locazione finanziaria

Il leasing, detto anche nel nostro Paese “locazione finanziaria”, è un contratto atipico, cioè non regolato dalla legge, con il quale come noto un imprenditore, che abbisogna di strumenti per il suo lavoro, indica ad una società i beni di cui necessita e quindi tale società, dopo averli acquistati, glieli concede in utilizzo dietro il pagamento di un canone periodico, con facoltà di acquistarne la proprietà alla scadenza del contratto.
Si tratta di una figura contrattuale che ha goduto di un notevole successo, dovuto soprattutto alle agevolazioni fiscali concesse dalle uniche leggi che si sono occupate della materia: l. 10 ottobre 1975, n. 517, l. 2 maggio 1976, n. 183, l. 12 agosto 1977, n. 675, d.m. 23 luglio 1980, d.m. 23 giugno 1981, l. 5 agosto 1981 n. 416. Questi provvedimenti, appunto, non hanno regolato il leasing come tale, che era e rimane un negozio “atipico”, ma si sono limitati all’ aspetto fiscale dell’ istituto, che viene invece disciplinato per lo più dalle clausole stabilite dalle parti, sempre che non siano contrarie a norme inderogabili di legge.
Una particolare variante del leasing è il c.d. sale and lease back, o semplicemente lease back, che si ha quando un imprenditore, in difficoltà finanziarie, cede i propri strumenti di lavoro ad una società la quale contestualmente glieli riconcede in uso dietro pagamento di un canone. La Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che questo tipo di leasing è nullo quando è diretto ad aggirare il divieto, posto dalla legge, del patto commissorio, cioè di quel patto in base al quale la cosa data dal debitore in pegno al creditore, in mancanza di restituzione del debito, passa in proprietà del creditore (che ne trarrebbe ingiusto vantaggio essendo solitamente le cose date in pegno di valore molto superiore all’ ammontare del credito).
In ogni caso, ovviamente le imprese fanno ricorso al leasing anche per l’ acquisto di apparecchiature informatiche, specialmente nei casi in cui l’ investimento è notevole ed è necessario ricorrere ad una forma di aiuto finanziario, come quella costituita da tale contratto che assomiglia molto, ad uno sguardo ravvicinato, ad una specie di vendita a rate (di cui abbiamo già parlato nel n. xxx di PC Open, di xxx 1996, a pag. xxx).
Infatti, le clausole contenute nei contratti di leasing solitamente prevedono l’ esonero totale del concedente dalla garanzia per vizi della cosa (la società di leasing, in altri termini, non sarebbe responsabile per gli eventuali vizi della cosa concessa in uso all’ imprenditore); l’ addossamento all’ imprenditore del rischio per la mancata o la ritardata consegna del bene da parte del produttore o rivenditore; l’ addossamento, sempre all’ imprenditore, del rischio per il perimento della cosa (ciò significa che se, ad esempio, il computer salta per caso fortuito, come nel classico caso del fulmine, l’ imprenditore è tenuto a continuare il pagamento dei canoni come se nulla fosse successo fino alla fine del contratto); la risoluzione di diritto del contratto in caso di mancato pagamento dei canoni e l’ acquisizione, a titolo di penale, dei canoni residui con facoltà di richiedere l’ ulteriore risarcimento dei danni.
Insomma, come nella vendita a rate, l’ imprenditore che ottiene in leasing in bene ne acquista subito l’ utilizzo ma, pur non essendone proprietario, sopporta i rischi connessi alla distruzione o rottura del bene come se già ne fosse proprietario e, inoltre, perde tutto se non paga i canoni previsti. Anzi, nel leasing è addirittura molto meno tutelato che nella vendita a rate perchè almeno in quel caso il venditore è tenuto a garantire l’ assenza di vizi, risponde del ritardo nella consegna e nel caso di risoluzione del contratto può essere chiesta una riduzione della penale incassata.
Per questi motivi i giudici spesso hanno ritenuto che diverse clausole, ordinariamente contenute nei contratti di leasing, siano illegittime e quindi inefficaci; ad esempio secondo alcuni giudici sarebbe infondata l’ esclusione della garanzia per l’ assenza di vizi della cosa oggetto del contratto. La società di leasing, secondo questi giudici, sarebbe quindi sempre responsabile, nonostante l’ inserimento di una clausola in contrario, per gli eventuali vizi del bene ceduto in leasing. Altri hanno ritenuto che la clausola in base alla quale in caso di mancato pagamento dei canoni, con conseguente risoluzione del contratto, la società di leasing può trattenere le somme nel frattempo pagate sia illegittima nella parte in cui non consente all’ imprenditore di chiedere indietro tutto quello che va al di là di un equo risarcimento.
Insomma, mancando come già ripetuto, una specifica disciplina di legge sono diversi i punti del contratto di leasing non ancora ben definiti ed occorre prestare quindi la massima attenzione nell’ utilizzo di questo strumento, cercando di curare al massimo la stesura del testo contrattuale che per tali motivi rimane di fondamentale importanza.

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Di Tiziano Solignani

L'uomo che sussurrava ai cavilli... Cassazionista, iscritto all'ordine di Modena dal 1997. Mediatore familiare. Counselor. Autore, tra l'altro, di «Guida alla separazione e al divorzio», «Come dirsi addio», «9 storie mai raccontate», «Io non avrò mai paura di te». Se volete migliorare le vostre vite, seguitelo su facebook, twitter e nei suoi gruppi. Se volete acquistare un'ora (o più) della sua attenzione sui vostri problemi, potete farlo da qui.

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