All’inizio pensi che potrebbe essere molto interessante avere uno specchio magico, guardando nel quale si può vedere la cosa che ti spaventa di più, per capire che cos’è e iniziarla ad affrontare.
Poi capisci che tutti gli specchi sono già così. Senza bisogno di nessuna magia, ogni volta che ci guardi dentro ti fanno vedere la cosa che temi di più.
Siamo spaventati, infatti, molto di più dai nostri limiti, dalla nostra finitezza, che dagli altri.
Oggigiorno, siamo persino nevroticamente spaventati dall’essere limitati, o «non onnipotenti»: non accettiamo la vulnerabilità, che è la prima cosa da fare per essere davvero coraggiosi, e finiamo così per avere paura di tutto.
«Quello che devi comprendere è che oggi, nella Silicon Valley, ci sono migliaia di ingegneri, pagati a peso d’oro, che lavorano giorno e notte con un unico obiettivo in mente: tenerti incollato al tuo smartphone e ai loro servizi . Il “ time spent on platform ” o “tempo trascorso sulla piattaforma” è l’unica vera metrica che governa le decisioni dei giganti tech.»
Quando hai appena ricevuto un dolore, una coltellata al cuore, la tua anima soffre e diventi immediatamente più egoico.
Il dolore e la sofferenza ti fanno cadere a terra, nel regno del Mondo e, sì certamente, anche del suo principe, il diavolo, rappresentato nell’allegoria degli arcani dalla lama numero 15.
É il regno delle ombre, che non sono però fuori da noi, ma, tutto all’opposto, dentro di noi: sono i famosi «lati oscuri», oggi sotto attacco da parte del pensiero unico e del politicamente corretto, ma veri e propri doni di Dio.
In quel momento cominci a odiare, a progettare sconnessioni, a pensare a modalità di relazione con gli altri basate sul tuo disinteresse, a smettere di vivere perché «di sofferenza e dolore ne ho avuto abbastanza», a fare proiezioni come «le persone sono tutte cattive»…
In quei momenti, puoi fare scelte sbagliate, come quella, classica, di mettere il tuo cuore dentro ad una gabbia, o di indurirlo come una pietra, per scongiurare altra sofferenza, che, però, fa parte della vita, come ci insegnano tutte le gradi tradizioni sapienziali, tra cui sicuramente il cristianesimo, dove si ringrazia Dio persino per la morte, e il buddismo, dove la prima delle quattro nobili verità è che la vita è dura e contiene la sofferenza, con la conseguenza che chi rifiuta il dolore rifiuta la vita e finisce per non vivere e continuare ad esistere come uno «sconnesso», termine che potremmo considerare un buon sinonimo di narcisista, che é talmente scollegato dagli altri da guardarli soffrire senza accorgersene.
Non prendere mai decisioni quando il dolore ti ha schiacciato a terra, non rimpiangere la sofferenza, non detestare i tuoi lati oscuri.
La sofferenza viene per creare una versione ogni giorno migliore di te, i tuoi lati oscuri, compresa la capacità di odiare, la violenza, ti servono per proteggere tutto quello che ami e sono un dono di cui puoi essere grato a Dio.
Fai attenzione però a quello che ti racconti mentre sei a terra intento a rimetterti in piedi.
Non prendere nessuna scelta finché non sarai di nuovo riuscito a dispiegare di nuovo le vele della tua anima.
Fai che l’unica tua scelta in quei momenti sia chinarti sulla tua anima dolente e aiutarla con amore a rimettersi in piedi.
«Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia.» (Salmo 126, 5)
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É un po’ così che ascolto nella mia pratica di counseling, credo sia così che si finisca per ascoltare quando si abbandona il giudizio e si finisce, così, per accogliere persone che hanno «nella pancia» cose incredibili, cioè le emozioni più improbabili, controintuitive, irrazionali, persino spiritose e divertenti nella loro paradossalità, tanto che davvero ognuno va ascoltato, e davvero persino amato ed accolto, come un enigma, come quell’enigma che é.
Della personalità di ognuno di noi sia gli altri che noi stessi infatti non vediamo che la punta dell’iceberg, mentre ci sono le famose parti profonde, e le varie subpersonalità, di cui ti parlo spesso, che non sai mai di quale parere saranno in ordine a quello che ti accade nella vita.
Un’altra cosa che voglio dire, e poi chiudo, é che un counselor deve allenare la sua attenzione, cosa che oggigiorno si fa con la meditazione e con le varie forme di resistenza alle distrazioni digitali, aspetto quest’ultimo assolutamente fondamentale e di cui parlerò presto nel blog, cui ti invito ad iscriverti sin da ora.
Se, infatti, il counselor non é in grado, per mancanza di allenamento, di focalizzare e tenere focalizzata la sua attenzione, non può ascoltare in maniera efficace. Se porta la sua frammentarietà incurata nella seduta, ugualmente non può ascoltare in modo funzionale.
«Sforzarsi senza tregua di pensare a chi ti sta davanti, prestargli un’attenzione reale, costante, non dimenticarsi un secondo che colui o colei con cui tu parli viene da un altro luogo, che i suoi gusti, le sue idee e i suoi gesti sono stati plasmati da una lunga storia, popolata da molte cose e da altre persone che tu non conoscerai mai. Ricordarsi in continuazione che colui o colei che guardi non ti deve nulla, non e? una parte del tuo mondo, non c’e? nessuno nel tuo mondo, neppure tu. Questo esercizio mentale – che mobilita il pensiero e anche l’immaginazione – e? un po’ duro, ma ti conduce al piu? grande godimento che ci sia: amare colui o colei che ti sta davanti, amarlo per quello che e?, un enigma – e non per quello che credi, per quello che temi, per quello che speri, per quello che ti aspetti, per quello che cerchi, per quello che vuoi.»»
(Christian Bobin – da “Autoritratto al radiatore”)
«Dal momento che sono i nostri figli, quando dobbiamo reprimere i loro errori, non agitazione dell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, ed allora voi sarete i veri padri e farete una vera correzione. In certi momenti molto gravi, giova più una raccomandazione a Dio, un atto di umiltà a lui, che una tempesta di parole, le quali, se da una parte non producono che male in chi le sente, dall’altra parte non arrecano vantaggio a chi le merita. Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone.»
Nel mio diario della gratitudine di oggi, metto l’allenamento che ho fatto stamattina, la spesa (adoro fare la spesa), il pranzo post workout (tartare di chianina, funghi chiodini, patate al forno – sì, adoro anche il cibo), ma soprattutto metto lui, il mio grande amore, che oggi é tornato finalmente in grande spolvero, il mio desideratissimo sole, dai cui raggi mi sono potuto far riscaldare in terrazzo per quasi un’ora.