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Mutuo e separazione: come liberare un coniuge?

io e mio marito ci separiamo e visto che lui è d’accordo io vorrei continuare a pagarmi il mutuo e diventare proprietaria quindi al 100%, ma lui accetta solo se gli viene dato un docum. dalla banca dove lui esce da tutto.
Il mio avvocato, che non fa più i trasferimenti della proprietà all’interno dell’atto di separazione, e che quindi ha un notaio con cui collabora, sotto consiglio dei giudici, anche se non ho ancora capito bene i motivi, hanno parlato quindi di accollo del mutuo fuori e prima della separ.
Abbiamo un lavoro fisso, io sui 1100 al mese part time lui prende una base di 1400 e con gli straordinari arriva a 1800 ma a me non vuole dare più di 500. abbiamo 2 figli
io chiedo 600 e su questo c’è lite..il mutuo è di 550
una curiosità ci siamo andati dal avv 1 volta per capire a cosa andavamo incontro la 2 per mettere giu un accordo non trovato, è vero che ora io non posso più tenere lo stesso avv?

La liberazione di tuo marito è una decisione discrezionale della banca. Non avete alcun diritto di ottenerla, potete solo negoziare con la banca per vedere se è disposta a concederla, offrendo ovviamente qualche contropartita al riguardo, come ad esempio ulteriori garanzie.

Raramente la banca concede la liberatoria, per cui tieni questo fatto in adeguata considerazione per evitare che le trattative per la vostra separazione si arenino o diventino eccessivamente lunghe per questo specifico aspetto.

I trasferimenti immobiliari in sede di separazione sono sempre stati problematici, con orientamenti circa la loro ammissibilità e validità vari e diversi nel tempo susseguitisi nei vari tribunali della penisola; personalmente, in oltre vent’anni non ne ho mai fatto uno e mi sono sempre rifiutato di farne, per la convinzione che ognuno debba fare il suo mestiere, se vogliamo che le cose abbiano la speranza di venire fatte bene.

Nel vostro caso, la strada migliore è un accordo in house, o convenzione di negoziazione assistita, dove voi, facendo anche la separazione, vi promettete (funziona, a questo riguardo, come un contratto preliminare) la cessione, che poi andrete a realizzare dal notaio stipulando un contratto definitivo. È una soluzione che ha anche tanti altri vantaggi, tant’è vero che rappresenta la procedura tipica per le alienazioni immobiliari anche al di fuori di un contesto di separazione, con la tipica sequenza contratto preliminare / contratto definitivo.

L’avvocato che vi ha seguiti entrambi non può per ragioni di conflitto di interesse e incompatibilità seguire sulla stessa questione uno solo di voi due contro l’altro, significherebbe andare contro un ex cliente dal quale ha peraltro ricevuto informazioni confidenziali e riservate che quindi potrebbe sfruttare in modo illecito a vantaggio di chi gli è rimasto come cliente. Qualora non trovaste un accordo e la separazione dovesse diventare giudiziale, ognuno di voi due dovrebbe rivolgersi ad un altro legale.

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Avvocato con conto alla banca mia controparte: può assistermi?

Ho costituito un pegno a garanzia di un affidamento nell’interesse di una società.
So che il pegno sarà escusso.
So che la banca garantita ha responsabilità per quanto riguarda la gestione del rapporto garantito.
Contatto un legale spiegando i punti deboli della banca e preparo una serie di domande da sottoporre alla stessa al fine di: a) ricevere comunque dati utili in risposta; b) far capire alla banca che conosco i suoi punti deboli, confidando in una transazione.
L’avvocato ha un atteggiamento “debole” e per ora ha inviato solamente, dopo due mesi dal primo colloquio e vari solleciti, una lettera “soft”.
Oggi ho saputo per certo che lo Studio dell’avvocato ha un rapporto bancario, quantomeno di c/c, con l’istituto di credito.
Penso dovesse avvisarmi e temo che la sua (da me presunta) arrendevolezza possa essere causata da rapporti di amicizia (se non peggio) con qualche dirigente (sto parlando di una piccola BCC)

Non credo che un rapporto di conto corrente sia tale da determinare una incompatibilità o un conflitto di interessi, anche se sicuramente sarebbe stato più elegante per questo legale avvertirti. Chiaramente, la cosa andrebbe poi vista più in dettaglio, cioè che tipo di rapporto c’è tra il legale e l’istituto di credito sotto tutti gli aspetti, ma in generale mi sembra un elemento piuttosto debole.

Potrebbero essere più pregnanti invece i rapporti di amicizia con dirigenti dell’istituto stesso, ma si tratta di circostanze che dovresti, in teoria, dimostrare in modo rigoroso, anche sotto il profilo a mio giudizio dell’efficienza causale sull’allestimento di una difesa un po’ troppo «zoppa».

Da questo punto di vista, peraltro, la «leggerezza» della prima lettera non è un indice sufficiente: la maggior parte delle volte l’approccio più indicato è proprio tutto al contrario quello negoziale e dai toni contenuti, che sono peraltro una questione di stile, che appartiene ad ogni avvocato e che – ti garantisco – è una delle cose più importanti per portare a casa un risultato in una negoziazione.

In conclusione, a me non sembra il caso di stare a fare questioni contro questo legale, che comunque richiederebbero un ulteriore investimento da parte tua (di tempo, soldi, energia, ecc.) rispetto a quello che devi già fare per tutelarti nella vicenda del pegno, per cui ti consiglierei, se queste circostanze sono tali da determinare in te il venire meno della fiducia, di revocargli il mandato ed assegnarlo ad un altro legale, dopo aver adeguatamente verificato che sia degno della tua fiducia.