Categorie
diritto

Maltrattamenti: annotazioni metodologiche.

Approccio delle forze dell’ordine nei maltrattamenti

 

Vi sono  due importanti metodologie di approccio, determinate da protocolli delle forze dell’ordine nei casi di maltrattamento per violenza domestica e /o di genere:

1) intervento della volante presso le strutture di pronto soccorso

2)la vittima si reca in un ufficio di PG per la denuncia

1)al PRONTO SOCCORSO: si ascoltano i sanitari che hanno accolto la persona maltrattata, con richiesta di indicazioni sullo stato della persona esaminata; si accerta se vi sono lesioni, genitali, extra genitali e, in caso affermativo, si esige dal personale sanitario accurata cura anche nella documentazione.

Occorre poi preservare tutte le prove rintracciabili quali ad es. indumenti, tracce di DNA, ecc. ed acquisire tutti gli elementi utili per lo sviluppo dell’indagine giudiziaria.

Si prendono contatti con il Pubblico Ministero incaricato, per verificare l’opportunità di procedere alla raccolta immediata delle dichiarazioni.

2) In ufficio dalla Polizia Giudiziaria; come premesso la PG deve già formare per questi reati ad essere pronti a qualsiasi ora e con metodologia particolare;

la denuncia viene redatta con acquisizione del maggior numero di elementi informativi e di possibili fonti di prova. Ha particolare rilevanza l’interazione fra modalità di acquisizione della denuncia ed aspetti psicologici della vittima; pertanto ha rilevanza particolare l’analisi delle dichiarazioni assunte in denuncia per una immediata valutazione delle potenzialità offensive e della possibile RECIDIVA dei comportamenti vessatori da parte del presunto autore del reato. Si possono prendere contatti con i centri antiviolenza; l’importanza maggiore viene data alla valutazione sull’opportunità di procedere alla misura di prevenzione personale, dell’ammonimento del Questore.

Se vi è necessità di sopralluogo, occorre verificare personalmente lo stato di tutti i locali, annotando le condizioni in cui si presentano come ad es. la presenza di oggetti danneggiati chiaramente fuori posto, di pareti imbrattate, di tracce ematiche ecc.ecc.

Se vi è necessità, si eseguono fotografie sulle lesioni presenti sul corpo della vittima, con il suo consenso, ove sia possibile.

Si assumono testimonianze: vengono sentite le persone presenti e facilmente reperibili redigendo verbale di Sommarie Informazioni, se le indicazioni sono rilevanti; solo se indispensabili, si sentono i minori di età, fra 14 e 16 anni.

Si sottolinea che: le indagini devono essere preordinate anche alla tutela della vittima che in tutti i casi presenta un elevato disturbo post traumatico da stress e profondi sensi di colpa.

occorre instaurare un rapporto empatico, finalizzato alla responsabilizzazione della vittima per creare una proficua collaborazione con gli operatori di polizia.

Nel maltrattamento: ambivalente, la vittima ha sperimentato la spirale della violenza e questo rende più complessa l’attività investigativa che si deve confrontare con il rischio di recidiva; solo il 7% delle vittime denuncia il fatto. Nello stalking la vittima ha una forte determinazione ad uscire dalla relazione ed è determinata a denunciare; questa determinazione potrebbe paradossalmente essere pericolosa per la sua incolumità.

 

Per meglio comprendere l’attività degli operatori di diritto e di coloro che svolgono le indagini, segnalo una raccolta di definizioni di violenza e maltrattamento.

L’OMG definisce la violenza sessuale “un atto sessuale non corrisposto il tentativo di consumare un atto sessuale, commenti o insinuazioni a sfondo sessuale indesiderato o azioni volte a commercializzare o usare la sessualità di una persona tramite coercizione indipendentemente dalla reazione con la suddetta persona ed in qualsiasi contesto, inclusi l’ambiente domestico e quello lavorativo”. il denominatore comune è la MANCANZA DI VOLONTA’ della vittima a pestarsi alla situazione.

Le principali forme di violenza sessuale:

LA MOLESTIA: forma di violenza psicologica in cui una persona esercita pressione intimidazione coercizione o si avvale del ricatto nei confronti di un’altra con l’obiettivo di ottenere un rapporto sessuale.

ABUSO SESSUALE: corrisponde ad una qualsiasi situazione in cui una persona si trova obbligata a condotte sessuali contro la sua volontà; la forma di violenza più pericolosa

AGGRESSIONE SESSUALE include qualsiasi forma di contatto con il corpo di una persona che non ha acconsentito all’invito sessuale; verbali, includono allusioni al corpo di un’altra persona o espressioni intente ad invaderne in maniera simbolica la sessualità.

Conseguenze:

–        Disturbo da stress post traumatico: si tratta di una situazione in cui la vittima soffre di ansia e rivive spesso i ricordi di quanto è accaduto insieme a sintomi di angoscia e depressione. La rabbia è latente e manifesta.

–        Vergogna e senso di colpa: si sentono responsabili dell’accaduto; “se l’è cercata”;

–        Depressione

–        Abuso di sostanze

Da ultimo: la persona vittima di violenza sessuale è bloccata dalla paura non riesce a reagire neppure dopo l’accaduto; è una forma di reazione: la scarica di adrenalina durante l’accaduto è tanto intensa, da rendere impotenti le aree del cervello associate al ragionamento ed alla presa di decisioni.

Chi è vittima ha seria necessità di sostegno psicologico professionale.

alla violenza sessuale si aggiungono anche  VIOLENZA FISICA: comprende l’uso di qualsiasi atto volto a far male o a spaventare la vittima; in senso generale per maltrattamento fisico intendo un danno provocato non accidentalmente e con mezzi differenti; rientrano in questa categoria contusioni morsi colpi di testa violenti scossoni bruciature fratture.VIOLENZA ECONOMICA: essa è finalizzata a introdurre una situazione di assoluta dipendenza nella vittima onde poter esercitare sulla stessa un controllo indiretto tra questi atteggiamenti rientrano ad esempio l’impedire la ricerca di un lavoro la privazione o il controllo dello stipendio il controllo della gestione della vita quotidiana la determinazione a privare il partners della benché minima disponibilità economica.VIOLENZA PSICOLOGICA: consiste in una serie di atteggiamenti minacciosi vessatori e denigratori nei confronti della vittima, nonché in tattiche di isolamento, in certi caso il maltrattamento psicologico è così pesante da trasformarsi in un vero e proprio “lavaggio del cervello”; esposte ad abusi, le vittime perdono l’autostima sviluppano gravi danni sul piano psicologico; l’aspetto psicologico spesso in ombra sia nelle indagini che nelle aule di tribunale che nelle carte giudiziarie, merita a mio avviso una trattazione specifica, in un prossimo futuro post.

Categorie
diritto

Vittima di un reato violento? Lo Stato ti paga un indennizzo.

image

Purtroppo, capita molto spesso che l’autore di un reato, peraltro particolarmente odioso o grave, venga identificato e condannato, ma poi si riveli nullatenente, con la conseguenza che la vittima del reato non riesce a conseguire il risarcimento che le spetta.

Per fortuna, l’Unione Europea ha adottato una direttiva che prevede che in tali casi ci sia l’intervento dello Stato al quale la vittima si può rivolgere per vedersi riconosciuto e pagato il proprio risarcimento danni, o almeno un indennizzo.

La direttiva è la 2004/80/CE.

Essa ha istituito per tutti gli Stati il seguente obbligo: «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime» (art. 12, paragrafo 2).

Come previsto dall’art. 18 della direttiva stessa, il legislatore italiano avrebbe dovuto attuare detto sistema d’indennizzo entro il 1° luglio 2005.

Lo Stato italiano – ovviamente – non ha rispettato tale termine e per questo è stato poi anche condannato dalla Corte di Giustizia (sentenza 29 novembre 2007, causa C 112/07).

Ma la cosa che più importa è che alcuni giudici hanno emesso sentenze in cui hanno comunque condannato lo Stato a corrispondere l’indennizzo previsto dalla direttiva, ritenendo appunto questa direttiva già applicabile, nonostante la mancata attuazione con legge dello Stato.

La prima sentenza è quella del Tribunale di Torino n. 3145/10 del 6 maggio 2010, resa dalla Dott.ssa Roberta Dotta. Il caso riguardava la terribile esperienza vissuta da una giovane ragazza, che era stata sequestrata, percossa e violentata per un’intera notte da due ragazzi. I fatti erano stati accertati penalmente, solo che i due responsabili si erano resi latitanti nel corso del processo e comunque non avevano niente di aggredibile per risarcire i danni.

Il Tribunale, applicando i consolidati principi sanciti dalla Corte di Giustizia UE e dalla Cassazione italiana in materia di responsabilità per mancata attuazione di direttiva comunitaria, ha condannato la Presidenza del Consiglio a risarcire le “conseguenze morali e psicologiche” subite dalla ragazza, liquidando in via equitativa la somma di €90.000 e ritenendo che i pregiudizi, per essere risarciti, non abbisognassero nemmeno di un’apposita istruttoria, considerate le modalità con cui erano stati commessi i fatti.

Altre sentenze poi hanno confermato questo indirizzo, come questa di Bologna. 

Ma quali sono i reati violenti che danno diritto a conseguire un indennizzo da parte dello Stato?

La direttiva non contiene una definizione precisa, ma solo una formula generica in modo da poter ricomprendere tutti quei casi in cui può sembrare giusto che ci sia l’intervento dello Stato a risarcire chi è rimasto vittima di un reato particolarmente odioso. Sicuramente rientrano nel novero l’omicidio, la violenza sessuale e molto probabilmente anche le lesioni personali; per altre figure di reato invece conviene valutare caso per caso, tenendo presente che l’ultima parola ovviamente spetta sempre al giudice.

Per quanto riguarda, invece, l’ammontare del risarcimento, la direttiva parla di un indennizzo. L’utilizzo di questo termine può far pensare che non si tratti di un vero e proprio risarcimento cioè di una somma effettivamente parametrata al danno subito ma ha una somma che pur non essendo corrispondente al danno costituisca un fattore di ristoro per la vittima del reato come ad esempio è avvenuto nel caso giudicato a Torino. L’indennizzo, quindi, è sempre monetariamente più basso del risarcimento danni, ma è comunque già qualcosa per tutte quelle vittime che se non potessero richiedere questo indennizzo rimarrebbero completamente a mani vuote.

Una prospettiva interessante in casi come questi è che la vittima del reato può proporre al suo avvocato di seguire la pratica di risarcimento danni o comunque di conseguimento dell’indennizzo con un sistema tariffario basato su un compenso a percentuale considerata la solvibilità dello Stato italiano che è destinato a pagare al termine della vertenza, anche se la sicurezza assoluta non si può mai essere e quindi anche per questi aspetti bisognerà che cliente avvocato valutino caso per caso stabilendo un accordo articolato sui compensi destinato a prevedere le varie ipotesi in cui può concludersi la vertenza.

Se sei rimasto vittima di un reato violento e vuoi chiedere indennizzo allo Stato in base alla direttiva europea puoi chiederci un preventivo compilando il modulo apposito.