Questo passaggio lo dedico a papa Beozio, che ha avuto la
sconsideratezza di parlare dell’Italia come del paese in cui é nata la mafia, e a quei cardinali che l’hanno messo dove sta, senza valutare che un personaggio del genere con la nostra cultura e con il cristianesimo romano non ha, e non potrà mai avere, molto a che fare, mancando anche solo della possibilità di capire una cultura millenaria come la nostra. Al di là di questo, é meraviglioso leggere parole scritte nel 300 e vedere che sono ancora più attuali oggi di quando erano state vergate, ma del resto proprio questa é la caratteristica dei geni, quella di attraversare i secoli. Per inciso, anzi per tutti quei contemporanei che parlano del medioevo come di un’epoca buia e bigotta, ricordo anche che Boccaccio era un sacerdote, aveva più nervo e vita lui allora di tanti ecclesiastici di oggi.
«Così come egli pertinace dimorava, così Giannotto di sollecitarlo non finava giammai, tanto che il giudeo, da così continua instanzia vinto, disse:
- Ecco, Giannotto, a te piace che io divenga cristiano, e io sono disposto a farlo, sì veramente che io voglio in prima andare a Roma, e quivi vedere colui il quale tu dì che è vicario di Dio in terra, e considerare i suoi modi e i suoi costumi e similmente dei suoi fratelli cardinali; e se essi mi parranno tali che io possa tra per le tue parole e per quelli comprendere che la vostra fede sia migliore che la mia, come tu ti se’ ingegnato di dimostrarmi, io farò quello che detto t’ho; ove così non fosse, io mi rimarrò giudeo come io mi sono.
Quando Giannotto intese questo, fu in sé stesso oltremodo dolente, tacitamente dicendo: – Perduta ho la fatica, la quale ottimamente mi parea avere impiegata, credendomi costui aver convertito; per ciò che, se egli va in corte di Roma e vede la vita scelerata e lorda de’ cherici, non che egli di giudeo si faccia cristiano, ma, se egli fosse cristiano fatto, senza fallo giudeo si ritornerebbe.»
(Giovanni Boccaccio, Decameron)