La notizia risale al periodo anteriore alla pausa estiva: a Bologna la polizia postale, la famosa “Escopost”, ha posto sotto sequestro, su delega del Procuratore della Repubblica presso la Pretura di Vicenza, Dr. Paolo Pecori, un intero server web gestito dalla Ds Logics srl, provider Internet del luogo. Infatti, in uno dei siti web ospitati dal server, precisamente quello facente capo all’associazione “Isole nella rete” (www.ecn.org), era stata lanciata una campagna contro una agenzia di viaggi, la Turban Italia srl, “colpevole”, secondo i gestori del sito, di promuovere e agevolare la repressione contro gli oppositori dell’attuale regime turco. Non solo, ma nel sito si invitava addirittura a boicottare, per tali motivi, il turismo in Turchia, non aderendo ad alcuna delle proposte di viaggio della Turban. A fronte di ciò, l’agenzia di viaggi ha presentato querela, per diffamazione, a seguito della quale la Procura ha disposto il sequestro.
Il problema è che il sequestro ha comportato l’asporto dell’intero server web della Ds Logics srl. Su tale macchina era ospitato non solo il sito di “Isole nella rete” ma anche svariati altri siti, gestiti da altri soggetti tra cui associazioni, centri sociali, radio autogestite (come ad esempio Lila, Telefono Viola, radio Sherwood, 99 Posse). Per questo, coloro che si sono sentiti ingiustamente colpiti per qualcosa che non avevano fatto hanno subito vivacemente protestato contro il sequestro.
Ma cosa dice la legge in materia?
In realtà, non esistono prescrizioni così specifiche come si vorrebbe. Un provvedimento come quello che ha colpito Ds Logics srl è ovviamente diretto ad evitare che il prospettato reato di diffamazione continui ad essere reiterato (sequestro preventivo), tuttavia sicuramente ci sarebbe stato il modo di attuarlo in maniera più rispettosa dei diritti dei terzi, che con la commissione del supposto reato non hanno avuto nulla a che fare. Tali terzi hanno ora sicuramente diritto, pertanto, di presentare una istanza di dissequestro agli organi competenti. Inoltre, gli stessi diritti di “Isole nella rete” avrebbero potuto esser trattati con maggior riguardo, se solo si fosse rimossa la sola pagina “incriminata” lasciando il sito libero di poter operare per il rimanente. Anche “Isole nella rete”, pertanto, può presentare istanza di rilascio del server, dimostrando all’uopo di aver rimosso la pagina contenente il messaggio “incriminato”.
Il fatto è che la determinazione delle modalità di esecuzione di provvedimenti come questo sono nella realtà quasi sempre lasciate ai singoli ufficiali di Polizia Giudiziaria che dai Pubblici Ministeri sono incaricati appunto di portarli a compimento. Il problema, peraltro, non è nuovo; ci sono vari precedenti a cui si può pensare: si può richiamare, ad esempio, il classico caso dei sequestri operati in base alle disposizioni penali che puniscono la copia del software commerciale: in alcuni casi, gli ufficiali di Polizia che eseguivano la perquisizione sequestravano l’intero computer, o l’intero disco fisso, lasciando il destinatario del provvedimento privo della possibilità di usare anche quei programmi che legittimamente deteneva e, soprattutto, i suoi archivi di dati, che, come tali, sono peraltro protetti da varie disposizioni in materia di tutela della corrispondenza e della privacy; in altri casi, più felici, gli ufficiali procedenti, si limitavano ad effettuare una copia di backup dell’hard disk, a cancellare dal disco dell’utente le copie illegittime, lasciandogli però il computer integro e capace di funzionare:. Con la copia di backup, certificata come conforme all’originale, il procedimento penale poteva andare avanti ugualmente, ma senza danneggiare oltre il dovuto l’investigato.