Categorie
diritto

Avvocato con spese più percentuale: è giusto?

a seguito di un sinistro stradale mi rivolgevo ad un legale per essere tutelato. Dopo 5 anni la causa finisce con sentenza di primo grado con la controparte che, per sentenza, deve versarmi centinaia di migliaia di euro. La controparte paga anche le spese legali. Il mio avvocato giustamente mi richiede il pagamento delle spese legali a cui aggiunge, facendomi sottoscrivere un foglio che stupidamente ho firmato, anche il 15% del risarcimento del danno subito. È tutto lecito, o dovrei protestare?

Mi piacciono molto le tue due ultime parole «dovrei protestare», come se «incavolarsi» fosse, a volte, un dovere cui non possiamo sottrarci pena il passare per deboli, malfidati, persone che possono essere tranquillamente truffate e quindi, in definitiva, oggigiorno dei «perdenti».

In realtà, a livello spirituale vale la regola esattamente opposta, non c’è nessun dovere di reagire al male con il male, la legge del taglione è finita da un pezzo, ma a livello psicologico la maggior parte delle persone che vivono oggigiorno se la porta dentro come un «archetipo». Non c’è granché di male in questo, a patto di averne consapevolezza.

Detto questo, a livello tecnico è impossibile allo stato rispondere alla tua domanda, perché dipende dalla quantità di lavoro effettivamente svolta dal tuo legale.

risparmio

Anche per il compenso a percentuale, infatti, nel nostro ordinamento è previsto un criterio di corrispondenza con il lavoro svolto, nel senso che il compenso a percentuale non deve comunque essere spropositato rispetto all’opera che è stata prodigata.

Una osservazione forse utile da fare, che ho fatto tante altre volte nel blog, è che la somma che un giudice condanna una parte a rimborsare all’altra a titolo di spese legali non è necessariamente corrispondente a quello che la parte rimborsata deve al suo legale, anzi di solito è una misura minore, spesso sensibilmente. È solo quanto il giudice ritiene tutto sommato «giusto» che la parte soccombente rimborsi a quella vittoriosa, in situazioni dove vittoria e sconfitta non sono quasi mai così nette, essendoci quasi sempre soccombenza parziale.

Ma non determina cosa è giusto che un cliente paghi al suo avvocato, che si determina in base alle regole genere.

Per questi motivi, in astratto la tua situazione potrebbe anche essere corretta, per dire di più naturalmente occorrerebbe approfondire valutando da un lato il lavoro svolto e dall’altro effettivamente il compenso incamerato, alla luce del criterio alternativo dei parametri. Per fare questo bisognerebbe fare un lavoro di approfondimento che forse non vale la pena di fare, onestamente.

Ricordati di iscriverti al blog per non ricevere tutti i giorni il post del giorno, con consigli utili come questo che non trovi da nessun’altra parte. Valuta se sostenere il lavoro che facciamo, da oltre vent’anni, per dare informazioni gratuite alle persone con patreon, godendo dei vantaggi riservati ai finanziatori.

Categorie
diritto

Prendo i soldi tra 6 anni: l’avvocato lo pago subito?

ho ottenuto un credito che però mi pagheranno fra sei anni. il compenso dell’avvocato comprendeva una parte fissa e una parte variabile legata a una percentuale del credito ottenuto. la mia domanda è: può il legale chiedermi il compenso della parte variabile prima che io venga materialmente pagato? O deve aspettare l’esecuzione del pagamento.

È impossibile rispondere ad una domanda del genere senza vedere il contratto che hai stipulato con il tuo avvocato in materia di compensi.

Si possono, dunque, solo fare alcune osservazioni di carattere generale.

Innanzitutto, per un compenso di questo genere è comunque necessario un contratto scritto, altrimenti si applicano i parametri forensi, cioè i criteri di tariffazione valevoli «di default» quando non è stato pattuito un sistema diverso. Ogni pattuizione sui compensi che deroga dal regime dei parametri può avvenire solo per iscritto, se fatta in altra forma non è valida.

Per quanto riguarda la questione specifica, non esiste una regola a riguardo, né nel codice civile, né nella legge professionale, né nel codice deontologico, che sono testi normativi molto più generici, specialmente con riguardo al compenso determinato in ragione percentuale, che rappresenta una novità di pochi anni fa per il nostro Paese.

In assenza di regole sul punto, ovviamente sarebbe bene che il contratto avesse previsto questo aspetto, ma è evidente che un esito del genere magari poteva non essere prevedibile, dal momento che solitamente le vertenze si concludono al loro termine, anche quando terminano transitivamente, oppure è previsto un piano di pagamento ma su un termine più breve.

Difficilmente, immagino, che il contratto possa prevedere qualcosa di specifico, ma va comunque letto e interpretato con attenzione, perché ci possono essere clausole che, pur non riguardando questo tema specifico, sono rilevanti rispetto ad esso, appunto sotto un profilo ermeneutico.

Probabilmente non resta che ragionare in base ai principi generali.

Il compenso a percentuale non è, concettualmente, un patto di quota lite.

Questo significa che il risultato ottenuto dal cliente rileva solo come parametro per la determinazione del compenso dell’avvocato, ma non concreta, né integra, né costituisce la «cosa» su cui può soddisfarsi direttamente l’avvocato.

Infatti, la quota lite è vietatissima dal codice deontologico, perché ritenuta poco dignitosa.

Insomma, un avvocato e un cliente non concordano, quando fanno un patto di compensi a percentuale sul ricavato, che si spartiranno quello che il cliente eventualmente riuscirà a portare a casa ma – è una distinzione concettuale che nella pratica sfuma spesso ma comunque esiste – che il compenso dell’avvocato per il lavoro da lui svolto venga determinato con riferimento non al tempo (ore) spese sulla materia, non sulla base dei parametri, non a forfait, ma sulla base del recuperato o ottenuto, anche solo in via transattiva.

Queste considerazioni vanno accostate al fatto che il tuo avvocato il suo lavoro lo ha già svolto, portandoti alla conclusione della transazione che in qualche modo desideravi, comunque hai accettato, in ogni caso sembra essere vantaggiosa per te. Questo lavoro va pagato, in linea di principio, subito, dal momento che il credito da compenso da contratto d’opera non è soggetto ad un alcun termine e sorge man mano che il lavoro viene svolto.

Il criterio per determinare il quantum del compenso dell’avvocato è fornito da quello che hai recuperato o recupererai ed è indicato nella transazione e corrisponde, sostanzialmente, al valore dell’affare.

Questo è tanto vero che molti contratti di determinazione del compenso a percentuale stabiliscono che, ad esempio, anche in caso di revoca o rinuncia al mandato il compenso si determinerà in base comunque a quello che è il valore dell’affare o a quello che sarà ottenuto dal cliente con un successivo avvocato.

Insomma, con il contratto di determinazione del compenso a percentuale il cliente ha spesso l’impressione di entrare in una vera e propria società con il proprio avvocato, dove si dividono vantaggi e perdite (o situazioni sfavorevoli), mentre in realtà la nostra legislazione è piuttosto contraria a che questo avvenga, almeno in maniera così netta, e, di fatto, ciò non si verifica.

Ora, è chiaro che molto sta anche alla correttezza delle parti del contratto, non so di quali cifre si parli e quali siano le circostanze, ma forse si può trovare un accomodamento che ti consenta di pagare il tuo legale senza dover tirare fuori denaro di tasca tua, o almeno concordare anche nel tuo caso un piano rateale.

La questione non è comunque definibile in modo netto, ma se dovessi proprio scegliere una risposta alla tua domanda originaria ti direi che secondo me, in diritto, è più facile che la soluzione sia che tu purtroppo intanto devi pagare il tuo legale che ha svolto compiutamente il suo lavoro, poi ovviamente si possono cercare accomodamenti tra voi che rendano la situazione più leggera e praticabile per tutti.

Categorie
diritto

Compenso degli avvocati e recupero giudiziale: come funziona?

Il pagamento dei compensi degli avvocati.

Il tema della procedura di recupero, da parte dell’avvocato, della propria parcella o compenso nei confronti del cliente non pagante non e’ materia pacifica ed e’ oggetto di interventi frequentissimi da parte della corte di legittimita’, oltre che dei giudici di merito, sempre piu’ spesso investiti della questione. anche perche’ la disciplina e’ stata oggetto di svariati interventi, statificatisi nel tempo, che hanno dato e danno luogo a numerose incertezze applicative.

Oltre ai dubbi sulle regole procedurali applicabili per il recupero di questi crediti, sono sorti e sorgono dubbi interpretativi sulla valenza probatoria della liquidazione effettuata dall’ordine di appartenenza.

Tralasciando la disciplina vigente fino all’entrata in vigore della nuova legge professionale la n. 247/2012, nonche’ le vecchie tariffe professionali, direi di partire dalla disciplina codicistica, cio’ si rende necessario per dare un ordine sistematico al tema.

I principi generali.

Ritengo sempre opportuno, anzi necessario, partire dai principi generali:

art. 2233 c.c.:
professioni intellettuali
compenso
“il compenso, se non e’ convenuto dalle parti e non puo’ essere determinato secondo le tariffe o gli usi, e’ determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene.
in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.
sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati e i praticanti abilitati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali.”

Dunque, ai sensi della disciplina codicistica, che pone i fondamentali principi generali a cui tutte le discipline speciali soggiacciono:
1) la pattuizione del compenso professionale e’ libera – con il limite dell’importanza dell’opera e del decoro della professione – ed e’ oggetto di convenzione negoziale tra le parti, per iscritto a pena di nullita’
2) solo in via residuale e’ determinata da tariffe e/o dal giudice

È evidente che la legge professionale non ha fatto altro che riprendere, confermare e disciplinare in maniera piu’ ampia ed esplicita la disciplina codicistica:

l. 247/2012
art. 13 conferimento dell’incarico e compenso

  1. l’avvocato puo’ esercitare l’incarico professionale anche a proprio favore. l’incarico puo’ essere svolto a titolo gratuito.
  2. il compenso spettante al professionista e’ pattuito di regola per iscritto all’atto di conferimento dell’incarico professionale.
  3. la pattuizione dei compensi e’ libera: e’ ammessa la pattuizione a tempo, a forfait, per convenzione avente ad oggetto uno o piu’ affari, in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l’intera attivita’, a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione.

Cosa dice in sostanza la nostra legge professionale?

Conferma e rende espressa la liberalizzazione dei compensi professionali.

La pattuizione del compenso e’ libera. e cio’ anche alla luce dei principi generali del 2233 c.c.: in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

Limite e che deve sempre essere rispettato!

Dunque possiamo pattuire il compenso da richiedere ai nostri clienti sganciando la richiesta da qualsivoglia tariffa o parametro, purche’, a mente del comma 2 e 5, ma soprattutto dell’art. 2233 c.c., cio’ avvenga per iscritto.

La L. n. 124/2017 ha introdotto, pre gli avvocati, l’obbligo del preventivo scritto. Il preventivo, di massima, deve essere adeguato all’importanza dell’opera prestata e va pattuito indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, compresi oneri, contributi e spese.

I clienti vanno altresì resi edotti circa:
1) il grado di complessità dell’incarico
2) l’esistenza e gli estremi della polizza assicurativa r.c.
Gli avvocati che non ottemperano, per ora, commettono “solo” un illecito disciplinare.
Tuttavia, secondo uno studio del CNF, per gli avvocati non vige un vero e proprio obbligo di preventivo scritto, quanto piuttosto l’obbligo di comunicare per iscritto ai propri clienti il prevedibile costo della prestazione distinguendo tra oneri, spese e compenso professionale.

Dunque i parametri ex d.m. n. 50/2014?

In realta’ essi hanno valore residuale.

Vale a dire vi si ricorrera’ in mancanza di accordo scritto, in mancanza di adempimento spontaneo e di determinazione consensuale, nonche’ in caso di liquidazione giudiziale.

Cosa succede in caso di mancato adempimento spontaneo al pagamento da parte del cliente?

rimedi giudiziali

art. 633 e ss. c.p.c
art. 28 l. 794/42
art. 14 d.lgs. 150/2011

art. 633 e ss. c.p.c.

Problematiche poste:
necessita’ del parere di congruita’ del consiglio dell’ordine di appartenenza?

La giurisprudenza sul punto e’ divisa: vi sono numerosissime pronunce nelle quali si richiede il parere di congruita’ dell’ordine, non ritenendo i parametri vincolanti e comunque sufficientemente predeterminati da consentire una liquidazione “automatica” da parte del giudice.

Viceversa, va considerato che:
1) se c’e’ accordo scritto abbiamo prova scritta e convenzione negoziale che da fondamento all’obbligazione assunta dal cliente.
2) se non vi e’ pattuizione scritta si ricorre ai parametri d.m. 55/2014 che sono prederminati e rigidi nella quantificazione.

In caso di opposizione, e in mancanza di accordo negoziale scritto, allora sara’ ncessario il parere di congruita’ e procedimento a cognizione sommaria 702 bis c.p.c.

art. 28 l. 794/42
art. 14 d.lgs. 150/2011

Le problematiche applicative ed interpretative aumentano nel caso in cui si decida di esperire il rimedio giudiziale alternativo al ricorso per d.i. e dunque senza previo ottenimento del parere di congruita’ dell’ordine di appartenenza:

Art. 702 bis c.p.c. esperibile solo quando si discute del “quantum” ovvero anche se l’accertamento investe l’an debeatur?

Fino alla sentenza n. 4002/2016 della cassazione, il procedimento ex art. 702 bis era esperibile solo in caso di richiesta di mera liquidazione del quantum indicato dall’avvocato e in caso di mancata contestazione nell’an da parte del cliente.
in caso di contestazione sull’an, il giudizio veniva dichiarato inammissibile, poiche’ non convertibile nel rito ordinario di cognizione, paralizzando in questo modo l’azione del professionista che doveva intraprendere un nuovo giudizio; sostanzialmente come avveniva con la procedura ex art. 28 l. 794/42.

Si diceva fino alla sentenza n. 4002/2016 che ha introdotto un nuovo principio circa l’ambito di applicazione del procedimento ex art. 702 bis: esso e’ esperibile sia quando la controversia investa la mera liquidazione del quantum – sia quando investa l’an della pretesa, ossia i presupposti stessi del diritto al compenso (ad esempio i limiti o l’esistenza stessa del mandato, ovvero sia eccepita la prescrizione del credito) ovvero l’effettiva esecuzione delle prestazioni, la sussistenza di cause estintive o limitative della pretesa.

Le ss.uu. sono interventute con sentenza n. 4485/2018 stabilendo che:
1) e’ esclusa l’esperibilita’ del rito ordinario di cognizione;
2) e’ esclusa l’esperibilita’ del procedimento sommario ordinario codicistico di cui all’art. 702 bis c.p.c.;
3) le controversie aventi ad oggetto la domanda di condanna del cliente al pagamento delle spettanze giudiziali dell’avvocato, sia che vi sia stata una contestazione sull’an debeatur, sia che non vi sia stata sono assoggettate al rito speciale sommario ex art. 702 bis c.p.c.;
4) una volta introdotta resta dunque assoggettata al rito speciale sommario anche qualora il cliente sollevi contestazioni sull’an.
in altri termini le ss.uu. hanno sancito l’inutilizzabilita’ del rito di cognizione ordinaria introdotto con atto di citazione, sia del procedimento ex art. 702 bis c.pc. “ordinario”. viceversa, ritenendo ammissibile esclusivamente il rito ex art. 702 bis c.pc. “speciale”, distinto da inappellabilita’ dell’ordinanaza e immodificabilita’ del rito.

 

Categorie
diritto

Avvocato per sinistro mortale: quanto mi costa?

nel 2013 ho perso mia madre in un incidente stradale. Io, mio padre e i mie due fratelli ci siamo costituiti come parte civile nel processo penale. Tra udienze preliminari e ordinarie la sentenza di primo grado è uscita nel 2018 nella quale si da la piena colpa dell’accaduto all’imputato. Nella sentenza si condanna l’imputato al risarcimento dei danni secondo l’art. 538 cpp nonche la condanna secondo l’art. 541 cpp al pagamento in solido con il responsabile civile delle spese sostenute dalle parti civili per la costituzione in giudizio che il giudice quantifica in 3.4500€ oltre spese fofettarie, iva e cpa come per legge. Il nostro avvocato penale ci ha presentato una parcella di 20.000€ circa, purtroppo non avevamo un preventivo anche perché ci siamo mossi di estrema velocità sbagliando ovviamente. Ora mi chiedevo in primo luogo se la cifra possa essere congrua, ma sopratutto se tale cifra verrà rimborsata dall’assicurazione dell’imputato

Mi dispiace per la tua perdita e per la tua vicenda.

Ovviamente, il grave errore di fondo è stato quello di non concordare un preventivo che, in materia come questa, avrebbe potuto essere anche forfettario o a flat, come ad esempio di solito facciamo noi.

Non avendo concordato un regime tariffario diverso, il compenso del tuo avvocato si determina sulla base dei parametri.

Detto questo, per controllare la congruità della pro forma che ti è stata presentata bisognerebbe esaminare il fascicolo e comunque più in generale il lavoro che è stato fatto. Andando a naso, c’è da dire che il valore di un procedimento per sinistro stradale con esito mortale è ovviamente piuttosto elevato, se dunque consideri che i parametri sono a loro volta diversi a seconda del valore della pratica puoi capire anche tu che facilmente, specialmente se il procedimento è durato per svariati anni attraverso più udienze, non è difficile raggiungere cifre consistenti.

Più che altro sono piuttosto in dubbio sulla bontà della scelta strategica di fondo di costituirsi parte civile e prendere un legale penalista, cosa che io di solito sconsiglio, sulla base anche di precise esperienze professionali avute in passato dove per fortuna ho fatto sempre la scelta giusta – se nel penale si ha una assoluzione, sempre possibile, non si può più poi chiedere il risarcimento in sede civile!

La questione si sarebbe potuta più opportunamente trattare, a mio modo di vedere, e ovviamente con riserva di cambiare idea nel momento in cui la situazione dovesse essere eventualmente approfondita, in sede civile, lasciando che il procedimento penale avesse il suo corso a parte.

Per quanto riguarda il rimborso da parte dell’assicurazione, può darsi che esso avvenga, anche se non ci sono norme di legge precise al riguardo, ma solo una prassi. Anche a riguardo può essere rilevante la opportunità o meno di costituirsi parte civile, determinando spese legali che coltivando la questione in sede civile e basta forse avrebbero potuto essere risparmiate.

In generale, e con riserva di approfondire, al momento sembra consigliabile trovare con l’avvocato che ti ha seguito nel penale un accordo e cioè una soluzione negoziale per il pagamento dei suoi compensi.

Categorie
diritto

Sinistro stradale con esito mortale: chi paga l’avvocato?

mio padre cade in strada x motivi sconosciuti, poco dopo passa un auto ke lo travolge uccidendolo (dicendo di nn averlo visto.. mentre altre persone lo avevano visto).. ora mi chiedo : per farmi assistere, il compenso del mio avvocato da chi sara’ erogato? da me.. da l’assicurazione da entrambi?? a quanto potrebbe ammontare questo compenso… kiedere una percentuale su l’importo ke l’assicurazione eroghera’ e’ giusto,legale e una pratica ke si usa normalmente.. e poi mi chiedo se e’ possibile cambiare avvocato (pagando il dovuto) senza andare in contro ad intoppi vari

Mi dispiace molto per la vostra perdita.

Il primo tenuto a corrispondere il compenso del tuo avvocato sei tu che lo incarichi. Dietro a questo, poi, ci può essere l’intervento di altri soggetti che se ne fanno carico, come in alcuni casi, per prassi, le compagnie di assicurazione.

Ma occorre notare che si tratta, al massimo, di prassi, mentre il rapporto giuridico rimane sempre tra te e il tuo avvocato, sulla base del contratto d’opera che vi lega.

Se vuoi maggior chiarezza a questo riguardo, è indispensabile stipulare un patto sui compensi per iscritto che dica intanto che sistema di tariffazione viene adottato – se, ad esempio, in base ai parametri correnti, a percentuale, a tempo o altro – quindi in quale misura e con pagamento a carico di chi.

Ovviamente qualora il pagamento fosse a carico di un altro soggetto, dovrebbe esserci la partecipazione di quest’ultimo al patto sui compensi, che dovrebbe essere firmato anche da lui.

Il sistema di tariffazione che si usa in questi casi è solitamente quello del compenso a percentuale.

In molti casi le spese legali sono poi rimborsate dalla compagnia di assicurazione di controparte, ma le variabili in gioco sono molte per cui è bene curare che questi aspetti siano ben definiti prima di procedere oltre.

Quanto all’avvocato, puoi scegliere ovviamente quello che vuoi, senza alcuna necessità di tenere quello indicatoti dalla tua agenzia di assicurazione. Anzi sarebbe bene che tu curassi con particolare attenzione la scelta del legale, perché si tratta di una pratica di valore considerevole e con aspetti delicati da trattare.

Categorie
diritto

Compenso a percentuale e rinuncia a incarico dell’avvocato: cosa pago?

il mio avvocato ed io abbiamo avuto un battibecco e lui ora non vuole piu’ difendermi, ma mi chiede 1300 euro per le competenze, mentre eravamo rimasti d’accordo che la sua percentuale era del 10% . La causa è contro un dottore che mi ha curato male ed ho dovuto sottopormi di nuovo alla rottura e ingessamento del polso rotto.

Le interruzioni del mandato, sia per iniziativa del cliente che del legale, sono un po’ il punto debole dei contratti con compenso a percentuale, sistema di tariffazione sul quale ti invito innanzitutto comunque a leggere la scheda apposita.

Accordarsi affinché il legale determini i suoi compensi in ragione di quanto ricavato, ad esempio come nel tuo caso il 10% dello stesso, sembra una buona idea all’inizio, ma si deve pensare anche alle varie eventualità che possono accadere durante lo svolgimento del rapporto, tra cui segnatamente la rinuncia o la revoca del mandato.

Qui, infatti, si tratta di conciliare diverse esigenze. Da un lato non si può pensare né che il cliente venga privato del suo diritto di revocare il mandato all’avvocato né che l’avvocato possa non essere libero di rinunciare: ogni incarico professionale è delicato e fiduciario, per cui ognuna delle due parti deve rimanere libera di interromperlo quando lo ritiene opportuno.

Però c’è il problema, in quei casi, di determinare il compenso dell’avvocato per il lavoro svolto sino all’interruzione, svolto peraltro spesso oltre che gratuitamente, in base agli accordi, magari anche con anticipo di spese.

Proprio per questi motivi, sin da quando ho iniziato a praticarli, anni fa, tutti i miei contratti con compenso a percentuale prevedono dei meccanismi di determinazione del compenso in caso di interruzione del rapporto professionale, con apposite clausole.

Questo sarebbe stato ciò che avreste dovuto fare anche voi, prevedere u sistema «paracadute» di determinazione del compenso destinato ad operare in tutti i casi in cui la pratica per qualsiasi motivo non fosse stata portata a termine.

Chiaramente, meccanismi del genere sono irrinunciabili anche per i legali stessi. Se non ci fossero, un cliente in mala fede potrebbe far svolgere tutto il lavoro ad un legale promettendogli una percentuale del 20% a lavoro finito, revocargli il mandato due giorni prima di conseguire il pagamento e terminare la pratica da solo o con un altro legale che si accontenta magari del 5%, beneficiando così illegittimamente di tutto il lavoro svolto dal primo legale.

Per cui mi stupisco sempre quando vedo contratti fatti da altri legali che non menzionano alcunché al riguardo.

Ad ogni modo, chiudendo questa digressione, quello che devi fare tu a questo punto è definire la cosa in via negoziale, sempre che non sia possibile riuscire a chiarirti con il tuo legale e continuare il lavoro con lui, cosa che sarebbe sicuramente preferibile. Se non riusciste a trovare un accordo, temo proprio che in materia si dovrebbero applicare i parametri forensi.

Come spunto, ti suggerisco di leggere anche la nostra scheda pratica sulla malpractice o responsabilità professionale medica.