Mia mamma è da poco deceduta senza aver fatto testamento in età abbastanza giovane. Chiamati all’eredità siamo pertanto io (unico figlio) e mio padre ovvero il marito. I genitori di mia mamma sono morti da moltissimi anni e la loro successione è chiusa anch’essa da molti anni. Gli altri parenti “più vicini” di mia mamma sono due fratelli. Non ci sono debiti di nessun tipo ma sto valutando di rinunciare all’eredità per “motivi morali” miei, per quanto ciò possa sembrare strano (i miei genitori mi hanno da poco aiutato ad acquistare casa donandomi un’importante somma e “non mi sembra giusto” ottenere ora altri soldi/immobili che vorrei invece restassero a mio padre, ancora anch’egli abbastanza giovane). Se rinuncio all’eredità in questa situazione cosa succede? Eredita tutto mio padre (ho letto si chiami accrescimento, che è quello che vorrei) o vengono chiamati altri parenti (ad esempio i fratelli) cosa che non voglio e che, se fosse, mi porterebbe ad accettare l’eredità
Mi dispiace per la tua perdita.
In caso di tua rinuncia all’eredità, la devoluzione della stessa dovrebbe verificarsi unicamente a favore di tuo padre, con esclusione dei fratelli, che sono un altro ordine di potenziali chiamati.
Infatti, se l’applicazione del meccanismo della rappresentazione non è possibile – perché mancano gli eredi che possono succedere in luogo del rinunciante: a quanto ho capito non hai figli – la quota di eredità rinunciata viene divisa tra gli altri eredi i quali, di conseguenza, vedranno accrescere le proprie quote – accrescimento appunto in favore dei coeredi.
Ovviamente, questa operazione è abbastanza poco rilevante, nel senso che se sei figlio unico sei comunque destinato, al decesso di tuo padre, ad essere nuovamente chiamato all’eredità.
E in ogni caso tuo padre sarebbe tutelato, almeno per quanto riguarda la casa familiare, dall’art. 540 del codice civile che, come noto, prevede il diritto di abitazione del coniuge superstite.
Credo che nella situazione un approfondimento potrebbe essere opportuno.
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mio nonno e morto e mia nonna è ancora viva.i figli sono 3 tra cui mia madre defunta.io volevo sapere,se mio nonno aveva un conto corrente o altro conservato,a chi tocca la successione dei beni?? e nel caso in cui mio nonno aveva un conto corrente ed i soldi sono stati presi dopo la sua morte ma prima di presentare il suo estratto di morte a nostra insaputa,posso ribellarmi??un ultima cosa.siccome i miei zii mi hanno chiesto copia del documento di riconoscimento,con cio possono prelevare soldi visto che non ho firmato nulla?
La successione che hai descritto dovrebbe essere ripartita come segue: un terzo al coniuge superstite, cui spetterà tuttavia probabilmente anche il diritto di abitazione sulla casa familiare ex art. 540 cod. civ., e due terzi agli altri figli.
In «sostituzione» di tua madre, premorta, dovresti succedere tu, acquistando esattamente la quota che sarebbe stata destinata a lei, sempre che tu non abbia altri fratelli, nel qual caso il discorso cambia. Ciò in base all’istituto della rappresentazione.
La gestione di una successione è un affare abbastanza delicato e importante, ti consiglio di farti seguire da un legale, specialmente se temi che ci sia qualcuno che possa essersi approfittato della situazione. In caso fosse opportuno, si può anche presentare un ricorso per inventario dei beni ereditari, sul quale ti rimando alla lettura della scheda relativa.
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«Lei discende dai Borboni? Allora siamo parenti: da piccolo in casa tenevo un barboncino.» (Totò, Il monaco di Monza)
La rilevanza della parentela.
Molto spesso, per determinate pratiche, sono rilevanti ai sensi di legge i gradi di parentela.
Il primo e più emblematico esempio sono le successioni, che vengono devolute ai parenti sino al sesto grado, mentre, se mancano parenti entro questa cerchia, l’eredità viene data allo Stato. Un altro caso molto importante nella pratica è quello del ricorso per amministratore di sostegno, che, sempre per legge, deve essere notificato a tutti i parenti entro il quarto grado. Generalmente, la parentela non rileva oltre il sesto grado, ma ci sono eccezioni in casi particolari (art. 77 cod. civ.): tecnicamente, dunque, un legame oltre al sesto grado non è parentela e le persone dalla legge sono considerate, almeno ai fini legali, estranee tra di loro.
Le persone comuni, quelle che non hanno compiuto studi giuridici, al riguardo tendono naturalmente a fare una certa confusione, perché nel linguaggio corrente si parla di gradi di parentela, ad esempio quando si fa riferimento ai celebri «cugini di primo grado» oppure «cugini di secondo grado», in modo atecnico; ebbene, questi gradi non hanno niente a che vedere con quelli previsti dalla legge italiana, e nello specifico dal codice civile, che sono gli unici rilevanti per qualsiasi pratica legale uno debba portare avanti.
Vediamo quindi di capire come si determinano, a tutti gli effetti di legge, i gradi di parentela.
Chi sono i parenti per la legge italiana?
Ma prima ancora di questo va chiarito che, per la legge, la parentela è solo il rapporto (art. 74 cod. civ.) che lega persone che discendono da uno stesso capostipite (chiamato stipite dal codice civile). Anche qui c’è una differenza rilevante con il linguaggio e le nozioni comuni, dove poniamo un cognato, sempre ad esempio il fratello di una moglie, è considerato genericamente un parente, mentre per la legge non è affatto un parente ma un affine (art. 78 cod. civ.).
Chiarita la nozione di parentela, che in diritto è molto più ristretta di quella comune, va detto che essa, poi, comunque, può essere parentela in linea retta, come nel caso delle persone che discendono le une dalle altre, come nell’esempio tipico padre e figlio, oppure collaterale, nel caso appunto delle persone che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l’una dall’altra, come ad esempio i cugini.
Come si computano i gradi di parentela?
I gradi di parentela si determinano in modo diverso per la linea retta e per quella collaterale.
In linea retta, si contano le singole generazioni e si sottrae lo stipite comune. Ad esempio, un figlio è dunque un parente di primo grado rispetto al padre, un parente di secondo grado rispetto al nonno, di terzo grado rispetto al bisnonno. Nel caso del figlio abbiamo infatti due generazioni, dalle quali sottraiamo lo stipite (2-1=1) e così via per nonno e bisnonno.
In linea collaterale, si prende la persona di riferimento, si sale allo stipite comune, si scende all’altra persona in relazione alla quale si vuole calcolare il grado di parentela e si sottrae sempre lo stipite comune. Facciamo l’esempio dei cugini, figli di fratelli. Partiamo da un cugino, saliamo al padre di costui, quindi al nonno, quindi scendiamo al padre dell’altro cugino e infine all’altro cugino stesso. Abbiamo 5 passaggi, cui dobbiamo sottrarre lo stipite comune, per un totale finale di 4: i cugini sono parenti di quarto grado. I figli di cugini (quelli che nel linguaggio comune sono conosciuti come cugini di secondo grado) sono parenti di sesto grado. I loro eventuali figli (nipoti di cugini) non sono più parenti tra loro, nel senso che per la legge italiana il legame di sangue è talmente lontano che non merita che allo stesso siano ricollegati effetti giuridici.
Quindi a titolo esemplificativo sarebbero:
Parenti di primo grado
Figli e genitori (linea retta)
Parenti di secondo grado
Fratelli e sorelle; linea collaterale: sorella, padre (che non si conta), sorella.
Nipoti e nonni; linea retta: nipote, padre, nonno (che non si conta).
Parenti di terzo grado:
Nipote e zio; linea collaterale: nipote, padre, nonno (che non si conta – zio).
Bisnipote e bisnonno; linea retta: bisnipote, padre, nonno, biche sonno (non si conta).
Parenti di quarto grado:
Cugini; linea collaterale: cugino, zio, nonno (che non si conta), zio, cugino.
Per capire ancora un po’ meglio, e contestualizzare più in concreto, può essere utile consultare questo prospetto.
Fare l’albero genealogico.
Quando dobbiamo gestire una delle pratiche in cui è rilevante la parentela esistente all’interno di una determinata famiglia, come nel caso già citato dell’amministrazione di sostegno, dove il ricorso relativo deve essere notificato a tutti i parenti entro il quarto grado, chiediamo ai nostri clienti di compilare insieme a noi un albero genealogico della loro famiglia, tenendo presenti le persone tuttora viventi e, in qualche caso, anche quelle premorte che, in alcune pratiche, come tipicamente quelle di successione, in base all’istituto della rappresentazione, potrebbero continuare ad essere rilevanti in caso vi siano discendenti.
Tramite questo albero, si riesce ad avere, alla fine, l’elenco delle persone di cui si deve tener conto nella conduzione della pratica, spesso ai fini delle notifiche che, come diciamo sempre, sono un momento assolutamente essenziale nella gestione di qualsiasi pratica legale su cui un bravo avvocato non può mai agire in modo approssimativo, perché una notifica sbagliata può rovinare un intero processo, magari dopo che si è protratto per anni.
La ricostruzione dell’albero genealogico è quindi un momento importante, da condurre con cura e attenzione, insieme al proprio legale di fiducia, necessario proprio per lo scollamento esistente tra le nozioni comuni di parentela e quelle legali, piuttosto diverse tra loro.
Siamo coniugati in regime di separazione di beni. Io sono nullatenente mentre mio marito ha un appartamento acquistato prima del matrimonio. Io ha una figlia di primo matrimonio e lui non ha figlia (gli eredi sono dei lontani cugini). In caso di mia premorienza, alla morte di mio marito (senza testamento), mia figlia avrebbe diritti ereditari sulla proprietà di mio marito?
Tua figlia potrebbe acquistare beni originariamente di tuo marito solo se fosse costui a pre-morire rispetto a te.
In questo caso, infatti, tu in quanto coniuge erediteresti da lui tutti i suoi beni o una quota degli stessi in caso di concorso con altri coeredi. Al momento, poi, del tuo decesso, tua figlia erediterebbe i tuoi beni, tra i quali potrebbero esserci ancora quelli a suo tempo ereditati da tuo marito, salvo ovviamente che non siano stati alienati, donati, resi altrimenti oggetto di altri atti di disposizione.
In caso, invece, di tua premorienza, gli eredi dei tuoi beni sarebbero tua figlia e tuo marito, mentre invece in seguito, al momento in cui si verificasse il decesso di tuo marito, tua figlia non ne sarebbe chiamata all’eredità, essendoci solo un rapporto di affinità tra i due, in relazione al quale non opera l’istituto della rappresentazione, che riguarda i rapporti tra ascendenti di un certo ramo, come ad esempio nel caso tipo nonno – padre – figlio.
mia madre dopo il primo matrimonio in cui ha avuto un figlia essendo rimasta vedova, si è risposata con mio padre da cui sono nati due figli, io e mia sorella. Mio padre è morto nel 1996 e nella sua successione siamo subentrati mia madre io e mia sorella. Recentemente è venuta a mancare mia madre pertanto, la domanda che le pongo è questa: io e mia sorella (figli del secondo marito premorto) potremmo subentrare con il diritto di rappresentazione ai sensi dell’art.467 c.c di nostro padre perchè premorto sull’eredità di nostra madre ?
Voi siete già chiamati in via diretta all’eredità di vostra madre, che senso avrebbe diventare eredi per rappresentazione di vostro padre?
Come ho già detto oramai centinaia di volte, non hanno il minimo senso in diritto le domande generiche svincolate dalla situazione concreta e dai problemi reali che i protagonisti del caso si trovano ad affrontare.
Elaborare domande assurde come questa non porta purtroppo da nessuna parte.
Ti consiglierei di assumere un avvocato per spiegargli qual è il vero problema che dovete gestire e vedere se si trova una legittima soluzione.
mio padre faceva parte di una società snc erano 4 fratelli solo che la ditta è andata in fallimento e di conseguenza con vari pignoramenti di vari immobili di mio padre e dei miei zii per riuscire a recuperare le spese per i creditori e banche, ancora a distanza di anni si è venduto ben poco e il debito è ancora altissimo. Mio padre anni fa è morto e io non ho ancora fatto la successione perchè è nelle mie intenzioni fare la rinuncia. In questi giorni è venuta a mancare anche mia nonna (madre di mio padre) anch’essa proprietaria di molti immobili ma non fa parte del fallimento di mio padre. La mia domanda è posso accettare l’eredità di mia nonna anche facendo rinuncia dell’eredità di mio padre morto prima di mia nonna? O se prendo l’eredità di mia nonna accetto anche i debiti del fallimento di mio padre ?Ho sentito alcuni avvocati ma tutti con sentenze diverse.
Quando io dico che non pochi avvocati non sono capaci di leggere il codice civile la gente mi guarda sempre con scetticismo, eppure…
Nel tuo caso, la risposta è fornita direttamente da questo curioso «libro», tanto citato e riverito quanto poco effettivamente conosciuto, da non pochi avvocati e persino da qualche giudice (per non dire altro operatore giuridico).
Prevede infatti l’art. 468, comma 2°, cod. civ. che «i discendenti possono succedere per rappresentazione anche se hanno rinunciato all’eredità della persona in luogo della quale subentrano…»
Si tratta in sostanza di due eredità diverse, con conseguenti diverse chiamate, quindi puoi accettare l’eredità di tua nonna, cui tu sei chiamata per rappresentazione, pur avendo rinunciato a quella di tuo padre. Il rappresentante (nel nostro caso: tu), insomma, succede jure proprio e non come erede del rappresentato (nel nostro caso: tuo padre).
È evidente, però, che ti serve un supporto legale adeguato ed efficace per una situazione del genere, sia in considerazione dei rischi che dei valori (immobili e altro) in ballo.
Innanzitutto, devi fare prima possibile e nel modo più corretto la rinuncia all’eredità di tuo padre, in modo da non lasciare dubbi su una tua eventuale accettazione implicita, che si potrebbe avere anche appunto con comportamenti di gestione da parte tua; quando un’eredità è da rinunciare, è bene non lasciar mai passare troppo tempo, perché il rischio di compiere atti di gestione, magari in perfetta buona fede, è alto.