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Gradi di parentela: come si calcolano.

albero genealogico

 

«Lei discende dai Borboni? Allora siamo parenti: da piccolo in casa tenevo un barboncino.» (Totò, Il monaco di Monza)

La rilevanza della parentela.

Molto spesso, per determinate pratiche, sono rilevanti ai sensi di legge i gradi di parentela.

Il primo e più emblematico esempio sono le successioni, che vengono devolute ai parenti sino al sesto grado, mentre, se mancano parenti entro questa cerchia, l’eredità viene data allo Stato. Un altro caso molto importante nella pratica è quello del ricorso per amministratore di sostegno, che, sempre per legge, deve essere notificato a tutti i parenti entro il quarto grado. Generalmente, la parentela non rileva oltre il sesto grado, ma ci sono eccezioni in casi particolari (art. 77 cod. civ.): tecnicamente, dunque, un legame oltre al sesto grado non è parentela e le persone dalla legge sono considerate, almeno ai fini legali, estranee tra di loro.

Le persone comuni, quelle che non hanno compiuto studi giuridici, al riguardo tendono naturalmente a fare una certa confusione, perché nel linguaggio corrente si parla di gradi di parentela, ad esempio quando si fa riferimento ai celebri «cugini di primo grado» oppure «cugini di secondo grado», in modo atecnico; ebbene, questi gradi non hanno niente a che vedere con quelli previsti dalla legge italiana, e nello specifico dal codice civile, che sono gli unici rilevanti per qualsiasi pratica legale uno debba portare avanti.

Vediamo quindi di capire come si determinano, a tutti gli effetti di legge, i gradi di parentela.

Chi sono i parenti per la legge italiana?

Ma prima ancora di questo va chiarito che, per la legge, la parentela è solo il rapporto (art. 74 cod. civ.) che lega persone che discendono da uno stesso capostipite (chiamato stipite dal codice civile). Anche qui c’è una differenza rilevante con il linguaggio e le nozioni comuni, dove poniamo un cognato, sempre ad esempio il fratello di una moglie, è considerato genericamente un parente, mentre per la legge non è affatto un parente ma un affine (art. 78 cod. civ.).

Chiarita la nozione di parentela, che in diritto è molto più ristretta di quella comune, va detto che essa, poi, comunque, può essere parentela in linea retta, come nel caso delle persone che discendono le une dalle altre, come nell’esempio tipico padre e figlio, oppure collaterale, nel caso appunto delle persone che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l’una dall’altra, come ad esempio i cugini.

Come si computano i gradi di parentela?

I gradi di parentela si determinano in modo diverso per la linea retta e per quella collaterale.

  • In linea retta, si contano le singole generazioni e si sottrae lo stipite comune. Ad esempio, un figlio è dunque un parente di primo grado rispetto al padre, un parente di secondo grado rispetto al nonno, di terzo grado rispetto al bisnonno. Nel caso del figlio abbiamo infatti due generazioni, dalle quali sottraiamo lo stipite (2-1=1) e così via per nonno e bisnonno.
  • In linea collaterale, si prende la persona di riferimento, si sale allo stipite comune, si scende all’altra persona in relazione alla quale si vuole calcolare il grado di parentela e si sottrae sempre lo stipite comune. Facciamo l’esempio dei cugini, figli di fratelli. Partiamo da un cugino, saliamo al padre di costui, quindi al nonno, quindi scendiamo al padre dell’altro cugino e infine all’altro cugino stesso. Abbiamo 5 passaggi, cui dobbiamo sottrarre lo stipite comune, per un totale finale di 4: i cugini sono parenti di quarto grado. I figli di cugini (quelli che nel linguaggio comune sono conosciuti come cugini di secondo grado) sono parenti di sesto grado. I loro eventuali figli (nipoti di cugini) non sono più parenti tra loro, nel senso che per la legge italiana il legame di sangue è talmente lontano che non merita che allo stesso siano ricollegati effetti giuridici.

Quindi a titolo esemplificativo sarebbero:

  • Parenti di primo grado
    • Figli e genitori (linea retta)
  • Parenti di secondo grado
    • Fratelli e sorelle; linea collaterale: sorella, padre (che non si conta), sorella.
    • Nipoti e nonni; linea retta:  nipote, padre, nonno (che non si conta).
  • Parenti di terzo grado:
    • Nipote e zio; linea collaterale: nipote, padre, nonno (che non si conta – zio).
    • Bisnipote e bisnonno; linea retta: bisnipote,  padre, nonno, biche sonno (non si conta).
  • Parenti di quarto grado:
    • Cugini;  linea collaterale: cugino, zio, nonno (che non si conta), zio, cugino.

Per capire ancora un po’ meglio, e contestualizzare più in concreto, può essere utile consultare questo prospetto.

Fare l’albero genealogico.

Quando dobbiamo gestire una delle pratiche in cui è rilevante la parentela esistente all’interno di una determinata famiglia, come nel caso già citato dell’amministrazione di sostegno, dove il ricorso relativo deve essere notificato a tutti i parenti entro il quarto grado, chiediamo ai nostri clienti di compilare insieme a noi un albero genealogico della loro famiglia, tenendo presenti le persone tuttora viventi e, in qualche caso, anche quelle premorte che, in alcune pratiche, come tipicamente quelle di successione, in base all’istituto della rappresentazione, potrebbero continuare ad essere rilevanti in caso vi siano discendenti.

Tramite questo albero, si riesce ad avere, alla fine, l’elenco delle persone di cui si deve tener conto nella conduzione della pratica, spesso ai fini delle notifiche che, come diciamo sempre, sono un momento assolutamente essenziale nella gestione di qualsiasi pratica legale su cui un bravo avvocato non può mai agire in modo approssimativo, perché una notifica sbagliata può rovinare un intero processo, magari dopo che si è protratto per anni.

La ricostruzione dell’albero genealogico è quindi un momento importante, da condurre con cura e attenzione, insieme al proprio legale di fiducia, necessario proprio per lo scollamento esistente tra le nozioni comuni di parentela e quelle legali, piuttosto diverse tra loro.

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Premorienza della moglie: la figlia di primo letto eredita dal marito?

Siamo coniugati in regime di separazione di beni. Io sono nullatenente mentre mio marito ha un appartamento acquistato prima del matrimonio. Io ha una figlia di primo matrimonio e lui non ha figlia (gli eredi sono dei lontani cugini). In caso di mia premorienza, alla morte di mio marito (senza testamento), mia figlia avrebbe diritti ereditari sulla proprietà di mio marito?

Tua figlia potrebbe acquistare beni originariamente di tuo marito solo se fosse costui a pre-morire rispetto a te.

In questo caso, infatti, tu in quanto coniuge erediteresti da lui tutti i suoi beni o una quota degli stessi in caso di concorso con altri coeredi. Al momento, poi, del tuo decesso, tua figlia erediterebbe i tuoi beni, tra i quali potrebbero esserci ancora quelli a suo tempo ereditati da tuo marito, salvo ovviamente che non siano stati alienati, donati, resi altrimenti oggetto di altri atti di disposizione.

In caso, invece, di tua premorienza, gli eredi dei tuoi beni sarebbero tua figlia e tuo marito, mentre invece in seguito, al momento in cui si verificasse il decesso di tuo marito, tua figlia non ne sarebbe chiamata all’eredità, essendoci solo un rapporto di affinità tra i due, in relazione al quale non opera l’istituto della rappresentazione, che riguarda i rapporti tra ascendenti di un certo ramo, come ad esempio nel caso tipo nonno – padre – figlio.