Mi hanno chiesto quali possono essere i libri migliori da leggere in lingua originale per imparare l’Inglese.
Prima di rispondere a questa domanda, voglio parlarti di alcuni concetti di base riguardanti la materia su cui mi capita di riflettere spesso quando si parla di internazionalizzazione, studi da fare, prospettive lavorative e così via.
Innanzitutto, non c’è dubbio che la lingua Inglese sia ormai la nuova ????? del mondo contemporaneo, cioè la lingua comune che si parla più o meno in tutte le nazioni per intendersi con persone di madre lingua diversa dalla propria. Proprio alcuni giorni fa, nel mio mestiere di avvocato, ho fatto un appuntamento con un cittadino olandese che non conosceva l’Italiano parlando sempre, appunto, in Inglese. La mia singola fattura più grande, in 22 anni, l’ho fatta per un recupero crediti negli Stati Uniti, in cui ho dovuto parlare sempre Inglese.
Sapere l’Inglese, dunque, è sicuramente una necessità, oggigiorno. Non solo per comunicare con «altri popoli», ma per avere accesso ad informazioni molto più ricche. Molti tra i libri più interessanti sono disponibili solo in Inglese. Provate poi a fare una ricerca con google in Italiano o in Inglese, come faccio sempre io: vedrete che la ricchezza e la quantità di risultati ottenuti varia in proporzione da 1 a 50… E questo è molto ovvio, la lingua inglese, oltre ad essere la nuova lingua comune ed internazionale, è parlata su un vasto insieme di territori e da moltissime persone: Australia, Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Paesi del Commonwealth…
Come scrittore, ad esempio, sono stato più volte tentato di scrivere in Inglese, per avere accesso ad un pubblico potenzialmente molto più vasto di quello cui accedo scrivendo in Italiano, una lingua ormai, per quanto nobile e gloriosissima, piuttosto di nicchia. Credete che la tipa che ha scritto quell’ignobile opera che sono le «50 sfumature di grigio» avrebbe avuto lo stesso successo planetario se l’avesse compilata in Italiano?
Un’altra cosa che mi lascia perplesso e dove secondo me vale la pena sviluppare qualche riflessione è l’affermazione secondo cui «le lingue aprono tutte le porte» per cui bisognerebbe studiarne quante più possibili.
Questo, tuttavia, in un mondo dove ormai parlano quasi tutti Inglese mi sembra piuttosto poco vero e fuorviante.
Sicuramente, imparare una ulteriore lingua straniera è benefico per lo sviluppo e l’elasticità del cervello e del pensiero, ma qui siamo sempre a livello di crescita personale. Se parliamo di prospettive lavorative, salvo settori molto di nicchia (azienda italiana che lavora solo con azienda tedesca ad esempio), dove comunque la lingua la impari in ogni caso, per molte cose basta davvero l’Inglese. Con l’Inglese comunichi con tutti: Tedeschi, Cinesi, Russi, ecc. ecc..
Per questo, sostengo da anni che il vero liceo linguistico è quello classico e che, senza una profonda base umanistica, che ti insegna a pensare, è inutile conoscere tante lingue moderne.
Non avere niente da dire, ma poterlo dire in tante lingue, resta sempre un’operazione inconcludente. Bisogna prima avere qualcosa di interessante da dire: prima il contenuto, poi il veicolo.
Quella che serve è la cultura vera e la cultura vera, poche storie, è quella umanistica e classica dove si studia il latino, il greco, filosofia, ecc. ecc.. Poi su questa base umanistica puoi spalmare quello che vuoi.
Dopo 5 anni passati a «leggere» latino e greco, peraltro, imparare una lingua moderna è quasi una passeggiata, vedendo l’etimologia di molte parole e le connessioni e i calchi tra i vari sistemi linguistici.
Andate dunque al liceo classico, se potete. Acquisirete una base culturale su cui poi potrete impiantare tutto quello che volete, persino studi scientifici o ingegneristici, dove chi ha avuto una formazione classica riesce meglio di chi ha avuto una formazione scientifica.
Ormai sapete che, se volete informazioni da me, dovete sorbirvi anche le mie prediche.
Esaurite le prediche, torniamo alla domanda iniziale: quali sono i libri migliori da poter leggere in lingua originale per imparare o migliorare l’Inglese.
Intanto, leggere è un ottimo metodo per migliorare la conoscenza di una lingua, perché ci consente di meditare su termini, costruzioni sintattiche e verbali e introitarle meglio. Ovviamente gli skills relativi alla conversazione o all’ascolto ne giovano meno, perché abbiamo sempre a che fare con un testo scritto, ma è comunque un’esercizio potente e molto stimolante per l’apprendimento linguistico.
C’è poi da fare una annotazione anche riguardo allo strumento di lettura, se cartaceo o tramite ebook. Qui, dove si legge anche per imparare e non solo per divertirsi, vince a man bassa l’ebook, anche perché quando incontri un termine che non comprendi puoi leggere la relativa voce nel dizionario, che può essere in Inglese o in Italiano, oppure puoi chiederne la traduzione, o anche cercarla con google. Insomma, direi che con l’ebook si abbiano davvero tanti strumenti a disposizione in più rispetto al cartaceo, per cui la scelta consigliata è certamente quella del formato elettronico.
Per quanto riguarda cosa leggere, un autore molto semplice, che ho amato moltissimo e che ho letto quasi tutto in lingua originale è Charles Bukowski. Oggi citatissimo sui social network, all’epoca era meno conosciuto ma aveva comunque raggiunto un grande successo anche oltre gli Stati Uniti. Uomo contro il sistema, ma anche profondamente vittima dello stesso, ha scritto opere molto divertenti, con un linguaggio semplicissimo – era ammiratore di Hemingway, un altro che teneva le frasi molto «secche», anche se poi lui è andato ancora oltre. Ha scritto molti libri, la bibliografia completa la potete trovare su wikipedia come al solito, quello che vi consiglio per partire è Ham on Rye, la descrizione della sua infanzia a partire dal suo primo ricordo all’età di tre anni, molto difficile, ma anche poetica e struggente. Oppure, se volete qualcosa di ancora più semplice, potete prendere una raccolta di short stories o racconti brevi come South of no North, ma anche Hot Water Music o altri. Buk infatti ha iniziato, come tanti autori, con il racconto breve, per passare poi solo in seguito al romanzo. Ci sono alcuni suoi racconti brevi che sono memorabili, come Praying Mantis (non mi ricordo in quale raccolta è contenuto).
[A proposito di racconti brevi, ne approfitto per dirvi che in questi giorni è uscito il mio «La lettera di Sara», un ebook che raccoglie tre racconti brevi in cui introduco la figura di Davide Boni… Compratelo, non mi interessa che lo leggiate anche, mi basta appunto che lo compriate e che lasciate una recensione positiva (sulla fiducia)]
Un altro autore che ho adorato, ma che è un pelo più difficile da leggere di Buk per chi è alle prime armi, è John Fante, ammirato dallo stesso Bukowski. Anche qui sono disponibili raccolte di racconti.
Leggere in lingua originale è una esperienza molto bella perché qualcosa nella traduzione si perde sempre, per non dire del fatto che di Buk mi è capitato per curiosità di leggere traduzioni davvero ignobili, che non rendono affatto la genuinità e la potenza del testo originale – ci sarebbe molto da dire a riguardo.
Oggi ti parlo di scienza, fede, diritti, Europa, nazismo, eugenetica, società multirazziale…
Temi sicuramente molto alti e molto complessi, ma credo che una riflessione al riguardo, prendendo spunto dal caso di Alfie, sia doverosa e possa essere molto utile per capire chi siamo e dove stiamo andando.
Era comunque impossibile per me – che mi considero, e vengo generalmente considerato, un giurista che cerca di dare un «volto umano» a questa professione, tentando di metterci il cuore, e soprattutto un cuore vero e sano, non indurito – non parlarti del caso, anche legale, di Alfie Evans.
Il caso di Alfie.
Che cosa c’è che non va in questo caso, perché così tanta gente si è sollevata con proteste, iniziative, preghiere per la sorte di questo bambino che, invece, una parte dell’opinione pubblica considerava semplicemente un malato terminale che non si poteva far altro che «lasciar morire»?
Io – ti dico subito – la penso esattamente all’opposto di questi ultimi, considero gravissimo il comportamento delle autorità inglesi e sconcertante non solo l’indifferenza di tanta parte della popolazione, ma addirittura le giustificazioni che molte persone hanno dato a questo atteggiamento.
La realtà, purtroppo, è che nella morte di Alfie c’è il segno, che non possiamo far finta di non vedere per ragioni che ti illustrerò presto, di un programma eugenetico, che rappresenta l’ideologia ormai dominante nel cosiddetto mondo avanzato.
Sono argomenti molto pesanti e che fanno sicuramente tremare le vene e i polsi, ma proprio per questo vale la pena cercare di comprenderli un po’ più a fondo.
Non sarà un caso se Alfie è morto proprio mentre in Italia festeggiavamo, mi riferisco ovviamente al 25 aprile, la liberazione, da parte degli angloamericani, del nostro paese dal nazismo.
Questo povero agnello è stato immolato per farci capire tante cose…
La Germania di Hitler non avrebbe mai fatto morire così Alfie, questa cosa che è stata fatta nel Regno Unito, paese che per altri versi stimo tantissimo, è un vero e proprio neonazismo, peggiore del precedente, dove il valore della vita umana non c’è, dove esiste solo un ragionamento freddo e cervellotico per cui il materiale umano problematico può essere buttato come merce avariata.
La regola applicata ad Alfie.
Perché queste conclusioni così estreme, peraltro in bocca ad una persona, come me, di solito estremamente moderata nei toni e nei contenuti, tanto che, se mi segui, ti sarai sorpreso?
Si potrebbe dire che, in fondo, si è trattato dell’ennesimo caso sfortunato di malato terminale che non avrebbe potuto essere aiutato e rispetto al quale l’unica soluzione era lasciarlo morire.
Così come purtroppo avviene quotidianamente in tutte le parti del mondo con malati, anziani e così via, negli ospedali, nelle case, negli hospice, al riparo dallo sguardo altrui.
Il punto non è questo.
Ma il fatto che ai genitori è stato impedito dallo Stato con la forza di portare il figlio in altre strutture ospedaliere per una diagnosi ed un eventuale trattamento alternativo.
Guardiamo anche come è stato impedito.
Davanti all’ospedale in cui era ricoverato Alfie sono stati schierati 80 poliziotti Inglesi.
Quindi, vediamo di capire: la regola che vale in queste situazioni qual è?
Io ho un figlio che si ammala, respira a fatica.
Lo porto all’ospedale per farlo curare.
I medici sentenziano che è terminale, anche se ammettono – loro stessi, per primi – che non hanno capito bene che cos’abbia, sanno solo che è una malattia gravissima e terminale e, da quel momento, mio figlio diventa di proprietà dello Stato che ne fa quello che vuole?
Io, che sono il genitore, non posso né portarlo presso un altro ospedale, da un altro specialista, né, ancora meno, portarlo a casa, per farlo almeno morire nell’ambiente a lui familiare, abbracciato alla mamma e al papà?
Questo è quello che è accaduto nel caso di Alfie.
Lo Stato inglese, tramite il suo sistema sanitario dapprima e giudiziario poi, ha deciso che Alfie era «merce avariata».
Una volta deciso questo, però non si è limitato a dire, come forse sarebbe stato anche legittimo, «noi non ti forniamo più un respiratore perché costa ed è carico dei contribuenti ed è comunque, secondo i nostri accertamenti, inutile».
Lo Stato inglese ha detto agli Evans che non solo non ci poteva fare niente, ma che loro ormai non lo potevano portare più da nessuna altra parte e che dovevano rassegnarsi a lasciarlo morire in ospedale.
Poco importa che ci fossero ospedali, come il Bambino Gesù di Roma, disposti ad accoglierlo.
Alfie, un bambino di due anni, era stato valutato «merce avariata» e doveva morire lì dove si trovata e vaffanculo tutto il resto.
Se non è nazismo questo, allora io non so cosa altro possa esserlo.
Alla faccia di tutti quelli che diventano isterici quando qualcuno fa il saluto romano, oppure mettono l’hashtag #iosonounantifascista su twitter, e poi non muovono un dito quando uno Stato assassina un bambino di due anni impedendo ai genitori, viventi e capaci di intendere e di volere, non solo di farlo vedere da altri medici ma persino di farlo morire a casa.
L’eutanasia non si può imporre.
Forse è il caso che qualcuno dica una cosa molto semplice: l’eutanasia non può essere imposta.
Magari può anche essere giusto che sia a disposizione di chi, più o meno volontariamente (qui il discorso sarebbe lungo, ma oggi lasciamo stare), la sceglie, ma non la si può mai imporre.
Questa differenza è esattamente il salto che c’è tra un regime democratico e uno nazista ed eugenetico, dove la morte viene imposta perché un singolo è considerato merce avariata, dannoso per la società, esattamente come hanno fatto dozzine di dittatori, non solo Hitler, ma anche tanti altri, che avevano in comune un unico, identico pallino, quello di formare un «uomo nuovo» (tutti i dittatori sono ingegneri sociali, purtroppo) – peccato che questo famoso uomo nuovo si dovesse creare ammazzando tutti quelli che non rientravano nel disegno.
Mi chiedo anche dove fossero, quando si trattava di discutere di Alfie, gente come la Bonino e Cappato, paladini del diritto all’autodeterminazione che, evidentemente, per queste persone è un diritto che vale qualcosa ed è meritevole di tutela solo ed esclusivamente quando si deve morire, mentre quando chi lo deve esercitare sceglie la vita, allora deve prevalere la decisione dello Stato verso la morte.
Sono stato molto orgoglioso del mio Paese, l’Italia, per una volta nella vita, perché solo in Italia – dove resiste un piccolo zoccolo duro di cattolici e altre persone civili che hanno Dio davvero nel cuore, che è in grado di capire davvero situazioni come queste, in un mondo cosiddetto civilizzato in cui nessun altro le trova rilevanti – c’è stata una sollevazione e un movimento, sia a favore di Alfie che contro questo principio aberrante per cui lo Stato, quando un medico o una equipe di medici, che possono benissimo essere delle egregie teste di cazzo, decidono che tuo figlio è merce avariata, allora tu lo devi consegnare allo Stato perché lo lasci morire dove decide lui.
Cari Inglesi, vaffanculo, mi dispiace.
Credo che a tutto questo sia doveroso dire un «vaffanculo» gigante, quanto più grande possibile.
Sono 22 anni che faccio la professione, ho visto una pletora di errori medici. Ho un armadio a muro pieno di fascicoli in studio, chi vuole venire a vederli, nel rispetto della privacy, può farlo quando vuole. Non ho niente contro la categoria, e ringrazio Dio che esistano e siano a disposizione in caso di problemi, ma si tratta – evidentemente – di uomini che, come tutti, commettono errori.
Se la regola deve essere quella per cui se un medico dice che mio figlio è merce avariata e da quel momento è sequestrato per lasciarlo morire come dice lo Stato allora stiamo sbagliando tutto.
Il culto della scienza.
Abbiamo sostituito la scienza a Dio, ma – come ha ricordato papa Francesco (non uno dei miei pontefici preferiti, peraltro, come saprete) – la scienza non spiega tutto: ci sono milioni di diagnosi sbagliate, ci sono milioni di guarigioni che la scienza non spiega.
La verità evidentissima, sempre più evidente oggigiorno, è che facendo della scienza un vero e proprio dio, l’uomo ha commesso il solito vecchio peccato, da cui le scritture ci mettono in guardia da migliaia di anni: l’idolatria.
La verità, inoltre, è che nessuno, in fondo, ci capisce davvero un cazzo della vita e del corpo umano e che oggigiorno, quando qualcuno ti parla di scienza o di diritti, lo fa solo perché vuole incularti – la seconda parte, quella relativa ai diritti, essendo un avvocato te la posso dare ancora più per certa. Come facciamo a pensare che esistano ancora diritti quanto tutti i giudici e tutte le leggi inglesi sono state contro Alfie? Hai il diritto di entrare in un negozio e che sulla porta di uscita ci sia scritto «uscita», di tutto il resto la legge se ne lava le mani.
I diritti non esistono, la scienza non esiste, esiste il miracolo della vita e ci sono tanti uomini presuntuosi che pretendono di avere la spiegazione per tutto, loro e i loro begli articoli su pubmed che sono talmente tanti che nessun essere vivente potrebbe arrivare a leggerne nemmeno la metà se non facesse altro per tutta la vita – studi spesso progettati a cazzo, eseguiti peggio, letti e interpretati in maniera demenziale.
E questi uomini, questi «tecnici», questi incommensurabili ed infiniti stronzi dovrebbero decidere della vita dei nostri figli in modo così inappellabile? Che poi se mio figlio è ricoverato in un ospedale e la diagnosi è infausta mi mettono 80 poliziotti ed io devo prendere dei contractors per fare un raid e andare a riprendermi mio figlio per portarlo da un altro dottore?
I modelli di civiltà.
Ci sono quattro grandi modelli di civiltà al mondo: quella anglosassone, basata sul capitalismo selvaggio e l’interesse economico come criterio di ogni azione umana, quella islamica, quella dei cacciatori-raccoglitori e quella cattolica romana.
La più bella di tutte è sicuramente quella dei cacciatori-raccoglitori, che corrisponde allo stato naturale dell’uomo, quello che abbiamo avuto per milioni di anni, prima della rivoluzione agricola.
Per noi che siamo nati in cattività (queste parole non sono usate affatto a caso), è difficile diventare cacciatori-raccoglitori.
L’unico modello di civiltà valido, che mi sento di sposare in buona parte, è quello cristiano cattolico, l’unico che di fronte alla vicenda orribile di Alfie ha sentito qualcosa nel cuore.
Sono pieno di compassione e gratitudine per Alfie e la sua famiglia e di orgoglio per il mio Paese e quella parte di esso che ha sentito suo dovere prendersi a cuore questo caso e rimarcare che noi, ci dispiace, ma non saremo mai come gli Inglesi, i Tedeschi, i Danesi e tutti gli altri popoli europei, noi siamo quelli che queste cose non le accettano.
Questo è stato un momento di morte ma anche di luce che dovremo ricordarci per sempre.
E non perché ci siamo inventati una cosa dall’universo pizza e mandolino, ma perché abbiamo una cultura di venti secoli sulla quale insistiamo che queste cose sa bene che vengono da Satana e da nessun altro, una cultura fatta di Agostino, Francesco, Dante, Manzoni, solo per citarne alcuni in mezzo a decine di migliaia – a proposito, anche Shakespeare, come tanti altri Inglesi illuminati (tra cui Oscar Wilde, in punto di morte, ma anche Tolkien, Lewis, ecc.) era cattolico.
Ecco perché l’Italia è martoriata più di altri Stati dal fenomeno delle cosiddette migrazioni, che sono in realtà vere e proprie invasioni bianche, fatte per lo più da maschi adulti provenienti da paesi che non soffrono problemi economici o politici, finanziate dallo Stato e dall’Unione Europea con i soldi dei contribuenti: perché solo qui si annida ancora l’unica vera cultura in grado di opporsi al merdaio del mondialismo.
Esagero parlando di nazismo?
Ho esagerato parlando di nazismo in Europa, ancora peggiore di quello originario?
Facciamo un altro esempio. Guardate questa foto.
Questi sono tre uomini in divisa che costringono una donna a spogliarsi, davanti a tutti.
Anche qui nessuno ha detto nulla, ma è stata una cosa di una vergogna davvero infinita.
Qui siamo a Nizza, in Francia, dove il sindaco si inventa che le donne islamiche non possono portare il velo perché non conforme alla nostra cultura – come se l’Europa, dove trovare una persona che capisce qualcosa è ormai più faticoso che trovare un ago in un pagliaio, avesse ancora una cultura.
Anche qui quelle che diventano isteriche quando si parla di violenza contro la donna sono restate significativamente mute.
Ma come si fa non solo ad ammettere ma addirittura a prescrivere una cosa del genere?
Intanto un uomo, per dovere o per qualsiasi altro motivo, non dovrebbe mai obbligare una donna a spogliarsi di un millimetro di vestiti di più di quelli di cui lei ha ritenuto di coprirsi.
Mai per nessuna ragione.
Io, se fossi stato in uno di quei poliziotti, avrei detto al Sindaco di andarci lui e avrei fatto obiezione di coscienza. Ci sono cose che un uomo, se vuole essere davvero tale, deve rifiutarsi di fare e questa per certo è una di quelle.
Questa è una scena che in Europa non si vedeva dai tempi dei campi di concentramento: un gruppo di maschi in divisa che costringe una donna a spogliarsi per motivi razziali o religiosi.
Io la trovo di una vergogna abissale e mi fa incazzare ancora oggi a più di un anno di distanza.
Ma anche qui nessuno ha detto nulla, anzi sicuramente ci sono stati molti che hanno persino approvato.
Allora, scusate, forse due domande però, come europei, ce le dobbiamo fare.
Prima apriamo le porte a tutti – grave errore, perché la società multirazziale non può funzionare – poi quando gli ospiti fanno cose che non tanto ci piacciono torna fuori l’Hitler che c’è in noi?
Un famoso antifascista, Piero Gobetti, disse molto giustamente che il fascismo è stata l’autobiografia della nazione italiana. Oggi si tende a pensare a Mussolini come uno che è stato calato in Italia da Marte, in realtà è stato portato al potere dal consenso.
Vuoi vedere che qualcosa è rimasto?
Allora che senso ha far venire in Europa persone da ogni parte del mondo con culture diverse e difficili da gestire?
Avevamo la cultura e la tradizione sapienziale più ricca del mondo e della storia – il cristianesimo – e abbiamo buttato tutto nel cesso in nome della modernità.
Abbiamo aperto le porte a tutti e quando tutti arrivano e, comprensibilmente, vogliono fare come insegna la loro cultura, l’unica soluzione che troviamo è recuperare il nazismo?
Conclusioni.
Vuoi vedere, soprattutto, che il mondialismo e la globalizzazione sono peggiori del nazismo?
Perché senza fare nessuna guerra ma in modo sottile uccidono ugualmente le culture, le etnie e le persone, per rendere gli uomini sempre più deboli, introducendo, senza campi di concentramento, strumenti di morte e di divisione, come aborto, divorzio, utero in affitto, disposizioni anticipate di trattamento?
Parliamone.
Direi che sia il caso, altrimenti rischiamo di non sapere dove cazzo stiamo andando.
Ho trovato nel suo sito il caso di padre all estero che non paga mantenimento. Ma il caso era riferito a un padre in USA. Il mio caso e’ in UK, dove la CSA non ha competenza perche io ora risiedo in Italia con I bambini. C’è un preciso ordine del giudice emesso a Londra e lui non lo rispetta. Mi devo rivolgere ad un avvocato in Italia o posso direttamente denunciarlo qui e poi se la sbriga lui? La legge in EU e’ diversa da USA, immagino. Devo andare al tribunal dei minori o direttamente ai Carabinieri?
Se il padre risiede nel Regno Unito, direi che la soluzione migliore per te sia incaricare un avvocato britannico.
Essendoci già un provvedimento di una corte inglese, peraltro, questo legale inglese dovrebbe solo procedere all’esecuzione di questo provvedimento, tramite pignoramenti e cose del genere.
Viceversa, se tu incaricassi un avvocato italiano, dovresti intanto assicurarti che al provvedimento inglese fosse assicurato il riconoscimento anche per il nostro stato, dopodiché valutare le possibili iniziative di tipo esecutivo in Italia: il padre – debitore ha beni o altre sostanze aggredibili sul territorio italiano?
Anche nel caso della denuncia penale, si porrebbe poi il problema dell’esecuzione in Gran Bretagna del provvedimento italiano.
Non conosco il caso nel dettaglio, ma sulla base di questi pochi elementi direi che la strada migliore sia incaricare un avvocato in Inghilterra.