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Giudice che verbalizza in modo difforme: che fare?

Intendo sporgere querela contro un giudice Italiano per violazione degli atti processuali e mi domando se avesse senso e fosse utile notificare al giudice una diffida ad adempiere. In particolare intendo querelare l’omissione di rilevanti dichiarazioni del teste in aula, mentre il processo verbale ricevuto a posteriori per posta elettronica differisce dalla lettura in aula dello stesso alla fine del l’udienza.
È la querela l’unica azione per notificare le irregolarita’ di cui sopra e quali sono gli sviluppi della vertenza dal momento in cui è stata sporta querela, il giudice viene ricusato e sostituito?
È utile e sarebbe ammissibile esporre nelle precisazioni di conclusione l’irregolarita’ del processo verbale?

Le domande che fai astraggono quasi tutte, e del tutto, dal caso concreto sottostante, mentre invece, come predico da oltre vent’anni, bisogna sempre partire dal fatto per poi vedere che cosa se ne può dire in diritto.

Qui l’unico spunto fattuale è che questo magistrato avrebbe verbalizzato le dichiarazioni rese da un teste, non si capisce in quale processo, se non che, a quanto intuisco, è un processo ancora pendente, in modo difforme da quello che ha detto il teste.

Non si capisce però se la verbalizzazione è avvenuta contestualmente a cura del giudice, se vi hanno assistito gli avvocati e, in caso affermativo, che atteggiamento hanno assunto o meno.

Insomma, il caso è da approfondire con molta più cura prima di poter valutare quali iniziative potrebbero in ipotesi essere adottate; anzi, data la natura della situazione e dei soggetti coinvolti, è necessaria ancora più cura del solito.

È indispensabile, dunque, prima di fare qualsiasi cosa, un adeguato approfondimento su tutte le circostanze del caso.

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Immissioni in appartamento sovrastante a quello venduto: come tutelarsi?

a Luglio di questo anno ho venduto tramite agenzia un appartamento, abbiamo avvisato gli acquirenti in presenza di un testimone che al piano sovrastante abitasse una famiglia rumorosa con figli autistici e rumorosi, adesso noi siamo stati onesti ma l’acquirente ci sta chiedendo un rimborso non da poco tramite legale, possono farlo davvero? La situazione non gli è stata occultata.

Tutti i patti coevi, precedenti o successivi ad un contratto stipulato per iscritto e riguardanti il suo contenuto devono, per legge, essere inseriti nel contratto stesso.

Lo prevede il codice civile per lunga tradizione, di cui non è difficile comprendere la ragione: se si ammettesse la prova per testimoni di patti aggiunti ad un contratto, scrivere contratti non avrebbe molto più senso e i contratti stessi non avrebbero più tenuta, perché sarebbe sufficiente per chiunque tra i contraenti procurarsi un testimone compiacente per annullare una clausola, inserirne un’altra e così via.

Oltre a ciò, è evidente che quando si ha l’occasione di sedersi e mettere per iscritto un contratto, peraltro con l’assistenza di un professionista come il notaio, trattandosi duna compravendita immobiliare che lo richiede necessariamente, è molto più agevole inserire in quel contratto tutto quello che una parte deve comunicare all’altra, non essendo necessario fare una scrittura apposta, ma potendosi utilizzare quella che già si sta facendo per la vendita dell’immobile stesso.

La regola non è tassativa e il giudice può ammettere in alcuni casi la prova testimoniale di patti relativi al contenuto di un contratto, ma io su tale eventualità non farei davvero molto affidamento, per le ragioni sopra richiamate.

Piuttosto, è tutto da dimostrare che vi sia una responsabilità azionabile in capo a voi per le immissioni che, di fatto, sono svolte da terzi: questo credo che possa essere il vero tema di indagine.

Se avete già ricevuto una lettera di un legale, comunque, vi conviene rivolgervi, come ricordo sempre, ad un altro legale, non potete più gestire la situazione con il fai-da-te, per impostare la linea difensiva strategica migliore, anche eventualmente per raggiungere un accordo accettabile.

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