da una situazione di questo genere, violenza contro di «loro» (anche solo immaginata, di metterli sotto con la macchina) ma soprattutto contro di «te» (l’imposizione di non telefonare, non incontrarlo, non fare altre cose che vorresti fare ma pensi che non sarebbero opportune).
Tutto al contrario, è solo con l’amore che si può uscire da vicoli ciechi di questo genere, amore che però deve essere:
a) genuino e animico e non, invece, egoico;
b) rivolto verso tutti i protagonisti della situazione, compresa lui, la moglie del tuo lui e, soprattutto, te stessa.
Non è un discorso facile da capire e soprattutto da praticare, ma proviamo ugualmente ad affrontarlo perché credo che queste siano le uniche parole che potrebbero davvero servirti. Ti rimando, a riguardo, anche alla lettura di questa lezione sulla differenza tra amore animico ed amore egoico.
Cosa significa amare?
Significa forse desiderare una persona sino al punto da provare l’impulso di metterla sotto con la macchina nel momento in cui si pensa di stare per perderla?
Facciamo un passo indietro.
Nessuno di noi è completamente unitario e autentico, ma frammentario. Quello che facciamo, e anche quello che proviamo nelle nostre vite, è come se fosse la risultante di una serie continua di «votazioni» o elezioni che le svariate parti e personalità di cui siamo composti svolge, con una maggioranza che emerge volta per volta… Funzioniamo, anche se appariamo all’esterno come individui e «monadi», come tanti piccoli staterelli, con una popolazione interna che si divide in opinioni e punti di vista…
Tra le varia parti di cui siamo composti abbiamo una o più manifestazioni egoiche e una parte animica, una parte dell’anima.
Quindi, detto questo, amare cosa significa, nel suo significato letterale e rigoroso?
È semplicissimo, anche se tendiamo a dimenticarcelo o a non volerlo vedere.
Amare significa, molto semplicemente e incontrovertibilmente, mettere il bene di un’altra persona sopra al nostro.
Detto questo, se tu amassi quest’uomo di un amore vero, puro ed animico, avresti dovuto… fare dei salti di gioia nel momento in cui ti ha comunicato che voleva ricostruire con sua moglie, con cui ha anche dei figli, cosa che corrisponde probabilmente al suo bene, per come comunque lo ha valutato lui e per come generalmente avviene in situazioni del genere, in cui la separazione di una coppia con figli rappresenta sempre una ferita profonda per diversi aspetti.
Invece, tutto al contrario, sei caduta nella disperazione perché hai perso qualcosa che sentivi come tuo.
Quello che provi, dunque, al momento non è tanto amore, quanto un tuo desiderio di possesso, un volere una persona, al punto tale da immaginare di punirla gravemente per non voler essere più tua.
È, con tutta evidenza, più una manifestazione del tuo ego. Non c’è molto altruismo in questo, non c’è amore, c’è più che altro un capriccio egoico.
Almeno in questa fase. Non sto affatto dicendo che sei una donna egoista, materialista, che vuole comprarsi un uomo e tenerselo come oggetto. Siamo frammentari, l’abbiamo detto poco fa. In questo momento, la tua ferita è una ferita dell’ego.
Ma l’anima ce l’hai ancora. Anche perché è nella sofferenza che gli dei ci fanno visita e, quando lo fanno, ci ricordano della nostra dimensione animica.
Come sempre succede, è nelle tue ultime parole che, anche se sicuramente non te ne sei resa conto, fa capolino la tua anima, quando dici «spero di fare cose buone».
Qui abbandoni la tua dimensione individuale e intuisci che l’unica via d’uscita da questa situazione in cui ti sei cacciata da sola, come fanno tutti del resto (ognuno si costruisce da solo l’inferno in cui vive), è quella di elevarti al di sopra del tuo egoismo ed iniziare a capire davvero sia te, sia lui, sia l’altra donna e cioè sua moglie.
È solo cercando di fare la cosa giusta che uscirai da questa situazione, accettando che la cosa giusta possa anche essere finire per non avere quest’uomo.
Quello che devi iniziare a fare è provare sentimenti di compassione, benevolenza, amore per tutti e tre i protagonisti cioè per te, per lui, per sua moglie.
Devi capire che ognuno di voi tre sta soffrendo terribilmente per la situazione in essere, che ognuno di voi è una persona che desidera solo vivere, amare, essere amata e non provare dolore o sofferenza e che invece lo prova.
Al momento, pensi che sia difficile provare sentimenti di questo genere per lui, che vorresti mettere sotto con la macchina, per sua moglie, che probabilmente vorresti ugualmente imballare con la macchina, ma solo dopo averla torturata adeguatamente per almeno una settimana, ma io ti dico che la persona, delle tre, che ti sarà più difficile da amare davvero sarai tu stessa.
Ti senti in colpa verso di loro, ti stai giudicando per esserti ficcata in questa situazione, pensi di essere stupida, avventata e chi più ne ha più ne metta, sei molto crudele con te stessa e più soffri e più ti dai addosso. ti imponi delle regole – non chiamare, non parlarci – pensando che ti possano aiutare mentre accrescono solo il tuo fastidio.
Inizia proprio da qui, smettila di giudicarti e accettati per quello che sei e per quella che è stata la tua vita sinora. Può darsi che sia stato tutto un errore, ma chi non commette errori? E, se anche fosse, l’importante poi è ravvedersi e rimediare, per quanto possibile.
Devi essere inflessibilmente tenera e dolce con te stessa, come una madre lo sarebbe con un proprio figlio che pur sbaglia o ha sbagliato.
Fatto questo, dovrai riuscire a guardare la sofferenza anche degli altri due ed averne compassione.
Se riuscirai a fare tutto questo, ti eleverai ad un livello più alto dell’essere, quello della tua dimensione animica, che c’è e vuole uscire fuori, lo testimoniano le tue ultime parole, e uscirai da questa situazione, anche se non è detto che sia con l’uomo che desideri al tuo fianco: ma ricordati che lo scopo non è mai avere un uomo, una donna, un animale, ma essere felici e grati in e per questa vita.
Dovrà nascere una nuova e migliore versione di te.
È sempre lo Spirito che ci porta nel deserto e lo fa per farci diventare più grandi, più capaci di amore, più felici. Sta a noi fare quello che è necessario per portare tutto a compimento.
Se vuoi un appuntamento per parlare di persona con me o con uno dei nostri counselor, puoi richiederlo chiamando lo 059 761926. Ricordati di iscriverti alla newsletter o al gruppo Telegram per non perderti altri articoli come questo.