La sentenza 24 febbraio – 29 marzo 2016, n. 1270, della Suprema Corte, sez. IV penale, mette in luce le caratteristiche principali del reato di lesioni colpose provocate da responsabilità medica, ovverosia: il momento consumativo, la posizione di garanzia, il nesso causale, l’elemento psicologico, il dies a quo del termine prescrittivo e di proposizione della querela.
In via preliminare, la Cassazione, rileva che il reato di lesioni personali colpose, previsto all’art. 590 cod. pen., è un reato istantaneo che si consuma al momento dell’insorgenza della malattia prodotta dalle lesioni. Di conseguenza la durata e l’inguaribilità della malattia sono irrilevanti ai fini della individuazione del momento consumativo.
Tuttavia, nel caso in cui la condotta colposa che causa la malattia stessa persista successivamente l’insorgenza di questa, e ne cagioni un successivo aggravamento, il reato di lesioni colpose si consuma nel momento in cui si verifica l’ulteriore debilitazione.
Il soggetto che commette il reato è titolare di una posizione di garanzia, essendo in possesso della qualifica di medico. Si definisce garante, infatti, il soggetto chiamato alla gestione di uno specifico rischio e che, pertanto, è responsabile sotto il profilo eziologico nel caso in cui tenga condotte omissive in violazione agli obblighi connessi al suo ruolo. Si è altresì affermato che il principio di affidamento non può essere invocato da chi, in virtù della sua particolare posizione, ha l’obbligo di controllare e valutare l’operato altrui, se del caso intervenendo per porre rimedio agli errori commessi.
Il nesso causale che si instaura tra l’azione e il danno, viene ravvisato ogni qualvolta si accerti che – ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento – il danno non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.
Il medico risponde del danno a titolo di colpa, ovverosia per la violazione delle norme cautelari di condotta (specifiche e generiche) all’interno di un contesto in cui si poteva pienamente esigere un comportamento alternativo e corretto rispetto a quello tenuto.
Nel caso concreto sottoposto all’attenzione della Corte, nonostante la sussistenza di tutti gli elementi del reato sopra esposti, si è resa necessaria la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, giacché il termine prescrittivo inizia a decorrere dal momento di insorgenza della malattia, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente.
Nella sentenza si precisa che il dies a quo del termine prescrittivo non coincide con la decorrenza del termine per poter proporre querela. A parere della giurisprudenza penale, infatti, quest’ultimo inizia a decorrere, non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata.
In conclusione, con il summenzionato provvedimento, la Corte di Cassazione ha inteso evidenziare gli elementi costitutivi del reato di lesioni colpose provocate da responsabilità medica ed il singolare contrasto relativo alla decorrenza del termine prescrittivo e del termine per la proposizione della querela, conseguenza dell’interpretazione del diritto in sede di applicazione.